rivista anarchica
anno 28 n.250
dicembre 1998 / gennaio 1999


La nera bandiera
di Capitan Nemo
di Aurélien Douguet

 

Lo scrittore Jules Verne era anarchico?
Se lo chiede in questo saggio un critico letterario francese

 

La scrittura è un gioco di maschere.
Lo scrittore vi si dissimula, vi si mostra e le ombre che vi si mescolano si divertono a eludere specchi opachi. L'opera di Jules Verne è un chiaro esempio di questo movimento di veli, che egli spinge agli estremi limiti dell'oggettivo e del soggettivo. Molto più che in altri autori, nella prosa di Verne c'è un continuo e reciproco interferire di discorso e allusione, in cui si sovrappongono messaggi in chiaro e altri in codice. E' una miniera di segreti occulti, d'intenzioni appena accennate, di messaggi dissimulati. Qui c'è, infatti, un poeta all'opera - la forma non importa - e, per un poeta, la via autentica è quella che sta nella magia delle parole. E la via autentica di questo borghese benpensante, di questo scrittore di libri per ragazzi, è dove si colloca, dove attraversa, dove va il suo pensiero, per quel poco che si tentino di decrittare i messaggi straordinari che egli invia nei suoi viaggi segreti.
Dopo gli studi di diritto, integrati dalla composizione di poemi e di opere teatrali e dalla stesura di racconti di viaggio, Jules Verne fa un incontro decisivo, quello con l'editore Jules Hetzel. Da quel momento resterà letteralmente incatenato alla propria opera, per più di quarant'anni. Questo aspetto del suo lavoro di scrittore determinerà una sorta d'incrostazione, nella forma dei suoi racconti, di un fondo più o meno segreto che, come una filigrana, ne segnerà tutta l'opera.
Abbiamo, così, un autore che è tenuto a sfornare ogni anno due volumi, tre certe volte, di storie di viaggio e d'avventura, ma anche di divulgazione scientifica, geografica e storica, con tutto il lavoro di ricerca e di documentazione che questo implica. Nelle sue storie saranno trattate praticamente tutte le discipline, dalla geologia alla meccanica, fino al campo delle scienze congetturali, perché anche questo rientra nelle intenzioni dello scrittore. E, se pensiamo che il pubblico cui queste pagine sono rivolte è prevalentemente composto da giovani, non è difficile immaginarsi quali limiti questo fatto ponga alla scrittura.
Allora ci si rende conto che questo scrittore sotto contratto, per ogni altro aspetto un normalissimo cittadino che non si discosta affatto dal proprio ambiente, offre sì un'opera solida, ricca, generosa, ma all'interno di questa impresa, di questo genere codificato per definizione, egli dissimula tutta la propria vita occulta, i propri interessi inconfessati. Tutte le letture che si fanno oggi dell'opera di Verne ci fanno intravedere inquietudini metafisiche, ricerche a livello iniziatico, tentativi di soluzione di problemi interiori, in un contesto di sorprendenti giochi linguistici, e anche alcuni interessi filosofici e politici non esplicitati o, per lo meno, dissimulati.
Praticamente tutti i critici, e sono tanti, hanno rilevato l'interesse che Verne nutriva per l'anarchia, fin dagli esordi come scrittore. Ma prima di esaminare più da vicino questa attrazione profonda e segreta, cosa che faremo più avanti, cerchiamo di delineare l'ambiente di sentimenti e di elementi obiettivi che sta intorno allo scrittore, per collocarlo sotto una luce politica concreta.

