Rivista Anarchica Online
Insegnamenti libertari della Comune
di Mirko Roberti
Cento anni separano le lotte degli sfruttati di oggi dalla Comune di Parigi.
In questi cento anni sono stati
confermati gli insegnamenti essenziali che la Comune di Parigi ha lasciato al patrimonio teorico di tutti
i sinceri rivoluzionari del mondo. Sebbene la sua esperienza si sia consumata in uno spazio temporale
brevissimo (18 marzo - 28 maggio 1871), è tuttavia sufficiente per ricavarne un significato
storico unitario
e per trarne magistrali indicazioni operative. In così breve tempo è evidente,
però, che i suoi atti materiali
più importanti non trovano la loro naturale compiutezza: essi sono solo una serie continua di
tentativi di
emancipazione che, per la prima volta nella storia, vengono gestiti in modo diretto dagli sfruttati. Il
fenomeno storico sembra a prima vista assai complesso e quasi contraddittorio. Infatti osserviamo
dapprima l'esistenza di due organi direttivi e cioè il Consiglio della Comune e il Comitato
Centrale della
Guardia Nazionale, tutti e due tendenti alla guida unica del moto rivoluzionario. Il Consiglio della
Comune vuole essere la guida politica, il Comitato Centrale della Guardia Nazionale vuole essere la guida
militare. Anche se pochi giorni dopo la proclamazione della Comune il Comitato Centrale verrà
assorbito
dal Consiglio, esisterà tuttavia per tutto il periodo rivoluzionario una lotta per la sua guida tra i
rappresentanti originari del Consiglio e quelli del Comitato Centrale. All'interno dello stesso Consiglio
inoltre non esisteva assolutamente una omogeneità di pensiero e di
indirizzo politico. Dobbiamo tenere presente che ad accrescere la complessità del fenomeno
concorrono
altri fatti di grande portata storica: la guerra franco-prussiana, l'inizio della potenza prussiana, la fine
dell'Impero in Francia, la decadenza dell'Impero austroasburgico, ecc. Le interpretazioni del significato
storico della Comune sono state di conseguenza molteplici e assai diverse. Gli storici marxisti, a
cominciare da Marx stesso, hanno interpretato la Comune come la prima
manifestazione storica della "dittatura del proletariato" (1). Ma questa interpretazione, all'analisi dei fatti,
non regge, non solo perché il Consiglio della Comune, era composto in minima parte da operai
(il resto
era un insieme eterogeneo di rappresentanti di tutto lo schieramento progressista di quel tempo), ma
anche e soprattutto perché il Consiglio non ha mai trascinato il moto rivoluzionario anzi gli
è stato più di
una volta di intralcio. Se questo Consiglio ha "ufficializzato" coi suoi decreti tutte le attuazioni pratiche
della Comune, ciò si deve al fatto che esso non fece altro che "legalizzare" quello che era
successo nella
realtà delle cose. Assistiamo qui ad un fenomeno storico completamente diverso da come ci
è stato
presentato dai marxisti: il cosiddetto "Governo Rivoluzionario" è sempre anticipato di fatto dalla
azione
diretta delle masse parigine. Considerando la eterogenea composizione sociale e politica del
Consiglio e la sua conseguente
contraddittorietà e gli antagonismi all'interno di esso, non si riesce a trarre un'interpretazione
univoca, un
chiaro significato storico rivoluzionario della Comune. Ma la storia che a noi interessa non è la
storia dei
"capi". La rivoluzione che interessa agli anarchici non è quella dei comitati. Come di ogni
grande movimento rivoluzionario, il significato della Comune non va ricercato nella "sua
testa", ma alla base. La base della Comune di Parigi è la grande massa dei lavoratori manuali che
con la
loro lotta portano i "capi" del movimento a "decretare" le forme politiche espresse realmente dalle
esigenze obiettive di tutti gli sfruttati. L'evidenza elementare, materiale, dei fatti conferma questa corretta
interpretazione storica: la Comune è l'esplosione, spontanea e coerente insieme, di una lotta che
identifica
il mezzo con il fine, di una strategia libertaria che non dà momento prioritario a nessuna fase
rivoluzionaria, che combatte quindi contemporaneamente su tutti i fronti tutte le cause materiali del
privilegio e dello sfruttamento. Questo in concreto significa non solo la lotta contemporanea contro lo
