La ristrutturazione delle Forze Armate,
dopo molti anni di preparazione è giunta alle battute
finali: per legge abbiamo la totale professionalizzazione con
graduale (entro il 2005) abolizione del servizio di leva e l'ingresso
delle donne a pieno titolo nelle strutture militari.
Coincidenza, questo avviene nel corso di un governo che ha come
primo ministro una figura di spicco dell'ex PCI; un governo
che si è mantenuto ed insediato con l'appoggio altalenante
di partiti che ancora si definiscono comunisti; un governo figlio
legittimo del precedente Prodi, leader di una coalizione affermatasi
anche con l'appoggio di alcuni centri sociali; un governo che
ha gestito l'intervento militare nei Balcani, in piena complicità
nella strategia che vede la NATO poliziotto del mondo.
Queste sottolineature, consapevolmente semplicistiche, hanno
solo l'intento di evidenziare come sia profondamente mutato
in pochi anni il contesto politico ma anche culturale e psicologico,
in seno al movimento ma anche nella società in generale.
Non sono lontanissimi gli anni '70 quando il forte movimento
di contestazione vedeva l'obiezione di coscienza come una forma
di devianza da un percorso rivoluzionario che doveva trovare
i compagni in caserma pronti a rivolgere il fucile contro il
nemico di classe. L'esercito di leva era considerata una garanzia
contro possibile tentativi golpisti e svolte autoritarie. Molti
anarchici e libertari, scontando una eroica sudditanza nei confronti
della cultura di sinistra, sono, in forma più o meno
esplicita, rimasti vincolati a queste posizioni.
Trucco
da prestigiatore
Sono ancora meno lontani gli anni '80. Centinaia di migliaia
di persone coinvolte in un grande pathos emotivo evocato da
possibili scenari di guerra nucleare, ingrossavano rituali manifestazioni
per la pace. La dissoluzione del blocco sovietico ha cancellato
quelle tensioni emotive rilanciando al tempo stesso i conflitti
regionali ed avvicinando la cruenza della guerra ai nostri confini.
La guerra contro l'Irak ha praticamente visto le ultime, simboliche,
manifestazioni antibelliciste: ma la sinistra non era ancora
al governo ed è fin troppo facile leggere quel contesto
come strumentale a fini di politica interna. Soprattutto alla
luce dell'intervento militare in Kosovo, quando la sinistra
ha mascherato la propria politica guerrafondaria che ha trasformato
magicamente la guerra in "missione umanitaria": coscienze
molto labili, evidentemente quelle che si sono fatte abbindolare
da questo tragicomico trucco da prestigiatore.
Siamo vorticosamente giunti ai giri più stretti dell'imbuto
e non sono forse troppo funeree previsioni quelle che disegnano
alla fine del tratto di percorso una prospettiva di guerre e
devastazioni; o, se vogliamo essere alla moda, di sanguinose
missioni umanitarie.
Negli ultimi 30 anni (è del 1972 la legge che ha introdotto
il servizio civile come possibile alternativa al servizio militare)
la resistenza alla cultura ed alla riorganizzazione militarista
ha avuto un suo punto forte e continuativo nell'obiezione di
coscienza: nella forma del servizio civile (da poche unità
all'inizio fino alle attuali circa 80.000 domande per il 1999)
ed in quella cosiddetta dell'obiezione totale (rifiuto del servizio
militare e del servizio civile), praticata da un piccolo numero
di giovani (soprattutto anarchici) ma pagata con anni di carcere.
Carne da portafoglio
Non è ancora chiaro se l'obiezione del servizio di
leva comporterà effettivamente, come sembra dal progetto
di legge, anche la scomparsa del servizio civile. Questa prospettiva
ha infatti trovato la forte opposizione delle associazioni (Caritas,
WWF, Lega ambiente, etc.) che gestiscono, come autentiche lobby,
il servizio civile e che non vogliono perdere un patrimonio
di giovani diventati, da "carne da cannone", "carne
da portafoglio".
Anche qui vediamo la chiusura di un cerchio: il progressivo
svuotamento di contenuti dell'obiezione di coscienza, oggetto
negli anni scorsi di numerosi dibattiti anche sulle pagine di
A, l'ha portata addirittura ad opporsi all'abolizione della
leva, chiedendo di trovare una formula che inventi il volontariato
obbligatorio.
Comunque vada per il servizio civile, l'abolizione della leva
militare non è conseguenza di una conquista antimilitarista;
mi sembra al contrario evidente un notevole recupero d'immagine
delle Forze Armate , un riaffermarsi dell'ideologia militarista
con un nuovo lifting ed al contempo un atteggiamento di abitudine
e di indifferenza della società nei confronti della guerra
che ci coinvolge sempre più direttamente.
Gli antimilitaristi non rimangono quindi disoccupati. La possibilità
della guerra può essere estinta solo con l'eliminazione
della macchina militare (esercito di leva o professionale, industria
bellica, armi e basi) e dell'organizzazione della società
che dei soldati ha bisogno e per la guerra si prepara.
Mauro Zanoni
“E
c'è chi si batte
per il volontariato
obbligatorio.”
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