Rivista Anarchica Online
Una precisazione
Nella tavola rotonda sull'anarcosindacalismo pubblicata sul numero di aprile alcune
parti di miei interventi, forse a causa della differenza fra lingua "parlata" e lingua
"scritta" o forse a causa della mia scarsa proprietà di espressione, risultano poco chiare
col conseguente rischio di essere fraintese.
Innanzitutto voglio chiarire che (come riportato a pag. 19, colonna centrale) sono sì
stato eletto nel consiglio di fabbrica, ma mi sono dimesso dopo pochi mesi perché mi era
impossibile portare avanti un discorso ed una pratica libertari, tanti e tali erano i
condizionamenti e le pressioni che mi venivano fatte dalle burocrazie sindacali. Le
motivazioni delle mie dimissioni, pubblicamente espresse, sono state fatte proprie da
molti degli operai della mia fabbrica anche se, purtroppo, non hanno portato, come
auspicavo, a lotte autonome. Nonostante questo, però, il risveglio critico che hanno
innescato mi ha dimostrato che il movimento operaio è ancora, nonostante molti limiti,
un "terreno praticabile" per i rivoluzionari. Altro punto a mio avviso poco chiaro è
(sempre a pag. 19, terza colonna), laddove accenno al problema del classismo ed alla
pratica anarchica nella società. Io intendevo dire che occorre sempre tener presente che,
come anarchici, dobbiamo cercare di rivolgerci a tutta la società e non solo a parti,
seppure importanti, di essa. Questo non vuol dire che dobbiamo negare l'esistenza delle
stratificazioni sociali e delle classi - anzi! - vuole solo significare che non dobbiamo
credere che, per il solo fatto che uno sia operaio, debba necessariamente essere anche
rivoluzionario. Io credo che la propaganda e la lotta che dobbiamo sempre fare per
suscitare la rivolta degli oppressi debbano in ogni caso tenere conto che anche fra gli
oppressi si annidano, come in ogni ambito sociale, l'autoritarismo, l'individualismo
borghese, o i sentimenti reazionari. Risulta quindi chiaro come non possiamo concordare
col classismo marxista che si traduce nell'identificazione della classe operaia come
"classe rivoluzionaria".
In parole povere io credo che lo spirito informatore della nostra azione sociale debba
essere quello espresso tempo fa da un redattore di "A" laddove, scrivendo del sindacato
di polizia, diceva: "Se è infatti vero che la nostra propaganda e la nostra azione sono
rivolte verso tutta l'umanità, verso tutti gli uomini indistintamente, è altrettanto vero che
solo ad alcune classi o categorie sociali noi possiamo rivolgerci in quanto tali, facendo
appello cioè alla loro coscienza di classe oltre che alla comune natura umana. Si tratta
evidentemente delle classi sfruttate ed oppresse (operai, contadini, emarginati, ecc.) le
quali sole possono (e dovrebbero) essere interessate IN QUANTO TALI all'abbattimento
dell'attuale sistema ed alla costruzione di una società comunista anarchica. Rivolgendoci
invece ad appartenenti a diverse - e spesso opposte - categorie sociali, noi continueremo a
fare appello alla comune natura umana per spingerli ad abbracciare la nostra causa
rivoluzionaria. Ma non potremo certo far appello alla loro coscienza ed ai loro interessi di
classe, dal momento che tutta la nostra attività è tesa alla sconfitta delle classi e delle
categorie di cui obiettivamente sono membri" ("A", n.1 - 1977).
Un altro punto poco chiaro è quello in cui si accenna alla lotta rivendicativa (pag. 19,
terza colonna e pag. 20 prima colonna). Intendevo dire che la nostra azione all'interno
dei luoghi di lavoro non deve essere impostata solo sul terreno rivendicativo, per quanto
giusti possano essere gli obiettivi che portiamo avanti. Io penso che, se ci limitassimo a
questo, le nostre lotte sarebbero riformiste e facilmente recuperate ed integrate dal
sistema dominante; sono convinto che occorra sempre far rientrare gli obiettivi
immediati che proponiamo in un discorso ed in una lotta più generale che, col metodo
dell'azione diretta, combatta tutto il sistema oppressivo e disumanizzante che domina la
società.
Solo in questa maniera le nostre lotte non potranno essere recuperate e potranno
rappresentare un reale passo avanti nella lotta per l'emancipazione umana. I mezzi con
cui portare avanti queste lotte possono essere vari ed è su questo tema che è necessario
si sviluppi il dibattito.
Franco Melandri (Forlì)
|