stato e il capitalismo, in opposizione alla ridicola strategia marxista della costruzione a tappe del
socialismo (conquista del potere politico, stato operaio di transizione e altre simili sciocchezze), ma anche
la lotta contro tutti i possibili gruppi che pretendono di rappresentare e guidare la rivoluzione. La
liquidazione di questi gruppi (sempre presenti storicamente in ogni rivoluzione) è chiaramente
una
tendenza costante dei proletari parigini nel 1871. La distruzione materiale di tutte le possibilità
obiettive
che questi gruppi hanno di costituirsi in classe dirigente, trova la sua conferma non solo nella
revocabilità
dei delegati al Consiglio della Comune, ma anche nella distruzione di ogni struttura autoritaria, ad
esempio attraverso l'organizzazione della giustizia popolare. Il Consiglio della Comune infatti "decreta"
il 22 aprile 1871 che tutti i giudici sono eletti direttamente dal popolo e da questo, in ogni momento,
revocabili immediatamente. Tre, dicevamo, sono gli obiettivi che i lavoratori manuali di Parigi si
propongono di realizzare direttamente e contemporaneamente. La distruzione dello Stato, la distruzione
del Capitalismo, la distruzione di ogni possibilità materiale di formazione di una nuova classe
sfruttattrice
e privilegiata. L'esistenza di una unità sociale, economica ed organizzativa come la Comune,
è innanzitutto la massima
negazione vivente dello Stato. Essa porta con sé tutte le estreme implicazioni e conseguenze del
principio
antistatale, federativo e anarchico. Ne deriva quasi meccanicamente tutta una serie di fatti materiali ben
precisi, che, per le loro implicazioni, tendono ad esautorare lo stato di tutte le sue funzioni, privandolo
quindi della sua ragion d'essere. Vediamo alcuni dei più importanti. Il 30 marzo 1871, dopo
che gli operai parigini si sono impadroniti
direttamente delle armi, il Consiglio della Comune "decreta" automaticamente la fine della coscrizione
militare obbligatoria. La difesa della Rivoluzione passa quindi direttamente dall'esercito al popolo. Molti
uffici amministrativi vengono aperti a tutti. Le "funzioni pubbliche", che prima erano proprietà
privata
della burocrazia, ritornano al popolo. La città di Parigi viene divisa in 20 arrondissements
(quartieri)
ognuno dei quali funziona economicamente e socialmente con una sua propria assemblea. Ne deriva una
frantumazione totale di tutte le funzioni accentratrici, che sono, come sappiamo, condizione essenziale
perché prosperi il potere. Anche la polizia, "come corpo speciale", viene soppressa. Al suo
posto viene organizzata una milizia
popolare cittadina, la quale ha solo carattere provvisorio. Infatti la sua provvisorietà consiste in
questo:
più la rivoluzione viene realizzata nei suoi contenuti egualitari e libertari, più cresce
l'inutilità della milizia.
Ciò in altri termini, vuol dire che l'unico modo per difendere la rivoluzione dai suoi nemici esterni
ed
interni, è spingere al massimo la sua marcia emancipatrice. Il Consiglio della Comune non
può avere completa facoltà di legiferare (se non nel senso, già visto, di
"ufficializzare" scelte già fatte e realizzate dal popolo). L'Hôtel de ville (municipio)
è un luogo materiale
di ritrovo dove tutti i delegati dei venti Consigli di quartiere si scambiano le proposte e gli ordini ricevuti
dalle proprie assemblee. Questa struttura di carattere federativo e assembleare è la forma politica
della
decentralizzazione ed è la tomba storica dello Stato. Anche l'inizio della socializzazione non
avviene per merito dei "decreti" del Consiglio, ma per
espropriazione diretta da parte degli sfruttati. I proletari parigini incominciano, quindi, ad organizzare
di
fatto una società socialista. Vengono occupati direttamente gli "ateliers" abbandonati dai
proprietari in
fuga a Versailles, moltissimi altri passano automaticamente di proprietà della Comune. Un
esempio di questo l'abbiamo con il decreto del 3 aprile 1871 del Consiglio della Comune dove viene
proclamata la confisca di tutti i beni della chiesa, la soppressione dei culti e quindi l'assoluta
impossibilità
per i preti di vivere senza lavorare. Ma questo, di fatto, era già realmente operante dal 18 del
mese prima
quando cioè i lavoratori manuali di Parigi occuparono direttamente tutte le proprietà degli
ecclesiastici.