Autorità di competenza

Jules Verne crebbe e scrisse in un mondo in cui si sviluppavano idee nuove, in un'epoca di numerosi rivolgimenti politici, quella in cui la Francia conobbe la Restaurazione, il regno di Carlo X, quello di Luigi Filippo, il 1848, la guerra, la Comune, la reazione e infine la Terza Repubblica. E' anche l'epoca in cui irrompono idee sociali generose: il socialismo utopico (Fourier, Enfantin, Saint-Simon), il socialismo scientifico, il marxismo, l'anarchismo. Vedremo come tutto questo non abbia lasciato indifferente Jules Verne, ma non abbia nemmeno frenato questo rivolo che sgorga segretamente in lui fin dalle prime opere, questo «anarchismo», come andrebbe più appropriatamente scritto, come faceva Armand. Nello stesso tempo, invece, si presentava nella sua opera un'altra costante: le lotte delle minoranze etniche per il riconoscimento della propria indipendenza.
L'autore dei Viaggi straordinari costruisce spesso i propri racconti intorno a gruppi di persone che formano una comunità e non intorno a un eroe più o meno solitario. _ il terzetto di Dalla Terra alla Luna e di Intorno alla Luna, o il gruppo così caratteristico della Jangada o, ancora, i locatari della Casa a vapore e i naufraghi dell'Isola misteriosa. Questi gruppi umani, in cui ognuno è spesso complementare agli altri, conserva una certa armonia e, quando all'interno esiste una certa gerarchia, l'autorità che vi regna è assai vicina all'autorità di competenza, come la definisce Bakunin.
Per esempio, osserviamo questo complesso di due comunità che coesistono sul Nautilus. Una è costituita dall'equipaggio del sottomarino e dal suo comandante, il capitano Nemo. L'altra è formata dal terzetto di naufraghi raccolti e tenuti per un po' prigionieri a bordo: Aronnax, Conseil e Ned Land. Due comunità che, per forza di cose, formano un unico gruppo che coniuga in sé diversi parametri: Nemo comanda sì, ma sopra un gruppo di volontari che combattono per la stessa causa e che hanno scelto liberamente di vivere in un contesto particolare. L'altro gruppo che, invece, non ha fatto una scelta del genere, tenendo conto della personalità di Ned Land, è un po' diverso, ma Conseil, per esempio, non è un semplice domestico, perché, oltre ai compiti abituali svolge quello di catalogo vivente della flora e della fauna marina. E il professor Arennax finisce per provare una certa ammirazione per Nemo.
C'è poi un'eccezione a questo insieme di collettivi, evidentemente ispirati al socialismo utopico, che consente a Verne di esercitare la propria inclinazione per la satira su di un obiettivo significativo. Quest'eccezione è la società di Milliard City, nell'Isola a elica. Milliard City è un'isola artificiale, costruita per e con i soldi dei miliardari, che, in questo modo, vivono tra loro, solcando gli oceani a loro piacimento e assicurandosi una primavera perpetua seguendo il sole. Al centro dell'isola si trova una villa circondata da boschi e da spiagge. La villa è suddivisa un due quartieri separati da un ampio viale e dotati ognuno di un motore. L'isola è sotto il comando di un governatore che ha grosse difficoltà a mantenere l'ordine, visto che a babordo stanno i protestanti e a tribordo i cattolici. E quando il governatore viene ucciso dai selvaggi, niente funziona più: ogni comunità sceglie una direzione diversa e, avviati i motori, l'isola si mette a girare in tondo. Qui Verne fa mostra di divertirsi offrendo questa visione sarcastica del potere del denaro e dei diversi orientamenti religiosi.
