Rivista Anarchica Online
La riforma della salute
di Giugliano Conio
La salute dell'uomo o integrità psico-fisica è il risultato
di un rapporto ottimale fra l'uomo stesso e
l'ambiente in cui vive e lavora. Quando questo rapporto si rivolge sfavorevolmente per l'uomo, sorge
la malattia. Nella cosiddetta "società
del benessere" le strutture e sovrastrutture sociali ed economiche formano l'ambiente umano nuovo ed
è appunto dalla risultante del rapporto tra questo habitat e l'uomo che nasce un
concetto di malattia ad
etiologia nuova, nel senso che lo spazio occupato dalle cause tradizionali delle malattie si restringe a
favore di cause direttamente dipendenti dal sistema sociale e dal modo di produzione. Nella nostra
società, dove il privilegio di una minoranza è fondato sullo sfruttamento di una
maggioranza
subordinata, si deve analizzare attentamente il ruolo che lo sfruttamento della forza-lavoro gioca nel
determinismo di numerose malattie interessanti la totalità psico-fisica del lavoratore.
L'inquinamento sociale Il modo di produzione capitalistico è
causa di malattie fisiche degenerative e di alienazione psichica
attraverso due meccanismi patogenetici, determinati direttamente dal motivo che sta alla base del modo
di produzione: il profitto per chi detiene la proprietà dei mezzi di produzione. Il primo
meccanismo
patogenetico è quello che agisce sulla forza lavoro sul posto di lavoro; il secondo è quello
che agisce
attraverso l'inquinamento dell'ambiente indotto dal modo di produzione e che alla fine determina per la
massa subordinata un particolare modo di vivere che è poi un modo di agonizzare. Dirò
subito che per
inquinamento dell'ambiente intendo sia l'inquinamento da residui tossici da produzione, sia
l'inquinamento
sociale determinato dal modo sociale di esistere e che è direttamente in rapporto col modo di
produzione.
Non mi soffermerò a descrivere i numerosi quadri patologici, non essendo questa la sede idonea,
che
derivano dal modo di produzione, ma credo utile precisare che la nocività del lavoro si deve
distinguere
in due tipi: nocività classica, intrinseca al lavoro, dovuta alla produzione di polveri, gas, aerosol
tossici,
ovvero all'azione di onde sonore o vibrazioni o temperature nocive ambientali.
La nocività del lavoro A questo tipo tradizionale di
nocività devesi aggiungere la nocività da modo di produzione che è poi, in
definitiva la vera nocività da lavoro, quella che determina anche il tipo tradizionale di
nocività. Infatti
anche in un sistema di produzione capitalistico il tipo di nocività intrinseca al lavoro viene
combattuta
dallo stesso sfruttatore, non tanto per le proteste del lavoratore, ma soprattutto per l'interesse del
capitalista che vuole evitare un decadimento e un logorio troppo rapido della forza lavoro da cui trae il
profitto, decadimento e logorio che inevitabilmente attraverso un maggior carico degli oneri sociali
decurterebbe il profitto stesso. Ovviamente, qualora i rilievi econometrici, elaborati elettronicamente,
informeranno il signor padrone che le varie tecniche contro la nocività del lavoro costeranno
troppo e
supereranno i limiti del profitto, allora dell'integrità psico-fisica dell'operaio, il signor padrone
nemmeno
si accorge e i vari MAC (massimo accettabile di concentrazione di nocività) improvvisamente
saliranno
e saranno dichiarati accettabili da emeriti studiosi, ansiosi dell'umana salute, come quelli che hanno
sperimentato la nocività del Vapona su innocenti neonati. Per questo motivo io affermo che
l'unico modo di eliminare totalmente la tradizionale nocività intrinseca
al lavoro rimane e rimarrà sempre la eliminazione del modo di produzione basato sullo
sfruttamento, dal
momento che il profitto dei privilegiati condiziona la possibilità di un lavoro meno nocivo e solo
la
eliminazione di questo profitto implica una condizione di lavoro che rispetta l'integrità psico-fisica
umana.
