Rivista Anarchica Online
La spranga al potere
di S. M.
Breve storia del Movimento Studentesco a Milano
Chi, entrando nell'atrio dell'Università degli Studi di Milano,
passasse sotto il grande ritratto in dorata
cornice di Mao-Tse-Tung; chi, girando per i corridoi delle Facoltà "umanistiche", si provasse a
leggere
i logorroici e vaniloquenti manifesti murali, zeppi di frasi fatte e di attacchi violentissimi ai "falsi maoisti";
chi, capitando in una assemblea del Movimento Studentesco, sentisse inneggiare a Stalin, a Beria ed alla
Ghepeù (la famigerata e sanguinaria polizia segreta russa), difficilmente potrebbe in queste
manifestazioni
di fanatismo, dogmatismo e settarismo ritrovare il filo dello spirito ribelle ed iconoclasta, la passione
egualitaria e libertaria, la ricerca critica di forme d'azione diretta e di autogoverno che accompagnarono
la nascita del Movimento Studentesco.
Origini e primi sviluppi Per quanto le sue prime avvisaglie, episodiche
e frazionate nel tempo, fossero fatti di alcuni mesi prima
(occupazioni, situazioni di tensione, prese di posizione significative), l'esplosione del movimento degli
studenti avviene a Milano nella primavera del 1968. Si comincia con le occupazioni: occupano prima le
scuole più "agitate", poi quasi tutte le altre. Inizia nei cortei al Provveditorato agli Studi e alla
sede centrale
(facoltà umanistiche) dell'Università degli Studi (la "Statale", come viene detta
comunemente) dove
studenti medi e universitari in agitazione tengono le prime assemblee cittadine. Praticamente è
qui che
nasce la definizione di "Movimento Studentesco Milanese". È una definizione che sta ad indicare
una
realtà nuova, al suo primo stadio evolutivo. Lo sviluppo iniziale avviene su una tematica
genericamente
antiautoritaria e ristretta all'angusto ambito del rivendicazionismo scolastico: lotta per la riforma della
scuola e per il suo "miglioramento". Sono questi i tempi in cui l'attuale leader stalinista Mario Capanna
pubblica un libretto dal titolo "Movimento Studentesco: crescita politica e azione rivoluzionaria" in cui
teorizza la contestazione globale, la spontaneità delle masse, il rifiuto della delega di potere, la
"politica
fatta dalle masse e non dalle burocrazie" (sic), e tante altre cose interessanti, interessanti soprattutto
perché chi oggi osasse profferire in una assemblea della Statale discorsi solo lontanamente simili
a questi
sarebbe quanto meno "invitato" di peso a uscire. I tempi di quel libretto sono anche i tempi in cui
la struttura del Movimento è estremamente composita
(ci sono rivoluzionari - pochi -, conservatori, moderati, riformisti e persino fascisti dichiarati) e l'impegno
politico concreto praticamente inesistente, nel senso che si contesta il sabato per andare in vacanza con
la famiglia la domenica. La scelta riformista è in ogni modo linea vincente, e chi cerca il contatto
con gli
operai e con le forze rivoluzionarie è facilmente emarginato con la bolla di eretico estremista.
Tuttavia
la stampa e i "canali di informazione" borghesi sentono istintivamente un pericolo allo stato latente
(Malagodi dice che "nel M.S.i positivi spunti libertari sono purtroppo legati a una ricorrente anarchia"!)
