Rivista Anarchica Online
Servizio civile o lavoro nero
di Maurizio Bartolelli
Sono un compagno anarchico reduce dall'esperienza di venti mesi di servizio civile
sostitutivo presso il Comune di S. Angelo di Piove (PD). Cercherò soprattutto di
analizzare in modo esauriente, nella particolarità del servizio civile presso un Ente Locale,
la funzione dell'obiettore di coscienza (che ha fatto la sua scelta legalitaria) in rapporto
all'Ente Locale, che ha scelto o presso cui è stato distaccato dal Ministero della Difesa) per
l'adempimento "alternativo" del "sacro dovere della difesa della Patria".
Il rapporto obiettore di coscienza-Ente locale che non può essere considerato a sé stante
nella particolarità locale, ma che va inserito in una analisi allargata della strategia
riformista che passa per il decentramento del potere statale agli Enti Locali.
E qui sorge la domanda sulla caratteristica antimilitarista o sulla funzionalità al Potere del
ruolo degli obiettori di coscienza in servizio civile che vengono a trovarsi, una volta
accettata la pastoia legalitaria, in ingranaggi di una macchina su cui non hanno il potere di
intervenire (le redini sono sempre nelle mani dello Stato) se non nei termini riformisti che il
Sistema concede, quindi razionalizzando e legittimando la gabbia cui ci si è ficcati (vedi
proposte di smilitarizzazione, di regionalizzazione del servizio civile, di equiparazione con
quello militare etc.) (...)
Nella particolarità del Comune di S. Angelo di Piove questo processo si evidenzia dopo le
elezioni amministrative del '75 dalle quali si viene a formare una Giunta comunale di
"sinistra" formata dalla coalizione di D.L. (Democrazia e Lavoro - lista civica nata da una
scissione a "sinistra" della DC) con il PCI e il PSI dopo trent'anni di monopolio
democristiano, ora relegato all'opposizione. Naturale quindi il bisogno da parte dei "nuovi
governanti" di forte credibilità politica che rafforzi il consenso popolare, evitando "ritorni
superati dai tempi", e dia a loro la sicurezza delle poltrone conquistate.
Trampolino di lancio per quest'opera di accaparramento e rafforzamento di consensi è il
terreno dei servizi sociali di cui questo paesino di 5.000 abitanti, culturalmente ed
economicamente depresso, è completamente privo. Da qui il consolidamento della scuola
media sperimentale a tempo pieno (con l'istituzione dei servizi di mensa e trasporto degli
alunni), la delibera per il consultorio familiare, il servizio di assistenza domiciliare agli
anziani, la ristrutturazione della biblioteca "popolare" etc.: dimostrazioni della volontà
politica di "cambiare" (secondo la logica riformista).
Naturalmente il nuovo tipo di forza lavoro che meglio risponde alle esigenze del potere
locale è la nostra, quella degli obiettori di coscienza in servizio civile, che rispondiamo a
tre requisiti fondamentali
1) gratuità della forza lavoro (le circa duemila lire giornaliere di paga - comprensive
anche del rimborso per razione viveri - ci provengono dal Ministero della Difesa; unico
onere a carico del Comune la concessione dell'alloggio comunale con relative spese di
gestione)
2) garanzia di scrupolo nel servizio esplicato (avendo il più delle volte scelto noi l'Ente
per svolgere il servizio civile e il campo di intervento sociale) offrendo in più, essendo il
nostro un volontariato, tutta quella creatività, quella fantasia, quell'entusiasmo che un
lavoratore dipendente, in quanto consapevole della propria schiavitù salariata, non
potrebbe offrire.
3) forza lavoro ricattabile e potenzialmente militarizzata: ricattabile in funzione della
natura dell'obiettore di coscienza di "lavoratore sottoposto" ed "equiparato a tutti gli
effetti civili, penali, amministrativi ai cittadini che prestano il normale servizio militare"
(secondo l'art. 2 della legge Marcora del 15.12.72 per il riconoscimento dell'obiezione di
coscienza) denunciabile quindi all'autorità militare per mancanze disciplinari o condotte
incompatibilmente con le finalità dell'Ente (?) (articolo 6 comma b della medesima legge
bidone).
Che poi si giunga di rado agli estremi di una denuncia alle autorità militari nei nostri
confronti è da imputare (a parte rapporti di forza) alle altre mille possibilità intimidatorie e
più sottilmente repressive per nulla differenti da quelle tipiche del servizio militare vero e
proprio (p. es. le minacciate o mancate concessioni di licenze).
Della possibilità di usufruire, o meglio di sfruttare, la nostra mano d'opera per una
manciata di gratificazione, si avvedono fin dal '75 gli avvoltoi progressisti
dell'Amministrazione Comunale di S. Angelo. (...)
Dalla verifica dell'inefficienza del metodo "demokratico" nei nostri confronti la giunta
passava finalmente in un consiglio comunale a scoprire la sua vera essenza autoritaria
specificando chiaramente la sua visione del servizio civile, la nostra funzione, il criterio da
adottare nei nostri rapporti. Posizioni che si possono così sintetizzare: gli obiettori sono
chiamati a svolgere il loro servizio civile alle DIPENDENZE dell'Amministrazione
Comunale. Il programma di lavoro viene proposto dalla Giunta e in caso di controversia
è la Giunta stessa decidere. Il servizio civile va inteso come un servizio sottoposto
all'autorità pubblica che in alcuni casi può anche imporre degli ordini indiscutibili.
Servizio civile comunque ASSOLUTAMENTE NON AUTONOMO.
Ritroviamo così nel servizio civile gli stessi contenuti alienanti autoritari gerarchici del
servizio militare rifiutato. Unica differenza un'autorità civile cui sottostare direttamente
(anziché quella militare) comunque altrettanto repressiva, anche se in modo meno brutale,
in quanto repressione della medesima suprema indiscutibile autorità: quella dello Stato.
Abbiamo visto così come il servizio civile debba considerarsi nulla più che un surrogato
del servizio militare. E questa penso sia una conclusione generalizzabile a tutte le
esperienze di servizio civile conseguenza logica della sua stessa struttura e dei limiti che
comporta. Limiti entro i quali diviene particolarmente facile per il Potere il controllo, la
minimizzazione dell'influenza dei "refrattari" all'esercito. Questa è stata la funzione della
legalizzazione dell'obiezione di coscienza!
Legge che è sì riuscita a sottrarre numerosi giovani al servizio militare (ma in definitiva in
percentuale irrilevante rispetto a tutti i giovani di leva), alcuni compagni alla galera, ma
che pur sempre è servita per la legittimazione del servizio militare stesso inglobando
l'"alternativa" nel sistema.
Di antimilitarismo, una volta ottenuto il riconoscimento dell'obiezione di coscienza legale
ed essere riusciti ad accaparrarsi un "buon Ente" presso cui svolgere il servizio civile, non
se ne parla più, tuttalpiù giustificandosi con il fumoso intento di portare le proprie
convinzioni antimilitariste (a volte anche antistatali) sul terreno del sociale, mentre
l'esperienza diretta ha invece dimostrato che è proprio in questa generica pratica politico
sociale che si perdono gli ultimi connotati antimilitaristi rivoluzionari.
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