Il modo di produzione attuale, che tien conto del costo in salute della produzione, con gli orari intensivi,
i turni, i ritmi anti-fisiologici e quell'ossessiva monotonia di alienanti automatismi, che i proletari ben
conoscono, è causa non solo di numerose malattie degenerative psico-fisiche, ma anche di quella
generale
malattia di interesse sociale che io definirei oggettivamente condizionata, o automazione del soggetto
ovvero robotizzazione. La lotta del medico contro la nocività intrinseca non ha senso se non si
sviluppa
dalla stessa lotta contro il modo di produzione neo-capitalista. A prova di ciò io affermo che in
una
società classista esiste anche la malattia di classe (es. silicosi, asbestosi, antracosi, avvelenamento
da
piombo ecc.) caratterizzata dal fatto che, pur conoscendosi di essa la causa in modo completo e
dettagliato, ci si limita a curarne i sintomi e non a eliminarne la stessa causa (modo di produzione) per
non toccare il profitto di chi prospera sulla lenta agonia dello sfruttato. Curare solo il sintomo della
malattia di classe equivale a trasformarsi in ingranaggi dello stesso meccanismo patogenetico della
malattia. Monetizzare poi la nocività attraverso indennità di rischio o altri analoghi
mistificanti sotterfugi
assomiglia molto alla monetizzazione che la prostituta fa del suo corpo. La salute dell'uomo, di ogni
uomo, non può essere venduta, non dovrebbe neanche sorgere il problema della sua tutela, dal
momento
che la sua integrità non dovrebbe per nessun motivo essere messe in discussione.
Il potere non può eliminare le malattie del lavoro Dopo
questa breve panoramica, analizzerò il mezzo mistificante col quale il governo di centro sinistra
dà
ad intendere di voler tutelare la salute del popolo, cioè la riforma sanitaria. Dal
momento che è la società classista stessa la portatrice delle cause della neo-patologia, io
chiedo quale
credibilità possa avere quella riforma sanitaria che mantiene inalterata la struttura sociale basata
sul
privilegio. Per essere presa sul serio una riforma sanitaria, cioè per dare una autentica tutela alla
salute
di tutti, dovrebbe eliminare la società classista per trasformarla in una società nuova in
cui la produzione
fosse condizionata al costo sociale del lavoro, in cui il rispetto per l'integrità psico-fisica del
lavoratore
fosse alla base del lavoro stesso. Mancando questa eccezionale premessa la riforma sanitaria cade
nell'assurdo analogo all'assurdo del medico che cura solo i sintomi di una malattia, pur conoscendone
bene le cause che lascia inalterate, facendo così gli interessi non già del paziente, ma di
chi il paziente usa
come una macchina. Esaminerò ora i dettagli della riforma-impostura sanitaria.
La razionalizzazione della malattia Il capitale finanziario che,
potendolo sfrutterebbe anche le pulci, nel settore che si riferisce alla sanità,
poggia in Italia, attualmente su un tripode formato da ospedali, mutue, e industria
farmaceutica. L'ospedale, salvo pochi casi, è il frutto di un connubio tra banche,
società assicuratrici, rendita urbana,
speculazione edilizia, società immobiliari, centri di sottogoverno laici e non, grossi agrari e cosche
mafiose. Da questo groviglio di interessi nasce il sudiciume di ospedali, opere pie, enti assistenziali.
