Rivista Anarchica Online
Anarchia a teatro
di Emilio Marchesini
Ho sempre pensato che il Teatro, così com'è oggi, non
fosse interessante da un punto di vista sociale e
politico, se non come mezzo di propaganda (mezzo troppo caro e dispendioso per noi anarchici). Come
ambiente di lavoro, come struttura non si presta ad un'emancipazione, non dico rivoluzionaria ma
nemmeno semplicemente progressista. Gli elementi che compongono questo nostro teatro sembrano
appartenere ad una razza assolutamente refrattaria a qualsiasi idea di uguaglianza o di libertà.
Eppure in
nessun ambiente di lavoro vi sono tanti elementi truccati da umili servi del proletariato. Queste
persone, che hanno instaurato nel proprio ambiente persino il razzismo dell'intelligenza,
pretendono di portare il verbo di una lotta di classe, mentre non sanno nemmeno che cosa sia una classe.
Infatti non si è mai vista una categoria di lavoro tanto discorde e disunita persino nelle più
elementari
questioni, con una organizzazione sindacale, la S.A.I., che si destreggia fra il corporativismo di marca
fascista, la meritocrazia di marca marxista ed una strumentalizzazione consumistica delle idee, perdendo
di vista i problemi della categoria e facendo il gioco di pochi. In poche parole, il teatro si è
evoluto e si evolverà seguendo, come un cane in ritardo, i cambiamenti
sociali. Ecco perché non credevo utile occuparmene. Ma ora accade un fatto nuovo, un fatto
miracoloso,
straordinario! Lo spettacolo ha scoperto l'Anarchia. E, coerentemente con se stesso, l'ha scoperta con
fini
prettamente consumistici. Non parliamo di alcuni films in progetto, semplicemente ridicoli. Ma
giacché
una struttura organizzativa importante, per quanto può esserlo, come il Piccolo Teatro di Milano,
non
sapendo resistere al fatto di moda che s'è sviluppato dopo il 12 dicembre 1969, ha voluto tirare
in ballo
gli anarchici per una ragione e di strumentalizzazione e di politica lecchina, io mi sento in dovere di
pensarci un poco a questi ricchi classisti teatranti. Prenderò quindi di mira per tutti questo
famoso Piccolo Teatro di Milano, questa organizzazione
miliardaria che si sforza di apparire popolare e che non è mai riuscita ad altro che ad essere
un'espressione
intellettualistica di una élite per un'altra élite, completamente staccata dal popolo.
Un'organizzazione che
non è mai riuscita a crearsi un pubblico popolare perché non ha mai parlato né
voluto parlare al popolo.
Un'organizzazione che sarebbe troppo facile attaccare solo sul piano di coloro che le rimproverano le
spese di 150, 200, 300 milioni, per questo o quello spettacolo. Io, come anarchico, l'accuso di tradimento
di quel popolo di cui il "compagno" direttore Grassi dovrebbe essere al servizio e che invece ignora,
sprecando il denaro del popolo per raggiungere piccole, meschine posizioni di potere. Ed è
con lo stesso denaro che il Piccolo ha programmato un "Toller" che è un falso storico e in cui
gli
anarchici vengono presentati come idioti politici. Non si venga a raccontarci che il "Toller" è
un'opera d'arte, lo sappiamo bene. Sono i "compagni"
teatranti che lo devono ricordare anche quando cacciano dal teatro il suo realizzatore Patrice Chereau.
Sono loro che dovrebbero sapere che non è corretto attaccare, in questo momento in cui loro
stessi
chiedono un ravvicinamento alle forze proletarie, l'Anarchia, che non è solo libertà e
piena attuazione
dell'individuo, non è solo individualismo ma è una teoria ed una pratica proletaria per
la quale sono morti
migliaia di uomini. Ma gli anarchici fanno cassetta adesso, ed evidentemente più importante
di quello che si dice al teatro è
quanto denaro si incassa dicendolo. Non basta! È ancora il Piccolo che manda in scena
"Viva Bresci". È uno spettacolo divertente, troppo
divertente. Dal punto di vista ricreativo non c'è nulla da dire. Ed è proprio questo il suo
difetto, l'errore
che lo rende inaccettabile: si ride troppo. Parenti, da vero professionista, dona una naturale simpatia
al personaggio, niente di male, anzi. Ma Bresci
non era solo simpatico, solo spiritoso. Non credo proprio che un uomo parta dalla lontana America, col
proposito di uccidere un altro uomo, solo per ottenere un processo dove dar sfogo al proprio umorismo.
Le ragioni del suo atto Bresci le urlò dal banco degli imputati. Qui, in questo spettacolo, quelle
ragioni
sono ignorate o nascoste dalle risate. Tutto ciò in onore d'un teatro di ricreazione. Questo
spiega come alcuni compagni trovandosi di fronte ad un personaggio a noi tutti caro, che per la
prima volta viene presentato con simpatia, come un uomo e non come una bestia, abbiamo espresso
d'istinto, romanticamente, ingenuamente, approvazione per quella che in fondo non è che
l'ennesima
vergognosa strumentalizzazione. Difatti questa approvazione può durare fino all'uscita dal teatro,
poi,
ripensandoci, è subito evidente il contesto della politica teatrale in cui lo spettacolo si muove.
Politica in
cui la soluzione divertente, ricreativa, non è che l'astuto espediente per meglio utilizzare
l'Anarchia ridotta
a richiamo di mercato, a pura merce. La propaganda non richiesta delle idee libertarie, fatta solo per
esigenze di moda, di cassetta, ci lascia
indifferenti. Ma non ci può lasciare indifferenti la mistificazione delle nostre idee, la loro
presentazione
svilita, che si spera non venga colta dagli interessati, trascinati dalla comicità dello
spettacolo. Non saremo noi a rifiutare l'uso dell'ironia sull'anarchismo; noi stessi ne facciamo. Ma
non possiamo
permettere a nessuno l'uso del ridicolo. In questo momento l'Anarchia andrebbe esaminata con
più attenzione, perlomeno da chi si dice socialista.
Se questo esame ci fosse stato negli ambienti del potente "mostro morente" che è il Piccolo di
Milano,
non si sarebbe potuto commettere né falso storico né strumentalizzazione (volendo
ancora credere in un
residuo di onestà nei dirigenti di quel teatro). Ma forse il signor Grassi è troppo occupato
a conteggiare
i milioni di deficit, non avrà avuto il tempo di informarsi su ciò che si commetteva nel
suo teatro. Forse
non sa che la causa del popolo non è una vacca da mungere al momento opportuno. Forse non
sa che
assieme al suo degno collaboratore artistico De Bosio, si sta comportando inconsapevolmente come una
iena od una cornacchia, irridendo al sacrificio d'un vero uomo, morto per il popolo. Forse non sai tutto
questo "compagno" Grassi. O forse non ti interessa? E allora, commendator Grassi, eccoti una riserva
di gente che potrà servirti da smerciare impunemente sul tuo mercato: Caserio, i "martiri di
Chicago",
Ferrer, Salsedo, Sacco e Vanzetti, Schirru, Sbardellotto, Granados, Delgado, Pinelli... Questo e un
può
del materiale che la borghesia ti ha fornito. Un elenco di morti per il popolo, di parte anarchica. Serviti
pure a piene mani. È gente che non ha avuto né ha alcun partito a difenderne la memoria,
sono tombe
che si possono calpestare impunemente perché nessuno ti taglierà le sovvenzioni per
questo!
Emilio Marchesini
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