Rivista Anarchica Online
Anarchiche è bello, o no?...
Leggendo l'articolo "Anarchiche è bello", comparso in "A" di maggio, abbiamo riscontrato, oltre che
delle idee molto arretrate su cui non siamo d'accordo, una notevole disinformazione e parecchie
inesattezze. Gli anarchici, come sempre, parlano di femminismo da una posizione di superiorità e non
sentono il dovere di informarsi sull'argomento.
Il movimento anarchico, per quanto riguarda i rapporti con le donne, è molto più indietro dei gruppi
marxisti, sia a livello teorico (vedi l'articolo allucinante di S. Pendola apparso su "Volontà" n.2 di
quest'anno), sia nel comportamento dei singoli compagni (e ciò l'abbiamo potuto verificare attraverso
le nostre esperienze). Una arretratezza di questo genere è stata resa possibile dal fatto che le
compagne anarchiche sono state le ultime ad entrare nel movimento femminista e a sentire il bisogno
di organizzarsi autonomamente con le altre donne, pensando che la militanza anarchica è globale,
quindi comprende tutto e che, sicuramente, una volta arrivati all'anarchia non ci saranno più problemi
connessi al fatto di essere uomo o donna.
I compagni anarchici, d'altra parte, pensano che il problema non li tocchi da vicino e non si mettono
assolutamente in crisi come maschi in quanto ritengono che il semplice fatto di definirsi anarchici,
quindi contro il potere, li esenti immediatamente da qualsiasi condizionamento ricevuto. Questa non
è solo una convinzione errata, ma, in effetti, una posizione di comodo. Per quanto riguarda l'articolo
in particolare, vogliamo far notare che:
- il femminismo non è un'ideologia, e quindi non può essere trattato come tale. Esso non è neppure
riducibile a una semplice "questione femminile", un argomento in più da aggiungere ai dibattiti o un
nuovo nome da aggiungere alla lista degli sfruttati. L'oppressione della donna è antichissima e
universale e inoltre è particolarissima, in quanto le donne si trovano ad essere sfruttate da persone a
cui sono legate affettivamente (marito, compagno), e ciò rende molto più difficile la loro presa di
coscienza. Il movimento femminista è un movimento spontaneo e fondamentalmente antiautoritario (il
potere infatti è sempre stato gestito dai maschi) e, ciò che è più importante, ha radicalmente messo in
crisi il modo di fare politica tipicamente maschile, che scinde la sfera politica da quella personale.
- Il discorso sui ruoli è molto limitato: è mistificante, infatti, affermare che "l'uomo subisce più o meno
lo stesso sfruttamento della donna". È vero che l'individuo maschio è castrato dal suo ruolo, ma è
anche vero che il suo è un ruolo di "padrone" rispetto alla donna. Non c'è bisogno che i compagni ci
facciano la lezioncina sul fatto che "il nemico delle donne è il sistema non il maschio!"; è un dato di
fatto certo e innegabile che gli uomini svolgono oggettivamente una funzione oppressiva nei confronti
delle donne e, rispetto ad esse, mediano l'oppressione del sistema. Trasferendo il discorso in un campo
più familiare ai compagni, potremmo dire che anche il capitalista è castrato come individuo dal suo
ruolo di padrone e che, in fin dei conti, la causa ultima dello sfruttamento è sempre il sistema; ciò non
toglie che oggettivamente il padrone capitalista svolga una funzione repressiva e sfruttatrice nei
confronti dell'operaio. Un esempio: la repressione sessuale esiste per tutti, uomini e donne e lo stupro
è, indubbiamente, una conseguenza di tale repressione; però sono sempre gli uomini che violentano
le donne, e mai viceversa. Di qui la necessità di organizzarsi fra donne, anche perché le nostre
esperienze ci dimostrano che la distinzione tra maschi "cattivi" (che sarebbero i borghesi) e quelli
invece "disponibili" (i compagni) non è poi molto valida. L'esigenza di organizzarsi autonomamente
non deriva certo soltanto dall'insoddisfazione del lavoro politico con i compagni e dai casini personali
con questi ultimi, la ragione è politica: intervenire in un settore specifico del proletariato (quello delle
donne) dove lo sfruttamento, la repressione e l'emarginazione sono particolari. A causa delle pressioni
secolari da parte del potere non esiste ora un luogo, un modo di essere persona, un modello di
"organizzazione" che sia stato completamente gestito dalle donne; è necessario quindi costruire un
modo nuovo e sano di lottare insieme. Assistiamo, per esempio ora, in un periodo in cui la sinistra
rivoluzionaria mette in crisi tutte quelle strutture organizzative che erano state per molti anni scontate
(e quindi accettate passivamente) alla nascita e alla crescita, soprattutto nelle situazioni di lotta di
particolare impegno (occupazioni di centri sociali, lavoro nel quartiere con i bambini, con le donne,
ecc.) a una insoddisfazione appunto derivata dal rifiuto di una militanza tradizionale che non riesce
più ad essere aggregante perché si rifà a vecchi metodi dei quali la maggior parte autoritari. Proprio
in questa situazione le donne hanno dato il loro contributo nel creare nuove forme di lotta e nuovi modi
personali e sociali di esistere.
