Rivista Anarchica Online
Un convegno sulle nuove lotte
di Guido Barroero
Si è tenuto sabato 22 e domenica 23 marzo, a Chiavari, un Convegno su
"Flessibilizzazione del lavoro,
segmentazione di classe e qualità delle nuove lotte", come prosecuzione ideale del Convegno di
Genova-Sestri
Ponente dell'1 e 2 novembre 1996. Il pool delle riviste organizzatrici era sempre lo stesso:
Collegamenti/Wobbly; Sindacalismo di Base;
Ombrerosse-Materiali di discussione; Chaos; Comunismo Libertario. Ad esse si è aggiunto il Circolo
Culturale
Donato Renna di Chiavari che ha - anche materialmente - reso possibile l'iniziativa. Una partecipazione
discreta - sebbene un po' troppo caratterizzata geograficamente - ha contraddistinto la giornata
di sabato: prevalentemente compagni della Liguria e del Piemonte, pochi provenienti da altre
regioni. Abbiamo parlato di prosecuzione del convegno genovese proprio perché in questi si era
prevalentemente
sviluppata un'analisi della ristrutturazione produttiva in chiave "oggettiva" e dunque precipuamente inerente la
flessibilizzazione produttiva, le sue caratteristiche generali e specifiche, la critica delle categorie interpretative
(post-fordismo, toyotismo, ecc.). Categorie che taluni pretendono di elevare a paradigma generale di ogni
trasformazione presente dell'assetto socio-economico complessivo. Quello che evidentemente mancava era il
quadro "soggettivo" delle condizioni di classe che la flessibilizzazione del lavoro - con i suoi effetti destrutturanti
sulla solidarietà tra i lavoratori e sulla qualità delle lotte praticate e possibili - tende a
frammentare. A ciò si è tentato di ovviare con il convegno chiavarese dove la buona
qualità delle relazioni è stata contrappuntata
da un dibattito un po' parziale ma che ha offerto spunti assai interessanti. Proprio per quanto concerne le
relazioni ci corre l'obbligo di segnalare quella di Fumagalli (presentata in forma
scritta in quanto il relatore è stato impossibilitato a partecipare fisicamente al convegno) per il suo ampio
respiro.
La relazione titolata "Le nuove forme della conflittualità nel paradigma dell'accumulazione flessibile",
dettagliava
le nuove conflittualità del lavoro e l'emersione del lavoro autonomo precarizzato come elemento nuovo
di quadro.
Un'analisi dei principali livelli di flessibilità del lavoro (flessibilità delle mansioni,
flessibilità oraria e salariale,
mobilità del lavoro, ruolo delle imprese cooperative e figura del socio-lavoratore) introduceva
un'articolata analisi
delle dinamiche della conflittualità, proprio in rapporto alle nuove figure del lavoro flessibile e precario
e in
particolare alle nuove forme di conflittualità territoriale. Una disamina della crisi di rappresentanza
politica e
sindacale di questi nuovi strati concludeva, con ricchezza di problematiche, la relazione. Anche Cosimo
Scarinzi si soffermava, nella sua relazione, nell'analisi delle forme di lavoro destrutturato e
denormato, rilevando la problematicità e, al contempo, la necessità di una linea di difesa delle
condizioni
immediate d'esistenza in grado di saldare microconflittualità diffuse (che si manifestano con particolare
radicalità
anche in settori di lavoratori senza particolari tradizioni di lotta) e interessi percepiti come divaricati in un
progetto comune. La natura organizzativa di questo progetto non potrà che emergere da una
sperimentazione della
quale l'attuale diversificazione delle ipotesi e delle proposte che emergono dal sindacalismo di base e alternativo
è una valida palestra. Concludeva la serie delle relazioni quella di Pino Caputo (della redazione di
Chaos) che prendeva in esame, come
paradigma del lavoro flessibile, il telelavoro (cioè il lavoro svolto a distanza tramite computer, modem
e linee
telefoniche) nelle sue svariate tipologie e in rapporto ai tentativi di una sua regolamentazione. Il dibattito che
si apriva dopo le relazioni si incentrava su questioni assai rilevanti ma poste da alcuni in maniera
un po' troppo tranciante. Cioè se le attuali difficoltà ad individuare un terreno ad individuare un
terreno di difesa
sindacale ricomponente i diversi settori della working-class (normati e "garantiti", denormati, precarizzati, in nero,
senza lavoro tout-court) non dovessero far propendere per la ricerca di una immediata trascrescenza sul piano
politico di uno scontro sociale segmentato e frammentato, che in questo modo riacquisterebbe la sua
comprensibilità e la chiarezza di scelte di campo. L'obiezione più condivisibile che è stata
mossa a questa
impostazione è che l'aut-aut fra una progettualità sindacale ed una politica non farebbe altro che
trasferire sul
piano della seconda tutte le difficoltà che si incontrano nella prima. Altra efficacia avrebbe - come da
qualcuno
è stato fatto notare - una estensione al territorio delle lotte dei lavoratori, ovvero una trasposizione sul
terreno
sociale della rivendicazione di diritti fondamentali di corporativismi settoriali e confliggenti. Nel complesso
il convegno si chiudeva con un bilancio soddisfacente, soprattutto se considerato come naturale
prosecuzione di quello genovese del novembre scorso. Due occasioni di incontro e di dibattito (tre se si considera
il Convegno FAI di Torino dei primi di gennaio) tra militanti politici e sindacali o semplici lavoratori, di aree
anche diverse, su temi attuali e cogenti. Due occasioni di confronto non ideologico, ma ad ampio respiro e con
l'attenzione dovuta alla soluzione pratica delle difficoltà del momento. E con i tempi che corrono non
sembra
essere poco.
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