La scrittura è un gioco di maschere.
Lo scrittore vi si dissimula, vi si mostra e le ombre che vi
si mescolano si divertono a eludere specchi opachi. L'opera
di Jules Verne è un chiaro esempio di questo movimento di veli,
che egli spinge agli estremi limiti dell'oggettivo e del soggettivo.
Molto più che in altri autori, nella prosa di Verne c'è un continuo
e reciproco interferire di discorso e allusione, in cui si sovrappongono
messaggi in chiaro e altri in codice. E' una miniera di segreti
occulti, d'intenzioni appena accennate, di messaggi dissimulati.
Qui c'è, infatti, un poeta all'opera - la forma non importa
- e, per un poeta, la via autentica è quella che sta nella magia
delle parole. E la via autentica di questo borghese benpensante,
di questo scrittore di libri per ragazzi, è dove si colloca,
dove attraversa, dove va il suo pensiero, per quel poco che
si tentino di decrittare i messaggi straordinari che egli invia
nei suoi viaggi segreti.
Dopo gli studi di diritto, integrati dalla composizione di poemi
e di opere teatrali e dalla stesura di racconti di viaggio,
Jules Verne fa un incontro decisivo, quello con l'editore Jules
Hetzel. Da quel momento resterà letteralmente incatenato alla
propria opera, per più di quarant'anni. Questo aspetto del suo
lavoro di scrittore determinerà una sorta d'incrostazione, nella
forma dei suoi racconti, di un fondo più o meno segreto che,
come una filigrana, ne segnerà tutta l'opera.
Abbiamo, così, un autore che è tenuto a sfornare ogni anno due
volumi, tre certe volte, di storie di viaggio e d'avventura,
ma anche di divulgazione scientifica, geografica e storica,
con tutto il lavoro di ricerca e di documentazione che questo
implica. Nelle sue storie saranno trattate praticamente tutte
le discipline, dalla geologia alla meccanica, fino al campo
delle scienze congetturali, perché anche questo rientra nelle
intenzioni dello scrittore. E, se pensiamo che il pubblico cui
queste pagine sono rivolte è prevalentemente composto da giovani,
non è difficile immaginarsi quali limiti questo fatto ponga
alla scrittura.
Allora ci si rende conto che questo scrittore sotto contratto,
per ogni altro aspetto un normalissimo cittadino che non si
discosta affatto dal proprio ambiente, offre sì un'opera solida,
ricca, generosa, ma all'interno di questa impresa, di questo
genere codificato per definizione, egli dissimula tutta la propria
vita occulta, i propri interessi inconfessati. Tutte le letture
che si fanno oggi dell'opera di Verne ci fanno intravedere inquietudini
metafisiche, ricerche a livello iniziatico, tentativi di soluzione
di problemi interiori, in un contesto di sorprendenti giochi
linguistici, e anche alcuni interessi filosofici e politici
non esplicitati o, per lo meno, dissimulati.
Praticamente tutti i critici, e sono tanti, hanno rilevato l'interesse
che Verne nutriva per l'anarchia, fin dagli esordi come scrittore.
Ma prima di esaminare più da vicino questa attrazione profonda
e segreta, cosa che faremo più avanti, cerchiamo di delineare
l'ambiente di sentimenti e di elementi obiettivi che sta intorno
allo scrittore, per collocarlo sotto una luce politica concreta.
Autorità
di competenza
Jules Verne crebbe e scrisse in un mondo in cui si sviluppavano
idee nuove, in un'epoca di numerosi rivolgimenti politici, quella
in cui la Francia conobbe la Restaurazione, il regno di Carlo
X, quello di Luigi Filippo, il 1848, la guerra, la Comune, la
reazione e infine la Terza Repubblica. E' anche l'epoca in cui
irrompono idee sociali generose: il socialismo utopico (Fourier,
Enfantin, Saint-Simon), il socialismo scientifico, il marxismo,
l'anarchismo. Vedremo come tutto questo non abbia lasciato indifferente
Jules Verne, ma non abbia nemmeno frenato questo rivolo che
sgorga segretamente in lui fin dalle prime opere, questo «anarchismo»,
come andrebbe più appropriatamente scritto, come faceva Armand.
