Rivista Anarchica Online
Alla fiera delle utopie concrete
di Eleonora Minini
Nella cornice di Città di Castello, una cittadina molto umbra in un fine
settimana pieno del sole tiepido di ottobre
si è svolta la decima edizione della Fiera delle Utopie Concrete; quest'anno il tema è "l'udito e
l'ascolto", e di
tutto quel che si può dire, dalla fisica alla tecnologia, dai rumori della città alla musica di una
ninna- nanna, fino
alla differenza tra sentire e ascoltare. Bravissimo Marco Paolini, che giovedì sera, in un teatro tutto
arancione, che ricorda il set di West Side Story, si
fa ascoltare, come si fa in un manipolo di amici, con delle storie del suo passato, dei suoi amici, della Teresa che
in montagna si sdraia su una roccia dentro un sacco a pelo bagnato da un temporale impietoso, con lei che non
è pratica della montagna. Bravo, divertente, profondo, umano. Siamo circa 200 persone (forse un po'
meno) e continuiamo ad incontrarci in ogni luogo. Il paese è piccolo. Venerdì pomeriggio,
alle 16, comincia la seconda parte del dibattito "Percezione e Comprensione" in cui spicca
la figura da grillo arzillo di Ivan Illich, che trasuda energia intelligente e buon umore e, a tratti, un gran mal di
testa. Non ho assistito alla prima parte del dibattito che si è tenuta il giorno prima, in cui tutti, relatori
e relazionati,
insomma persone, hanno deciso di non far uso di cuffie e altoparlanti e traduttori simultanei direttamente
nell'orecchio, perché si parla di ascolto appunto e l'altoparlante svuota la voce dallo spirito e dall'anima
che
l'accompagna, separa chi parla da chi ascolta, e poi di altoparlanti che abbaiano siamo già tartassati, il che
ci rende
pericolosamente abituati a prendere sul serio voci senza corpo o a credere vive cose intangibili... Wolfgang
Sachs ci dice che oggi la televisione e il dialogo tra persone sono considerate la stessa cosa, la
chiamano nello stesso modo: COMUNICAZIONE; ma è necessario distinguere invece tra scambio
personale e
comunicazione mediatizzata. Sì, perché l'ascolto tra 2 persone che parlano è un vero
incontro fisico spirituale
e psichico. Heinz Buddemeier, un omino piccolo che si fa capire e che ti tocca l'anima con un dito ci mostra
due sassi: cosa
sono? domanda, pietre, diciamo tutti. Potrebbero essere di plastica ? Si potrebbero, viste così...Poi le batte
una
contro l'altra: potrebbero essere plastica ? No, sono sassi...Certo attraverso l'udito noi possiamo percepire (non
misurare) la qualità. La qualità di questa mia percezione è il mistero della creazione della
pietra. Poi ci dice che si può descrivere fisicamente un suono, anche quello di una voce, ma questo
è solo un vestito che
deve essere riempito dalla Volontà di ascolto (l'atto umano dell'udire, come lo chiama Illich) in cui io
devo
muovermi a livello interiore verso ciò che ascolto, devo autodistanziarmi da me per valutare ciò
che sento. Una voce da un qualsiasi altoparlante è sì un vestito, ma vuoto. A lungo andare
questo sentire impoverisce perché
colui che ascolta deve riempire questo vuoto con la sua memoria, mette solamente del suo, pescando solamente
da sé, senza autodistanziamento per nuove (e ricche) valutazioni. Oggi, continua Heinz, il rumore,
cioè gli Allarmi (dall'italiano Alle-Armi), che ci infastidisce è onnipresente, così
a molte persone è venuto naturale e difensivo chiudersi perdendo coraggio ed energia anche per le cose
e i modi
in cui vale la pena ascoltare. Anche il silenzio. Ma il silenzio oggi è un'eccezione, bisogna
riappropriasi di spazi pieni di silenzio. E, contesta bonariamente Illich, non serve diventare insensibili al
rumore, facendo finta che non esista ; anzi
occorre prenderne coscienza e coscientemente imparare a sorvolarlo; l'uomo deve cercare da sé quelle
minime
occasioni in cui può Ascoltare, come atto umano dell'udire, appunto, e perché questo succeda
bisogna formare
la virtù del senso : la via è quella di rinunciare deliberatamente a continue e pressanti
sollecitazioni da parte
dell'ambiente, sottrarsi all'ascolto di quelle cose che oggi ci impongono il loro consiglio o la loro presenza o il
loro aiuto (siamo pieni di consiglieri, dottoroni, pubblicitari, voci...) A lungo andare, se così non
è, ci ammaliamo
di quello che Illich chiama il "male epistemico", cioè la trasformazione del dato scientifico, statistico o
pubblicitario in certezza interiore. Ma noi non siamo profili statistici e neanche esempi scientifici. Siamo
uomini. Riprendiamo a vivere, smettiamo di "vivacchiare". Oggi la nostra società ci insegna che
non si può essere virtuosi: parlare di deliberata povertà uditiva, di castità
dell'ascolto imposta, di "custodia oculorum", di rinuncia... sono parole che oggi non si possono usare. E invece
"occorre portarsi dietro con virtù la consapevolezza della nostra totale e profonda impotenza": è
da questa
consapevolezza che si comincia a fare politica.
|