Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 1 nr. 8
novembre 1971 - dicembre 1971


Rivista Anarchica Online

La riforma della salute
di Giugliano Conio

La salute dell'uomo o integrità psico-fisica è il risultato di un rapporto ottimale fra l'uomo stesso e l'ambiente in cui vive e lavora.
Quando questo rapporto si rivolge sfavorevolmente per l'uomo, sorge la malattia. Nella cosiddetta "società del benessere" le strutture e sovrastrutture sociali ed economiche formano l'ambiente umano nuovo ed è appunto dalla risultante del rapporto tra questo habitat e l'uomo che nasce un concetto di malattia ad etiologia nuova, nel senso che lo spazio occupato dalle cause tradizionali delle malattie si restringe a favore di cause direttamente dipendenti dal sistema sociale e dal modo di produzione.
Nella nostra società, dove il privilegio di una minoranza è fondato sullo sfruttamento di una maggioranza subordinata, si deve analizzare attentamente il ruolo che lo sfruttamento della forza-lavoro gioca nel determinismo di numerose malattie interessanti la totalità psico-fisica del lavoratore.

L'inquinamento sociale
Il modo di produzione capitalistico è causa di malattie fisiche degenerative e di alienazione psichica attraverso due meccanismi patogenetici, determinati direttamente dal motivo che sta alla base del modo di produzione: il profitto per chi detiene la proprietà dei mezzi di produzione. Il primo meccanismo patogenetico è quello che agisce sulla forza lavoro sul posto di lavoro; il secondo è quello che agisce attraverso l'inquinamento dell'ambiente indotto dal modo di produzione e che alla fine determina per la massa subordinata un particolare modo di vivere che è poi un modo di agonizzare. Dirò subito che per inquinamento dell'ambiente intendo sia l'inquinamento da residui tossici da produzione, sia l'inquinamento sociale determinato dal modo sociale di esistere e che è direttamente in rapporto col modo di produzione. Non mi soffermerò a descrivere i numerosi quadri patologici, non essendo questa la sede idonea, che derivano dal modo di produzione, ma credo utile precisare che la nocività del lavoro si deve distinguere in due tipi: nocività classica, intrinseca al lavoro, dovuta alla produzione di polveri, gas, aerosol tossici, ovvero all'azione di onde sonore o vibrazioni o temperature nocive ambientali.

La nocività del lavoro
A questo tipo tradizionale di nocività devesi aggiungere la nocività da modo di produzione che è poi, in definitiva la vera nocività da lavoro, quella che determina anche il tipo tradizionale di nocività. Infatti anche in un sistema di produzione capitalistico il tipo di nocività intrinseca al lavoro viene combattuta dallo stesso sfruttatore, non tanto per le proteste del lavoratore, ma soprattutto per l'interesse del capitalista che vuole evitare un decadimento e un logorio troppo rapido della forza lavoro da cui trae il profitto, decadimento e logorio che inevitabilmente attraverso un maggior carico degli oneri sociali decurterebbe il profitto stesso. Ovviamente, qualora i rilievi econometrici, elaborati elettronicamente, informeranno il signor padrone che le varie tecniche contro la nocività del lavoro costeranno troppo e supereranno i limiti del profitto, allora dell'integrità psico-fisica dell'operaio, il signor padrone nemmeno si accorge e i vari MAC (massimo accettabile di concentrazione di nocività) improvvisamente saliranno e saranno dichiarati accettabili da emeriti studiosi, ansiosi dell'umana salute, come quelli che hanno sperimentato la nocività del Vapona su innocenti neonati.
Per questo motivo io affermo che l'unico modo di eliminare totalmente la tradizionale nocività intrinseca al lavoro rimane e rimarrà sempre la eliminazione del modo di produzione basato sullo sfruttamento, dal momento che il profitto dei privilegiati condiziona la possibilità di un lavoro meno nocivo e solo la eliminazione di questo profitto implica una condizione di lavoro che rispetta l'integrità psico-fisica umana. Il modo di produzione attuale, che tien conto del costo in salute della produzione, con gli orari intensivi, i turni, i ritmi anti-fisiologici e quell'ossessiva monotonia di alienanti automatismi, che i proletari ben conoscono, è causa non solo di numerose malattie degenerative psico-fisiche, ma anche di quella generale malattia di interesse sociale che io definirei oggettivamente condizionata, o automazione del soggetto ovvero robotizzazione. La lotta del medico contro la nocività intrinseca non ha senso se non si sviluppa dalla stessa lotta contro il modo di produzione neo-capitalista. A prova di ciò io affermo che in una società classista esiste anche la malattia di classe (es. silicosi, asbestosi, antracosi, avvelenamento da piombo ecc.) caratterizzata dal fatto che, pur conoscendosi di essa la causa in modo completo e dettagliato, ci si limita a curarne i sintomi e non a eliminarne la stessa causa (modo di produzione) per non toccare il profitto di chi prospera sulla lenta agonia dello sfruttato. Curare solo il sintomo della malattia di classe equivale a trasformarsi in ingranaggi dello stesso meccanismo patogenetico della malattia. Monetizzare poi la nocività attraverso indennità di rischio o altri analoghi mistificanti sotterfugi assomiglia molto alla monetizzazione che la prostituta fa del suo corpo. La salute dell'uomo, di ogni uomo, non può essere venduta, non dovrebbe neanche sorgere il problema della sua tutela, dal momento che la sua integrità non dovrebbe per nessun motivo essere messe in discussione.

