Rivista Anarchica Online
Carrara - Anarchici nella riserva?
di Rosaria Bertolucci / Ottorino Tinelli
Da tempo si parla di Carrara come si parla di certe zone del Sud e peggio. Chi viene nella
città -
giornalista e no - sembra subire il fascino della Carrara capitale dell'anarchismo ma questo non
impedisce che, più o meno in buona fede, il forestiero riesca a descrivere la città e la sua gente
anarchica come una sorte di riserva indiana, proprio come ha fatto or non è molto Sandro
Zanotto, professore padovano (1). Dopo gli ultimi recenti articoli sulla città e sugli
anarchici, che precedono quello di Marcello
Ajò apparso su Critica Sociale (dicembre 1981), viene da chiedersi se questa immagine
di riserva
indiana sia involontariamente suggerita dagli stessi compagni del movimento anarchico,
movimento che oggi si disperde in tanti ruscelli e non riesce a diventare fiume per esercitare
quella funzione politica che gli compete o se piuttosto l'immagine sia suggerita da memorie
legate a quella agiografica da testi scolastici da strapazzo che dipinge gli anarchici a fosche
tinte, una consorteria di spostati, ubriaconi senza-dio, la sciarpa nera annodata a due fiocchi,
rifiuto della società, sognatori o terroristi. Il fatto è che gli anarchici dovrebbero, essi per primi,
avere un'immagine vera di se stessi. Per quanto concerne la storia, chi scrive, giornalista o storico,
pare dimenticare che il
socialismo prima del riformismo e del marxismo ha una matrice unica. Una
dimenticanza voluta
come di quelli che, alloggiando ai Parioli, disconoscono d'essere nati a Trastevere. Una
sorta di
senso di colpa affligge socialisti, comunisti e ignavi a confronto di una città nella quale
l'anarchismo ha espresso e manifestato (ma solo a Carrara gli anarchici hanno fatto politica, o
anche questo è un luogo comune?) le sue istanze. C'è una ragione perché la storia anche
cronologicamente sia distorta dalla realtà. Il senso di colpa di cui abbiamo detto è sorretto da
una certa acredine: infatti è fuor di dubbio che a Carrara è viva malgrado tutto una coscienza,
è
presente uno spirito che pungola chi crede di trovare sollievo asserragliandosi nell'illusione
effimera e inconcludente data dalle tessere di partito e dai voti elettorali. Si dimentica così
che la tradizione libertaria ha a Carrara origini antiche; che è Ciro Menotti,
parente del patriota, a fondare, appena tornato dall'esilio parigino, nella città una loggia
massonica bassa, Il Progresso Sociale, che raccoglie nelle sue file operai e studenti (2); si
dimentica pure che a meno di un anno di distanza dalla costituzione della prima sezione
dell'Internazionale si contano in Lunigiana qualche migliaio di iscritti raccolti nelle sezioni di
Carrara, Castelpoggio, Colonnata e Parmignola, nelle innumerevoli logge massoniche basse e
nelle società affiliate: sono operai e contadini che l'aspirazione ad un miglioramento economico,
non disgiunta dalla rabbia per l'indifferenza della società borghese ai loro problemi, spinge ad
accogliere il socialismo (3). Si dimenticano gli scioperi del '72, del '74, del '77. Si dimentica il
'94, gli arresti in massa e le condanne e si dimentica che dieci anni prima sono già una ventina
le sezioni anarchiche della città: tante sono presenti con le loro bandiere ai funerali del
socialista Antonio Tonarelli, ucciso da un repubblicano (4). Si dimentica così
che gli anarchici danno a suo tempo al movimento uno sbocco sindacale per
concorrere "a costituire quella forza che sola potrà riuscire a trasformare le basi economiche
della società"; si dimentica che il primo contratto di lavoro, primo in senso assoluto nella
regione, è una vittoria del blocco anarchico-repubblicano; si dimentica l'opera dell'anarchico
Alberto Meschi (lontana da noi l'intenzione di fare di Meschi un mito), volta ad organizzare la
CdL, processo legato alla lotta operaia e che porterà la massima organizzazione di classe a
cinquemilaquattrocentosessantatre aderenti nel gennaio del 1912. E all'azione di Meschi appena
si accenna nell'opuscolo edito a cura della CdL nel 75° anniversario della fondazione. Marcello
Ajò, nel più recente degli articoli dedicati alla città, liquida con una rapida carrellata
la tradizione libertaria per arrivare alla formazione del P.S.I., senza neppure tener conto che in
realtà il partito socialista localmente si costituisce in Val di Magra dall'incontro fra intellettuali
e base popolare con tutti i limiti dell'ambiente (5). Per quanto riguarda la resistenza Ajò
ammette che il movimento anarchico ha dato un contributo alla lotta di liberazione: "a Carrara