- Nell'articolo si fa una notevole confusione tra le posizioni dei diversi gruppi. Ad esempio: la critica
all'idea dell'emancipazione come INTEGRAZIONE nella società maschile (portata avanti da
organizzazioni come l'UDI che fanno capo a partiti riformisti) è una critica scontata, ma soprattutto
è assurdo confondere tale idea con la posizione del femminismo "separatista" che, oltretutto, è un
movimento AUTONOMO, che quindi non fa capo a nessun partito e non ha proprio niente da spartire
con le posizioni dell'UDI.
- Che senso ha ricorrere ai "grandi" dell'anarchismo e a ciò che essi hanno scritto sulla donna, per
dimostrare quanto il movimento anarchico sia sempre stato all'avanguardia in questo campo?
Oltretutto sappiamo che non sempre questo è stato vero.
- La critica all'autocoscienza si basa su un gioco di parole, infatti dire che "il personale è politico"
oppure che "il politico si riflette sul personale" non è forse la stessa cosa? Ciò significa semplicemente
che i rapporti interpersonali sono condizionati dal potere e che ad esso fa comodo che le persone che
dicono di combatterlo dividono la propria vita in una sfera "POLITICA" in cui essi portano avanti i
contenuti rivoluzionari e in una sfera "PRIVATA" in cui perpetuano i valori autoritari. L'autocoscienza
non è un "piagnisteo" ed è veramente poco corretto, da parte di persone che si definiscono anarchiche,
liquidare così in fretta ciò che è innegabilmente, UN NUOVO MODO DI FARE POLITICA che le
donne hanno scoperto e che è profondamente diverso dalla politica maschile.
L'autocoscienza non è un passatempo per giovani borghesi che non hanno niente di meglio da fare che
raccontarsi le proprie stramberie o fantasie di donne isteriche, e non è neanche una seduta
psicoanalitica o una terapia di gruppo. Tale esperienza, forse è superata come momento a sé, ma resta
comunque fondamentale per il coinvolgimento di tutto il proprio essere nella lotta politica. Ci interessa
relativamente intervenire sul discorso del femminismo rispondendo ad altri articoli apparsi sulla
stampa anarchica (come quello apparso su "Volontà"), vogliamo andare oltre e quindi non ridurci a
rincorrere gli "scritti" di alcuni (speriamo) "compagni"; vogliamo arrivare ad aprire un dibattito
finalmente chiaro con le compagne interessate, senza avere nessun complesso edipico riguardo a tutta
la storia dell'anarchismo, e quindi senza arrivare ad accettare tutte le cose scritte sulla "questione
femminile" (legate oltretutto al loro periodo storico) molte delle quali a nostro avviso sono limitate e
prive di significato ora, in un periodo in cui il femminismo è divenuto una forza autonoma, un
movimento più chiaro contro l'autorità, la famiglia, lo stato, i ruoli, il lavoro domestico non pagato
né riconosciuto.
Invitiamo le compagne interessate del Veneto e non, a mettersi in contatto con noi e ad inviarci
materiale, scrivendo alla casella postale 91 (Walter Ballarin) RIALTO-VENEZIA. (...)
Le Bestie (ovvero: le compagne del Gruppo di Azione Libertaria di Venezia, alcune compagne del
Canzoniere Libertario del Veneto, una compagna di Varese)
... o sì?
Le critiche rivolteci dalle compagne di Rialto-Venezia ci rafforzano la convinzione che il nostro modo
di porci davanti alla problematica femminile sia veramente quello giusto, cioè quello anarchico.
Per noi, rifarci alla filosofia anarchica e alla storia dell'anarchismo non rappresenta un complesso edipico
ma una studiata e consapevole scelta di lotta al fine di realizzare la rivoluzione sociale dove tutti saremo
liberi e uguali senza distinzioni di razza o di sesso. Consapevoli che le belle parole non servono se non
sono seguite dai fatti, cerchiamo, nell'esplicare la nostra militanza, l'ambito che più ci è congeniale e che
ci sembra più proficuo per le nostre idee. Per questo abbiamo dato vita all'O.D.L., perché in quanto
donne e compagne ci è più facile portare avanti un lavoro di presa di coscienza con le altre donne
sfruttate con un discorso anarchico che faccia chiarezza nei confronti dei movimenti femministi.
