Rivista Anarchica Online
Le elezioni e noi
di P. F.
Ancora una volta, ci ritroviamo da soli. Mentre tutti i partiti e partitini sono impegnati nella
campagna elettorale, uniti nello sforzo di convincere la gente che comunque bisogna andare a
votare, gli anarchici ripropongono ancora una volta le ragioni del loro astensionismo. In verità,
come in altri appuntamenti elettorali, vi sono alcune altre formazioni minori che invitano
all'astensione, ma si tratta pur sempre di un rifiuto tattico della scheda, di un'opposizione a queste
elezioni, non di una scelta di fondo come è invece la nostra.
Il nostro astensionismo oggi si collega naturalmente al tradizionale astensionismo che gli anarchici
hanno sempre opposto alle chiamate alle urne da parte dello Stato. Esso nasce innanzitutto dal
rifiuto della delega di potere che lo Stato pretende dai suoi sudditi per legittimare il suo ruolo e la
sua stessa esistenza. Da sempre, infatti, vediamo nel momento elettorale una sostanziale truffa, dal
momento che i cittadini vengono chiamati a "scegliere i loro rappresentanti" - e di conseguenza i
loro governanti - in una struttura comunque di potere, cioè di netta e invalicabile separazione tra
chi comanda e chi ubbidisce, tra chi sfrutta e chi viene sfruttato. In altri termini, le elezioni
vengono sempre presentate come il massimo momento di libertà decisionale da parte del popolo,
mentre è evidente che in ogni caso niente di essenziale può essere modificato dal responso delle
urne. Tutta l'esperienza storica dei regimi democratici ne è inconfutabile testimonianza: cent'anni
fa i nostri avversari potevano ancora accusarci, sperando di essere creduti, di non voler
comprendere le potenzialità insite nella partecipazione popolare alle elezioni e di sostenere un
astensionismo "aprioristico" frutto di settarismo ecc. ecc.. Oggi, dopo decine di elezioni sempre
più democratiche, tutte le volte presentate da destra e da manca come decisive per il nostro
futuro, nessuno potrebbe in buona fede negare l'evidenza, cioè che niente di sostanziale le elezioni
hanno mai modificato.
Non è vero, come amano far credere i nostri avversari, che il nostro astensionismo sia dovuto ad
una sclerotica e paralizzante coerenza con i "sacri principi". Certo, le ragioni di fondo che anche
un secolo fa stavano alla base della scelta astensionista fatta dai primi nuclei della Prima
Internazionale sono ancora valide - e tali resteranno sempre in regime statale. Ma noi non siamo
astensionisti per tradizione, anche se di fatto con il ripetersi ad ogni appuntamento elettorale della
nostra scelta astensionista "proseguiamo" una tradizione. Siamo astensionisti per convinzione, per
una scelta che consegue anche dall'analisi della situazione attuale e dei metodi di lotta più efficaci
per combattere oggi lo Stato.
Si pensi per esempio, al tanto deprecato "esautoramento del parlamento" - sul quale convengono
grossomodo tutti i politologi. Oggi, più ancora che in passato, in parlamento non si decide niente
che già non sia stato deciso prima e altrove: nelle sedi dei partiti politici, dei sindacati, della
Confindustria, nelle ambasciate delle grandi potenze, ecc.. Il parlamento - quello che i cittadini
sono chiamati a rinnovare il 3-4 giugno - non è altro che la cassa di risonanza ed al massimo la
sede in cui vengono ratificate leggi, disposizioni, manovre politiche decise in altre sedi: esso è
svuotato di qualsiasi potere reale. I radicali se ne disperano e fanno finta di credere che si
potrebbe/dovrebbe farne il fulcro della vita politica. Noi anarchici, invece, nemici di qualsiasi
potere (democratico, totalitario o comunque mascherato), ci limitiamo a constatare questo sempre
più accentuato esautoramento del parlamento, sottolineando come questo processo non faccia che
rendere sempre più lampante la validità e l'attualità della nostra scelta astensionista.
Vi è un altro aspetto della questione che ci preme mettere in rilievo e che sembra sfuggire anche a
molti gruppi rivoluzionari. Ci riferiamo all'uso che il regime fa della campagna elettorale e delle
elezioni stesse per "mobilitare le masse" e per accentuarne il consenso alle istituzioni. Nel
momento in cui lo Stato si trova a dover affrontare sempre più acuti problemi sociali e si sforza di
estendere sempre più capillarmente la sua capacità di controllo su tutta la società, il consenso
attivo delle masse diventa sempre più importante. Tutto si cerca di usare a tal fine, dalla campagna
contro il terrorismo alla crisi energetica. Quale occasione migliore di quella periodicamente offerta
dalle elezioni per far sentire le masse partecipi o addirittura protagoniste della gestione del potere?
In questo contesto, lo Stato ha necessità che la gente voti per questo o quel partito poco importa,
l'importante è che partecipi al rito collettivo delle elezioni.
Di fronte a questa mobilitazione che, comunque vadano le elezioni non può che rafforzare lo
Stato ed il sistema di oppressione e di sfruttamento che esso incarna, il nostro rifiuto assume un
preciso significato positivo. Il nostro NO alle elezioni è al tempo stesso un SI' all'azione diretta,
alla lotta fuori e contro le istituzioni del potere. Il nostro astensionismo è una scelta obbligata per
chi non voglia farsi complice dell'attuale assetto politico-sociale e non rinunci alla prospettiva
rivoluzionaria in cambio di un piattino di deputati-lenticchie utili solo per avallare l'immagine di
uno Stato tollerante e "aperto". Lo spettacolo che stanno dando di sé i partitini marxisti-leninisti
"alla sinistra del P.C.I.", con le loro squallide memorie di piccolo cabotaggio pre-elettorale,
dimostra ancora una volta il ruolo di "copertura a sinistra" e di sostanziale recupero istituzionale
che i vari D.P., P.d.U.P., P.R., M.L.S., ecc. svolgono a tutto vantaggio della sinistra riformista e
dello Stato.
Unica novità di questo appuntamento elettorale il voto del 10 giugno: per la prima volta si tratta
di eleggere i rappresentanti al parlamento europeo. Un parlamento - lo sanno tutti - ancora meno
decisionale di quello italiano, ancora più "di facciata", ma che appunto perché "nuovo" viene
usato come ulteriore specchietto per le allodole nella mobilitazione psicologica delle masse.
L'assillante campagna, in corso già da qualche mese alla RAI-TV e su tutta la stampa (anche Lotta
Continua ha accettato la pubblicità con il matitone europeo e gli slogan plurilingui per il voto),
testimonia l'importanza che il potere annette a questo nuovo tipo di consultazione.
Niente di nuovo sotto il sole europeo, comunque. Anzi, una ragione in più per riaffermare con
l'astensione la nostra estraneità e il nostro rifiuto di farci in qualche modo complici di questo
sistema che lottiamo per abbattere.
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