Nello stesso tempo, invece, si presentava nella sua opera un'altra
costante: le lotte delle minoranze etniche per il riconoscimento
della propria indipendenza.
L'autore dei Viaggi straordinari costruisce spesso i
propri racconti intorno a gruppi di persone che formano una
comunità e non intorno a un eroe più o meno solitario. _ il
terzetto di Dalla Terra alla Luna e di Intorno alla
Luna, o il gruppo così caratteristico della Jangada
o, ancora, i locatari della Casa a vapore e i naufraghi
dell'Isola misteriosa. Questi gruppi umani, in cui ognuno
è spesso complementare agli altri, conserva una certa armonia
e, quando all'interno esiste una certa gerarchia, l'autorità
che vi regna è assai vicina all'autorità di competenza, come
la definisce Bakunin.
Per esempio, osserviamo questo complesso di due comunità che
coesistono sul Nautilus. Una è costituita dall'equipaggio del
sottomarino e dal suo comandante, il capitano Nemo. L'altra
è formata dal terzetto di naufraghi raccolti e tenuti per un
po' prigionieri a bordo: Aronnax, Conseil e Ned Land. Due comunità
che, per forza di cose, formano un unico gruppo che coniuga
in sé diversi parametri: Nemo comanda sì, ma sopra un gruppo
di volontari che combattono per la stessa causa e che hanno
scelto liberamente di vivere in un contesto particolare. L'altro
gruppo che, invece, non ha fatto una scelta del genere, tenendo
conto della personalità di Ned Land, è un po' diverso, ma Conseil,
per esempio, non è un semplice domestico, perché, oltre ai compiti
abituali svolge quello di catalogo vivente della flora e della
fauna marina. E il professor Arennax finisce per provare una
certa ammirazione per Nemo.
C'è poi un'eccezione a questo insieme di collettivi, evidentemente
ispirati al socialismo utopico, che consente a Verne di esercitare
la propria inclinazione per la satira su di un obiettivo significativo.
Quest'eccezione è la società di Milliard City, nell'Isola
a elica. Milliard City è un'isola artificiale, costruita
per e con i soldi dei miliardari, che, in questo modo, vivono
tra loro, solcando gli oceani a loro piacimento e assicurandosi
una primavera perpetua seguendo il sole. Al centro dell'isola
si trova una villa circondata da boschi e da spiagge. La villa
è suddivisa un due quartieri separati da un ampio viale e dotati
ognuno di un motore. L'isola è sotto il comando di un governatore
che ha grosse difficoltà a mantenere l'ordine, visto che a babordo
stanno i protestanti e a tribordo i cattolici. E quando il governatore
viene ucciso dai selvaggi, niente funziona più: ogni comunità
sceglie una direzione diversa e, avviati i motori, l'isola si
mette a girare in tondo. Qui Verne fa mostra di divertirsi offrendo
questa visione sarcastica del potere del denaro e dei diversi
orientamenti religiosi.
Ma lasciamo, dopo questi sommari rimandi, i Viaggi straordinari,
per incontrare alcune personalità singolari che hanno incrociato
Jules Verne nel corso della sua vita affettiva e intellettuale.
Nel 1886 apparve, sotto una doppia firma, Il relitto della
Cynthia. L'altro autore di questo romanzo era un certo André
Laurie. Il fatto è già di per sé sorprendente. Verne ha sempre
firmato da solo i suoi Viaggi straordinari e aveva già
lavorato con André Laurie, di cui aveva utilizzato due romanzi
riadattandoli e firmandoli col proprio nome: I 500 milioni
della Begum, nel 1879, e La Stella del Sud nel 1884.
Si tratta, da parte di Hetzel e di Verne, di un atto di solidarietà.
