Rivista Anarchica Online
Da Kropotkin a noi, via Mumford
di Franco Bunçuga
Architetto e anarchico come Doglio, Franco Bunçuga - che ne è stato allievo e che
già ha firmato
il necrologio di Doglio su "A" 222 (novembre '95) - ne traccia qui un profilo
E' difficile dire perché Carlo Doglio è stato importante per
l'urbanistica contemporanea. E importante
lo è indubbiamente stato. Se parliamo dell'urbanistica come disciplina tecnica sociologico-ingegneristica,
beh, in quel campo Doglio è quasi sconosciuto. E se qualcuno per caso è stato costretto
ad averci a che fare, ha fatto di tutto per togliersi dai piedi un disturbo, un impedimento all'agire, un
continuo richiamo al pensare, all'essere e all'andare altrove da dove la disciplina porta. Se urbanistica
è mediazione con le forze che agiscono sul territorio, tentativo di dare una forma spaziale
alle attività produttive e residenziali, creazione di infrastrutture atte alla crescita, allo sviluppo, beh,
questo non è campo in cui Doglio può suggerire formule, schemi o ricette. Doglio crea
problemi. Da vivo li creava e li crea da morto. Al massimo va bene per qualche convegno.
Ma prendere sul serio ciò che diceva...per un urbanista che deve fare piani è solo una perdita di
tempo. Doglio è stato importante per la storia dell'anarchia, ma questo è un altro discorso,
anche se la sua
attività come urbanista non può essere disgiunta dal suo essere anarchico e agire da tale. Dalle
ricerche
di Carlo Doglio nasce in Italia quel filone della pianificazione (sicuramente minoritario) che riscopre
l'importanza di Kropotkin e della scuola inglese. Il pensiero di Doglio rimane importante per chi vuole
operare sul territorio e ancora, illuso, crede che
la qualità di ciò che ci circonda dipenda dalla qualità del nostro agire, che la città
sia la somma dei
singoli cittadini e non una serie di righe e colori su un piano regolatore. Per capire alcuni dei punti
fondamentali dell'esperienza di Doglio potremmo parafrasare Aristotele e
Kropotkin: sembrano una strana accoppiata, ma sostenevano entrambi alcuni principi sempre presenti
nelle ricerche di Doglio. Il primo diceva che l'essenza della città non può essere ridotta agli edifici
e alle
mura ma deve consistere nella qualità dei cittadini, l'altro che nessuna struttura sociale può essere
progettata e imposta dall'alto ma solo aiutata a crescere e svilupparsi pienamente in piena autonomia.
Come sintetizzerà Patrick Geddes, collaboratore e amico di Kropotkin: il piano deve essere "il fiore e
il risultato di un'epoca", la storia degli sforzi nei secoli di una collettività che si riconosce nei propri
manufatti e nelle proprie organizzazioni liberamente istituite. L'urbanista deve amare e conoscere la
città o il territorio in cui opera, possibilmente risiederci, almeno
per periodi significativi, deve rispettare le profonde dinamiche che rendono ogni città, ogni luogo, unici
e degni di essere rispettati nella propria irriducibile complessità. La disciplina urbanistica oggi si
limita quasi soltanto a calare idee e schemi precostituiti sull'esistente
per costringerlo ad andare in direzioni prefissate o desiderate - per motivi di dominio, di sviluppo o di
mera speculazione. Doglio non è mai stato un urbanista in senso stretto, non è mai stato altro
se non, soprattutto, Carlo
Doglio, unico nel panorama culturale contemporaneo, una persona che ammaliava intellettualmente con
le sue idee anticonformiste, come ci racconta De Carlo, che affascinava o respingeva, o tutte due le cose
insieme, spiazzando e rendendo problematico un giudizio netto. L'esempio e l'azione di Carlo Doglio lasciava
dentro a tutti quelli che l'avvicinavano un seme che in
alcuni germogliava nei tempi e nei modi più impensati, in altri diventava un tarlo, difficile da snidare
e neutralizzare, che continuava a riapparire nei punti più impensati. Alcuni dati biografici di Doglio
mi permetto di estrarli dalla prefazione alla riedizione del suo testo
fondamentale, La città giardino, per i tipi di Gangemi nel 1985, che contiene, come
antefatto, una sorta
di "curriculum vitae" compilato nel 1983 dallo stesso Doglio, in toni a volte aoutoironici. Allo stesso
testo rimando per un'informazione più completa.
