Rivista Anarchica Online
Intorno alla nascita
Devo confessare di essere stato disorientato dalla lettera di Monica Cerutti ("A" 212, ottobre
1994) e ho vissuto
con estrema incertezza il modo con cui provare a rispondere, assolutamente consapevole di non riuscire a dare
risposta alle domande esplicite. Nei limiti di un'intervista, che si sofferma forse di più sull'aspetto
politico, ho cercato di attirare l'attenzione
verso questa apolide del pensiero qual è Hannah Arendt, sapendo in anticipo di non avere
la possibilità di
addentrarmi nei singoli momenti della costellata riflessione Arendtiana. Vediamo ora di riuscire a trovare i
termini di una probabile risposta e allo stesso tempo colmare un vuoto. In occasione della presentazione
di un pamphlet edito dalla piccola casa editrice milanese, Mimesis, che
ripubblicava, in parte, alcuni scritti di H. Arendt già presenti in un vecchio numero monografico di
Aut-Aut,
qualcuno, tra un pubblico molto attento, accennò alla lunga e veneranda tradizione del pensiero abituata
a
considerare la filosofia come "esercizio di morte". Questa solenne marcia funebre - a partire da Platone, il quale
ritiene tale esercizio di pensare alla morte come un mezzo per liberarsi dalle "passioni del corpo" - è
un
argomento su cui H. Arendt riflette con insistenza. Non che la Arendt trascuri che la morte rappresenta
l'ineluttabile fine di ogni vita umana, solo che, a suo avviso, gli esseri umani anche se debbono morire, non sono
nati per questo, ma per incominciare. Come lei stessa scrisse in Vita Activa " ... il cominciamento
inerente alla
nascita può farsi riconoscere nel mondo solo perché il nuovo venuto possiede la
capacità di dar luogo a qualcosa
di nuovo, cioè di agire. Qui possiamo notare come la natalità sia anche la fonte dell'azione
che per H. Arendt non ha niente a che vedere
con il lavoro ed è anche distante dall'operare dell'homo faber. La sfera dell'azione coincide anche con
il regno
della libertà che si esercita per così dire in uno spazio pubblico. Ma lo sguardo rivolto alla
nascita è anche all'origine della memoria che coinvolge il concetto di storia
sviluppato da H. Arendt. In questo senso la categoria della natalità rappresenta una parte
dell'itinerario percorso dal pensiero filosofico
e politico di H. Arendt e non sono molto convinto che ciò confermi, come scrive Monica Cerutti, che
"l'origine
sta per qualcosa e su qualcosa di decisamente materiale: la nascita appunto". Probabilmente posto in questi
termini si rischia di sollevare più di qualche equivoco che si potrebbe chiarire solamente attraverso una
approfondita analisi del pensiero di H. Arendt, ed ovviamente ciò va oltre questa semplice lettera.
In conclusione alla lettera mi si "rimproverava" di aver dimenticato di menzionare quel filone di studi che
va
sotto il nome di filosofia della differenza. Infatti da alcuni anni Hannah Arendt, insieme ad un'altra
pensatrice
eccellente quale Simone Weil, viene interrogata sulla questione dell'agire e del pensare soprattutto da molte
studiose o appassionate di filosofia, che hanno scelto la loro differenza sessuale. Ammetto di essere stato
molto avaro nel dare le indicazioni bibliografiche e mi sono limitato alle opere che
considero più interessanti e più conosciute senza citare i numerosi articoli e saggi dispersi in
varie riviste. A mia
discolpa, nel riquadro che riporta anche dei testi su Hannah Arendt, ho anche indicato gli atti del convegno
svoltosi a Sorrento il 13/14 ottobre 1992 dal titolo: Hannah Arendt: la politica fra natalità e
mortalità. Gli atti
curati da Eugenia Parise e pubblicata dalle Edizioni Scientifiche Italiane, che raccolgono parte degli interventi,
partono quasi tutti da un punto di vista del pensiero femminista sulla differenza. La più completa
bibliografia esistente in Italia è quella curata da S. Forti, in appendice a H. Arendt, La vita della
mente (Bologna 1987); a cui segue un elenco aggiornato nella nota bibliografica che si trova in
appendice al
già citato volume collettaneo curato da Eugenia Parise.
Gaetano Ricciardo (Vigevano)
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