Ma lasciamo, dopo questi sommari rimandi, i Viaggi straordinari, per incontrare alcune personalità singolari che hanno incrociato Jules Verne nel corso della sua vita affettiva e intellettuale.
Nel 1886 apparve, sotto una doppia firma, Il relitto della Cynthia. L'altro autore di questo romanzo era un certo André Laurie. Il fatto è già di per sé sorprendente. Verne ha sempre firmato da solo i suoi Viaggi straordinari e aveva già lavorato con André Laurie, di cui aveva utilizzato due romanzi riadattandoli e firmandoli col proprio nome: I 500 milioni della Begum, nel 1879, e La Stella del Sud nel 1884. Si tratta, da parte di Hetzel e di Verne, di un atto di solidarietà. André Laurie è un proscritto. Nella corrispondenza tra Hetzel e Verne, questo personaggio viene indicato col soprannome di "L'Abbé". Col suo nome autentico, Paschal Grousset, era stato testimone, il 1° gennaio 1870, dell'uccisione di Victor Noir per mano del principe Pierre Bonaparte, quando egli stesso, Victor Noir e Ulric de Monvieille si erano presentati a casa del principe, che Grousset aveva sfidato a duello in seguito alla pubblicazione di articoli antibonapartisti su "La Revanche" e su "La Marseillaise", suscitando la reazione violenta del principe. In seguito a questa drammatica vicenda, fu condannato non il principe, ma Grousset e anche a Rochefort furono inflitti sei mesi di carcere per offesa alla dinastia. I due saranno liberati dalla Comune. Grousset era un giornalista-polemista e uno scrittore prolifico ricordato soprattutto come autore di un'utopia socialista: Le Réve d'un Inconciliable.
Fervente sostenitore della Comune, venne eletto al Comitato centrale e occupò il posto di delegato agli Affari Interni. Il 2 settembre 1871, alla caduta della Comune, fu condannato all'ergastolo. Ma il 19 marzo 1874 riuscì a evadere da Nouméa, in Nuova Caledonia, e si rifugiò in Inghilterra. Lì scrisse, con diversi pseudonimi, articoli di vario argomento, prefazioni e traduzioni. Compose anche numerosi romanzi, vicini, per ispirazione, a quelli di Verne, ma senza il rigore scientifico di quest'ultimo. Paschal Grousset beneficiò di un aiuto importante da parte dei due Jules, Verne e Hetzel, che non lesinavano la solidarietà a quest'esule. Anche a loro rischio e pericolo.
Verne era legatissimo a Félix Tournachon, detto Nadar, il fotografo, che era il segretario di Ferdinand de Lessep e che era per questo vicino alla seconda generazione dei saintsimoniani. Nadar compare come personaggio, col nome anagrammato di Michel Ardan, in due romanzi: Dalla Terra alla Luna e Intorno alla Luna.
Per la documentazione geografica, Verne attingeva soprattutto da Le Tour du Monde di Edouard Charton, ma fequentava e ammirava Elisée Reclus, che cita a più riprese, soprattutto nel Castello dei Carpazi. In un'intervista al giornalista americano R.H. Sherard, confidò di possedere l'opera completa di Reclus. E Marie Marc, la nipote di Reclus, ricordava con fervore uno dei personaggi di Verne, Mrs Branican, una delle rare eroine della letteratura di viaggio e d'avventura dell'epoca.
Secondo Edmundo Marcussi, Reclus avrebbe presentato Kropotkin a Jules Verne e il principe, geografo e anarchico avrebbe fornito allo scrittore la documentazione geografica e politica sulla Siberia, che serviva per la stesura di Michele Strogoff. (...)

