Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 11 nr. 96
novembre 1981


Rivista Anarchica Online

Cronache antimilitariste
a cura della Redazione

Assisi - Le pecore della pace

Si è svolta a fine settembre, sul tradizionale percorso Perugia-Assisi, la terza Marcia della Pace, che ha registrato quest'anno la partecipazione di un gran numero di marciatori, forse più di settantamila, massa quasi oceanica che non ha riscontro con la più contenuta adesione alle precedenti edizioni. Promossa dal Movimento Nonviolento e dalla Fondazione "Aldo Capitini", nel ricordo di quella che vent'anni fa lo scomparso teorico italiano della nonviolenza aveva organizzato sullo stesso tema e con identico percorso, l'iniziativa ha goduto del patrocinio tecnico-finanziario della Regione Umbria (governata dalle sinistre) e della mobilitazione assicuratale fin dall'inizio dal Partito Comunista, in modo particolare, ma anche dai sindacati e da altre forze politico-istituzionali. Notevoli, per numero e varietà, anche le associazioni, le comunità ed i gruppi a carattere religioso, culturale o ricreativo che hanno aderito alla marcia. "Ansiose di pace", larghe masse di italici "senza tessera" sono adesso sul piede di guerra contro le decisioni del colonizzatore yankee, che non ha tenuto in giusto conto il tradizionale e diffuso interesse dell'italiano medio sui problemi che minacciano le buone sorti del pianeta (interesse che viene subito dopo il calcio, lo stipendio, la famiglia, la casa, la schedina e l'Hi-Fi). A migliaia si sono così ritrovati, più o meno spontaneamente ("La Repubblica" scrive di "precettazioni" degli iscritti PCI), alla grandiosa parata dell'esercito della pace, con le sue immancabili bandiere, i generali che marciavano fieramente alla testa delle fedeli loro truppe (Lama e Mattina, Paietta e La Torre, Magri e Castellina, Pannella e Faccio, ecc.) e tutto il contorno coreografico di musica e colore che fa memorabile un appuntamento del genere.
La presenza di gruppi eterogenei è stata all'origine di inedite mescolanze di inni (si sono ascoltati anche quelli che vengono solitamente cantati in chiesa) e parole d'ordine, tutti unificati però - come verdure in uno stesso minestrone - dal cemento metaideologico dell'obiettivo comune proclamato a grande voce: la pace. Che poi ognuno avesse una sua idea particolare della stessa, poco importa; "pa-ce, pa-ce, pa-ce..." è stato anche il motivo ritmato su cui i marciatori hanno regolato il passo nella marcia a tappe forzate verso la Rocca di Assisi. All'iniziativa di massa per la pace contro la pace eterna di massa perseguita dai responsabili supremi del riarmo (che non fosse soltanto il cow-boy americano sembra essere stato "dimenticato" dalla maggioranza dei marciatori) erano presenti, in assoluta maggioranza, i fautori dell'esercito democratico e popolare, con buona pace di quel Victor Hugo che già aveva affermato: "I pretesti delle guerre sono molteplici, però la causa immediata ne è una sola: l'esistenza di un esercito". Si mettano dunque il cuore in pace coloro che ritenevano incompatibili le due cose: la marcia ha dimostrato il contrario. Vale a dire: le armi nucleari, e quella al neutrone in specie, minacciano la pace, il napalm e i carrarmati no! In modo particolare se sono usati da un esercito democratico.
Quando la manifestazione volgeva al termine, è arrivata la già più volte sollecitata adesione del Padreterno (mancava soltanto la Sua e quella degli irriducibili anarchici "contro la guerra, contro la pace, per la rivoluzione sociale"), seppure sotto forma di divina provocazione. La pioggia e il vento sferzante hanno impedito al filosofo Norberto Bobbio di concludere la lettura del suo messaggio di pace. La marcia era finita, andate in pace. Amen.

