Rivista Anarchica Online
A nous la libertè diario a cura di Felice Accame
Due culture in agosto
Nel 1959, il fisico e letterato Charles Percy Snow pubblicò The Two Cultures and the Scientific
Revolution, libro
tradotto un po' ovunque attorno al quale si dibatté a lungo. Snow sosteneva che, fra cultura
umanistico-letteraria
e cultura scientifica, nel moderno mondo occidentale, si era ormai aperto un crepaccio pressoché
invalicabile e
che, anzi, la distanza fra le due sponde era tale che, per quanto si facesse, non ci si capiva più. Sullo
scontro fra due culture anche Paolo Virzì mette in scena, oggi, le sue encomiabili Ferie d'agosto. Passiamo
le vacanze, allora, a Ventotene, isola nel golfo di Gaeta che, dall'antichità romana al 1969, si è
portata sempre
dietro la trista fama di luogo di confino o di carcerazione. Le passiamo bazzicando fra due gruppi culturali
oppositivi che, vittime dei ghiribizzi del Dio del Turismo, si trovano gomito a gomito, casa-vacanze contro
casa-vacanze, costumi contro costumi o, più facilmente, pelle contro pelle. Da una parte c'è il
giornalista
dell'Unità e la sua corte - una compagna con figlioletta a carico, il suo ex marito, due amiche milanesi,
qualche
amico in visita attesa e qualche amica in visita inattesa. Dall'altra, due sorelle e la regolarità della loro
famiglia:
mariti, figli e suocera ormai partita per le stazioni più lontane e recondite del morbo di Alzheimer. I
primi rappresentano la cultura ecologico-democratica. Vivono senza legami istituzionali, leggono e scrivono,
dicono cose intelligenti, rispettano la natura, la diversità e i cittadini extracomunitari, disdegnando,
ovviamente,
la televisione e la civiltà dei consumi. I più giovani, manco a dirlo, fumano con franchezza e
disinvoltura i derivati
della canapa indiana. Sono, in altre parole, quel che rimane della cultura di sinistra. I secondi rappresentano
la cultura «burina». Danno corpo alla perfezione a quei fantasmi del cosiddetto «egoismo
piccolo-borghese» tanto sagacemente agitati da vescovi e cardinali illuminati. Hanno fatto i quattrini senza la
teoria, sono tv-dipendenti, contaminatori, ignoranti, volgari e razzisti. La solidarietà, ovviamente, non
sanno cosa
sia. Orbene, le lodi a Virzì (che già ha dato alla luce La bella vita) non vanno ascritte tanto
all'abile capacità di
narratore, quanto a quella - connessa alla prima in funzione di sua fondamentale premessa - di analista, di fine
scompositore del superficiale differente per giungere agli elementi del profondo uguale. C'è, insomma,
un livello
di analisi in cui le due culture, che piaccia o meno, sono dannatamente simili. Le auto-rappresentazioni soltanto
garantiscono preamboli e sviluppi ben diversi, ma, sotto sotto, sotto la bugia del rituale e sotto la cosmesi storica
per la pratica sociale, albergano miserie e fragilità, intelligenze e forza della cui affinità sarebbe
veramente stupido
non tener conto. I due blocchi monolitici si sfaldano, dunque, gradualmente nello stemperarsi ritmico di
dramma e commedia, di
trauma e accomodamento. Forse Marx picchiava la moglie: figuriamoci, dunque, se l'intellettuale che oggi lavora
per un giornale che fu «organo del Partito Comunista» e che - con più di una goffa capriola - è
diventato «per chi
ama il cinema», figuriamoci se non può coltivare anche lui i suoi egoismi piccoli-borghesi. Così
come, nel
qualunquismo più becero, figuriamoci se, avendoci la lenza giusta, non possiamo pescarci anime in pena
e grandi
formati ideologici. Virzì ed i suoi bravi attori (fra cui la Ferilli e la Morante, e Fantastichini, si stagliano
per
l'affettuosa adesione) si danno da fare per distruggere l'idea manichea della vita e della convivenza sociale.
Quando si tratta di esprimere un desiderio alle stelle cadenti di una notte d'estate, ogni affabulazione umana
merita pari rispetto. Le contraddizioni s'annidano ovunque e non è detto da nessuna parte che la fatica di
superare
le barriere culturali debba esser fatta da una parte sola. Snow tentava di volgere in positivo la sua critica
proponendo il rinnovamento dell'intellettuale. Sperava in una figura nuova di politico che capisse la scienza.
Invano, perché non aveva gli strumenti per
ricondurre le varie forme del sapere alla loro unitarietà. Il crepaccio dei suoi tempi è, dunque,
diventato un baratro
senza fondo di cui non si vede neppure più la sponda opposta. Virzì, annodando forse fin troppo
i tanti nodi dei
suoi personaggi, scommette anche lui su di un filo d'ottimismo. Che gli si perdona volentieri.
P.S.:Anche Io ballo da sola di Bernardo Bertolucci (a) riunisce un microcosmo di varia
umanità, (b) d'agosto,
dove (c) fumare derivati della canapa indiana è giovanilmente conveniente e dove (d) questo beato diritto
viene
esteso all'adulto in difficoltà con tutto l'armamentario d'ordinanza di affollate cene all'aperto, abluzioni
e
desideri sessuali incipienti. Tuttavia, tanto quanto nel film di Virzì persone e vicende sembrano
affettuosamente
accompagnate - con naturalezza e onestà, con chiarezza e genuinità -, tanto quanto, nel film di
Bertolucci,
sembrano scolpite una volta per tutte, fasulle e artificiose, residui di chiacchiera da salotto intellettuale. Anche
qui sembra di trovarsi di fronte a due culture - con più difficoltà a reperire qualcosa di buono in
una delle due.
P.P.S.: La cultura «burina» nel mancare di rispetto alla Natura, coerentemente, cerca di proteggersi
dalle
zanzare. I suoi adepti si muniscono, perciò, delle tecnologie più potenti e crudeli che, nel
difenderli, diffondono
spettralmente luci azzurrognole nel loro spazio vitale. La cultura ecologico-democratica no. Disdegna: si agita
o dorme comunque impavida. Tuttavia, in Ferie d'agosto, i soli colpiti dall'anofele molesta sono i rappresentanti
della prima. I conti qui, non tornano, a meno che l'insetto, non colpendo a sinistra, sapendola lunga non voglia
infierire.
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