si costituisce una formazione partigiana" sebbene siano stati socialisti e comunisti ad annientare
i nazifascisti (!). In realtà più d'una sono state le formazioni anarchiche operanti
e molti compagni hanno militato
in altre formazioni secondo le zone e le circostanze in cui si sono trovati ad agire. E gli
anarchici hanno partecipato al comitato di Liberazione Nazionale: questo va detto una volta per
tutte. Se non sono stati presenti nel CLN-Alta Italia, la defezione è dovuta
soltanto al fatto che
alcuni compagni non hanno ritenuta opportuna la partecipazione in vista della spartizione del
potere dalla quale, del resto, sarebbero stati comunque estromessi. Non ci piace che un Riccardo
Mariani (6) scriva testualmente "sugli anarchici si raccontano
storie incredibili, di sparatorie in via Roma, per esempio, quando Carrara era ancora come una
città del West e gli anarchici non erano ancora diventati indiani da riserva" né ci piace che un
Marcello Ajò, nell'articolo citato, scriva "il partito socialista ha dovuto svolgere non soltanto
un'azione di propaganda politica ma un'azione di educazione civile e morale (!) della massa
suggestionata dai miti catastrofici dell'anarchia". L'anarchia non è folklore, non è
disordine, non è modus vivendi, non è terrorismo e non è
neppure utopia. Gli anarchici per primi dovrebbero saperlo. Solo coscienti di questa certezza
potranno lottare apertamente contro ogni forma di repressione violenta, contro la repressione
psico-ideologica della società di massa in cui l'uomo è alienato non soltanto di fronte al proprio
lavoro e al capitale ma di fronte a se stesso restando privo della propria capacità di scegliere
liberamente gli oggetti del proprio interesse evidenziando i vincoli opprimenti l'individuo. Quando
gli anarchici saranno consapevoli di questo potranno riavere il posto che loro compete
nella storia della città e del Paese ed allora nessuno, giornalista e no, potrà scrivere per tacitare
la propria coscienza che gli anarchici di Carrara, gli uomini di marmo, sono una sorta di "tribù
di pellirosse, i Comanche, che stanno in una riserva".
(1) Sandro Zanotto, La Venere del Buttini. Diario anarchico '66-'67,, Lugano 1979. (2) A.S.M.
Gabinetto di Prefettura, 1866. (3) A.S.M. Tribunale civile e correzionale, 1877,
n.832. Procedimento contro internazionalisti. (4) A.S.M. Tribunale civile e correzionale
di Massa. Istruttoria contro internazionalisti.
Rapporto del Prefetto al Procuratore del Regno, 13 giugno 1884. (5) cfr. Manfredo
Giuliani, I partiti politici in Val di Magra in Lunigiana, nn. I e II, 1911. (6) Riccardo
Mariani, Carrara in Abitare, luglio-agosto 1980.
Nel lodevole proposito di mettere in luce quanto di aprioristico, banale e negativo vi è in tanti
approcci - giornalistici o accademici - all'argomento "Carrara anarchica", la Bertolucci
(autrice del pregevole studio sul 1894 a Carrara e in Lunigiana, da noi recensito) e Tonelli (che
ha in corso di preparazione una storia dell'anarchismo a Carrara) non ci convincono in alcuni
punti. Laddove se la prendono con gli anarchici stessi (che, per primi, dovrebbero avere
un'immagine vera di se stessi), ci pare sopravvalutino oltremisura l'atteggiamento pseudo-naïv
che qualche anarchico del posto certo avrà: è necessario invece segnalare che il movimento
anarchico a Carrara, pur fortemente ridotto rispetto ai periodi di massima espansione, è rimasto
sempre estraneo e antitetico a certi atteggiamenti tutto sommato masochisti. Altrove vanno
cercati i suoi limiti e i suoi problemi. Nemmeno la loro critica dell'articolo di Riccardo Mariani
pubblicato (nel contesto di un
bellissimo servizio fotografico) su un numero di due anni fa della rivista Abitare, ci trova
concordi: tant'è vero che a suo tempo segnalammo quest'articolo come un esempio di approccio
all'argomento senza pregiudizi ("A" 85). Certo, la frase riportata dalla Bertolucci e da Tunelli
non è delle più felici, ma l'insieme dell'articolo - ed è questo che conta di più -
denotava a nostro
avviso una sensibilità libertaria, indispensabile per comprendere quel fenomeno decisamente
originale che è stato (e in parte ancora è) la radicata presenza dell'anarchismo a Carrara. Un
argomento, questo, che abbiamo sinteticamente affrontato solo undici anni fa ("A" 3), sul quale
intendiamo ritornare in un prossimo futuro con un servizio. Che, infine, l'anarchia non sia folklore,
né disordine, né terrorismo, non ci piove. Negare però al
contempo - come fanno la Bertolucci e Tonelli - che sia anche un modus vivendi significa non
cogliere quella diversità esistenziale che è uno dei tratti distintivi dell'essere anarchici.
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