e, mentre da un lato tacciano di "balilla di Mao" i giovani in fermento, dall'altra indicano la
"necessità"
di riforme scolastiche. Però i borghesi, stupidamente, bocciano ogni timido tentativo di riforma
e
agevolano così essi stessi il passaggio dalla fase "riformista" del M.S.a quella di rifiuto totale delle
istituzioni dominanti in quanto tali, ossia ad una "fase rivoluzionaria". Già alle lotte della
Germania e del
"Maggio '68" in Francia avevano segnato, a livello internazionale, una decisa svolta: si era passati infatti
al rifiuto della condizione di studente destinato a divenire "cane da guardia del sistema", con il suo futuro
inserimento negli alti e medi gradi delle condizioni produttive e con il suo naturale ruolo di cinghia di
trasmissione dello sfruttamento. Si era riusciti ad individuare nella scuola un elemento essenziale alla
perpetuazione del dominio di una
classe su un'altra, mediante l'indottrinamento culturale e l'asservimento delle nuove generazioni agli
interessi dei gruppi di potere. Intanto, a Milano, si passa dai gruppi di studio sulla riforma scolastica a
quelli su "Scuola e Società", mentre il livello di coscienza del Movimento cerca affannosamente
una
crescita per affrontare l'inevitabile reazione conservatrice.
Gli anarchici La partecipazione degli anarchici alla nascita ed al
primo sviluppo del Movimento Studentesco è
pressoché nulla. All'epoca esisteva a Milano un solo gruppo anarchico, la Gioventù
Libertaria che poteva
contare su pochi militanti, tra i quali solo due o tre studenti. Inoltre l'intervento della G.L. fu anche
ritardato da una pregiudiziale diffidenza nei confronti degli studenti, una diffidenza solidamente motivata
e strategicamente valida ma, a breve termine, certo frenante. Così l'unico intervento di rilievo
degli
anarchici, nella primavera del '68 è la pubblicazione di un pamphlet ("Discorso degli anarchici
della
Gioventù Libertaria di Milano agli studenti universitari e medi, anarchici ad honorem per la
stampa
borghese"), in cui si definivano le linee generali di una analisi anarchica delle agitazioni studentesche,
incentrata sul tema della divisione di classe tra lavoro manuale ed intellettuale e sull'ascesa della nuova
classe dirigente tecno-burocratica. Questo pamphlet ebbe una certa risonanza, specialmente nell'ambito
del Movimento Studentesco dell'Università Cattolica (1) che lo citò e ne suggerì
la lettura agli studenti
in calce ad un opuscolo "La goliardia è morta". Successivamente (maggio e giugno) la
Gioventù
Libertaria organizza un incontro tra anarchici e studenti ed una serie di dibattiti pubblici sul "maggio
parigino", introdotti da un compagno francese del Movimento "22 marzo" (il M.S. francese a forte
componente libertaria), ma in complesso l'influenza anarchica a breve termine resta insignificante. Solo
nell'autunno con il nuovo anno scolastico si formano i primi nuclei libertari nelle Facoltà e nei
licei,
quando ormai l'influsso dell'ideologia marxista-leninista e dei leaders maoisti è predominante e
già
intollerante.
Seconda fase All'inizio dell'anno scolastico '68-'69, buona parte del
Movimento Studentesco universitario è sotto il
controllo di gruppi "m .l." i quali entrano subito in aspra polemica con le posizioni antiautoritarie
"avventuriste e spontaneiste" che Movimenti Studenteschi di singoli istituti - scoordinati, divisi tra loro,
in via di liquidazione - tengono ancora. Questa contraddizione tra "dogmatici" e "pragmatisti" porta a
continui confronti polemici, a un disorientamento generale delle masse studentesche e allo scadimento
del Movimento, a livello di massa, con un frazionamento e una disorganicità delle lotte
conseguente alla
mancanza di precise indicazioni politiche. La tendenza è fondamentalmente quella di uscire dalla
tematica
scolastica per affrontare i grandi temi nazionali, con la lotta al sistema capitalistico borghese e il rifiuto
di compromessi con le forze riformiste e parlamentari di sinistra. Si cercano i primi approcci con gli
operai. Una svolta decisiva nella storia del Movimento Studentesco Milanese si ha all'inizio del
successivo anno
scolastico, '69-'70, quando, alla nascita di "Lotta Continua", molti militanti del M.S. entrano nel nuovo
gruppo. Sono specialmente studenti dell'Università Cattolica che abbandonano il Movimento per
unirsi
a un gruppo che promette una caratterizzazione in senso radicale delle lotte e lo spostamento dell'azione
extraparlamentare dall'ambito scolastico e studentesco a quello di fabbrica. Abbagliati dal miraggio
dell'azione operaia, molti studenti lasciano addirittura l'Università per andare a fare lavoro politico
in
fabbrica, mentre quelli che rimangono tagliano decisamente i ponti con la linea dogmatica e svolgono
un'azione scolastica soli in funzione di quella di fabbrica. Mentre così il Movimento Studentesco
(specie
alla Statale) assume una crescente caratterizzazione in senso burocratico e dogmatico, lo spazio politico
rimane aperto solo ai partiti e movimenti m.l., che infatti vi esercitano una sempre più forte
influenza.