Finanza, clero,
mafia conducono con destrezza il gioco. Che poi da tutto l'inghippo nasca ogni cosa fuori che l'autentica
assistenza sanitaria ospedaliera, è cosa di importanza secondaria, giacché la principale
potenza economica
interessata è, per istituzione divina, posta a tutela della salute delle anime e ciò spiega il
motivo per cui
gli ospedali siano da questa potenza legittimamente considerati come fornitori di materia prima,
checché
ne dicano o protestino gli ammalati, i quali si preoccupano più che altro del loro corpo. Il
capitalismo confluisce poi coi suoi settori più avanzati e con quelli più arretrati anche nel
gran campo
dell'industria farmaceutica, mettendo in atto quella concentrazione monopolistica, tipica dell'epoca, non
già ostacolata ma favorita dalla legge sui brevetti dei farmaci. Quelle industrie che prosperavano
sul furto
di brevetti esteri e copiando formule nostrane realizzavano profitti non sudati, non sono affatto
scomparse, ma, assorbite, hanno potenziato i monopoli, con ben definite funzioni di produzione e
distribuzione. Ciò ha ulteriormente aumentato il potere di controllo dei monopoli su tutta
l'assistenza
sanitaria, obiettivamente trasformata in una gigantesca macchina consuma-farmaci, secondo le leggi della
ideologia consumistica o ideologia del predominio. I "baroni" degli ospedali, inseriti nella lotta
concorrenziale fra i vari monopoli farmaceutici, avendo potere decisionale sulla scelta dei farmaci da
sperimentare e da consumare, aumentano la loro influenza sull'intero settore. Obbiettivamente la cura
di
un malato si trasforma in pretestuoso strumento di reale profitto per il promiscuo capitale che gestisce
l'assistenza sanitaria. La eiaculazione legislativa Mariotti altro non fa che istituzionalizzare il
predominio di preti e mafiosi sulla
gestione della pubblica assistenza. La mistificante riforma sanitaria riposa (e riposerà
probabilmente per sempre, amen), su tre pilastri: 1) Unità sanitaria locale; 2) Servizio
sanitario locale; 3) Intervento statale nell'industria farmaceutica. Per quanto riguarda
l'unità sanitaria locale esiste un progetto che dovrebbe trasformare l'attuale medicina
degli effetti nella vera medicina delle cause o medicina preventiva. Concretamente e solo nel '74 si
avrà
l'unificazione burocratica più che tecnica degli uffici d'Igiene e del medico provinciale col
dispensario
anti-TBC a livello di capoluogo di provincia. Il sistema mutualistico attuale, nato dal corporativismo
fascista e fonte della rendita medica, campo di lotta
fra monopoli farmaceutici e grandi società assicuratrici, inevitabilmente, e di buon accordo,
sarà spartito
fra i rivali, necessariamente ritornando alle sue origini corporative, per di più questa involuzione
sarà
presentata come una vittoria popolare. Parlare poi di servizio sanitario nazionale in una
società come la nostra, è voler prendere per i fondelli
chi ascolta, dal momento che un servizio di questo tipo, è un classico esempio di situazione
realizzabile
esclusivamente in una società dove l'unico interesse obiettivo conseguibile è quello della
totalità degli
individui, non già l'interesse di una minoranza di privilegiati. In una società classista,
ammessa per assurdo
la possibilità di un intento di questo tipo, essa costerebbe al proletariato tali e tanti oneri da
abbreviargli
notevolmente quella vita che la riforma dovrebbe rendergli più sicura. Il potere concede le
riforme,
certamente, ma a pagarne i costi deve essere il proletariato, incitato a produrre di più, il che
significa
essere maggiormente sfruttato, cioè subire più intensamente quel processo disintegrativo
psico-fisico al
fine poi di essere meglio assistito. Anche in questa circostanza la mistificazione consumistica non
si smentisce!
Conclusioni Concludendo, e senza avere la pretesa di avere esaurito
l'argomento, io affermo che anche nel campo
della sanità, riforma equivale a impostura. La lotta per l'autentica riforma deve partire dalla
negazione del
potere politico classista, deve essere rivoluzione. Anche il problema della salute che è il problema
della
salute di tutti, si risolve abbattendo lo Stato. Solo in una società di uguali anche la tutela della
salute sarà
uguale per tutti nella realtà vera di ogni giorno. In questo specifico settore di lotta rivoluzionaria
l'autentico
medico deve essere in prima linea, spalla a spalla con lo sfruttato, per realizzare l'autentica medicina,
concretizzazione della libertà della malattia. Il medico che diserta nega obbiettivamente la sua
qualifica
professionale, perché indifferente di fronte al modo di vivere e di produrre, ignora le cause vere
della
neo-patologia, anzi, servo del privilegio sfruttatore, diventa servo delle cause disgregatrici della
unità bio-psichica umana, autentico perpetuatore di malattia.
Giugliano Conio
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