Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 1 nr. 3
aprile 1971


Rivista Anarchica Online

Insegnamenti libertari della Comune
di Mirko Roberti

Cento anni separano le lotte degli sfruttati di oggi dalla Comune di Parigi. In questi cento anni sono stati confermati gli insegnamenti essenziali che la Comune di Parigi ha lasciato al patrimonio teorico di tutti i sinceri rivoluzionari del mondo. Sebbene la sua esperienza si sia consumata in uno spazio temporale brevissimo (18 marzo - 28 maggio 1871), è tuttavia sufficiente per ricavarne un significato storico unitario e per trarne magistrali indicazioni operative. In così breve tempo è evidente, però, che i suoi atti materiali più importanti non trovano la loro naturale compiutezza: essi sono solo una serie continua di tentativi di emancipazione che, per la prima volta nella storia, vengono gestiti in modo diretto dagli sfruttati.
Il fenomeno storico sembra a prima vista assai complesso e quasi contraddittorio. Infatti osserviamo dapprima l'esistenza di due organi direttivi e cioè il Consiglio della Comune e il Comitato Centrale della Guardia Nazionale, tutti e due tendenti alla guida unica del moto rivoluzionario. Il Consiglio della Comune vuole essere la guida politica, il Comitato Centrale della Guardia Nazionale vuole essere la guida militare. Anche se pochi giorni dopo la proclamazione della Comune il Comitato Centrale verrà assorbito dal Consiglio, esisterà tuttavia per tutto il periodo rivoluzionario una lotta per la sua guida tra i rappresentanti originari del Consiglio e quelli del Comitato Centrale.
All'interno dello stesso Consiglio inoltre non esisteva assolutamente una omogeneità di pensiero e di indirizzo politico. Dobbiamo tenere presente che ad accrescere la complessità del fenomeno concorrono altri fatti di grande portata storica: la guerra franco-prussiana, l'inizio della potenza prussiana, la fine dell'Impero in Francia, la decadenza dell'Impero austroasburgico, ecc. Le interpretazioni del significato storico della Comune sono state di conseguenza molteplici e assai diverse.
Gli storici marxisti, a cominciare da Marx stesso, hanno interpretato la Comune come la prima manifestazione storica della "dittatura del proletariato" (1). Ma questa interpretazione, all'analisi dei fatti, non regge, non solo perché il Consiglio della Comune, era composto in minima parte da operai (il resto era un insieme eterogeneo di rappresentanti di tutto lo schieramento progressista di quel tempo), ma anche e soprattutto perché il Consiglio non ha mai trascinato il moto rivoluzionario anzi gli è stato più di una volta di intralcio. Se questo Consiglio ha "ufficializzato" coi suoi decreti tutte le attuazioni pratiche della Comune, ciò si deve al fatto che esso non fece altro che "legalizzare" quello che era successo nella realtà delle cose. Assistiamo qui ad un fenomeno storico completamente diverso da come ci è stato presentato dai marxisti: il cosiddetto "Governo Rivoluzionario" è sempre anticipato di fatto dalla azione diretta delle masse parigine.
Considerando la eterogenea composizione sociale e politica del Consiglio e la sua conseguente contraddittorietà e gli antagonismi all'interno di esso, non si riesce a trarre un'interpretazione univoca, un chiaro significato storico rivoluzionario della Comune. Ma la storia che a noi interessa non è la storia dei "capi". La rivoluzione che interessa agli anarchici non è quella dei comitati.
Come di ogni grande movimento rivoluzionario, il significato della Comune non va ricercato nella "sua testa", ma alla base. La base della Comune di Parigi è la grande massa dei lavoratori manuali che con la loro lotta portano i "capi" del movimento a "decretare" le forme politiche espresse realmente dalle esigenze obiettive di tutti gli sfruttati. L'evidenza elementare, materiale, dei fatti conferma questa corretta interpretazione storica: la Comune è l'esplosione, spontanea e coerente insieme, di una lotta che identifica il mezzo con il fine, di una strategia libertaria che non dà momento prioritario a nessuna fase rivoluzionaria, che combatte quindi contemporaneamente su tutti i fronti tutte le cause materiali del privilegio e dello sfruttamento. Questo in concreto significa non solo la lotta contemporanea contro lo stato e il capitalismo, in opposizione alla ridicola strategia marxista della costruzione a tappe del socialismo (conquista del potere politico, stato operaio di transizione e altre simili sciocchezze), ma anche la lotta contro tutti i possibili gruppi che pretendono di rappresentare e guidare la rivoluzione.