Spirito di rivolta

Tolstoi era un ammiratore di Verne e, verso il 1875, leggeva ai suoi figli qualche pagina del Giro del mondo in ottanta giorni in un'edizione non illustrata. S'impegnò allora a illustrare egli stesso l'opera: oggi rimangono sedici illustrazioni di sua mano ed egli fu, d'altra parte, uno dei fautori della popolarità di Verne in Russia. Per lo scienziato Mendeleev, Verne era un "genio scientifico". Gli scienziati russi impegnati da tempo nel problema della valorizzazione delle terre polari, ammiravano soprattutto Le avventure del Capitano Hatteras. Ma Verne in Russia aveva ben altri ammiratori e si dovranno ricordare altre testimonianze. All'indomani della Rivoluzione, la popolarità era al culmine, ma Maksim Gor'kij si oppose fermamente alle modifiche che si cercavano di apportare alle nuove edizioni dei Viaggi straordinari: si dovette aspettare il 1933 e una risoluzione del Comitato Centrale del partito bolscevico, perché queste edizioni vedessero la luce.
Quegli incontri, quelle amicizie che legarono per tutta la vita lo scrittore ad alcune personalità libertarie, dimostrano l'attrazione che esercitava su di lui il profilo intellettuale e morale di questi ribelli. Il suo individualismo viscerale e segreto trovava qui la sostanza e i modelli dei caratteri per la costruzione dei protagonisti dei suoi libri e una sorta di giustificazione al rifiuto non dichiarato di una qualunque adesione.
Il capitano Nemo è uno dei personaggi più forti e caratterizzati di Verne e del suo segreto spirito di rivolta. Oltre a rappresentare per noi, oggi, una superba immagine dello spirito ecologico, la determinazione e la freddezza della sua vendetta non gli impediscono comunque di venire segretamente in aiuto dei naufragi dell'Isola misteriosa: è simbolicamente la migliore illustrazione del sotterraneo spirito anarchico di Verne. Sotterraneo o forse meglio sarebbe dire sottomarino (che viene dal mare ma anche dalla madre. In Ventimila leghe sotto i mari non siamo forse immersi nel liquido amniotico?). E questa scaturigine profonda spiegherebbe come mai questo anarchismo sia restato solamente simbolico, in qualche modo, senza razionalizzarsi, pur avendo alimentato il suo immaginario per tutta la vita.
E' questo un fatto significativo, se si pensa che il secondo vessilo nero dei romanzi di Verne è brandito da un personaggio che, invece, vive nell'aria. Robur, pur non essendo affatto della stessa caratura di Nemo, resta comunque una bella figura di ribelle che, come il suo omologo subacqueo, non manca di nobiltà. Mentre i suoi avversari, che pure sono degli scienziati, tentano di distruggere il suo apparecchio, anche a costo di sacrificare delle vite umane, lui non cerca altro che dimostrare la superiorità e l'efficacia del "più pesante dell'aria". Il che consente a Verne di rappresentare la violenza istituzionalizzata. Robur, nei due romanzi che Verne gli ha dedicato, Robur il conquistatore e Il padrone del mondo, offre un'altra immagine, icariana stavolta, di un'anarchia ontologica, la volontà di vivere, secondo l'espressione popolare, «libero come l'aria».