André Laurie è un proscritto. Nella corrispondenza tra Hetzel
e Verne, questo personaggio viene indicato col soprannome di
"L'Abbé". Col suo nome autentico, Paschal Grousset, era stato
testimone, il 1° gennaio 1870, dell'uccisione di Victor
Noir per mano del principe Pierre Bonaparte, quando egli stesso,
Victor Noir e Ulric de Monvieille si erano presentati a casa
del principe, che Grousset aveva sfidato a duello in seguito
alla pubblicazione di articoli antibonapartisti su "La Revanche"
e su "La Marseillaise", suscitando la reazione violenta
del principe. In seguito a questa drammatica vicenda, fu condannato
non il principe, ma Grousset e anche a Rochefort furono inflitti
sei mesi di carcere per offesa alla dinastia. I due saranno
liberati dalla Comune. Grousset era un giornalista-polemista
e uno scrittore prolifico ricordato soprattutto come autore
di un'utopia socialista: Le Réve d'un Inconciliable.
Fervente sostenitore della Comune, venne eletto al Comitato
centrale e occupò il posto di delegato agli Affari Interni.
Il 2 settembre 1871, alla caduta della Comune, fu condannato
all'ergastolo. Ma il 19 marzo 1874 riuscì a evadere da Nouméa,
in Nuova Caledonia, e si rifugiò in Inghilterra. Lì scrisse,
con diversi pseudonimi, articoli di vario argomento, prefazioni
e traduzioni. Compose anche numerosi romanzi, vicini, per ispirazione,
a quelli di Verne, ma senza il rigore scientifico di quest'ultimo.
Paschal Grousset beneficiò di un aiuto importante da parte dei
due Jules, Verne e Hetzel, che non lesinavano la solidarietà
a quest'esule. Anche a loro rischio e pericolo.
Verne era legatissimo a Félix Tournachon, detto Nadar, il fotografo,
che era il segretario di Ferdinand de Lessep e che era per questo
vicino alla seconda generazione dei saintsimoniani. Nadar compare
come personaggio, col nome anagrammato di Michel Ardan, in due
romanzi: Dalla Terra alla Luna e Intorno alla Luna.
Per la documentazione geografica, Verne attingeva soprattutto
da Le Tour du Monde di Edouard Charton, ma fequentava
e ammirava Elisée Reclus, che cita a più riprese, soprattutto
nel Castello dei Carpazi. In un'intervista al giornalista
americano R.H. Sherard, confidò di possedere l'opera completa
di Reclus. E Marie Marc, la nipote di Reclus, ricordava con
fervore uno dei personaggi di Verne, Mrs Branican, una delle
rare eroine della letteratura di viaggio e d'avventura dell'epoca.
Secondo Edmundo Marcussi, Reclus avrebbe presentato Kropotkin
a Jules Verne e il principe, geografo e anarchico avrebbe fornito
allo scrittore la documentazione geografica e politica sulla
Siberia, che serviva per la stesura di Michele Strogoff.
(...)
Spirito
di rivolta
Tolstoi era un ammiratore di Verne e, verso il 1875, leggeva
ai suoi figli qualche pagina del Giro del mondo in ottanta
giorni in un'edizione non illustrata. S'impegnò allora a
illustrare egli stesso l'opera: oggi rimangono sedici illustrazioni
di sua mano ed egli fu, d'altra parte, uno dei fautori della
popolarità di Verne in Russia. Per lo scienziato Mendeleev,
Verne era un "genio scientifico". Gli scienziati russi impegnati
da tempo nel problema della valorizzazione delle terre polari,
ammiravano soprattutto Le avventure del Capitano Hatteras.
Ma Verne in Russia aveva ben altri ammiratori e si dovranno
ricordare altre testimonianze. All'indomani della Rivoluzione,
la popolarità era al culmine, ma Maksim Gor'kij si oppose fermamente
alle modifiche che si cercavano di apportare alle nuove edizioni
dei Viaggi straordinari: si dovette aspettare il 1933
e una risoluzione del Comitato Centrale del partito bolscevico,
perché queste edizioni vedessero la luce.
Quegli incontri, quelle amicizie che legarono per tutta la vita
lo scrittore ad alcune personalità libertarie, dimostrano l'attrazione
che esercitava su di lui il profilo intellettuale e morale di
questi ribelli. Il suo individualismo viscerale e segreto trovava
qui la sostanza e i modelli dei caratteri per la costruzione
dei protagonisti dei suoi libri e una sorta di giustificazione
al rifiuto non dichiarato di una qualunque adesione.
