Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 236
maggio 1997


Rivista Anarchica Online

L'ideologia missionaria
di Rodolfo Calpini

Il ruolo della Chiesa Cattolica e delle missioni nella distruzione dell'identità culturale di tanti popoli "indigeni", secondo lo storico Rodolfo Calpini

E' importante riflettere sulle dinamiche missionarie della Chiesa cattolica in questo momento storico nel quale appare sempre più evidente una sua riorganizzazione aggressiva in vista degli orizzonti che si aprono sul nascere del terzo millennio in riferimento ai problemi di inserimento nei processi di globalizzazione in atto e in quelli della manipolazione delle coscienze.
Non vi è certo dubbio che fin dagli inizi la vita pratica dei fedeli e la teologia hanno costruito la Chiesa cattolica come strutturalmente missionaria. La continuità dell'ispirazione missionaria percorre venti secoli di storia, dai numerosi passi dei Vangeli tra i quali citiamo quello di Matteo "Andate dunque e ammaestrate tutte le Nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi è comandato. Ecco, io, sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" ( Matteo 28, 19-20 ), fino ai più recenti pronunciamenti del Concilio Ecumenico Vaticano : "La Chiesa pellegrinante per sua natura è missionaria, in quanto essa trae origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo, secondo il disegno di Dio Padre" (Ad gentes).
Nella teologia più recente e nelle encicliche pontificie viene sempre meglio evidenziata la radice più profonda dell'idea missionaria cioè l'incarnazione di Cristo da cui discende l'incarnazione culturale della Chiesa nell'Occidente; il processo di evangelizzazione ora chiamato inculturazione evangelica, trova perciò il suo fondamento ontologico nella stessa incarnazione di Dio nella natura umana. (1)
D'altra parte la costruzione mitica di un dio che personalmente interviene nella storia umana con un suo messaggio salvifico universale è il presupposto per fondare l'azione missionaria come un incontrollabile strumento di potere.
Da quando il cristianesimo poco dopo l'anno 300 sotto l'Imperatore Costantino divenne religione di Stato, andò formandosi gradatamente nei fedeli la convinzione di possedere una verità assoluta e astorica che doveva essere imposta a tutto il mondo.
In tal modo sulla scia dell'imperialismo romano missione religiosa e missione di civiltà s'intrecciarono profondamente mescolando nel corso dei secoli espansione commerciale e militare, salvezza delle anime, guerre di sterminio all'interno e all'esterno della cristianità ma, in ogni caso, specialmente nei popoli indigeni e nelle minoranze etniche, provocando la cancellaizone delle religioni tradizionali e la persecuzione di usi, costumi e visioni del mondo che si pensavano inconciliabili con la fede e la morale cristiana (2).
A seconda della sensibilità delle varie epoche si passò dalla figura del missionario-battezzatore, a quella del missionario-inquisitore del 5-600 fino a quella del missionario-benefattore dei nostri giorni così come l'apologetica cattolica ce lo presenta.
Ciò che nel corso dei secoli rimane costante nella "forma" missionaria è l'esportazione della "Verità" unica (3) alla quale tutte le culture debbono piegarsi affinché tutto il mondo divenga "un solo ovile sotto un solo pastore". Questo che era l'ideale politico-religioso medioevale e all'epoca dell'impero mondiale di Carlo V sembra ora, nell'ottica dell'universalismo cristiano, ridiventare possibile attraverso i processi di globalizzazione all'inizio del terzo millennio.
Quali sono stati gli strumenti e le conseguenze di questo paradossale imperialismo culturale?
Da quando la croce non si è più potuta identificare direttamente con il potere militare è risultato chiaro che una religione europea poteva innestarsi e crescere solo su una società costretta ad europeizzarsi: in pratica l'evangelizzazione non poteva essere disgiunta dalla colonizzazione. Specie nelle società indigene dell'America, dell'Africa, dell'Australia con una circolarità inarrestabile, la disintegrazione sociale causata dai vari tipi di colonialismo rendeva possibile l'evangelizzazione che a sua volta indeboliva l'identità culturale del gruppo fino all'etnocidio più completo.
La catechesi missionaria moderna nell'esaltazione spregiudicata di agire per il bene dei popoli, così traccia un quadro perfetto di come si giunge all'etnocidio mediante la pratica missionaria che nulla potrebbe senza la coercizione delle tecnologie armate del colonialismo occidentale:
"Avendo presente l'impossibilità per gli individui di una società tradizionale ad abbandonare la propria religione ancestrale e convertirsi ad una religione straniera quale quella cristiana, riconosciamo un duplice contributo del colonialismo alla causa missionaria della Chiesa. Infatti, sottomettendo la società indigena all'autorità del governo coloniale, il colonialismo ne scioglieva ad un tempo il meccanismo di controllo sociale liberando, per così dire, gli individui membri dalla pressione dei gruppi e dando loro un certo spazio libero per decisioni personali. Inoltre il colonialismo introduceva un nuovo metodo di produzione e un nuovo sistema economico. Con ciò esso forniva agli indigeni dei paesi colonizzati un'alternativa alla loro vita tradizionale assicurando così ai convertiti al cristianesimo la sussistenza e la sopravvivenza al di fuori dei loro gruppi naturali". (4)
Non bisogna inoltre dimenticare che quegli stessi missionari, qui presentati cinicamente da una parte come portatori di un etnocidio chiamato "causa missionaria della Chiesa", dall'altra come puri profittatori dall'esterno del colonialismo europeo, appartenevano a quegli stessi Ordini religiosi che nei loro istituti scolastici nelle loro parrocchie avevano educato i colonizzatori. Nulla di strano perciò, che come portatori della "vera" civiltà e della "vera" religione, si ritrovassero complici nell'opera di distruzione.
D'altra parte da quale cultura religiosa venivano educati i "conquistadores" spagnoli? O in quale cultura religiosa erano stati allevati gli obbedienti ufficiali sterminatori di ebrei del terzo Reich?