Gli elementi rispettivi di questi due vessilli neri che caratterizzano l'opera di Jules Verne chiariscono perfettamente l'opera di trasmutazione praticata dallo scrittore, che fondeva la materia grezza della sua vita segreta per modellare l'oro dei suoi personaggi.
Nel 1909, quattro anni dopo la sua morte. apparve I naufraghi del Jonathan, in cui egli inserisce un personaggio, centrale per il racconto, il Kaw-djer, che è anche presentato come anarchico e stavolta senza giri di parole, fin dal primo capitolo: "Allora, mentre il suo sguardo pareva sfidare il cielo e sorvolare orgogliosamente tutta la terra, dalle labbra gli sfuggì un grido che condensava la sua fame selvaggia di libertà assoluta, senza limiti. Era il grido degli anarchici di tutti i paesi, era la celebre formula...", "Né dio, né padrone, proclamò con voce squillante, col corpo che sporgeva a metà oltre i flutti, oltre il limite della scogliera: pareva toccare, con un gesto fiero e selvaggio, l'immensità dell'orizzonte."
Ma chi è questo Kaw-djer? Non è un indigeno (ci troviamo in Magellania, alla punta più meridionale della Terra del Fuoco): è un bianco, un europeo, e l'autore precisa: "Non si era mai compromesso con la violenza della propaganda con i fatti. No, non era stato espulso dalla Francia, dalla Germania, dall'Inghilterra, dagli Stati Uniti, ma, disgustato dalla sedicente civiltà, ansioso di scrollarsi di dosso il peso di qualsiasi autorità, aveva cercato un angolo della terra in cui a un uomo fosse dato di vivere ancora in assoluta indipendenza." Viveva così in un luogo quasi desertico, da solo o quasi, poiché un indiano e il figlio lo accompagnavano spesso nei suoi vagabondaggi e nelle battute di caccia. Le profonde conoscenze che aveva in molte discipline, soprattutto in medicina, lo rendevano prezioso per gli indiani che vivevano nelle zone circostanti, ed egli non lesinava loro cure e consigli. L'autore ci chiarisce che il nome gli era stato dato dagli autoctoni e che nella loro lingua, lo Sge, significa "il Benefattore". Ma il personaggio è senza dubbio stato ispirato a Jules Verne da Jean Horth, nome sotto il quale si nascondeva un'importante personaggio della corte austriaca, scomparso in seguito agli avvenimenti di Mayerling, che era stato ritrovato dopo molti anni in una regione semidesertica dell'Argentina, dove viveva nel più totale incognito.
Il Kaw-djer ha così trovato una vita accettabile sulla sua isola, accanto agli amici indigeni che non hanno affatto bisogno di lezioni per vivere in armonia tra loro e con la natura. La vita potrebbe trascorrere serenamente, ma ecco che arriva la disgrazia, con il naufragio di una nave: si ripresentano tutti i problemi che il nostro anarchico si era lasciato alle spalle. I sopravvissuti al naufragio sono trascinati sulle rive dell'isola. A loro si presenta il Kaw-djer: "Sono un amico degli indiani: mi hanno battezzato il Kaw-djer e oramai non conosco più altri nomi."
Questa folla di naufraghi è composta di miserabili, in gran parte operai di fabbrica o braccianti agricoli cacciati dalla crisi, cercatori d'oro o avventurieri senza fortuna, per lo più celibi, e solo pochi con famiglia. Il Kaw-djer, che voleva fuggire il mondo, deve fare i conti con problemi nuovi, non ultimo quello che nasce dalla proposta che gli vien fatta di diventare il capo di questa comunità.