Il potere non può eliminare le malattie del lavoro
Dopo questa breve panoramica, analizzerò il mezzo mistificante col quale il governo di centro sinistra dà ad intendere di voler tutelare la salute del popolo, cioè la riforma sanitaria.
Dal momento che è la società classista stessa la portatrice delle cause della neo-patologia, io chiedo quale credibilità possa avere quella riforma sanitaria che mantiene inalterata la struttura sociale basata sul privilegio. Per essere presa sul serio una riforma sanitaria, cioè per dare una autentica tutela alla salute di tutti, dovrebbe eliminare la società classista per trasformarla in una società nuova in cui la produzione fosse condizionata al costo sociale del lavoro, in cui il rispetto per l'integrità psico-fisica del lavoratore fosse alla base del lavoro stesso. Mancando questa eccezionale premessa la riforma sanitaria cade nell'assurdo analogo all'assurdo del medico che cura solo i sintomi di una malattia, pur conoscendone bene le cause che lascia inalterate, facendo così gli interessi non già del paziente, ma di chi il paziente usa come una macchina.
Esaminerò ora i dettagli della riforma-impostura sanitaria.

La razionalizzazione della malattia
Il capitale finanziario che, potendolo sfrutterebbe anche le pulci, nel settore che si riferisce alla sanità, poggia in Italia, attualmente su un tripode formato da ospedali, mutue, e industria farmaceutica.
L'ospedale, salvo pochi casi, è il frutto di un connubio tra banche, società assicuratrici, rendita urbana, speculazione edilizia, società immobiliari, centri di sottogoverno laici e non, grossi agrari e cosche mafiose.
Da questo groviglio di interessi nasce il sudiciume di ospedali, opere pie, enti assistenziali. Finanza, clero, mafia conducono con destrezza il gioco. Che poi da tutto l'inghippo nasca ogni cosa fuori che l'autentica assistenza sanitaria ospedaliera, è cosa di importanza secondaria, giacché la principale potenza economica interessata è, per istituzione divina, posta a tutela della salute delle anime e ciò spiega il motivo per cui gli ospedali siano da questa potenza legittimamente considerati come fornitori di materia prima, checché ne dicano o protestino gli ammalati, i quali si preoccupano più che altro del loro corpo.
Il capitalismo confluisce poi coi suoi settori più avanzati e con quelli più arretrati anche nel gran campo dell'industria farmaceutica, mettendo in atto quella concentrazione monopolistica, tipica dell'epoca, non già ostacolata ma favorita dalla legge sui brevetti dei farmaci. Quelle industrie che prosperavano sul furto di brevetti esteri e copiando formule nostrane realizzavano profitti non sudati, non sono affatto scomparse, ma, assorbite, hanno potenziato i monopoli, con ben definite funzioni di produzione e distribuzione. Ciò ha ulteriormente aumentato il potere di controllo dei monopoli su tutta l'assistenza sanitaria, obiettivamente trasformata in una gigantesca macchina consuma-farmaci, secondo le leggi della ideologia consumistica o ideologia del predominio. I "baroni" degli ospedali, inseriti nella lotta concorrenziale fra i vari monopoli farmaceutici, avendo potere decisionale sulla scelta dei farmaci da sperimentare e da consumare, aumentano la loro influenza sull'intero settore. Obbiettivamente la cura di un malato si trasforma in pretestuoso strumento di reale profitto per il promiscuo capitale che gestisce l'assistenza sanitaria.
