Rivista Anarchica Online
A nous la libertè diario a cura di Felice Accame
Tagli vietati
Uno dei più felici film del georgiano Otar Iosseliani, Les favoris de la
lune (1984) racconta la storia amabile di
una tela dipinta. É un grande ritratto di una dama ottocentesca che, fra vendite e furti - nuove vendite dopo
ogni
furto -, perde un pezzo per volta riducendosi più o meno come un fazzoletto. Per portarlo via alla svelta
lo si taglia
via dalla cornice, per non farlo riconoscere lo si taglia ancora un po'. Finisce al centro di buone e di cattive azioni,
viene ammirato o disprezzato dall'artista, dall'artigiano che costruisce inviolabili serrature, dal borghese
filibustiere e derubato, dalla fanciulla di poca virtù, dal magistrato corrotto, dall'irresistibile seduttore,
dall'innocente manicure, dai pericolosi terroristi, dai bambini insopportabili e dal poliziotto astuto. Il quadro passa
di mano in mano e, là dove per il breve tempo che gli è concesso rimane appeso, è
testimone di tutta questa gente
che si dà da fare slealmente, per creare quella disparità che può avvantaggiarla sui propri
simili - per diventarne
padroni. Ma per fortuna che, al mondo, ci sono anche i ladri - i beniamini della luna - che, ogni tanto, rimettono
le cose in pari. L'idea di una narrazione in cui i personaggi sono sia introdotti che mantenuti in essere tramite
un oggetto è
vecchia quanto quei racconti di fiaba dove l'anello o la pietra preziosa fanno la fortuna o la disgrazia di chi ne
viene in possesso. Tuttavia, l'immutabilità dell'oggetto, magico o non magico che sia, conferisce
l'iterabilità
perpetua alle vicende in cui viene coinvolto e ciò mal si accorda alla nostra odierna sensibilità
della finitezza e
della provvisorietà nonché alle conseguenti nostre istanze di spiegazione. Il rimpicciolimento
costante e
progressivo del quadro, dunque, a Iosseliani concede al contempo e l'uscita dalla fiaba e la misura della
narrazione - che giunge giusto al limite in cui, dopo i ripetuti tagli, il quadro è ancora riconoscibile
all'occhio
attento dell'esperto. Nel film Il vestito - già
regista di Amsterdamned -, Alex van Warmerdam ridà corpo ad un'idea del genere e
decide di seguire la vicenda di qualche manciata di cotone da una falciatrice all'altra. Il cotone diventa un vestito,
un vestito di una certa solare vistosità, e, accorciandosi nel passare di mano in mano, lascia dietro di
sé una scia
di normale morbosità - l'anziana signora che l'ha indossato per prima ha un brutto svenimento, due
ragazze poco
amate ricevono le penose attenzioni di un maniaco, un'emarginata ci lascia la pelle fra stenti e angoscia - come
se quelle falciatrici che fanno iniziare o finire il film fossero la rappresentanza tecnologicamente più
avanzata di
quella vecchia orribile signora che, giustappunto, mette fine a tutte le storie e tiene in mano una falce dall'aspetto
molto tagliente. Da vestito che era finirà in fazzoletto e, guarda caso, tornerà per un attimo nelle
mani del suo
primo involontario protagonista. Qui, il regista innesca con sobrietà un altro vecchio tema narrativo
che contribuisce a farlo uscire dagli schemi
ideologici della fiaba. Un vecchio racconto di Pitigrilli può servire da esempio. La moglie del generale
compra
un cappellino nuovo - cappellino nuovo che al marito non piace. Da ciò litigi e malumori in famiglia. Da
ciò, poi,
in caserma, un atteggiamento di critica rancorosa del generale nei confronti del colonnello, e poi del colonnello
con il primo ufficiale, e poi via via, scendendo nella scala gerarchica di tutti i gradi militari, fino al soldato
semplice che fa il piantone innanzi alla caserma. Soldato semplice che, nella libera uscita del pomeriggio, litiga
con la fidanzata. La trama de Il vestito, invece, comincia
a disegnarsi nel momento in cui lo stimato dirigente di
una ditta di tessuti non trova la disponibilità affettiva della non più giovane moglie. Da lì
il giudizio negativo sui
disegni proposti da un disegnatore che, come in un'epidemia, è appena stato lasciato dalla sua compagna.
Da là
il litigio con un altro dirigente della medesima azienda tessile che produrrà il vestito con quel disegno.
Da là il
suo licenziamento. Da là la sua rapida discesa nella scala sociale fino all'emarginazione totale. Da
là, l'ultimo,
straziante incontro con quel che rimane di quella stoffa. Prima di gettarne via il lembo residuo. Così, alla
visione
delle cose in termini di sfortuna o di maledizioni, si offre l'alternativa tutta laica di un impianto deterministico.
Non c'è più il protagonista razionalistico che vive ciò che gli capita in seguito a giudizi
ed opinioni di cui è
padrone assoluto, ma c'è il tapino inconsapevole, la persona normale con tutte le sue tare della
quotidianità, che
vive ciò che gli capita in seguito a stati d'animo che non controlla e che, fra solitudine e ricerca vana di
una via
d'uscita, lo sbattono di qua e di là.
P.s.: A volte basta davvero poco per incarnarsi potere, per incorporarsi delirio di potenza e di autorità.
Ce ne
accorgiamo allorché si ha a che fare, in una situazione per noi svantaggiosa, con chiunque indossi
un'uniforme.
Il maniaco sessuale del film di van Warmerdam, nel sottomettere le sue giovani vittime, cerca di tranquillizzarle.
La sua frase preferita è "non aver paura, sono un controllore, un controllore dei treni". Come se la
facoltà di
obliterare un biglietto si estendesse al ratificare il diritto al sorriso della vita.
P.p.s.: Incredibile a constatarsi, Il vestito, in Italia,
è stato vietato ai minori di 18 anni. Vi si vedono nudi, sì, ma
rapidi e vitali, mai preceduti da quell'accumulo artificioso di attenzione che prelude alla prurigine; la violenza
che vi si rappresenta è essenzialmente etica, conculca la persona - come un capitalismo ben temperato
- ma non
porta sangue. Allora, a scelta, potrebbero rimanere i seguenti motivi: 1. Anziani parlano di voler far l'amore; 2.
Siamo in Olanda; 3. l'Olanda è geograficamente vicina al Belgio; 4. Si accenna ad un pervertito sessuale
che, nel
portafogli, tiene le foto delle sue bambine (oibò, ma, allora, potrebbe essere una persona "normale"!); 5.
Un
personaggio dice che non si sa perché nasciamo e ammette di avere paura. Gli adolescenti e i bambini
italiani sono
lungimirantemente salvaguardati da tutto ciò - mentre gli vengono inoculati bagni di sangue, sadismi,
sesso coatto
e religione delle merci.
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