Rivista Anarchica Online
Segnali di fumo a cura di Carlo E. Menga
Se dico Nutella
Dev'essere proprio vero che la memoria di un evento, complessamente rielaborata dalle più varie
strutture del
cervello per essere richiamata e riutilizzata, riesce a volte a trasformare quell'evento originario in un evento del
tutto diverso, molto più simile a quello che è il desiderio attuale del soggetto ricordante nei
riguardi dello
svolgersi dell'evento medesimo, di quanto non lo sia all'evento storicamente determinatosi. In sostanza,
ricordiamo quello che ci fa più piacere ricordare (e anche una cosa spiacevole vuol dire che ci fa comodo
ricordarcela così). È quanto non disdegna di confermarci, sia pure ricorrendo a ipotesi di
rielaborazione del tutto assurde il cui sapore
ricorda un po' quello delle digressioni psicoanalitiche del Woody Allen più divertente, lo spot della
Nutella. Ed è un vero peccato che la Nutella non fosse ancora stata inventata al tempo in cui il dottor
Sigmund Freud
faceva stendere sul lettino i suoi primi pazienti intervistandoli col metodo delle libere associazioni, date le
virtù
miracolose nello scatenare cateratte di associazioni, a quanto pare possedute dalla cremina in questione (il cui
aspetto, per inciso, confermerebbe anche la bontà dell'intuizione freudiana nel postulare uno stadio
sadico-anale
della sessualità infantile). Infatti, quando la voce fuori campo dell'intervistatore pronuncia la prima
e unica fatidica domanda: «Se dico
'Nutella', lei cosa dice?», la signora intervistata strabuzza gli occhi verso l'alto e va in trance ipnotica. Risponde:
«Ah ... Nutella! ...» e comincia a ripercorrere la sua vita, cominciando ordinatamente dall'infanzia e ricordando
tutto «perfettamente» senza tralasciare alcuno stadio, guarda caso sempre connesso all'evento centrale
dell'assunzione dell'alimento alle nocciole. La versione della psicoanalisi del dottor Ferrero risulta palesemente
edulcorata e colorata di rosa, giacché non c'è alcuna traccia di trauma di alcun genere e la libido,
nella sua specie
spalmabile, risulta essere vissuta sempre gioiosamente, anche se, trasformandosi il racconto della signora da
linguistico a visuale, viene rispettato l'assunto analitico che «il sogno è la strada maestra verso
l'inconscio». Che da bambina la signora insieme con le sue sorelline e fratellini, e amichetti e cuginetti che
fossero, si
radunassero entusiasticamente attorno al barattolo scoperchiato come galline al lancio del granturco, può
anche
essere considerato normale e comprensibile. Come altrettanto può darsi che sia «normale» la memoria
di momenti
di intimità con colui che palesemente è il marito e con lo stesso barattolo nei panni di oggetto del
desiderio di
entrambi (cfr. le mele nello spot alleniano per la Coop). Nonché il riproporsi dello stadio infantile (e il
richiudersi
del cerchio) allorquando il ricordo s'avvicina all'attualità e si capisce la condiscendente identificazione
della
signora con i propri figli nel propinare loro la stessa sostanza. È strano, per altro, che, sia pure per
giustificati
motivi storici (ma per meno giustificabili motivi ideologici), il ciclo vitale non preveda le esigenze della terza
età.
Ve la immaginate la ex dinamica signora, con la dentiera temporaneamente devastata e resa inutilizzabile dal
diabolico trigliceride? Evidentemente, nella filosofia della Ferrero, la vita, anziché cominciare, finisce
a
quarant'anni. Ma quello che risulta completamente e disperatamente assurdo è il quadretto onirico
dell'adolescenza della
signora, oggi rispettabile madre di famiglia. Indovinate un po' che cosa facevano ai concerti la signora e il suo
boy-friend d'allora? Si passavano ... non una canna, né una bottiglia di whisky, e nemmeno la
più ingenua
sigaretta, bensì il barattolo di Nutella («ma come si può?» direbbe Beppe Grillo). Visto come
siamo cresciuti sani,
sereni e felici noialtri che avevamo diciotto anni negli anni settanta? In fondo, che cosa ci voleva? Una cosa
semplicissima: niente di più e niente di meno che l'onnipresente barattolo. Una regola quasi banale. Tutto
quello
che è andato storto dagli anni del boom a oggi è evidentemente dovuto a questo singolo errore.
Esattamente come
chi era calvo non aveva mai usato la Brillantina Linetti, così l'errore di quei pochi di noi che non sono
né felici
né sereni né sani è direttamente riconducibile a null'altro che una grave forma di
deprivazione di Nutella. La contraddizione non spaventa la dialettica hegeliana del dottor Ferrero. La regola,
come non mancherebbe di
rassicurarci lo stesso Achille Campanile, è confermatissima: è fatta di sole eccezioni. E
allora: vai con la Nutella! Diamo alle nuove generazioni questa possibilità che non tutti i loro predecessori
hanno saputo sfruttare. Riconvertiamo Chernobyl in un enorme barattolo e facciamone saltare il tappo
cosicché
una nuova nube di nocciole affoghi in questo pool di oralità e analità le magnifiche sorti e
progressive della nostra
gioventù. Tutto sommato, con un po' di buona volontà, questo scopo potrebbe anche essere
considerato rivoluzionario.
Scagli la prima pietra chi di noi non ha mai criticato Freud e la sua psicoanalisi perché voleva,
sviluppando la
«sana» sessualità genitale del bambino, farne un adulto integrato e responsabile, negativizzando il
diverso, il
malato, come autoescludentesi dall'ideale sociale borghese di cui è istanza l'Io, tramite e mediatore fra
la rigidità
aristocratica del Super-Io e le pulsioni incontrollabili e animali dell'Es. Forse anche noi, che pensavamo di
essere i veri rivoluzionari, abbiamo commesso un errore. Non ci resta ora che
indossare il nostro cilicio di plastica e cospargerci il capo di crema di nocciole. Penitenziagite! Forse le pagine
del secondo libro della Poetica di Aristotele erano intrise di Nutella.
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