Rivista Anarchica Online
Ancora su Ugo Mazzucchelli/1 e 2
Ritrovo sul n. 240 di "A" varie considerazioni di Alfredo Mazzucchelli su quanto pubblicato
sulla stampa
anarchica a proposito di suo padre Ugo, morto all'inizio di quest'anno. Tali valutazioni, ovviamente più
che
legittime sul piano della naturale difesa della figura del proprio genitore, sono intrecciate a una serie di critiche
al movimento anarchico attuale. Esso si sarebbe autoemarginato dalla realtà fino al punto di divenire
invisibile,
soffrirebbe di logorrea cronica e di una paralitica impotenza, sarebbe vittima del rispetto del "catechismo" e degli
schematismi ideologici: tutto ciò spiegherebbe la superficialità dei giudizi espressi su Ugo
Mazzucchelli. Quali sono le soluzioni alle gravi malattie del movimento offerte da Alfredo, il quale precisa
comunque di non
accettare "lezioni di anarchismo da nessun interprete ufficiale"? Far propri i compromessi imposti dalla
quotidianità, andare a votare, costituirsi in partito, appoggiare campagne elettorali e in generale non
andare troppo
per il sottile, come, secondo lui, avrebbero fatto gli anarchici nei momenti storici in cui hanno realizzato
esperienze importanti: dal Messico a Kronstadt, dall'Ucraina alla Spagna. Si potrebbe rispondere che per
spiegare le ragioni di certe scelte politiche del padre, e sue personali, non è corretto
né necessario fare una rilettura strumentale e superficiale (questa sì!) dell'anarchismo che
sicuramente è stato,
ed è, un movimento caratterizzato da molte tendenze, talora conflittuali, da realtà organizzative
diverse e
divergenti, da un pluralismo accentuato fino alla dimensione individuale. Non appare quindi convincente
sostenere, che "gli anarchici hanno sempre affermato...": chi, quando, come, dove?
In particolare risulta arbitraria la generalizzazione quando si fa riferimento a temi a lungo discussi (la
proprietà,
il lavoro, la violenza, il denaro) sui quali le posizioni sono state, e sono, molto differenziate e, non di rado,
contraddittorie. Per quanto riguarda le critiche al mio articolo di valutazione del significato storico della lunga
militanza ed
esperienza di Ugo Mazzucchelli ("Umanità Nova" del 2 febbraio 1997), ho l'impressione che le mie
considerazioni non siano state comprese, forse perché non mi sono espresso chiaramente o forse
perché si è voluto
interpretarle in modo prevenuto. Non mi sono mai sognato di esprimere un "giudizio di immoralità" su
di lui: al
contrario, anche in questa circostanza, ne ho difeso le intenzioni oneste e il tentativo di attualizzazione
dell'anarchismo fatto in buona fede. Invece ho voluto collocare le sue discutibili prese di posizione, che hanno
sorpreso molti compagni che lo conoscevano da tempo, in un contesto personale ed economico. Il passare
degli anni, che comporta accumulo di esperienze e di riflessioni, ha un'enorme influenza sulle
convinzioni di ogni essere vivente e pensante; tanto più quando ci si sente prossimi al termine e si
desidera
lasciare un messaggio valido, un testamento politico e morale, agli interlocutori più vicini. Ugualmente
ha una
certa importanza, pur non essendo determinante in modo assoluto, la condizione sociale di chi si dichiara
anarchico o rivoluzionario: il livello di coerenza tra ciò che si proclama e il proprio modo di vivere aiuta
a definire
il grado di credibilità di un individuo e delle sue idee. Questo lo sanno bene, ad esempio, i bambini che,
giustamente, giudicano gli adulti non da quello che dicono ma da quello che fanno. Ciò vale tanto
più se si è
materialisti, e comunque tale visione non è conseguenza di un'ottica "marxiano-storica" né di una
interpretazione
che ruoti attorno al concetto, peraltro molto complesso, di "egoismo". Voglio aggiungere altre valutazioni:
la proposta di Ugo, della fine degli anni Ottanta, di dar vita a dei Comitati
astensionisti è in netta contraddizione con le scelte elettoralistiche di qualche anno dopo; la
partecipazione, a
cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, alla Lega per il Disarmo Unilaterale, con Cassola, Marzocchi e altri
antimilitaristi, è in ovvio contrasto con l'accettazione del principio della guerra democratica espresso
durante
l'intervento americano nel Golfo; il monumento a Franco Serantini, ucciso dalla polizia durante una protesta
antifascista, stride con gli appelli alla pacificazione tra fascisti e antifascisti. Si può riflettere in modo
simile su
altre scelte che Ugo fece negli ultimi anni della propria movimentata e lunga esistenza, che fu per decenni
generosamente militante. Su altri punti, peraltro alquanto generici, come la necessità di unire la teoria
all'azione o la necessità di vivere
le contraddizioni legate alla vita quotidiana, concordo con quanto affermato da Alfredo Mazzucchelli, il quale
conclude con un appello a risolvere i problemi con "metodo e pazienza". Ma dalle considerazioni espresse
nella sua lettera emerge un interrogativo preciso e pressante proprio sul metodo da usare nella critica e
nell'attività libertarie: democratico-istituzionale o anarchico-antistituzionale?