La eiaculazione legislativa Mariotti altro non fa che istituzionalizzare il predominio di preti e mafiosi sulla gestione della pubblica assistenza.
La mistificante riforma sanitaria riposa (e riposerà probabilmente per sempre, amen), su tre pilastri:
1) Unità sanitaria locale;
2) Servizio sanitario locale;
3) Intervento statale nell'industria farmaceutica.
Per quanto riguarda l'unità sanitaria locale esiste un progetto che dovrebbe trasformare l'attuale medicina degli effetti nella vera medicina delle cause o medicina preventiva. Concretamente e solo nel '74 si avrà l'unificazione burocratica più che tecnica degli uffici d'Igiene e del medico provinciale col dispensario anti-TBC a livello di capoluogo di provincia.
Il sistema mutualistico attuale, nato dal corporativismo fascista e fonte della rendita medica, campo di lotta fra monopoli farmaceutici e grandi società assicuratrici, inevitabilmente, e di buon accordo, sarà spartito fra i rivali, necessariamente ritornando alle sue origini corporative, per di più questa involuzione sarà presentata come una vittoria popolare.
Parlare poi di servizio sanitario nazionale in una società come la nostra, è voler prendere per i fondelli chi ascolta, dal momento che un servizio di questo tipo, è un classico esempio di situazione realizzabile esclusivamente in una società dove l'unico interesse obiettivo conseguibile è quello della totalità degli individui, non già l'interesse di una minoranza di privilegiati. In una società classista, ammessa per assurdo la possibilità di un intento di questo tipo, essa costerebbe al proletariato tali e tanti oneri da abbreviargli notevolmente quella vita che la riforma dovrebbe rendergli più sicura. Il potere concede le riforme, certamente, ma a pagarne i costi deve essere il proletariato, incitato a produrre di più, il che significa essere maggiormente sfruttato, cioè subire più intensamente quel processo disintegrativo psico-fisico al fine poi di essere meglio assistito.
Anche in questa circostanza la mistificazione consumistica non si smentisce!

Conclusioni
Concludendo, e senza avere la pretesa di avere esaurito l'argomento, io affermo che anche nel campo della sanità, riforma equivale a impostura. La lotta per l'autentica riforma deve partire dalla negazione del potere politico classista, deve essere rivoluzione. Anche il problema della salute che è il problema della salute di tutti, si risolve abbattendo lo Stato. Solo in una società di uguali anche la tutela della salute sarà uguale per tutti nella realtà vera di ogni giorno. In questo specifico settore di lotta rivoluzionaria l'autentico medico deve essere in prima linea, spalla a spalla con lo sfruttato, per realizzare l'autentica medicina, concretizzazione della libertà della malattia. Il medico che diserta nega obbiettivamente la sua qualifica professionale, perché indifferente di fronte al modo di vivere e di produrre, ignora le cause vere della neo-patologia, anzi, servo del privilegio sfruttatore, diventa servo delle cause disgregatrici della unità bio-psichica umana, autentico perpetuatore di malattia.

Giugliano Conio