Il capitano Nemo è uno dei personaggi più forti e caratterizzati
di Verne e del suo segreto spirito di rivolta. Oltre a rappresentare
per noi, oggi, una superba immagine dello spirito ecologico,
la determinazione e la freddezza della sua vendetta non gli
impediscono comunque di venire segretamente in aiuto dei naufragi
dell'Isola misteriosa: è simbolicamente la migliore illustrazione
del sotterraneo spirito anarchico di Verne. Sotterraneo o forse
meglio sarebbe dire sottomarino (che viene dal mare ma anche
dalla madre. In Ventimila leghe sotto i mari non siamo
forse immersi nel liquido amniotico?). E questa scaturigine
profonda spiegherebbe come mai questo anarchismo sia restato
solamente simbolico, in qualche modo, senza razionalizzarsi,
pur avendo alimentato il suo immaginario per tutta la vita.
E' questo un fatto significativo, se si pensa che il secondo
vessilo nero dei romanzi di Verne è brandito da un personaggio
che, invece, vive nell'aria. Robur, pur non essendo affatto
della stessa caratura di Nemo, resta comunque una bella figura
di ribelle che, come il suo omologo subacqueo, non manca di
nobiltà. Mentre i suoi avversari, che pure sono degli scienziati,
tentano di distruggere il suo apparecchio, anche a costo di
sacrificare delle vite umane, lui non cerca altro che dimostrare
la superiorità e l'efficacia del "più pesante dell'aria". Il
che consente a Verne di rappresentare la violenza istituzionalizzata.
Robur, nei due romanzi che Verne gli ha dedicato, Robur il
conquistatore e Il padrone del mondo, offre un'altra
immagine, icariana stavolta, di un'anarchia ontologica, la volontà
di vivere, secondo l'espressione popolare, «libero come l'aria».
Gli elementi rispettivi di questi due vessilli neri che caratterizzano
l'opera di Jules Verne chiariscono perfettamente l'opera di
trasmutazione praticata dallo scrittore, che fondeva la materia
grezza della sua vita segreta per modellare l'oro dei suoi personaggi.
Nel 1909, quattro anni dopo la sua morte. apparve I naufraghi
del Jonathan, in cui egli inserisce un personaggio, centrale
per il racconto, il Kaw-djer, che è anche presentato come anarchico
e stavolta senza giri di parole, fin dal primo capitolo: "Allora,
mentre il suo sguardo pareva sfidare il cielo e sorvolare orgogliosamente
tutta la terra, dalle labbra gli sfuggì un grido che condensava
la sua fame selvaggia di libertà assoluta, senza limiti. Era
il grido degli anarchici di tutti i paesi, era la celebre formula...",
"Né dio, né padrone, proclamò con voce squillante, col corpo
che sporgeva a metà oltre i flutti, oltre il limite della scogliera:
pareva toccare, con un gesto fiero e selvaggio, l'immensità
dell'orizzonte."
Ma chi è questo Kaw-djer? Non è un indigeno (ci troviamo in
Magellania, alla punta più meridionale della Terra del Fuoco):
è un bianco, un europeo, e l'autore precisa: "Non si era mai
compromesso con la violenza della propaganda con i fatti. No,
non era stato espulso dalla Francia, dalla Germania, dall'Inghilterra,
dagli Stati Uniti, ma, disgustato dalla sedicente civiltà, ansioso
di scrollarsi di dosso il peso di qualsiasi autorità, aveva
cercato un angolo della terra in cui a un uomo fosse dato di
vivere ancora in assoluta indipendenza." Viveva così in un luogo
quasi desertico, da solo o quasi, poiché un indiano e il figlio
lo accompagnavano spesso nei suoi vagabondaggi e nelle battute
di caccia. Le profonde conoscenze che aveva in molte discipline,
soprattutto in medicina, lo rendevano prezioso per gli indiani
che vivevano nelle zone circostanti, ed egli non lesinava loro
cure e consigli. L'autore ci chiarisce che il nome gli era stato
dato dagli autoctoni e che nella loro lingua, lo Sge, significa
"il Benefattore". Ma il personaggio è senza dubbio stato ispirato
a Jules Verne da Jean Horth, nome sotto il quale si nascondeva
un'importante personaggio della corte austriaca, scomparso in
seguito agli avvenimenti di Mayerling, che era stato ritrovato
dopo molti anni in una regione semidesertica dell'Argentina,
dove viveva nel più totale incognito.