È indubbio che tra le cause dei due più estesi genocidi della modernità, quello degli indiani d'America e quello degli ebrei, la cultura cattolica, con l'esasperato fanatismo di una verità rivelata, riveste un ruolo particolarmente importante.
È però nel genocidio culturale o etnocidio, cioè nella sistematica e intenzionale distruzione dell'identità culturale di un gruppo etnico, che la responsabilità della Chiesa cattolica è diretta ed inequivocabile. Solo dalla Convenzione sulla prevenzione e repressione del crimine di genocidio approvata nella seduta plenaria del 9 Dicembre 1948 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, comincia a nascere nell'Occidente una sensibilità giuridica sul problema dell'etnocidio.
Nonostante che nei lavori preparatori di questa Convenzione fosse emersa chiara l'esigenza di una più ampia definizione del concetto di genocidio che contenesse anche quella di genocidio culturale per poter giuridicamente intervenire sulle condizioni che precedono la distruzione fisica dei gruppi, prevalse alla fine, per non porre sotto accusa l'azione di molti Stati nei confronti di gruppi etnici minoritari e soprattutto l'azione missionaria della Chiesa cristiana sui popoli indigeni, la tesi riduzionistica del concetto di genocidio che lo limitava all'aspetto biologico cioè alla distruzione fisica totale o parziale di un gruppo etnico, razziale o religioso. (5)
Nei successivi anni '70 si creò, per un mutato clima culturale e politico nei confronti dei processi di modernizzazione imposti ai paesi del terzo mondo e per le denunce di etnocidio e genocidio di pochi ma coraggiosi etnologi tra quali ricordiamo Robert Jaulin e Pierre Clastres, la convinzione che lo Stato, le missioni religiose e la stessa antropologia asservita agli interessi economici occidentali, fossero le cause principali della distruzione delle culture indigene. Questo indirizzo critico fu chiaramente riassunto dalla "Dichiarazione di Barbados" del 1971. (6)
Crebbe così negli anni 80 e 90 la convinzione che le differenze culturali e religiose fossero un patrimonio universale dell'umanità da preservare come condizione di dialogo e arricchimento reciproco per tutti i popoli in special modo contro le nuove forme di colonialismo culturale occidentale e i fenomeni assimilativi della globalizzazione.
Ultimamente in un Seminario Internazionale a Napoli nel 1993 dal titolo "Il concetto di genocidio oggi e nella Convenzione del 9 Dicembre 1948" per sanare l'insufficiente formalizzazione giuridica del concetto di genocidio sono stati proposti due progetti di Protocolli aggiuntivi alla Convenzione del 1948.
Nel secondo progetto viene costituito come crimine contro l'umanità la distruzione dell'identità culturale ( lingua, religione, produzione artistica e letteraria, luoghi di culto, scuole, musei, biblioteche, ecc ) di un gruppo nazionale, etnico, razziale e religioso e la sua assimilazione alla cultura dominante. (7)
Ecco perciò che all'inizio del terzo millennio dopo 2000 anni durante i quali nel processo delle conversioni la coercizione ha sempre prevalso sulla persuasione, 8) per la prima volta si configurerebbe la possibilità giuridica, al livello di diritto internazionale, di cogliere in flagrante come azione criminale l'azione religiosa missionaria proprio quella che viene fatta passare come la più disinteressata tra le azioni capaci di distruggere l'identità culturale di un popolo.
Inoltre se il crimine di etnocidio fosse a pieno titolo incluso in quello di genocidio, come era stato previsto nei lavori preparatori per la Convenzione del 1948, diverrebbe un crimine contro l'umanità e come tale imprescrittibile come contemplato dalla Convenzione del 26 Novembre 1968 sull'imprescrittibilità dei crimini di guerra e dei crimini contro l'umanità.
La configurazione giuridica del crimine di genocidio, intesa come la distruzione deliberata dell'identità culturale di un intero gruppo umano, non dovrebbe trovare grandi difficoltà di carattere tecnico.
Come previsto nella Convenzione del 1948 per provare il crimine di genocidio, dopo aver verificato sia l'esistenza degli atti di distruzione enumerati nell'art. 2 , sia che questi atti riguardano un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, è sempre necessario stabilire l'esistenza di un elemento psicologico che accerti l'intenzionalità degli atti di distruzione. Nel caso del genocidio degli ebrei la volontà di annientamento fu dichiarata esplicitamente e attestata dai documenti attribuiti ai dirigenti del III Reich. Nei genocidi che seguirono quello degli ebrei (America latina, ex Jugoslavia, popolazione curda, Ruanda ecc.) l'esistenza dell'elemento intenzionale è stata sempre la prova più difficile da raggiungersi poiché nessun governo per quanto folle avrebbe dichiarato spontaneamente i propri disegni criminali.
Nel caso dell'etnocidio la volontà esplicita, da parte delle gerarchie ufficiali della Chiesa, di distruggere la religione e la cultura delle popolazioni indigene, non sono è documentabile storicamente dalla sparizione di centinaia di universi culturali-religiosi chiamati "idolatrici" e "primitivi" ma è altresì attestata da tanti e tali documenti ufficiali da creare solo l'imbarazzo della scelta; basterà solo nel leggere questi documenti porsi dalla parte degli evangelizzandi e tradurre il termine evangelizzazione con quello di etnocidio. I risultati di questi crimini, con il fanatismo tipico di chi pensa di essere depositario dell'unica "Verità" , sono poi ampiamente documentati dagli stessi missionari nei numerosi musei etnologici-missionari sparsi in Europa, primo tra tutti il pontificio Museo missionario-etnologico facente parte dei Musei vaticani.
Gli aspetti storici, giuridici, sociali di queste riflessioni, in special modo per quello che riguarda il rapporto tra il concetto di "missione" e quello di "scuola cattolica" troveranno una più ampia trattazione durante il Congresso "Scuola di Chiesa, scuola di Stato, scuola di libertà" basato sull'opera di Francisco Ferrer che si terrà prossimamente a Roma.
Colgo l'occasione per ringraziare Carlo Ghirardato non solo per l'opera appassionata di organizzatore ma soprattutto per l'entusiasmo con il quale accompagna le sue proposte e le sue riflessioni.