Viaggio straordinario

Si troverà varie volte ad affrontare l'incapacità di gran parte di questi coloni involontari a organizzarsi da soli, azioni delittuose, manifestazioni d'alcolismo e lotte tra opposte fazioni politiche. Due gruppi, comunisti e socialsti, si fronteggiano e ogni partito difende le proprie posizioni. Quando si tenta un'applicazione delle teorie socialiste, questa si scontra con le critiche e gli attacchi dei comunisti e questi conflitti provocano scontri armati con versamento di sangue. Il culmine del disordine è raggiunto quando si scoprono dei giacimenti d'oro. Tutti questi fatti mettono evidentemente in allarme il governo cileno che alla fine interviene. Il Kaw-djer suggerisce allora la costruzione di un faro e chiede di esserne il guardiano. Tredici anni sono trascorsi dal naufragio, quando il Kaw-djer lascia l'isola per ritirarsi in assoluta solitudine nel faro. "Lontano da tutti, utile a tutti, andava a vivere libero e solo, per sempre." (...)
E' una figura d'anarchico del tutto positiva e realistica, mentre Nemo e Robur erano carichi di simboli e soprattutto personaggi di romanzi d'avventure. E dato che niente, nelle pagine di Verne era gratuito, non bisogna aver paura di leggere, nel nome del Kaw-djer, quello di chi "gestisce il caos".
Ma... perché un ma c'è e non senza importanza. Sappiamo adesso che il testo apparso nella collana dei Viaggi Straordinari era stato rimaneggiato da Michel, il figlio di Jules Verne. Questo fatto impone qualche parola di spiegazione. Jules Verne, che doveva produrre ogni anno un volume di circa 450 pagine, suddiviso, a seconda dei romanzi, in uno o due titoli, organizzava il proprio lavoro in modo da trovarsi spesso con tre o quattro titoli in anticipo. Perciò, al momento della sua scomparsa, esistevano molti manoscritti pronti per la pubblicazione.
Ma il figlio Michel, che si era riconciliato col padre dopo una giovinezza avventurosa e che era anch'egli scrittore, rielaborò, col consenso di Hetzel, i manoscritti postumi del padre. La Société Jules Verne ha rieditato alcuni manoscritti originali: La Chasse au Méthéor, Le Secret de Wilhelm Storitz, Le Volcan d'Or, Le Beau Danube Jaune (pubblicato da Hetzel col titolo Le Pilote di Danube) e En Magellanie, che è il titolo originale del manoscritto di Jules Verne che diventerà I naufraghi del Jonathan, una volta rimaneggiato da Michel. Si ha il diritto di chiedersi quale ragione abbia spinto Michel a modificare i testi del padre. Per quel che riguarda En Magellanie, diventato I naufraghi del Jonathan, occorre precisare che il personaggio del Kaw-djer ha, in Jules Verne, la stessa presenza, la stessa importanza che si ritrova nella revisione di Michel, ma questi ha superato una certa reticenza di Jules, che aveva costruito un racconto più sfumato. Nelle pagine di En Magellanie si avverte, infatti, una sorta di moderazione nello svolgimento drammatico, che fa pensare che Jules temesse di turbare una parte dei suoi lettori. Così non è riuscito a tirarsi indietro davanti a un sia pur timidissimo ritorno a Dio da parte del suo eroe, per giunta attenuato dalla comparsa della causa di tanti mali per l'umanità: "Dio" gli fa dire "ma immediatamente gli occhi del Kaw-djer scorsero una pietra gialla: è oro!" E allora, respingendo col piede l'enorme pepita: "Vattene" esclamò, "vattene e che io possa far inghiottire con te tutti i mali dell'umanità."
Quanto a me, preferisco la versione di Michel, che trovo meglio strutturata in generale e più solida a livello delle argomentazioni politiche. Si può cogliere, in particolare, nel quadro che egli traccia del comunismo, una sorprendente anticipazione dello stalinismo; la narrazione è spesso più forte, più nervosa. Senza dubbio è sempre arrischiato avanzare ipotesi del genere, ma io penso che se Jules Verne ne avesse avuto il tempo, avrebbe rielaborato questo testo. Resta comunque il fatto che il suo ritratto d'anarchico è agli antipodi delle caricature e di un certo pittoresco che si ritrovano in tutti i generi letterari.
Si può così cogliere la coerenza del percorso sotterraneo dell'anarchismo segreto di Verne, che si conclude «alla luce del sole» con questo personaggio che ha il titolo e la consistenza dell'anarchico, anche se Michel ne ha un po' dissipato le ombre. Notiamo che En Magellanie - I naufraghi del Jonathan fu scritto da Jules Verne prima del Segreto di Wilhelm Moritz, che non è altro che la storia di un uomo che si rende invisibile. Con Jules Verne, siamo sempre nell'ambito di un sorprendente simbolismo.
Allora, se proprio si vuole definire questo anarchico occulto che è Verne, bisogna ricorrere al suo ultimo biografo, Herbert R. Lottman, che ci ricorda che "Jules Verne viveva ad Amiens, in modo assolutamente anonimo e riservato, e che in effetti i vigorosi personaggi dei suoi racconti rappresentarono i suoi doppi, che vivevano al suo posto".
Jules Verne fu un uomo che recitò per tutta la vita la parte del cittadino conformista, dello scrittore, dell'educatore, ma che non ha mai aderito completamente alla parte. Grazie a una ricchissima e intensa vita interiore, che ha saputo genialmente mascherare e dissimulare nella sua opera, Jules Verne non si è mai veramente identificato nel suo ruolo: il grido di Rimbaud, «La vita vera è altrove», lo definisce alla perfezione.
La chiave di questo anarchismo innato, ontologico, di Jules Verne, si potrebbe ritrovare nel suo primo romanzo, nell'affascinante personaggio del Capitano Hatteras che fin dall'inizio poteva solo dirigersi verso nord. Ci torna allora in mente questa frase, spesso dimenticata, di André Breton: "C'è troppo Nord in me, perché io possa mai essere l'uomo dell'adesione totale."

Aurélien Dauguet
(relazione presentata al convegno
"Gli incendiari dell'immaginario"
Grenoble, 19/21 marzo '98
traduzione di Guido Lagomarsino)