Il Kaw-djer ha così trovato una vita accettabile sulla sua isola,
accanto agli amici indigeni che non hanno affatto bisogno di
lezioni per vivere in armonia tra loro e con la natura. La vita
potrebbe trascorrere serenamente, ma ecco che arriva la disgrazia,
con il naufragio di una nave: si ripresentano tutti i problemi
che il nostro anarchico si era lasciato alle spalle. I sopravvissuti
al naufragio sono trascinati sulle rive dell'isola. A loro si
presenta il Kaw-djer: "Sono un amico degli indiani: mi hanno
battezzato il Kaw-djer e oramai non conosco più altri nomi."
Questa folla di naufraghi è composta di miserabili, in gran
parte operai di fabbrica o braccianti agricoli cacciati dalla
crisi, cercatori d'oro o avventurieri senza fortuna, per lo
più celibi, e solo pochi con famiglia. Il Kaw-djer, che voleva
fuggire il mondo, deve fare i conti con problemi nuovi, non
ultimo quello che nasce dalla proposta che gli vien fatta di
diventare il capo di questa comunità.
Viaggio
straordinario
Si troverà varie volte ad affrontare l'incapacità di gran parte
di questi coloni involontari a organizzarsi da soli, azioni
delittuose, manifestazioni d'alcolismo e lotte tra opposte fazioni
politiche. Due gruppi, comunisti e socialsti, si fronteggiano
e ogni partito difende le proprie posizioni. Quando si tenta
un'applicazione delle teorie socialiste, questa si scontra con
le critiche e gli attacchi dei comunisti e questi conflitti
provocano scontri armati con versamento di sangue. Il culmine
del disordine è raggiunto quando si scoprono dei giacimenti
d'oro. Tutti questi fatti mettono evidentemente in allarme il
governo cileno che alla fine interviene. Il Kaw-djer suggerisce
allora la costruzione di un faro e chiede di esserne il guardiano.
Tredici anni sono trascorsi dal naufragio, quando il Kaw-djer
lascia l'isola per ritirarsi in assoluta solitudine nel faro.
"Lontano da tutti, utile a tutti, andava a vivere libero e solo,
per sempre." (...)
E' una figura d'anarchico del tutto positiva e realistica, mentre
Nemo e Robur erano carichi di simboli e soprattutto personaggi
di romanzi d'avventure. E dato che niente, nelle pagine di Verne
era gratuito, non bisogna aver paura di leggere, nel nome del
Kaw-djer, quello di chi "gestisce il caos".
Ma... perché un ma c'è e non senza importanza. Sappiamo adesso
che il testo apparso nella collana dei Viaggi Straordinari
era stato rimaneggiato da Michel, il figlio di Jules Verne.
Questo fatto impone qualche parola di spiegazione. Jules Verne,
che doveva produrre ogni anno un volume di circa 450 pagine,
suddiviso, a seconda dei romanzi, in uno o due titoli, organizzava
il proprio lavoro in modo da trovarsi spesso con tre o quattro
titoli in anticipo. Perciò, al momento della sua scomparsa,
esistevano molti manoscritti pronti per la pubblicazione.