(1) Un significato prevalente nella letteratura missionaria del termine "inculturazione" è il seguente: "L'intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l'integrazione nel cristianesimo, e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture umane" ( Sinodo 1985, Relazione finale II D4 in Osservatore Romano, 10 Dicembre 1985, p. 7 ). Vedi su questo tema : Arij A. Roest Crollis, S. J. Teologia dell'inculturazione, Pontificia Università Gregoriana, Roma 1994. (...)

(2) Vedi: Karlheinz Deschner "Kriminalgeschichte des Christentums: Fruhmittelalter", Rowohlt Verlag GmbH, Reinbek bei Hamburg,1994; traduzione in spagnolo: "Historia criminal del Cristianismo" Ediciones Martinez Roca, S. A: , Barcelona, 1994.

(3) Vedi: "Cattolicesimo della Chiesa cattolica" Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1992 p. 235.

(4) Vedi : Joseph Shih S.J. "La catechesi missionaria" Pontificia Università Gregoriana, Roma 1993 pp. 67-68

(5) Nell'ambito dei lavori preparatori della Convenzione del 1948 sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, durante i quali il prof. Raphael Lemkin fornisce una definizione del genocidio che include quello che oggi chiamiamo etnocidio, vengono evidenziati alcuni aspetti formali come l'imprecisione della nozione di etnocidio e il probabile rifiuto di ratificare la Convenzione da parte di molti Stati, ma in fine il sospetto di una connessione tra azione civilizzatrice occidentale e genocidio prende la forma inquietante del ritornare, salvezza delle anime, guerre di sterminio all'interno e all'esterno della cristianità ma, in ogni caso, specialmente nei popoli indigeni e nelle minoranze etniche, provocando la cancellazione delle religioni tradizionali e la persecuzione di usi, costumi e visioni del mondo che si pensavano inconciliabili con la fede e la morale cristiana.
A seconda della sensibilità delle varie epoche si passò dalla figura del missionario- battezzatore, a quella del missionario-inquisitore del 5-600 fino a quella del missionario-benefattore dei nostri giorni così come l'apologetica cattolica ce lo presenta.

(6) Questa "Dichiarazione" si trova tradotta in : R. Calpini Op. cit. pp. 186-191

(7) Vedi: "genocidi/ genocidio" Associazione Nuova Cultura, Badia Polesine (RO) , 1995.
I materiali pubblicati in questo libro sono stati in gran parte presentati nel Seminario internazionale svoltosi a Napoli, 10-12 Dicembre 1993, "Il concetto di genocidio oggi e nella Convenzione del 9 Dicembre 1948" organizzato dalla Fondazione Internazionale Lelio Basso, l'Istituto Italiano per gli studi Filosofici e l'Istituto Universitario Orientale di Napoli, con il contributo della Commissione dell'Unione Europea.

(8) A questo proposito basterà riflettere come il battesimo, prima "professione di fede", venga imposto alla nascita nella totale incapacità d'intendere e volere del soggetto.