Rivista Anarchica Online
La rete è anarchica?
Le rapide innovazioni tecnologiche degli ultimi anni hanno introdotto una vera e propria rivoluzione
che, investendo la
sfera del quotidiano a livello culturale e sociale, muta la prospettiva dell'annoso dibattito sui mass media e sulle nuove
forme di comunicazione. Già Marshall McLuhan parlava di villaggio universale nell'indicare i profondi
cambiamenti causati dalla diffusione di
mezzi quali telefono, radio, televisione principali fautori dello sviluppo di una fruizione delle informazioni su larga scala
e di un conseguente senso, da parte del refferente di appartenenza ad un gruppo, ad una comunità rispetto ai canali
tradizionali del passato. La questione affonda le radici nella sostanziale differenza tra cultura orale e scrittura, a partire
dall'invenzione della stampa fino ad arrivare alle macchine, in particolar modo al computer. Se, come afferma Ong in uno
studio sulla storia dell'alfabetizzazione (Oralità e scrittura, Il Mulino, 1986), l'avvento della scrittura
ha comportato una
diversa strutturazione dei rapporti sociali, economici e culturali , la stessa cosa si può affermare per quanto riguarda
le
moderne tecnologie e le sue applicazioni. In altre parole televisione e radio dipendono dalla scrittura e dalla stampa,
in ugual misura in cui oggi l'universo telematico,
pronipote degli antichi strumenti, offre un quadro - fino a qualche tempo fa inimmaginabile, se non nei libri di fantascienza-
delle trasformazioni di enormi proporzioni e in costante espansione dei processi comunicativi. Attualmente oltre tre
milioni di computer collegati tra loro costituiscono i nodi o siti di una Rete di comunicazioni che
copre praticamente tutto il pianeta. Grazie all'utilizzo di un modem e di un personal computer (PC) chiunque può,
attraverso il servizio garantito dai nodi, cioè Service Provider, connettersi in rete, senza incrementare
particolarmente la
bolletta telefonica, poiché lo scambio di documenti o una chiaccherata (chat) con un interlocutore australiano costa
come
una telefonata urbana. Il net è la rete e questa rappresenta l'interconnessione di anime più robusta,
più avanzata, più
profonda, più planetaria più locale, più pluralista, più antiproibizionista, più
completa più spontanea e (sovente) più
immediata della prima apparizione paleolitica del monolito di 2001 (Giuseppe Salza Che cosa ci faccio in
internet?
Theoria, p. 14). Oltre ad Internet esistono anche migliaia di reti locali, a Milano, ad esempio, è attiva Rcm
(Rete Civica Milanese) nata
grazie all'iniziativa del Dipartimento di Scienze dell'informazione dell'università con l'obiettivo di fornire
gratuitamente
l'accesso in rete e l'opportunità di cittadinanza telematica (ovviamente si tratta di una buona occasione di
alfabetizzazione,
pur non avendo gli stessi servizi delle grandi reti). Ormai si parla ripetutamente di Internet: termini apparentemente
criptici e misteriosi entrano nel linguaggio di tutti i giorni,
suscitando lo sgomento di chi nutre ancestrali riserve verso le macchine; spesso viene enfatizzato l'aspetto diabolico di
una realtà che, sfuggendo al controllo dell'uomo, diviene freddo e efficiente impero dalla tecnologia. Il pericolo
di una società agorafobica descritta nei libri di Simack (notevole autore di fantascienza) è assolutamente
lontano. La rete infatti siamo noi. Questo concetto fondamentale schiude orizzonti tanto imprevisti quanto inesplorati
e
caratterizzati, al di là di ogni possibile teorizzazione, dall'infinita potenzialità. La relazione diventa
scambio, reciprocità
biunivoca, in cui non sussiste un rapporto di sudditanza culturale o politica, perché ogni singolo contribuisce e
partecipa
attivamente all'interno di una sfera collettiva denominata da un pluralismo di vastissimo raggio. La comunicazione assume
un aspetto interattivo, dove pur restando seduti davanti al proprio monitor (niente in comune con la passiva fruizione
televisiva, che non si sceglie e soprattutto non si fa!), si sente la voce del mondo, si esprimono opinioni e si crea un
alternativa, forse più reale del reale stesso. Nello spazio virtuale si viaggia insieme, tutti, senza gerarchie e
griglie di valore: sesso, religione, cultura, ambiente sociale
non sono penalizzabili, ne tanto meno suscettibili di controllo da parte di entità istituzionali verticali. Si tratta di
aree
liberate, nelle quali la dimensione spaziotemporale si presenta nei termini dell'immediatezza. Hachim Bay parla di T.A.Z.
ovvero zone temporaneamente autonome (Shake Edizioni, 1993) e di nomadismo psichico che conduce alla distruzione
delle vecchie frontiere escluse dalla Rete, poiché la Rete è la totalità di tutto il trasferimento di
informazione e
comunicazione. Non è utopia quindi, ma il fenomeno più rivoluzionario e anarchico di tutti i tempi.
Basta un PC e un modem per rendersene
conto, nessun corso o apprendimento forzato/forzoso: la rete siamo noi e chiunque -come ha imparato a leggere e scrivere-
può facilmente impadronirsi dei primi rudimenti e perciò godere dei diritti di cittadinanza elettronica,
navigando senza
limitazioni nell'infinito cyberspazio.
Marzia Rubega (Milano)
N.B. Chi nutre ancora qualche perplessità legga I surfisti di Internet di J.C. Herz, Feltrinelli,
1995. Un affascinante viaggio
nella rete, correndo il rischio ovviamente di rimanerne invischiati! Ottimo testo per capire esattamente cosa sia internet
e la sua storia a partire dalla sua nascita come Arpanet, cioè il
monolito 2001 che diventerà internet, finanziato inizialmente dai militari fino alle più recenti esperienze
del cyberspazio.
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