A Partinico con Danilo
Dolci "Carlo Doglio è nato a Cesena (Forlì) il 19 novembre 1914...si è
laureato con 110 e lode in Diritto
Civile nel 1936. Era stato due volte Littore (ai Littoriali della Cultura e dell'Arte) in ambito
cinematografico...iscritto a Filosofia ha insegnato nel Liceo...Scriveva molto ancora di cinema e diresse
la pagina cinematografica del Corriere Padano, avendo Antonioni come aiuto. ...nel 1942 (se
ricordo bene) è stato arrestato e messo in S. Giovanni in Monte, da dove è uscito alla
caduta del fascismo; trasferitosi a Cesena è stato nuovamente arrestato e invitato a scomparire dalla
zona, per cui andò a Milano. Prosegue l'attività clandestina, legandosi ora al Movimento
Anarchico e pubblicando il giornale
(clandestino) Il Libertario. A fine guerra è stato vicesegretario del movimento culturale del
CNL in
Milano, lavorando a lungo con Antonio Banfi e con i Banfiani. E' poi divenuto Direttore Editoriale della
Mondadori, dove è stato fino al 1949. A quella data è stato
assunto da Adriano Olivetti per dirigere il Giornale di Fabbrica di Ivrea (con redazione metà
operaia
e metà padronale), cosa che ha fatto per circa due anni. Dopo, è passato segretario del Gruppo
Tecnico
per il Coordinamento Urbanistico del Canavese, per il Piano Territoriale appunto del Canavese, e li è
stato fino al 1955 (era entrato nel giro degli architetti milanesi durante la clandestinità). Nel 1955 ha
lasciato l'Italia, sempre dipendente della Olivetti, e si è recato a Londra dove risiede sino
al 1960 compreso: studiando Urbanistica, seguendo questioni economiche, membro della Fabian
Society, dirigente della International Society for Socialist Studies (con Lelio Basso presidente e celebri
nomi di varie parti del mondo). Nel 1961 è andato a lavorare con Danilo Dolci a Partinico, e lì
è rimasto
due anni; nel 1964 è stato chiamato come docente nella Facoltà di Architettura di Palermo e di
lì passa
a Napoli, a Venezia (IUAV) e infine a Bologna a Scienze Politiche, dove è ora. E' stato l'inviato per
il mondo di Comunità; è membro de Il Mulino; ha pubblicato qualche libro e
tuttora scrive e forse pensa...". Un'ottima bibliografia su Carlo Doglio la potete trovare nella selezione dei
suoi scritti curata per i
quaderni didattici del Dipartimento di Urbanistica dell'IUAV da Chiara Mazzoleni, i principali testi di
urbanistica che consiglio, oltre naturalmente a tutti i suoi articoli per la "nostra" Volontà,
sono: - Il suo testo fondamentale L'equivoco della
città giardino, frutto di un lavoro premiato al concorso
Inu-della Rocca per una monografia su "L'idea della città-giardino: sua attualità e suoi sviluppi";
fu pubblicato in cinque puntate sui primi sette numeri di Volontà e poi pubblicato come
opuscolo
dalle Edizioni RL nel '53, poi dalla CP editrice e recentemente nel testo sopra citato della Gangemi; - Dal paesaggio al territorio. Esercizi di pianificazione
territoriale , Bologna, Il Mulino 1968; - Le radici
malate dell'urbanistica italiana (con G. De Carlo, R. Mariani, A. Samonà), Milano, Moizzi
1976.
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