Rivista Anarchica Online
Lavoro nero
Apro "A" 75 e, sfogliandolo, tac! mi salta all'occhio il titolo Elogio del lavoro nero. Memore
di
similari elogi fatti sulle pagine de "Il Giornale" (quello di Montanelli, per intenderci) leggo
l'articolo in questione. La lettura è piacevole, la forma dialogata usata dal compagno Gerardo
L. è senza dubbio efficace, ma non altrettanto piacevoli mi risultano i concetti espressi. Se
ho ben capito quel che il compagno Gerardo voleva dire, il lavoro "irregolare", "nero", è da
preferirsi al lavoro "regolare", "garantito", perché consente maggiore libertà a chi lo pratica,
più alti guadagni e nessuna strumentalizzazione da parte dello Stato. Mi sembra però che
Gerardo dimentichi alcune cose che rendono un po' meno piacevole il lavoro nero a coloro che
sono costretti a praticarlo. Ho sottolineato il termine costretti perché per tantissimi il lavoro
nero non è una scelta, come nel caso di Gerardo, ma una costrizione dettata dalla necessità di
avere un po' di denaro con cui tirare avanti; così come è da ricordare che, anche in questo caso
a differenza di Gerardo, coloro che svolgono un lavoro nero guadagnano, pur senza tasse, quasi
sempre molto meno dei lavoratori regolari, poiché la quasi totalità viene assunta con
"accordi"-capestro, potendo i padroni disporre - soprattutto nell'attuale situazione - di moltissima
manodopera fra cui scegliere. Certamente, il compagno Gerardo non fa della sua scelta uno stile
di vita valido per tutti ed
inoltre condivido molte delle considerazioni che egli fa a proposito della necessità, per
l'esistenza dello Stato, del lavoro regolare; così come condivido molti dei suoi giudizi circa la
"deleghite" nei confronti dello Stato presente in molte richieste dei lavoratori. Mi rimane tuttavia
la brutta impressione che sia quando il compagno Gerardo scriveva il suo
articolo, sia quando la redazione decideva di "passarlo" non abbiano ben pensato alla rilevanza
sociale del lavoro nero ed alla forma di supersfruttamento che con esso viene attuato.
Certamente io, lavoratore "regolare", non voglio fare (ci mancherebbe altro) la difesa del lavoro
"bianco" ma mi sembra che, proprio per i motivi prima accennati, ancor meno si possa fare
l'"elogio del lavoro nero" pure nella forma spuria presentata da Gerardo; forma che certo non
mette in discussione il problema della divisione del lavoro in lavoro manuale e lavoro
intellettuale. Così come, pur criticando lo Stato in generale e soprattutto le sue prerogative
burocratiche ed
accentratrici, mette assai poco in discussione la figura e la funzione del padrone privato che
rimane sempre, al pari dello Stato, un nostro nemico. Al di là delle situazioni personali
più o meno generalizzabili, credo che sia nostro compito di
anarchici criticare e lottare contro ogni forma di lavoro sfruttato, "nero" o "bianco" che sia, e
contemporaneamente ricercare, in teoria e soprattutto in pratica, alternative praticabili, anche
qui ed ora, che eliminino da un lato ogni forma di lavoro alienato e sfruttato e dall'altro ogni
assistenzialismo che, come giustamente nota Gerardo, finisce sempre per diventare una forma di
controllo e di oppressione.
Franco Melandri
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