Rivista Anarchica Online
Tutte a casa!
di Fausta Bizzozzero
Gli editori di fotoromanzi prosperano. Mondadori lancia una nuova collana appositamente
studiata per le donne dall'accattivante titolo Harmony che in realtà è una versione
aggiornata dei
"libri rosa" di non lontana memoria (e facciamole un po' sognare, queste donne frustrate, basta
poco: un pizzico di sentimentalismo, un pizzico di avventura, un pizzico di esotismo e il giuoco è
fatto). I libri di Liala, manco a dirlo, si vendono ancora come noccioline. In un paese in cui,
secondo i dati dell'ISTAT, ogni famiglia spende in media cinquemila lire al mese per l'acquisto di
libri (seguita solo dal Terzo Mondo), sarebbe interessante sapere quale fetta di questa cifra
irrisoria vada ai libri sopra indicati. Ma forse è meglio non indagare. Sull'altro fronte editoriale, quello
molto più ristretto ma per noi più interessante del femminismo,
si può notare in questi ultimi tempi una notevole vivacità: accanto alle riviste storiche che
sembrano "tenere", altre sono nate con discreto successo (Orsa Minore, Memoria, Grattacielo) e
Quotidiano Donna da settimanale è diventato finalmente quel che il titolo prometteva. Ma questa
vivacità editoriale sembra corrispondere poco o nulla alla realtà di un movimento che ha perso la
sua potenzialità sovversiva nella pratica di percorsi istituzionali per il raggiungimento di obiettivi
inscritti nella logica statale. E non è un caso che comincino ad evidenziarsi segnali preoccupanti:
le nuove generazioni sembrano disinteressarsi del femminismo come di qualsiasi altra cosa, ex-femministe d'assalto
riscoprono le gioie della maternità e in essa trovano la loro realizzazione
(evidentemente l'assioma donna-madre non ha luogo né tempo, riusciremo mai a liberarcene?),
ecc. ecc.. Non stupisce, quindi, che proprio in un momento come questo di crisi del femminismo
(soprattutto crisi di valori, di contenuti, di progetto) arrivi una delle sue fondatrici, Betty Frieman
(autrice del libro "La mistica della femminilità"), a portare scompiglio. Nel suo nuovo libro,
infatti, la Frieman sostiene che, guardandosi attorno, si è resa conto che le giovani sono scontente
e riluttanti a parlare apertamente di esigenze quali l'amore, la sicurezza, gli uomini, i bambini,
la famiglia, la casa, mentre le donne non più tanto frustrate anche quando sono riuscite a fare
carriera nel lavoro e non sanno come risolvere l'angoscioso dilemma: come conciliare lavoro e
figli? Perché questo malessere diffuso? Perché reagendo contro la mistica femminile che
definiva
la donna esclusivamente in funzione del suo rapporto con l'uomo, come moglie, madre,
procreatrice, siamo cadute in una mistica femminsta che negava quell'essenza della personalità
della donna che viene soddisfatta dall'amore, dall'allevare i figli e dal governare una casa. Da
qui l'esigenza di superare questa mistica femminista per passare al secondo stadio del
femminismo, non più contro ma con l'uomo, trascendendo la polarizzazione tra femminismo e
famiglia. Infatti la famiglia è il nutrimento della nostra umanità e della nostra
individualità.
Inoltre in questa seconda fase la donna dovrà scoprire un proprio stile sul lavoro e non
adeguarsi alle modalità maschili, dovrà avere rapporti più elastici e meno problematici con
l'uomo e con lui dividere i compiti relativi a casa e figli. Che dire di questo nuovo corso del femminismo?
Se la signora americana ha scoperto solo ora
(ma molte femministe italiane non l'hanno ancora scoperto) che un processo di liberazione
globale è impensabile senza un confronto/scontro continuo con gli uomini, questo può forse
significare che, in alcuni casi, l'età porta consiglio. Ma che dire della sua riscoperta della famiglia
come luogo privilegiato di realizzazione personale? La gentile signora forse non sa che le donne,
da che mondo è mondo, in famiglia ci sono sempre state? Che i figli li hanno sempre fatti e
allevati e che, malgrado ciò, le donne non si sono mai emancipate? Certo la Frieman ci dice
anche che, all'interno della nuova famiglia, i compiti dovrebbero essere equamente divisi tra
uomo e donna allo scopo, aggiungo io, di rendere più tollerabile la reclusione e più funzionale il
meccanismo. Verrebbe voglia di mettersi a urlare. Dopo tutte le analisi fatte sulla famiglia come cellula
fondamentale di trasmissione dei valori dominanti, come fornitrice di sudditi, come luogo di
riproduzione dei meccanismi di potere più generali, ecc. ecc., ecco che ci viene riproposta la
stessa famiglia, solo un po' riverniciata, quale panacea per tutti i nostri mali. Che soddisfazione!
Da quando le donne hanno cominciato ad uscirne (cioè da molto poco) e a cercare altre strade, si
sono potute rendere conto di quanto sia difficile e di quanto costi la ricerca della propria identità,
lo scrollarsi di dosso tutti quei modelli mentali su cui si è sempre basata l'accettazione dello
status quo. Molte si sono arrese, e sono rientrate nei ranghi, nell'accogliente calduccio del
focolare domestico, senza aspettare l'invito "femminista" della Frieman; ma altre, molte altre no.
E non rientreranno, anche se sanno quanto sia difficile riuscire a cambiare un modello culturale
che continua a dimostrarsi tenacissimo.
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