La liquidazione di questi gruppi (sempre presenti storicamente in ogni rivoluzione) è chiaramente una tendenza costante dei proletari parigini nel 1871. La distruzione materiale di tutte le possibilità obiettive che questi gruppi hanno di costituirsi in classe dirigente, trova la sua conferma non solo nella revocabilità dei delegati al Consiglio della Comune, ma anche nella distruzione di ogni struttura autoritaria, ad esempio attraverso l'organizzazione della giustizia popolare. Il Consiglio della Comune infatti "decreta" il 22 aprile 1871 che tutti i giudici sono eletti direttamente dal popolo e da questo, in ogni momento, revocabili immediatamente. Tre, dicevamo, sono gli obiettivi che i lavoratori manuali di Parigi si propongono di realizzare direttamente e contemporaneamente. La distruzione dello Stato, la distruzione del Capitalismo, la distruzione di ogni possibilità materiale di formazione di una nuova classe sfruttattrice e privilegiata.
L'esistenza di una unità sociale, economica ed organizzativa come la Comune, è innanzitutto la massima negazione vivente dello Stato. Essa porta con sé tutte le estreme implicazioni e conseguenze del principio antistatale, federativo e anarchico. Ne deriva quasi meccanicamente tutta una serie di fatti materiali ben precisi, che, per le loro implicazioni, tendono ad esautorare lo stato di tutte le sue funzioni, privandolo quindi della sua ragion d'essere.
Vediamo alcuni dei più importanti. Il 30 marzo 1871, dopo che gli operai parigini si sono impadroniti direttamente delle armi, il Consiglio della Comune "decreta" automaticamente la fine della coscrizione militare obbligatoria. La difesa della Rivoluzione passa quindi direttamente dall'esercito al popolo. Molti uffici amministrativi vengono aperti a tutti. Le "funzioni pubbliche", che prima erano proprietà privata della burocrazia, ritornano al popolo. La città di Parigi viene divisa in 20 arrondissements (quartieri) ognuno dei quali funziona economicamente e socialmente con una sua propria assemblea. Ne deriva una frantumazione totale di tutte le funzioni accentratrici, che sono, come sappiamo, condizione essenziale perché prosperi il potere.
Anche la polizia, "come corpo speciale", viene soppressa. Al suo posto viene organizzata una milizia popolare cittadina, la quale ha solo carattere provvisorio. Infatti la sua provvisorietà consiste in questo: più la rivoluzione viene realizzata nei suoi contenuti egualitari e libertari, più cresce l'inutilità della milizia. Ciò in altri termini, vuol dire che l'unico modo per difendere la rivoluzione dai suoi nemici esterni ed interni, è spingere al massimo la sua marcia emancipatrice.
Il Consiglio della Comune non può avere completa facoltà di legiferare (se non nel senso, già visto, di "ufficializzare" scelte già fatte e realizzate dal popolo). L'Hôtel de ville (municipio) è un luogo materiale di ritrovo dove tutti i delegati dei venti Consigli di quartiere si scambiano le proposte e gli ordini ricevuti dalle proprie assemblee. Questa struttura di carattere federativo e assembleare è la forma politica della decentralizzazione ed è la tomba storica dello Stato.
Anche l'inizio della socializzazione non avviene per merito dei "decreti" del Consiglio, ma per espropriazione diretta da parte degli sfruttati. I proletari parigini incominciano, quindi, ad organizzare di fatto una società socialista. Vengono occupati direttamente gli "ateliers" abbandonati dai proprietari in fuga a Versailles, moltissimi altri passano automaticamente di proprietà della Comune.
Un esempio di questo l'abbiamo con il decreto del 3 aprile 1871 del Consiglio della Comune dove viene proclamata la confisca di tutti i beni della chiesa, la soppressione dei culti e quindi l'assoluta impossibilità per i preti di vivere senza lavorare. Ma questo, di fatto, era già realmente operante dal 18 del mese prima quando cioè i lavoratori manuali di Parigi occuparono direttamente tutte le proprietà degli ecclesiastici. Anche la scala dei salari viene quasi completamente soppressa: tutti gli impiegati, per esempio, ricevono lo stesso stipendio degli operai.