Infatti non è nostra intenzione negare le lotte che le donne fanno per la loro emancipazione, ma non
possiamo certo essere d'accordo con le compagne di Venezia quando dicono che queste lotte riescono
a mettere in crisi "radicalmente il modo di fare politica maschile", anzi siamo dell'opinione che sia la
sinistra che la destra sono state finora in grado di incanalarle egregiamente nell'ambito del sistema e
questo, a nostro parere, è dovuto al non aver individuato da parte dei movimenti femministi le vere cause
dell'oppressione della donna proletaria e di proporre per la sua liberazione obiettivi che si rivelano ottime
pezze d'appoggio alla società borghese.
Di quelli che riteniamo i capisaldi di questa oppressione abbiamo parlato ampiamente nella precedente
intervista per cui non staremo a ripeterci, non vogliamo tenere lezioni, non è nostro costume. Vogliamo
anche credere nella buona fede delle compagne e prendere solo per infelici espressioni quelle che
potrebbero far pensare ad una provocazione, e cioè paragonare i compagni ai padroni e dire che i
marxisti sono più avanti di noi sia in teoria che in pratica.
Per quel che riguarda la teoria c'è da dire che sono i marxisti a sostenere che una volta mutato l'aspetto
sociale (da capitalismo privato a quello di stato), si risolveranno tutte le contraddizioni tra uomo e
donna. Gli anarchici, ed è giocoforza ricordare ancora Bakunin, Gori, la Goldman ecc. hanno sempre
riconosciuto che l'oppressione della donna proletaria non sarà risolta per incanto dalla rivoluzione, per
il semplice fatto che la rivoluzione ci sarà quando le masse, uomini e donne sfruttate, avranno preso
coscienza. Da ciò si deduce che saranno tutti gli sfruttati in piena solidarietà e in prima persona a
condurre la lotta per la loro liberazione.
Della pratica in senso politico, c'è da dire che finora i nostri compagni non si sono mai serviti di noi per
i loro patteggiamenti politici, non hanno mai giocato sulla nostra pelle, nemmeno con le palline bianche
o nere....
Anche per questo ci sentiamo molto ferite nei nostri sentimenti e nella nostra pratica di solidarietà
quando al comportamento non sempre lineare del compagno si prende come termine di paragone il
padrone.
Se siamo compagne e si è capito qualcosa dell'anarchismo, proprio non si può parlare in questi termini.
Ai compagni capita (come a noi del resto) di portare all'interno del movimento e dei rapporti
interpersonali le contraddizione dovute ai condizionamenti che vengono dalla società capitalista
autoritaria. Ma è ovvio che questo avviene inconsciamente, al di fuori della nostra volontà. Né noi né
loro abbiamo certamente la volontà cosciente di mantenere un atteggiamento che fa il gioco del sistema
che vogliamo abbattere.
Del padrone e delle sue probabili castrazioni, così come di quelle della donna borghese non ce ne importa
proprio niente. Egli è ben felice della sua condizione di sfruttatore e di pilastro del sistema, né è tanto
felice che non si è mai posto il problema di lottare in prima persona per cambiare tale condizione come
invece ci sembra abbiano sempre fatto e facciano tuttoggi i compagni.
Per questo l'autonomia della nostra organizzazione non vuol dire separatismo in nessun senso. L'O.D.L.
è per noi uno strumento di lavoro nell'ambito del movimento anarchico del quale si ritiene parte
integrante perché si identifica con i suoi principi e pratica il dialogo e il confronto diretto con i compagni,
perché siamo convinte che solo attraverso di esse si giunga all'autocritica, alla discussione e al
superamento delle contraddizioni.
Per quanto riguarda la pratica dell'autocoscienza, nessuno ha mai detto che sia un "passatempo per
giovani borghesi", bensì che non la riteniamo valida se non supera la fase analitica e non sfocia in una
azione organizzata mirante al cambiamento del sociale. Finora (forse perché come voi dite siamo
disinformate), ci risulta che tali esperienze non abbiano mai superato il limite tra coscienza e azione e
siano rimaste isole di autosoddisfazione separate dal resto della realtà sociale e inaccessibili alla maggior
parte delle donne, di quelle proletarie in particolare.
Comunque tra tutte le critiche mosseci, non emerge nessuna concreta proposta di lavoro, salvo quella
di un "modello di organizzazione completamente gestito da solo donne".
A parte la genericità di tale proposta, c'è da dire che essa non ci interessa minimamente. Non è nostro
scopo opporre al potere maschile un contropotere femminile. Un "superamento dei ruoli" che perpetui
una divisione sessista sarà ugualmente congeniale al sistema e quindi da rigettare.
Organizzazione Donne Libertarie - Livorno
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