Anche la scala dei salari viene quasi completamente soppressa: tutti gli impiegati, per esempio, ricevono
lo stesso stipendio degli operai. È evidente che moltissime altre importanti attuazioni non
poterono realizzarsi a causa della disfatta
militare. Sotto questo punto di vista ci sembra già eccezionale vedere come, in due mesi, si
profilasse
l'inizio di una società socialista e libertaria. Questa generale espropriazione diretta, immediata,
da parte
degli sfruttati illumina anche il significato che la Comune di Parigi ha avuto per il movimento operaio e
rivoluzionario di quel tempo, nel momento in cui, proprio all'interno della Prima Internazionale, l'ala
marxista piccolo-borghese proponeva al proletariato non la lotta economica e sociale gestita in modo
diretto, ma l'organizzazione in un partito per la "conquista del potere politico". Sappiamo tutti a quali
risultati disastrosi ha portato questa strategia marxista-leninista della conquista del potere politico come
primo obiettivo del proletariato. Basti come esempio lo stato feudale "sovietico" nato dalla rivoluzione
bolscevica del '17. Forse la indicazione operativa più significante che la Comune ci ha
lasciato per costruire un sistema
produttivo e sociale basato sulla libertà e sulla eguaglianza materiale fra tutti gli uomini, è
rappresentata
dalle proposte pratiche e teoriche avanzate da alcuni comunardi delegati del II arrondissement
all'assemblea del Consiglio della Comune. Il 9 aprile 1871 i delegati Luisa Michel (2) ed Elia Reclus
(3) attraverso una circolare mandata a tutti i
20 arrondissements proponevano che l'insegnamento "deve essere perciò integrale, vale
a dire esercitare
nello stesso individuo e allo stesso tempo, la mente che concepisce e la mano che esegue... Tutti gli
alunni riceveranno l'istruzione laica, integrale, vera base dell'uguaglianza sociale affinché la
rivoluzione comunale affermi il suo carattere essenzialmente socialista". È evidente
che questa concezione di integrare il lavoro manuale e il lavoro intellettuale, prima condizione
fondamentale per abolire le classi, non avviene a caso. Dicevamo prima che la Comune porta con
sé delle
implicazioni meccaniche, automatiche, che sono incompatibili con l'esistenza stessa di ogni Stato. Queste
implicazioni sono per l'appunto l'abolizione di ogni autorità, che è sempre rappresentata
da una
determinata funzione sociale. Abolire la separazione tra le funzioni sociali direttivi e quelle esecutive,
è
in ultima analisi abolire le classi. Questo si ottiene integrando il più possibile il lavoro intellettuale
con
quello manuale, costruendo una struttura sociale, che, per la sua caratteristica decentralizzata, comporti
la ripartizione egualitaria fra tutti di tutte le funzioni direttive subordinate. Questa struttura sociale
è appunto la Comune. Essa è dunque il luogo dove gli sfruttati possono
iniziare
una reale e diretta gestione della produzione rifiutando il ruolo, imposto loro da secoli, di puri esecutori
manuali. Questo problema nodale della Rivoluzione emancipatrice e integrale, è stato in questi
cento anni
portato avanti solo dal pensiero libertario. Solo il movimento anarchico è, dunque, l'erede
spirituale e legittimo della Comune di Parigi. Con la
progressiva decadenza della borghesia capitalistica, via via sostituita dalla classe piccolo-borghese dei
tecno-burocrati, il movimento libertario e popolare ha sempre dovuto lottare su due fronti, contro i vecchi
e i nuovi padroni. Mentre la forma dello sfruttamento cambia, la sua causa rimane pressoché
costante.
La divisione delle classi corrisponde alla scala gerarchica delle funzioni sociali. L'unico modo,
pertanto, per costruire una società socialista, è la lotta aperta e incessante contro ogni
potere, per la gestione economica e sociale immediata e diretta da parte degli sfruttati, per l'integrazione
del lavoro manuale e del lavoro intellettuale. Questo significato originario della Comune che in questi
cento anni si è via via confermato a prezzo della morte di centinaia di migliaia di lavoratori, deve
essere
la memoria storica per tutti i sinceri rivoluzionari.
Mirko Roberti
(1) L'espressione dittatura del proletariato è, presa alla lettera, un gioco di
parole contraddittorio e
ambiguo. La storia degli ultimi 50 anni ce ne ha dato comunque una interpretazione più esplicita:
"dittatura dei capi del partito autonominatosi avanguardia del proletariato". (2) Luisa Michel
(1830-1905). Militante anarchica. All'avvento della Comune essa, delegata del quartiere
Montmartre, è già una figura rivoluzionaria di rilievo. Combatte a Issy, a Neully e sulle
barricate di Parigi.
La reazione trionfante la condanna a morte, ma la pena viene commutata nella deportazione in Nuova
Caledonia. Ritorna in Francia nel 1880, più che mai persuasa della necessità della lotta
sociale. Tre volte
condannata, nel 1883, nel 1886 e nel 1890, per "delitti rivoluzionari", si rifugia alfine a Londra, dove
fonda una scuola internazionale e pubblica una storia della Comune. (3) Elia Reclus (1827-1905)
Etnologo ed anarchico. Fratello di Eliseo Reclus, noto anarchico e geografo
di fama mondiale. La Comune lo nominò direttore della Biblioteca Nazionale. Dopo la sconfitta
dei
comunardi fu costretto all'esilio.