Capanna al potere La Statale, divenuta il centro politico di
riferimento per tutto il Movimento, vede al suo interno la
creazione di una "leadership" di elementi di provenienza eterogenea (m.l., ex cattolici, ecc.) che indirizza
il Movimento su posizioni originali "mediane" tra la linea stalinista e dogmatica dei gruppi maoisti,
l'esperienza precedente delle lotte studentesche scolastiche, l'opportunismo di gruppetti e gruppettini di
breve vita e l'"azione spontanea" delle masse studentesche. Esce un primo documento, " la situazione
attuale e i compiti politici del M.S.", e riprende l'attività a livello
cittadino. Sono però necessarie alcune manifestazioni abortite verso la fine del 1969, duri scontri
con la
polizia nel corso della manifestazione antirepressiva del 21 gennaio e l'appoggio del PCI in quella dei
50.000 del 31 di quel mese perché il M.S. riesca a risollevarsi a livello di massa. Il 1970 è
per il M.S. il
culmine della sua parabola politica: intorno alla Statale si stringono i Movimenti Studenteschi di quasi
tutte le scuole cittadine, si svolgono grandi manifestazioni il 25 aprile e il 1° maggio, ci sono anche duri
scontri con la polizia (come il 18 aprile), in cui il M.S. dà la dimostrazione di riuscire a tenere
la piazza.
Praticamente solo Lotta Continua e gli anarchici sono isolati dal Movimento, e non riescono comunque
mai ad insidiarne le salde posizioni. Pian piano, intanto, la dirigenza del M.S., dopo essere riuscita a
coagulare intorno a sé una massa notevole di studenti e ad egemonizzare l'azione studentesca a
livello
cittadino, prosegue nell'elaborazione di una linea politica maggiormente delineata e precisa: Capanna,
Cafiero, Saracino e Toscano (leader riconosciuti, specie dopo il processo Trimarchi) cercano di portare
il Movimento su posizioni da essi definite "più realistiche": il M.S., per quanto in tutta Italia sia
in pratica
in liquidazione totale e definitiva, a Milano resta una forza molto importante, un elemento indubbiamente
non trascurabile non solo nell'arco della sinistra extra-parlamentare, ma anche a livello di forze politiche
organizzate nell'ambito cittadino. Per non "bruciarsi", il Movimento dovrebbe dunque "confrontarsi" con
le forze egemoni del movimento operaio (leggi sindacati e PCI), abbandonare le posizioni "nulliste e
inconcludenti", resti dell'ideologia della "contestazione globale", affrontare seriamente e analiticamente
il problema della scuola, quello delle riforme di struttura e soprattutto quello dei ceti medi, essendo esso
stesso loro espressione. Tutto questo discorso porta a più saldi rapporti col PCI (al livello di
rappresentarne la frangia di piazza) e a tutta una serie di analisi sulla situazione italiana e internazionale,
tra cui si distingue quella sul già citato ruolo dei ceti medi. (Movimento Studentesco come
espressione
di ceti medi che puntano a superare le loro contraddizioni col socialismo).