È evidente che moltissime altre importanti attuazioni non poterono realizzarsi a causa della disfatta militare. Sotto questo punto di vista ci sembra già eccezionale vedere come, in due mesi, si profilasse l'inizio di una società socialista e libertaria. Questa generale espropriazione diretta, immediata, da parte degli sfruttati illumina anche il significato che la Comune di Parigi ha avuto per il movimento operaio e rivoluzionario di quel tempo, nel momento in cui, proprio all'interno della Prima Internazionale, l'ala marxista piccolo-borghese proponeva al proletariato non la lotta economica e sociale gestita in modo diretto, ma l'organizzazione in un partito per la "conquista del potere politico". Sappiamo tutti a quali risultati disastrosi ha portato questa strategia marxista-leninista della conquista del potere politico come primo obiettivo del proletariato. Basti come esempio lo stato feudale "sovietico" nato dalla rivoluzione bolscevica del '17.
Forse la indicazione operativa più significante che la Comune ci ha lasciato per costruire un sistema produttivo e sociale basato sulla libertà e sulla eguaglianza materiale fra tutti gli uomini, è rappresentata dalle proposte pratiche e teoriche avanzate da alcuni comunardi delegati del II arrondissement all'assemblea del Consiglio della Comune.
Il 9 aprile 1871 i delegati Luisa Michel (2) ed Elia Reclus (3) attraverso una circolare mandata a tutti i 20 arrondissements proponevano che l'insegnamento "deve essere perciò integrale, vale a dire esercitare nello stesso individuo e allo stesso tempo, la mente che concepisce e la mano che esegue... Tutti gli alunni riceveranno l'istruzione laica, integrale, vera base dell'uguaglianza sociale affinché la rivoluzione comunale affermi il suo carattere essenzialmente socialista".
È evidente che questa concezione di integrare il lavoro manuale e il lavoro intellettuale, prima condizione fondamentale per abolire le classi, non avviene a caso. Dicevamo prima che la Comune porta con sé delle implicazioni meccaniche, automatiche, che sono incompatibili con l'esistenza stessa di ogni Stato. Queste implicazioni sono per l'appunto l'abolizione di ogni autorità, che è sempre rappresentata da una determinata funzione sociale. Abolire la separazione tra le funzioni sociali direttivi e quelle esecutive, è in ultima analisi abolire le classi. Questo si ottiene integrando il più possibile il lavoro intellettuale con quello manuale, costruendo una struttura sociale, che, per la sua caratteristica decentralizzata, comporti la ripartizione egualitaria fra tutti di tutte le funzioni direttive subordinate.
Questa struttura sociale è appunto la Comune. Essa è dunque il luogo dove gli sfruttati possono iniziare una reale e diretta gestione della produzione rifiutando il ruolo, imposto loro da secoli, di puri esecutori manuali. Questo problema nodale della Rivoluzione emancipatrice e integrale, è stato in questi cento anni portato avanti solo dal pensiero libertario.
Solo il movimento anarchico è, dunque, l'erede spirituale e legittimo della Comune di Parigi. Con la progressiva decadenza della borghesia capitalistica, via via sostituita dalla classe piccolo-borghese dei tecno-burocrati, il movimento libertario e popolare ha sempre dovuto lottare su due fronti, contro i vecchi e i nuovi padroni. Mentre la forma dello sfruttamento cambia, la sua causa rimane pressoché costante. La divisione delle classi corrisponde alla scala gerarchica delle funzioni sociali.
L'unico modo, pertanto, per costruire una società socialista, è la lotta aperta e incessante contro ogni potere, per la gestione economica e sociale immediata e diretta da parte degli sfruttati, per l'integrazione del lavoro manuale e del lavoro intellettuale. Questo significato originario della Comune che in questi cento anni si è via via confermato a prezzo della morte di centinaia di migliaia di lavoratori, deve essere la memoria storica per tutti i sinceri rivoluzionari.