Claudio Venza (Trieste)
Caro Claudio, non ritengo utile rispondere alla tua lettera punto per punto, ritengo il contenuto
più materia di un convegno... a
tempi, che per corrispondenza; mi scuserai, quindi, se provo a buttare giù qualche considerazione di
carattere
biografico. Faccio parte del movimento anarchico ormai da 43 anni. Ho contribuito attivamente alla
costituzione della FAI,
quando la pregiuduziale organizzativa mi sembrava ormai irrinunciabile,assistendo alla costituzione dei GIA,
come ad un fatto inconcepibile ed incomprensibile,sia pur perfettamente conciliabile col diritto di ognuno ad
organizzarsi o no, ma comunque a farlo come crede, e vi ho contribuito assieme a compagni quali Marzocchi,
Mantovani, i coniugi Rossi, Tommasini, mio padre e tanti altri di cui sarebbe troppo lungo l'elenco, ma in
contrasto a volte asperrimo con altrettanti compagni degni di rispetto quali Borghi, Farinelli, Chessa etc... A
14 anni, mi avvicinai all'anarchismo, non attraverso mio padre, ma influenzato da un anarchico individualista
di fede Nietzsciana, tale Ugo Zambelli, che, come i peripatetici, ci faceva scuola percorrendo le vie della
città,
con soste nella piazza sulla quale incombeva l'insegna dei GAR, Gruppo Germinal, aderente alla FAI, attraverso
i Gruppi Anarchici Riuniti. Percorremmo un po' tutti i pensatori anarchici e libertari del '800 e quando incontrai
il Malatesta mi sentii finalmente realizzato. Nel frattempo frequentavo compagni come Alberto Maschi, i
compagni dell'USI di Genova ed Alfonso Failla, ormai da anni residente a Carrara. Fino ad inizio degli anni
ottanta, la mia partecipazione alle vicende della FAI si può definire militante, poi inizia questo lungo
periodo di
riflessione e di presa di distanza, motivato sia da contrasti di carattere anche personale, come di identità
con una
pratica di lotta quotidiana che sempre più giudicavo verbosa, velleitaria ed inconcludente. Naturalmente
in questo
giudizio coinvolgo il Movimento Anarchico incapace di darsi una struttura che ne assicuri la visibilità
in quanto
organismo politico, ma non voglio per nulla tirarci dentro quei compagni e quei gruppi che, pur nel marasma
generale, continuano a tenere le posizioni con fermezza, chiarezza, onestà intellettuale e ... pochi
risultati. Non mi sembrava più dignitoso attribuire la responsabilità dei nostri continui ritardi
alla malignità del Potere ed
ai nostri avversari, (anche se questo è in gran parte vero) così ho ripreso a riflettere con sempre
maggiore
attenzione sulla polemica Merlino-Malatesta. È solo uno spunto, bada, ma lo ritengo stimolante. Oggi
ritengo che
il programma malatestiano sia senz'altro un punto di arrivo, per il quale valga la pena di lottare e da tener sempre
presente, ma quello che ci manca è un programma che proponga obbiettivi intermedi che funzionino come
elementi capaci di mobilitare uomini su interessi comuni ma immediati, obbiettivi intermedi, dunque! Non
vorrei che l'esserci sempre battuti contro il marxismo per quella sua mania di rimandare la soluzione del
problema della 'sovrastruttura' a quando sarà risolto quello della 'struttura', ci abbia portato ad una tale
sublimazione di questa lotta, a tal punto da farci perdere di vista la necessità di una graduale
approssiamzione
al nostro programma integrale; con tutto ciò che questo comporta in termini di assunzioni di tattiche e
strategie
necessarie finalizzate alla creazione di un forte movimento di uomini capace di incidere sulle scelte politiche nella