Ma il figlio Michel, che si era riconciliato col padre dopo
una giovinezza avventurosa e che era anch'egli scrittore, rielaborò,
col consenso di Hetzel, i manoscritti postumi del padre. La
Société Jules Verne ha rieditato alcuni manoscritti originali:
La Chasse au Méthéor, Le Secret de Wilhelm Storitz,
Le Volcan d'Or, Le Beau Danube Jaune (pubblicato
da Hetzel col titolo Le Pilote di Danube) e En Magellanie,
che è il titolo originale del manoscritto di Jules Verne che
diventerà I naufraghi del Jonathan, una volta rimaneggiato
da Michel. Si ha il diritto di chiedersi quale ragione abbia
spinto Michel a modificare i testi del padre. Per quel che riguarda
En Magellanie, diventato I naufraghi del Jonathan,
occorre precisare che il personaggio del Kaw-djer ha, in Jules
Verne, la stessa presenza, la stessa importanza che si ritrova
nella revisione di Michel, ma questi ha superato una certa reticenza
di Jules, che aveva costruito un racconto più sfumato. Nelle
pagine di En Magellanie si avverte, infatti, una sorta
di moderazione nello svolgimento drammatico, che fa pensare
che Jules temesse di turbare una parte dei suoi lettori. Così
non è riuscito a tirarsi indietro davanti a un sia pur timidissimo
ritorno a Dio da parte del suo eroe, per giunta attenuato dalla
comparsa della causa di tanti mali per l'umanità: "Dio" gli
fa dire "ma immediatamente gli occhi del Kaw-djer scorsero una
pietra gialla: è oro!" E allora, respingendo col piede l'enorme
pepita: "Vattene" esclamò, "vattene e che io possa far inghiottire
con te tutti i mali dell'umanità."
Quanto a me, preferisco la versione di Michel, che trovo meglio
strutturata in generale e più solida a livello delle argomentazioni
politiche. Si può cogliere, in particolare, nel quadro che egli
traccia del comunismo, una sorprendente anticipazione dello
stalinismo; la narrazione è spesso più forte, più nervosa. Senza
dubbio è sempre arrischiato avanzare ipotesi del genere, ma
io penso che se Jules Verne ne avesse avuto il tempo, avrebbe
rielaborato questo testo. Resta comunque il fatto che il suo
ritratto d'anarchico è agli antipodi delle caricature e di un
certo pittoresco che si ritrovano in tutti i generi letterari.
Si può così cogliere la coerenza del percorso sotterraneo dell'anarchismo
segreto di Verne, che si conclude «alla luce del sole» con questo
personaggio che ha il titolo e la consistenza dell'anarchico,
anche se Michel ne ha un po' dissipato le ombre. Notiamo che
En Magellanie - I naufraghi del Jonathan fu scritto da
Jules Verne prima del Segreto di Wilhelm Moritz, che
non è altro che la storia di un uomo che si rende invisibile.
Con Jules Verne, siamo sempre nell'ambito di un sorprendente
simbolismo.
Allora, se proprio si vuole definire questo anarchico occulto
che è Verne, bisogna ricorrere al suo ultimo biografo, Herbert
R. Lottman, che ci ricorda che "Jules Verne viveva ad Amiens,
in modo assolutamente anonimo e riservato, e che in effetti
i vigorosi personaggi dei suoi racconti rappresentarono i suoi
doppi, che vivevano al suo posto".
Jules Verne fu un uomo che recitò per tutta la vita la parte
del cittadino conformista, dello scrittore, dell'educatore,
ma che non ha mai aderito completamente alla parte. Grazie a
una ricchissima e intensa vita interiore, che ha saputo genialmente
mascherare e dissimulare nella sua opera, Jules Verne non si
è mai veramente identificato nel suo ruolo: il grido di Rimbaud,
«La vita vera è altrove», lo definisce alla perfezione.
La chiave di questo anarchismo innato, ontologico, di Jules
Verne, si potrebbe ritrovare nel suo primo romanzo, nell'affascinante
personaggio del Capitano Hatteras che fin dall'inizio poteva
solo dirigersi verso nord. Ci torna allora in mente questa frase,
spesso dimenticata, di André Breton: "C'è troppo Nord in me,
perché io possa mai essere l'uomo dell'adesione totale."
Aurélien Dauguet
(relazione presentata al convegno
"Gli incendiari dell'immaginario"
Grenoble, 19/21 marzo '98
traduzione di Guido Lagomarsino)
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