Il M.S. in declino Per il momento la dirigenza riesce a imporre la sua
linea; mentre la fine dell'anno scolastico '69-'70
vedeva i gruppi di sinistra pagare lo scotto della sfida lanciata alla "Statale" con l'isolamento e la
incapacità
di trovare nuovi sbocchi, il M.S. cittadino chiude la stagione in crescendo. Ma le grosse contraddizioni
maturate nel M.S. non possono tardare ad esplodere vistosamente: nell'autunno 1970 il M.S. prepara un
documento, sulla falsariga di quello precedente, destinato a far da base all'azione dell'anno a venire. A
questo punto, una parte del Movimento ingaggia una lunga lotta in sede di dibattito con la linea
Capanna-Toscano, che nella bozza del documento prospetta analisi e sbocchi operativi indubbiamente
sintomatici
di involuzione "di destra". Già il M.S.aveva perso alcuni istituti medi (Molinari, Einstein) che
si ponevano
su posizioni autonome rispetto alla dirigenza "centrale"; ora, la corrente di Saracino fa una strenua
opposizione interna, Avanguardia Operaia (2) comincia a tenere manifestazioni separate, parecchi istituti
medi danno segni di irrequietezza. La situazione si trascina così fino al 23 gennaio 1971 quando
il
Movimento Studentesco di Milano, ridotto alla difensiva nel suo feudo di via Festa del Perdono
(facoltà
"umanistiche"), si spacca verticalmente. Il pretesto per la scissione è una manifestazione
antirepressiva
che M.S. e Avanguardia Operaia intendono tenere con modalità e contenuti politici diversi. La
frazione
Saracino coglie l'occasione per lanciare pesanti accuse alla linea "di destra" di Toscano e soci, e scinde
le sue "responsabilità" da quelle della dirigenza: il leaderismo e il culto dell'affermazione
personale di
vertice giocava un brutto scherzo a coloro i quali ne avevano fatto una prassi politica a livello
cittadino. La linea Toscano-Capanna, ridottasi a mobilitare alcune decine di "katanga" (3) "contro
il fascismo" o
"contro la repressione", quasi abbandonata da PCI e sindacati, vede coalizzarsi contro di sé le
forze di
tutti i gruppi (salvo i fidi tirapiedi dell'Unione dei Comunisti) ed è ripetutamente battuta a livello
di
mobilitazioni. Non può allora che iniziare una campagna discriminatoria e banditesca contro i
membri
degli altri gruppi, passando spesso e volentieri a vie di fatto e riesumando in modo provocatorio la
carogna di Stalin. È della fine dello scorso anno accademico l'attacco a Lotta Comunista (cfr.
A 6); è di quest'autunno
l'attacco ad Avanguardia Operaia; è di sempre l'attacco agli anarchici. Ma la grottesca riedizione
dei
metodi staliniani (calunnia ed aggressione fisica) non fanno che accrescere l'isolamento politico del
Movimento Studentesco, arroccato nella "Statale", da cui esce raramente per interventi (che sono
più
sortite guerresche che non azioni politiche) a Città Studi (scienze, architettura, ingegneria...
quasi-feudi
a loro volta di organizzazioni m.l. concorrenti). Solo la spranga, ormai, può dare una
parvenza di vita al cadavere in decomposizione del movimento degli
studenti.
S. M.
(1) Un probabile riflesso, diretto od indiretto, di quel pamphlet è l'interesse (anomalo
perché
sostanzialmente estraneo alla tematica marxista) mostrato saltuariamente da Lotta Continua (i cui dirigenti
milanesi provengono in buona parte dai quadri del Movimento Studentesco della Cattolica) e, più
recentemente, dal Manifesto, per la questione lavoro manuale - lavoro intellettuale. (2) A. O.
è un'organizzazione marxista-leninista che controlla il Movimento Studentesco delle
Facoltà
scientifiche milanesi. (3) I "katanga" sono i pretoriani di Capanna, la mini-Ghepeù del
Movimento Studentesco, più coraggiosi
nell'aggredire i militanti della sinistra extra-parlamentare non stalinista che nel rintuzzare le provocazioni
fasciste.
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