Maurizio Tonetto

Peschiera - Sora - Peschiera

Il 2 ottobre l'anarchico Sergio Cattaneo, che sta scontando la condanna ad un anno inflittagli dal tribunale militare di Padova il 28 agosto (Sergio è dentro dal 15 aprile), è stato trasferito dal carcere militare di Peschiera del Garda al nuovo stabilimento militare di pena ("a carattere sperimentale") di Sora, in provincia di Frosinone. A causa del suo atteggiamento ribelle e del suo rifiuto di ottemperare alle norme di quest'altro carcere militare, Sergio è stato ritrasferito a Peschiera appena una settimana dopo il suo forzato cambio di residenza. Pubblichiamo qui di seguito stralci da una sua lettera ad un compagno, in cui parla della sua breve ma movimentata esperienza a Sora.
Val la pena ricordare che il nuovo carcere militare di Sora sostituisce di fatto quello di Gaeta, chiuso d'autorità dal Ministero della Difesa anche in seguito alle numerose proteste e denunce dei detenuti (e, in un secondo tempo, anche di parlamentari, soprattutto radicali). Quando Gaeta venne chiuso, i radicali ed altri movimenti pacifisti gridarono vittoria: noi anarchici denunciammo invece che l'allestimento di un nuovo carcere, più "moderno", non spostava i termini del problema e dello scontro, e mai e poi mai avrebbe potuto esser considerato una "vittoria" per gli antimilitaristi. Questa lettera di Sergio fornisce ulteriori conferme della validità della nostra posizione.

Ciao...
Sono tornato a Peschiera oggi (9 ottobre) ed è questo l'unico momento nel quale sono nella possibilità di scrivere. L'ultima settimana l'ho passata a Sora in cella di isolamento, questa era una cella di 7,50x3. Ero controllato a vista e c'erano imperterrite due luci al neon accese anche la notte... l'unica cosa che mi era concessa era leggere, potevo tenere due libri...
... Ma veniamo a parlare di Sora: questo carcere è una caserma normale adattata a carcere. Non è che abbia delle misure di sicurezza eccessive: tutt'altro. I detenuti si comportano nientemeno come militari; la disciplina è ferrea, come è normale che sia in una caserma per bene: i detenuti scendono per il rancio in fila per due, guai a chi esce dalla fila. Nella mensa non puoi alzarti dalla tavola se non per vuotare il vassoio, tutti devono lavorare e tutto è segnato: i lavori, il programma della giornata e anche gli studi che fanno loro, i testimoni. Ma essendo stato in isolamento non è che abbia visto molto, i caporali non parlano con i detenuti, tantomeno con me che ero in isolamento, sono terrorizzati dai superiori (!!!).
Il carcere è basato sul principio dell'autodisciplina, io non mi sono dimostrato autodisciplinato: ho rifiutato la divisa, ho rifiutato di mangiare, ho rifiutato di farmi la puntura, ho rifiutato di farmi i capelli. La prima reazione degli ufficiali è stata quella di minacciarmi, di farmi fare le cose con la forza, di denunciarmi, io sono sempre rimasto calmo e deciso a non cedere, poi hanno cambiato atteggiamento, evidentemente sono a prendere ordini superiori. Non sapevano neanche loro cosa fare, non si aspettavano che qualcuno dicesse NO ai loro ordini. Si sono messi a parlare, hanno cercato il motivo, mi raccontavano le solite balle: che quella era tutta una famiglia e bisogna darsi delle regole, io sebbene sapevo di parlare a vuoto non ho risparmiato parole. Il giorno dopo mi ha chiamato il comandante, un maggiore dei "parà" e mi ha detto che se sospendevo lo sciopero della fame faceva il possibile per accelerare il trasferimento a Peschiera. (...) Quello che interessava a loro era di non fare sorgere casini e liquidare la mia storia al più presto possibile nel maggior silenzio possibile.
Il lunedì non avendo avuta risposta ho ripreso a non mangiare per 48 ore fin quando mercoledì mi hanno annunciato il trasferimento per sabato (10.10 n.d.r.). Questa mattina mi hanno svegliato e portato qui. In isolamento non mi era permesso di tenere la corrispondenza, invano ho chiesto carta e penna, l'ora d'aria l'ho ottenuta solo mercoledì, al sesto giorno, ho però dovuto indossare una tuta blu per uscire. (...)
Saluta tutti con un abbraccio libertario.

Sergio Cattaneo

Senzapatria / e vennero 10 CC

Giovedì 8 ottobre una decina di carabinieri ha perquisito la tipografia anarchica Utopia di Creazzo (Vicenza), sulla base di un mandato che motivava l'operazione con la necessità di sequestrare copie del bimestrale antimilitarista Senzapatria alla ricerca di testi e vignette nelle quali siano ravvisabili gli estremi del reato di "vilipendio delle forze armate". Dopo tre ore e mezza di solerte lavoro, i CC se ne sono andati portandosi via copie di vari numeri di Senzapatria e, già che c'erano, anche di Volontà. Noie in vista (forse) per la nostra redattrice responsabile, dal momento che Senzapatria esce come supplemento di "A".

