Grazie. Per tradizione l’anno economico di “A” si chiude
al 30 novembre. A fine mese, dunque, potremo tirare le somme
di questi ultimi 12 mesi (e 9 numeri di “A”). Fin d’ora, comunque,
possiamo esprimere la nostra soddisfazione. Il 1997, infatti,
si era chiuso con un deficit di 62 milioni: una voragine per
una pubblicazione che ne costa - tutto compreso - circa 80 all’anno.
Su “A” 242 (febbraio) avevamo lanciato un (ennesimo) appello
straordinario. A questo punto - scrivevamo - o le
sorti di “A” tornano ad essere - come sempre finora è avvenuto
nei momenti di emergenza - un affare di famiglia (di tutta la
variegata e vasta famiglia che si riconosce nella nostra rivista),
oppure si chiude.
Già quattro mesi dopo (“A” 246) potevamo tirare un primo sospiro
di sollievo e segnalare che il deficit si era quasi dimezzato.
Ora, grazie alle più recenti sottoscrizioni (cfr. il consueto
elenco a pag. 42), il deficit si è ulteriormente ridotto, anche
se il pareggio è ancora... un miraggio. A fine novembre, comunque,
chiuderemo i conti e prepareremo il bilancio dettagliato, che
come di consueto verrà inviato ai diffusori ed alle persone
che in vario modo fiancheggiano e sostengono la rivista. Ne
riparleremo in dettaglio su “A” 251 (febbraio ‘99).
Lo spettro della chiusura è stato allontanato e - anzi - se
i compagni, i gruppi, gli amici continueranno a sostenerci con
la concretezza degli ultimi tempi potremo finalmente dar corso
a quei progetti di miglioramento che da lungo tempo giacciono,
inutilizzati, in fondo ad un cassetto. Appena ci accorgiamo
che le casse di “A” sono meno vuote del solito e che un po’
di quattrini sembrano ballare, come un riflesso condizionato
scatta l’aumento della foliazione. E’ successo anche la scorsa
estate, quando sull’onda positiva della sottoscrizione abbiamo
realizzato un numero (il penultimo, n. 247) a 68 pagine (24
in più del solito): il primo così “pesante” nella storia di
“A”. Anche per il prossimo numero (n. 250), che coprirà - come
di consueto - dicembre e gennaio, prevediamo un aumento delle
pagine.
In questo modo sentiamo di dire il nostro grazie a tutte/i quanti
ci sostengono, dando un’immediata traduzione concreta al loro/nostro
sforzo di andare al di là della mera sopravvivenza. E di articoli,
interventi, materiali da pubblicare non abbiamo assolutamente
carenza, anzi.
E-mail. Ricordiamo che dalla scorsa estate la rivista
può essere consultata anche sul- la Rete. L’indirizzo del nostro
sito è http://www.sasa.ch/a-rivista. Per problemi e chiarimenti
tecnici sul nostro sito potete contattare direttamente il nostro
webmaster Alex Steiner (alexs@inrete.it).
Per contattare la redazione, potete servirvi del nostro indirizzo
di posta elettronica: arivista@tin.it.
Anticlericalismo. Il dossier di questo numero è dedicato
all’anticlericalismo, più precisamente alla pubblicazione di
alcune delle relazioni presentate al Convegno nazionale contro
le manifestazioni giubilari, tenutosi nel salone della Rocca
Malatestiana a Fano il 20-21 giugno scorsi. Fa eccezione il
pezzo introduttivo di Carlo Oliva, non presentato a Fano. Precisiamo
che un altro intervento letto a Fano - quello del ragusano Pippo
Gurrieri - è stato pubblicato sul n. 167 (luglio-agosto ‘98)
di Sicilia Libertaria. L’intervento di Donato Romito
sulla/contro la scuola privata sarà pubblicato prossimamente
su “A”. Un grazie a Walter Siri, che ha fatto un po’ da stimolatore
e coordinatore di questo dossier. Ed un pensiero a Marina Padovese,
che durante il citato convegno di Fano, dall’ospedale vicentino
in cui era ricoverata, si mise in contatto telefonico con i
partecipanti al convegno, dando vita ad un momento di intensa
commozione - che qui, ora, ci piace ricordare.
E’, quello anticlericale, un tradizionale cavallo di battaglia
degli anarchici. Non solo nostro, almeno una volta, quando tanta
parte del movimento socialista, i repubblicani, una parte dei
liberali, dei liberi pensatori, ecc. si ritrovavano uniti nel
denunciare le prevaricazioni del clericalismo, della Chiesa
e dei suoi sostenitori - in un ventaglio assai ampio di posizioni
e di sensibilità, che però non impediva che insieme si contro-celebrassero
- per esempio - date fauste (come il 20 settembre, anniversario
della Breccia di Porta Pia e della conseguente fine del potere
vaticano sull’Italia centrale) e infauste (come l’11 febbraio,
anniversario del Concordato del 1929 tra Mussolini e Pio XII).
Nella melassa “buonista” di fine millennio, quasi tutti hanno
“archiviato” l’anticlericalismo, permettendo così che le prevaricazioni
clericali - mai interrotte - trovino nuova linfa dall’assenza
di una qualsiasi opposizione significativa sul terreno sociale.
E’ il trionfo dell’onda lunga della politica togliattiana di
accordo tra i Poteri e di sudditanza alle pretese d’oltreTevere.
Noi non ci stiamo. E più volte in questi anni (anche se mai
abbastanza) abbiamo continuato a levare la nostra voce contro
il clericalismo. Lo facciamo ancora una volta e, visti i chiari
di luna che ci aspettano con l’avvicinarsi del Giubileo, continueremo
a farlo.
Con una precisazione. Il nostro anticlericalismo ha ben poco
a che vedere con quello di fine ‘800 inizio ‘900, che è stato
anche patrimonio di una parte degli anarchici, nel quale la
puntuale critica delle malefatte clericali si accompagnava al
disprezzo della religione, all’uso provocatorio della blasfemia,
alla “criminalizzazione” di qualsiasi luogo di culto o tonaca,
ecc.. Non abbiamo “religioni laiche” da difendere né tantomeno
imporre. Non ci interessa “smontare” le concezioni religiose,
dimostrare l’inesistenza di dio o la storicità di Gesù. Abbiamo
- ciascuno di noi ha - le nostre opinioni in merito, ma attengono
appunto all’ambito individuale. In quanto anarchici siamo interessati
alla difesa della libertà: di quella di ciascun individuo di
credere in ciò che vuole e - al contempo - di quella della collettività
a non doversi far carico delle concezioni (e relativi costi
sociali) di chiunque, a qualunque filosofia o religione si ispiri.
Esattamente l’opposto di quel che predica e soprattutto pratica
il clericalismo. Appunto.
Dibattito. L’intervento di Pietro Adamo sul pensiero
di Luce Fabbri, che avrebbe dovuto uscire sullo scorso numero,
per ragioni di spazio è slittato al prossimo.
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