Mirko Roberti

(1) L'espressione dittatura del proletariato è, presa alla lettera, un gioco di parole contraddittorio e ambiguo. La storia degli ultimi 50 anni ce ne ha dato comunque una interpretazione più esplicita: "dittatura dei capi del partito autonominatosi avanguardia del proletariato".
(2) Luisa Michel (1830-1905). Militante anarchica. All'avvento della Comune essa, delegata del quartiere Montmartre, è già una figura rivoluzionaria di rilievo. Combatte a Issy, a Neully e sulle barricate di Parigi. La reazione trionfante la condanna a morte, ma la pena viene commutata nella deportazione in Nuova Caledonia. Ritorna in Francia nel 1880, più che mai persuasa della necessità della lotta sociale. Tre volte condannata, nel 1883, nel 1886 e nel 1890, per "delitti rivoluzionari", si rifugia alfine a Londra, dove fonda una scuola internazionale e pubblica una storia della Comune.
(3) Elia Reclus (1827-1905) Etnologo ed anarchico. Fratello di Eliseo Reclus, noto anarchico e geografo di fama mondiale. La Comune lo nominò direttore della Biblioteca Nazionale. Dopo la sconfitta dei comunardi fu costretto all'esilio.


Michele Bakunin, il noto anarchico russo del secolo scorso, previde già nel 1870 l'avvento della Comune, come testimoniano alcune lettere scritte a Varlin; internazionalista anarchico e futuro comunardo.
Impossibilitato materialmente a partecipare alla Comune di Parigi, Bakunin la esaltò per i suoi contenuti antistatali, federalisti, egualitari. Famosa soprattutto la sua polemica con Mazzini, detrattore piccolo-borghese della Comune.
Riportiamo, di seguito, alcune frasi di Bakunin, tolte dal preambolo a "L'impero Knuto-germanico".
"Io sono un partigiano della Comune di Parigi, che pur essendo stata massacrata, soffocata nel sangue, dal boia della reazione monarchica e clericale, non ne è diventata che più vivace, più possente nell'immaginazione e nel cuore del proletariato d'Europa, e soprattutto ne sono il partigiano perché essa è stata una audace, caratteristica negazione dello stato."
"La Comune di Parigi è durata poco, ed è stata troppo ostacolata nel suo svolgimento interno dalla lotta mortale che ha dovuto sostenere contro la reazione di Versailles, perché essa abbia potuto, non dico applicare, ma nemmeno elaborare teoricamente il suo programma socialista. D'altronde, bisogna riconoscerlo, la maggioranza dei membri della Comune non erano propriamente socialisti, e se essi si sono mostrati tali, ciò si deve al fatto che essi sono stati ineluttabilmente trascinati dalla forza delle cose, dalla natura del loro ambiente, dalla necessità della loro posizione, e non dalla loro intima convinzione."
"L'abolizione della Chiesa e dello Stato deve essere la prima ed indispensabile condizione della liberazione reale della società; soltanto dopo ciò essa potrà e dovrà organizzarsi in un'altra maniera, ma non dall'alto in basso e secondo un piano ideato e sognato da qualche saggio o da qualche sapiente, oppure per decreti emanati da forze dittatoriali, od anche da un'assemblea nazionale eletta a suffragio universale. Un tale sistema come ho già detto, condurrebbe inevitabilmente alla creazione di un nuovo Stato e conseguentemente alla formazione di una aristocrazia governativa, cioè di un'intera classe non avente nulla in comune con la massa del popolo e che certo comincerebbe a sfruttare e ad assoggettare questa, col pretesto della felicità comune o per salvare lo Stato. La futura organizzazione sociale deve essere fatta dal basso in alto, per mezzo della libera associazione e della federazione dei lavoratori; prima nelle associazioni, poi nei comuni, nelle regioni, nelle nazioni, e, finalmente, in una grande federazione internazionale ed universale. Allora soltanto si realizzerà il vero e vivificante ordine della libertà e della felicità generali; quell'ordine che, lontano dal rinnegare, afferma al contrario ed accomuna gli interessi degli individui e della società."

Cronologia

18 luglio 1870: La Francia dichiara guerra alla Prussia.
2 settembre: Capitolazione di Napoleone III a Sedam.
4 settembre: Proclamazione della Repubblica.
18 settembre: Inizio dell'assedio di Parigi.
27 ottobre: Bazaine capitola dopo Metz.
31 ottobre: L'insufficienza della difesa e le voci di capitolazione provocano una manifestazione della Guardia Nazionale.
5 novembre: Elezioni Municipali nei 20 Distretti - 8 Distretti sono ostili al Governo centrale.
5 gennaio 1871: Il comitato rappresentativo dei 20 Distretti affigge un manifesto "rosso" condannando il Governo ed esigendo di far posto alla Comune.
28 gennaio: Capitolazione di Parigi.
8 febbraio: Elezione all'assemblea Nazionale. Il voto delle campagne assicura una larga maggioranza ai conservatori.
1 marzo: L'assemblea Nazionale ratifica le condizioni di pace imposte dalla Germania. I tedeschi sfilano a Parigi.
18 marzo: Il governo cerca di impossessarsi dei cannoni ammassati a Montnartre. L'operazione fallita incontra una viva resistenza popolare. 2 Generali sono fucilati.
22-25 marzo: La Comune di LIONE.
23 marzo: La Comune di MARSIGLIA.
24 marzo: La Comune a TOLOSA.
24-28 marzo: La Comune a SAINT-ETIENNE.
26 marzo: Elezione del consiglio della Comune: 230 mila votanti su 485 mila iscritti.
27 marzo 1871: Proclamazione della COMUNE DI PARIGI.