Rivista Anarchica Online
Il grande fratello si veste di rosa
di Fausta B.
Roma, 4 aprile 1979. Berlinguer arrossisce sino alla punta delle orecchie, Cossutta si precipita a
telefonare agitatissimo a Breznev, Napolitano e Barca si consultano per trovare la possibilità di
modificare il "modello di sviluppo". Il palcoscenico è, ovviamente, il XV Congresso del P.C.I.. È
avvenuto un fatto a dir poco sconvolgente: la sessualità è entrata nel partito più puritano,
sessuofobico e integralista d'Italia.
Che il P.C.I. abbia scoperto proprio ora l'importanza del femminismo come movimento e di tutte
le sue tematiche e che Berlinguer in persona abbia fatto dichiarazioni del tipo "occorre superare
conservatorismi ancora consistenti... persino tra i nostri stessi compagni... il processo della
rivoluzione sociale e quello della liberazione della donna devono procedere di pari passo e
sostenersi l'uno con l'altro", non ci stupisce più di tanto. Ci troviamo in un periodo pre-elettorale
e il tentativo è ovviamente da un lato di costruirsi una immagine pubblica "à la page", l'immagine
di un partito aperto, duttile, sempre disponibile a recepire istanze di rinnovamento, e dall'altro, più
concretamente, quello di accaparrarsi i voti di una parte considerevole delle donne italiane, quelle
cioè che in modo più o meno approfondito hanno fatto proprie le tematiche femministe.
Dicevamo che tutto questo non ci stupisce. Da sempre il P.C.I. ha dato prova di una capacità di
camaleontismo veramente notevole. Quella che invece non finisce di stupirci, in ogni occasione, è
l'imbecillità dei commentatori politici, soprattutto di sinistra, che hanno subito gridato "al
miracolo" spacciando il fatto come "grande svolta" o "inizio di un processo di revisione teorica".
Per parte nostra crediamo che l'entrata, con tutti gli onori, delle tematiche femministe nel P.C.I.
abbia sancito la morte del femminismo come movimento rivoluzionario. Perché se è vero che le
idee, le problematiche femministe si sono diffuse in questi ultimi anni in larghi strati della
popolazione femminile italiana, è altrettanto vero, almeno per noi, che questo ha significato un
annacquamento dei suoi contenuti dirompenti ed eversivi. Il fatto stesso che sia riuscito a
condizionare un partito come il P.C.I. può certamente essere considerato come una vittoria ma
può anche essere considerato una sconfitta o un funerale poiché, volenti o nolenti, si è dimostrato
che il femminismo può rientrare anche nelle categorie di un partito autoritario e gerarchico.
Il fenomeno è, comunque, preoccupante. Il P.C.I. ha sempre dimostrato, nelle esperienze storiche
di altri paesi (U.R.S.S., Cina, Cuba, ecc.)come in Italia, seppure in misura minore non avendo mai
potuto gestire il potere in prima persona, una grandissima capacità e volontà di organizzare e
controllare la società: basti pensare al controllo sindacale nei luoghi di lavoro, ai comitati di
quartiere, ai consultori, all'ARCI e agli altri organismi per l'organizzazione del tempo libero dei
lavoratori. Ci mancherebbe solo che ora si metta a controllare anche i rapporti personali e la
sessualità!
Non si può fare a meno di pensare a quello splendido libro che è "1984" di George Orwell e alla
società totalitaria e totalizzante in esso descritta dove il controllo non è solo formale ma scende
nella profondità di ogni individuo indirizzando i suoi pensieri, i suoi sentimenti, le sue relazioni
sociali.
In questi ultimi dieci anni si sono verificati anche nel campo del "privato" mutamenti radicali e
abbiamo assistito a un graduale ma inesorabile ribaltamento dei valori-base della società italiana.
Tutta la sfera del "privato" (rapporti interpersonali, rapporti sessuali, i desideri, il corpo) non solo
è stata riportata progressivamente alla luce, ma ha assunto sempre più una importanza
fondamentale nella vita degli individui fino a diventare il problema più sentito, più "vissuto".
La sperimentazione di una nuova sessualità e la ricerca della libertà nei rapporti sessuali/amorosi è
un fatto in atto già da tempo, almeno nell'ambito della sinistra, ma questo fenomeno, di per sé
positivo, non si è purtroppo accompagnato a un parallelo impegno in campo sociale per
distruggere il potere in tutte le sue forme. Anzi, si ha quasi la sensazione che la realtà esterna
venga rimossa coscientemente o inconsciamente, che tutto quello che si desidera sia "lo stare
bene" coi propri partners, coi propri amici, l'instaurare cioè dei rapporti senza potere fra le quattro
mura di casa. E fuori?
Noi finora abbiamo sempre pensato che una sessualità libera fosse antitetica con il concetto stesso
di potere, abbiamo creduto che la libertà derivante da rapporti interpersonali "liberi" da schemi e
da norme fosse irrecuperabile da parte di qualsiasi potere proprio perché dovrebbe produrre
individui non incasellabili e controllabili. Abbiamo cioè sempre pensato che la libertà sessuale
fosse, di per sé, rivoluzionaria. Ci sembra ora venuto il momento di rimettere in discussione
questa certezza, di cominciare a chiedersi se il consenso alle istituzioni può passare, oltre che
attraverso la repressione sessuale, anche attraverso la libertà sessuale. Se così fosse, cadrebbe
uno dei capisaldi reichiani e di tutta la propaganda libertaria. Ma, per nostra fortuna, noi non
abbiamo miti da difendere a tutti i costi.
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