società. Il tuo aut-aut mi sembra datato e spropositato, mi rendo conto che forse c'è anche
un problema di semantica ad
essere risolto! Non trovi anche tu che nel nostro linguaggio certe espressioni tradiscano l'appartenenza ad una
realtà ormai... andata? (per me una realtà è 'andata' quando non la si vive più,
quando, indipendentemente dal
valore delle esperienze che ci ha trasmesso, non ci coinvolge più direttamente ed
interpersonalmente.) Malatesta diceva che chi sbaglia strada non va dove vuole, ma dove lo porta la strada
intrapresa, giusto, ma si
tratta di capire, fuori da schemi ideologici, se la strada intrapresa è proprio errata! Lo è? Non
lo so più, o per lo meno ho dei seri dubbi. Scarinzi, in risposta alla mia lettera, dice che la... teoria
anarchica fa della sperimentazione un elemento cardine della propria esistenza... ed è... un assieme di
convincimenti di carattere generale che pretendono di essere verificabili e criticabili razionalmente...
Giustissimo!!! Ma è forse applicabile, questo assioma, così come Orwell diceva delle leggi nella
fattoria degli
animali? A chi si rivolge, infine, a me, a se stesso o semplicemente esclude da questo vaglio le teorie
anarchciche? Caro Claudio,una ultima cosa: quando tu mi rimbrotti a proposito del mio "...gli anarchici hanno
sempre
affermato...", col tuo: "chi, quando, come, dove?" ,prima di arrivare alla mia presunta arbitraria generalizzazione,
concludi su temi a lungo discussi (la proprietà, il lavoro, la violenza, il denaro) sostenendo che le
posizioni sono
state, e sono, molto differenziate e, non di rado contraddittorie, vuoi forse dire che io non ho il diritto di rilevare
quanto tu sottolinei ? Per quanto riguarda poi la lettera di Cosimo Scarinzi, al già accennato problema
del voto di prima, durante e dopo
i pasti, anche quà se ne faccia una ragione: o l'arcolaio o il telaio elettroni-co! Nei prossimi anni, con
l'incessante
sviluppo dell'informatica, saremo certamente consultati assiduamente, non so se prima, durante o dopo i pasti,
ma certamente lo saremo, ed ancora una volta dipenderà dalla capacità degli uomini di rendere
tale strumento o
decisionale o consultivo. Come sempre, ed ancora una volta, la scienza e lì, pronta a farsi usare....
ed ancora una volta dipenderà dagli
uomini saperla usare correttamente, e cioè a vantaggio di tutti, e col concorso di tutti, almeno di tutti
coloro che
vorranno e sapranno esserci! Caro Scarinzi, sono anarchico, ormai, da oltre quaranta anni, e ho sempre
pensato che le frustrazioni subite in
questi ultimi decenni finalmente dovrebbero finire: hai ragione quando affermi che gli anarchici vivono
già
giornalmente tra la gente, il fatto è che non lo riconoscono,che non lo traducono in fatti concreti, che non
sanno
capitalizzare queste loro esperienze traducendole in realtà organizzative: lotte sindacali,di quartiere,
municipali,
lotte per i diritti civili, ambientaliste e quant'altro interessa il vivere quotidiano, caratterizzando tutto ciò
con una
nostra specifica presenza e partecipazione. Voglia di protagonismo? NO! Ma chiamala pure come vuoi, il fatto
è che le idee camminano sulle gambe degli uomini, e senza il concorso di uomini che le sorreggono,
rimarremo
sempre nella condizione attuale di splendidi enunciatori, isolati e irritati per le altrui imperfezioni! Un saluto
a te ed a tutti i compagni anarchici.
Alfredo Mazzucchelli (Carrara)
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