Peschiera / il caso Maggetto

Una cinquantina di anarchici, provenienti da diverse località del Nord Italia, hanno preso parte senza aderirvi, alla manifestazione che si è tenuta domenica 11 ottobre a Peschiera del Garda, davanti al carcere militare. Promotori dell'iniziativa, cui hanno partecipato complessivamente un migliaio di persone, erano la lega obiettori di coscienza (L.O.C.) e altri gruppi nonviolenti e pacifisti, che intendevano così protestare per le migliaia di domande di servizio civile bloccate pretestuosamente dal ministero della difesa. Tra gli oratori "ufficiali" il radicale Boato, il pduppino Milani, il segretario della Lega per il disarmo unilaterale Davide Melodia. Nel corso della manifestazione ha preso la parola anche un nostro compagno, che ha messo in luce le caratteristiche dell'antimilitarismo anarchico, facendo riferimento anche alla vicenda giudiziaria di Sergio Cattaneo.
Il momento culminante della manifestazione è stato l'arresto (preannunciato e ampiamente pubblicizzato in anticipo) di Roberto Maggetto, un giovane senzafamiglia, che appunto si è consegnato alle autorità del carcere militare per scontare il suo rifiuto del servizio militare. Avvolto in un bianco lenzuolo e circondato da due maschere piangenti, Maggetto si è consegnato alle autorità militari tra l'applauso di molti degli intervenuti. È stato a questo punto che dallo spezzone anarchico è partito lo slogan "Né dio, né stato, né servi, né padroni, fuori i ribelli dalle prigioni!", subito ripreso anche da altri, in esplicita polemica con gli organizzatori della manifestazione, che appunto l'avevano impostata tutta in chiave democratica e, sostanzialmente, tutta interna al sistema.
Le motivazioni con cui Maggetto ha spiegato il suo gesto non ci hanno convinto molto, tutte tese come erano a "giustificarlo" senza un minimo di fierezza né di orgoglio. Resta comunque il nostro apprezzamento per la sua coerente scelta di disobbedienza, che sta pagando di persona.

Comiso / invece del corteo

Un migliaio di persone, provenienti perlopiù dalla Sicilia, hanno partecipato al Convegno nazionale contro la guerra, la militarizzazione ed il saccheggio dell'ambiente che si è tenuto a Comiso domenica 11 ottobre. Nel corso della stessa giornata si è tenuta, sempre a Comiso, una marcia della pace gestita principalmente dal P.C.I., che originariamente era stata fissata per la domenica precedente, ma successivamente - denunciano i compagni promotori del Convegno - è stata spostata all'11 proprio per contrapporsi al Convegno ed al suo significato anti-istituzionale.
Al Convegno erano presenti militanti di diverse formazioni di estrema sinistra (Lotta continua per il comunismo, bordighisti, Democrazia Proletaria, autonomi, ecc.), femministe, antimilitaristi, oltre ad una componente libertaria di compagni siciliani (delle province di Ragusa, Palermo, Catania) e di località (Cagliari, Caserta, Alessandria, Torino). Impossibilitati a partecipare, avevano inviato la loro adesione la redazione di Senzapatria, il circolo Ferrer di Genova ed il gruppo Azione Diretta di Livorno. "Per la volontà prevaricatrice di alcune componenti (autonomi, L.C.p.C.) - ci hanno detto i compagni di Sicilia libertaria - il dibattito si è allontanato dal tema, spostandosi su analisi di carattere generale. Il Convegno non ha registrato precise indicazioni di lotta, se si eccettuano le proposte per un'assemblea nazionale e due manifestazioni nazionali (di cui una, forse, il 15 dicembre). Un dato positivo resta comunque il numero e la ricchezza degli interventi".
Da sottolineare il fatto che Comiso, quel giorno, sembrava una città assediata, piena com'era di carabinieri che tra l'altro sono passati porta a porta, invitando tutti a ritirare in casa le loro cose (i banchetti degli ambulanti, le stie per le galline, ecc.) in vista di chissà quali incidenti provocati dai sovversivi.