Michele Bakunin, il noto anarchico russo del secolo scorso, previde già nel 1870 l'avvento
della Comune,
come testimoniano alcune lettere scritte a Varlin; internazionalista anarchico e futuro
comunardo. Impossibilitato materialmente a partecipare alla Comune di Parigi, Bakunin la
esaltò per i suoi contenuti
antistatali, federalisti, egualitari. Famosa soprattutto la sua polemica con Mazzini, detrattore
piccolo-borghese della Comune. Riportiamo, di seguito, alcune frasi di Bakunin, tolte dal preambolo
a "L'impero Knuto-germanico". "Io sono un partigiano della Comune di Parigi, che pur essendo stata
massacrata, soffocata nel sangue,
dal boia della reazione monarchica e clericale, non ne è diventata che più vivace,
più possente
nell'immaginazione e nel cuore del proletariato d'Europa, e soprattutto ne sono il partigiano
perché essa
è stata una audace, caratteristica negazione dello stato." "La Comune di Parigi è
durata poco, ed è stata troppo ostacolata nel suo svolgimento interno dalla lotta
mortale che ha dovuto sostenere contro la reazione di Versailles, perché essa abbia potuto, non
dico
applicare, ma nemmeno elaborare teoricamente il suo programma socialista. D'altronde, bisogna
riconoscerlo, la maggioranza dei membri della Comune non erano propriamente socialisti, e se essi si
sono mostrati tali, ciò si deve al fatto che essi sono stati ineluttabilmente trascinati dalla forza
delle cose,
dalla natura del loro ambiente, dalla necessità della loro posizione, e non dalla loro intima
convinzione." "L'abolizione della Chiesa e dello Stato deve essere la prima ed indispensabile
condizione della liberazione
reale della società; soltanto dopo ciò essa potrà e dovrà organizzarsi in
un'altra maniera, ma non dall'alto
in basso e secondo un piano ideato e sognato da qualche saggio o da qualche sapiente, oppure per decreti
emanati da forze dittatoriali, od anche da un'assemblea nazionale eletta a suffragio universale. Un tale
sistema come ho già detto, condurrebbe inevitabilmente alla creazione di un nuovo Stato e
conseguentemente alla formazione di una aristocrazia governativa, cioè di un'intera classe non
avente
nulla in comune con la massa del popolo e che certo comincerebbe a sfruttare e ad assoggettare questa,
col pretesto della felicità comune o per salvare lo Stato. La futura organizzazione sociale deve
essere fatta
dal basso in alto, per mezzo della libera associazione e della federazione dei lavoratori; prima nelle
associazioni, poi nei comuni, nelle regioni, nelle nazioni, e, finalmente, in una grande federazione
internazionale ed universale. Allora soltanto si realizzerà il vero e vivificante ordine della
libertà e della
felicità generali; quell'ordine che, lontano dal rinnegare, afferma al contrario ed accomuna gli
interessi
degli individui e della società."
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Cronologia
18 luglio 1870: La Francia dichiara guerra alla Prussia. 2 settembre: Capitolazione di Napoleone
III a Sedam. 4 settembre: Proclamazione della Repubblica. 18 settembre: Inizio dell'assedio di
Parigi. 27 ottobre: Bazaine capitola dopo Metz. 31 ottobre: L'insufficienza della difesa e le voci
di capitolazione provocano una manifestazione della
Guardia Nazionale. 5 novembre: Elezioni Municipali nei 20 Distretti - 8 Distretti sono ostili al
Governo centrale. 5 gennaio 1871: Il comitato rappresentativo dei 20 Distretti affigge un manifesto
"rosso" condannando
il Governo ed esigendo di far posto alla Comune. 28 gennaio: Capitolazione di Parigi. 8
febbraio: Elezione all'assemblea Nazionale. Il voto delle campagne assicura una larga maggioranza ai
conservatori. 1 marzo: L'assemblea Nazionale ratifica le condizioni di pace imposte dalla Germania.
I tedeschi sfilano
a Parigi. 18 marzo: Il governo cerca di impossessarsi dei cannoni ammassati a Montnartre.
L'operazione fallita
incontra una viva resistenza popolare. 2 Generali sono fucilati. 22-25 marzo: La Comune di
LIONE. 23 marzo: La Comune di MARSIGLIA. 24 marzo: La Comune a TOLOSA. 24-28
marzo: La Comune a SAINT-ETIENNE. 26 marzo: Elezione del consiglio della Comune: 230 mila
votanti su 485 mila iscritti. 27 marzo 1871: Proclamazione della COMUNE DI PARIGI.
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