rivista anarchica
anno 29 n.251
febbraio 1999


ancorAqui

Bilancio. Ne abbiamo già accennato su queste colonne. Il ’98 è stato un anno decisamente positivo per la nostra rivista, innanzitutto dal punto di vista economico: il deficit, che era andato crescendo negli ultimi anni fino a toccare la (per noi) spaventosa cifra di 62.412.679 (al 30 novembre ’97), si è ridotto a "soli" 20.198.617 (al 30 novembre ’98)
Questo risultato è stato raggiunto innanzitutto grazie alle sottoscrizioni-record (quasi 70 milioni in un anno). Anche le altre voci relative alle entrate (abbonamenti ordinari e sostenitori, vendita diretta, librerie) sono state superiori rispetto al passato, a conferma che la rivista tiene.
Nel bilancio ’98 sono stati contabilizzati anche 3 milioni di ricavato dalla vendita di materiale musicale, curata da Marco Pandin. Un dato questo, tanto più positivo perché: 1) è il frutto di un’iniziativa in sostegno di "A" ideata, promossa e gestita senza "pesare" sulla redazione; 2) al di là del ricavato economico, l’intera operazione Musica per "A" allarga il nostro giro di contatti.
Ecco alcuni dati relativi ad "A": 4.000 copie stampate, di cui 2.300/2.500 vendute, per un totale (presunto) di almeno 5/6.000 lettori; oltre 200 diffusori (prevalentemente piccoli: 3, 4, 5 copie o poche più) sparsi un po’ in tutt’Italia; oltre un centinaio di punti-vendita, tra librerie, edicole, centri sociali, sedi anarchiche, ecc.; un costo medio a numero superiore a 9 milioni di lire.
E dallo scorso anno si è aggiunta la versione on - line, anch’essa frutto di un lavoro collettivo che ha il pregio - tra le altre cose - di non pesare sulle nostre spalle, ma su quelle di un pool di amici, compagni, internettisti.

Centri sociali. Questo numero si apre con due interventi in diversa maniera connessi con la multiforme realtà dei Centri sociali. Il primo (pag. 5) è di Maria Matteo, militante della Federazione Anarchica Italiana, responsabile "tecnica" della redazione collegiale del settimanale anarchico Umanità Nova, nonché da un decennio nostra collaboratrice. Il secondo (pag. 7) è di Luigi Veronelli, noto al grande pubblico come enologo, meno noto come anarchico con una particolare passione per l’editoria (sua, negli anni ’50, una bella edizione de La Questione Sociale di Pierre-Joseph Proudhon).
Antiproibizionismo, "reddito garantito", autogestione e rapporti con le istituzioni, disoccupazione e lavori alternativi, ecc.: sono tante le questioni sul tappeto. Il dibattito è già da tempo aperto e anche la nostra rivista ha occasionalmente ospitato interventi in merito. La pubblicazione di questi due interventi - così diversi non solo per il loro taglio - potrebbe costituire lo stimolo ad un approfondimento delle tematiche in discussione. Dipende, naturalmente, dalla disponibilità e dalla volontà di tutti gli interessati, che appartengano o meno alle diverse anime dei Centri sociali, se questo dibattito avrà un seguito.

Dall’interno. Dare voce anche - e soprattutto - a chi è dentro alle situazioni, a chi le vive quotidianamente e quindi è costretto a verificare in pratica potenzialità e limiti delle grandi idee e dei grandi progetti, a partire da quelli anarchici. È questa, non da oggi, una delle scelte di fondo compiute dalla nostra redazione.
In quest’ottica si inscrivono il resoconto (pag. 15) del viaggio in Kosovo che alcuni compagni della Cooperativa Alekos hanno recentemente compiuto, nell’ambito di un’iniziativa promossa dai cattolici "Beati i costruttori di Pace". Nonché la tavola - rotonda (pag. 20) sulla scuola che abbiamo promosso, a metà dicembre, in redazione, coinvolgendo cinque studentesse/studenti delle medie superiori milanesi.

Euro. Non per omaggio alla moda, ma per funzionalità iniziamo ad indicare - a pag. 43 - il prezzo della rivista (e degli abbonamenti) per l’estero anche in euro. E indichiamo gli estremi del nostro conto corrente bancario, cosicché i versamenti possano essere effettuati - volendo - anche tramite bonifico bancario.

De André. Al momento di "chiudere" questo numero della rivista, apprendiamo della morte di Fabrizio De André, un amico di lunga data, un anarchico "sui generis" (ma chi non lo è, tra gli anarchici?), un compagno di strada del nostro movimento e della nostra rivista - che ha avuto in lui un sostenitore non solo economico. Personalmente ci frequentavamo da quasi un quarto di secolo, la nostra è stata un’amicizia di quelle che puoi stare anche anni senza sentirti, ma quando ci si ritrova... Addio, Fabrizio: non ci saranno più né discussioni né cantate in trattoria. E un abbraccio a Dori, a Cristiano, a Luvi.