rivista anarchica
anno 29 n.259
dicembre 1999 - gennaio 2000


dossier bici

L'elettrobici anticapitalista
di Enrico Bonfatti

Ed anche l'elettroscooter. Due proposte per ripensare l'attuale impostazione della mobilità urbana.

 

L'equivoco più macroscopico che sta alla base dell'attuale modello di trasporto fondato quasi unicamente dell'attuale modello di trasporto sull'automobile privata non è quello senz'altro portatore di gravissime conseguenze, della sottovalutazione degli effetti dell'inquinamento, ne tanto meno dall'atteggiamento fatalistico che considera i morti ammazzati sulle strade come "tragico tributo da pagare al progresso", quanto piuttosto la totale mancanza di considerazione, in quelli che sono i ragionamenti dei tecnocrati della pianificazione urbanistica e dei trasporti, di quel principio termodinamico comunemente noto come principio dell'entropia, che in soldoni si può riassumere nel concetto che qualsiasi processo di produzione di energia all'interno di un dato sistema comporta un aumento del livello di disordine all'interno di quel sistema, cioè un aumento dell'entropia; tutti i sistemi chiusi, che non hanno scambi con l'esterno, evolvono naturalmente verso il massimo livello di entropia possibile, nel quale non sono più possibili trasformazioni di materia in energia. La vita sulla terra ha potuto nascere e svilupparsi grazie all'entropia negativa ricevuta dal sole.
Da questo punto di vista la storia dell'umanità può essere vista come un utilizzo di queste riserve di entropia negativa per produrre energia sotto diverse forme, finalizzata ad un affrancamento degli individui da quello che lo stato di natura con tutti i voncoli che impone. Fino a che questa produzione di energia, con il conseguente aumento di disordine che comporta, è stata controbilanciata dall'entropianegativa ricevuta dal sole, l'ecosistema mondiale è riuscito a mantenere il suo equilibrio: "il "salto di qualità", se così si può chiamare, è avvenuto, quando, con la rivoluzione industriale, l'uomo ha scoperto di produrre energia in enormi quantità a costi molto bassi. Probabilmente da quel momento in poi il salto tra entropia negativa e positiva, cioè tra energia ricevuta dal sole e quella spesa dalle diverse attività umane, si è spostato decisamente portandoci irreversibilmente sulla strada del costante aumento del disordine: ne sono prove evidenti gli stravolgimenti climatici e sociali dovuti all'effetto serra, all'agricoltura intensiva e a tutte quelle attività umane che sono principalmente labour-saving ed energy-spending, tra le quali va annoverata anche lo spostarsi su di un'automobile invece che in bicicletta o a piedi.
In altre parole, il secondo principio della termodinamica (quello, appunto, dell'entropia), è il grande assente di tutta la rivoluzione industriale che in nome del profitto (l'energia è sempre costata meno del lavoro) ha sempre trascurato l'applicazione di questo semplice concetto nato anche lui da quella rivoluzione scientifica di cui pretende di essere la trasposizione dal mondo delle idee a quello della vita di tutti i giorni. Ma i sempre maggiori costi, che in termini finanziari, che questo equivoco comporta non possono essere relegati per sempre nelle periferie e nei bassifondi del pianeta; le utilità marginali negative cominciano a farsi sentire anche nell'occidente parassita e industrializzato, sotto forma principalmente di disoccupazione, inquinamento e rifiuti: di fronte a questo a questo problema possiamo reagire cercando di nascondere le conseguenze più sgradevoli con interventi necessari ma comunque insufficienti (ad es. con gli ammortizzatori sociali, il motore ad acqua o con la raccolta differenziata dei rifiuti), oppure cercando di eliminarli alla radice (cioè ridiscutere il ruolo del lavoro, dell'auto e dei costumi).
L'auto privata, con il suo rapporto tra tara (la vettura) e peso netto (i passeggeri) che, nel migliore dei casi, è di 4 a 1, ma che più spesso è di 15 a 1, è, da questo punto di vista, una grossa produttrice di entropia fine a se stessa, dato che quello che interessa spostare è il quintale scarso di carne che ci siede dentro e non la tonnellata e passa di lamiera e plastica che la costituisce. Se si aggiunge a ciò il fatto che con l'automobile le distanze nelle nostre città si dilatano per la necessità di creare circonvallazioni, sensi vietati, rondò e per il fatto un modello di trasporto basato sull'auto favorisce le grosse concentrzioni di capitale, quindi l'eliminazione della piccola distribuzione (che serve principalmente che serve il proprio quartiere o paese) a fronte dei grandi centri commerciali, che non avrebbero ragione di esistere se non riuscissero ad avere un bacino di utenza <a misura di auto>, si può notare come l'auto sia entropicamente svantaggiosa anche per le trasformazioni che induce nella struttura delle nostre città.
E' quindi fondamentalmente per questi motivi che qualsiasi tentativo di rendere l'automobile ambientalmente compatibile è destinato a fallire, nonostante tutte le pretese dell'industria automobilistica in questo senso: se si pretende infatti di mantenere inalterata la concezione alla base della motorizzazione di massa cambiando unicamente il tipo di motore (elettrico o ad acqua), ciò andrà a risolvere solo i problemi dovuti all'inquinamento delle città, senza affrontare quelli legati al saccheggio ambientale di foreste, fiumi, mari, fonti energetiche non rinnovabili, che altro non sono che riserve di entropia negativa accumilatasi sul nostro puaneta dalla sua nascita ai giorni nostri, e che spesso soddisfano bisogni molto più di base che non quello di fare Torino-Milano in 30' da casello a casello: pensiamo ai siringueros dell'Amazzonia, rasa al suolo per produrre carbone per gli altoforni delle case automobilistiche; oppure a quello che potrà succedere se il motore ad acqua troverà la diffusione che molti oggi auspicano, senza tener presente che le alterazioni introdotte già oggi nel ciclo dell'acqua da numerosi fattori legati alla concezione rapinosa dell'economia capitalistica non faranno altro che aumentare in misura ignota ma sicuramente tutt'altro che marginale; da questi esempi si vede come l'aumento dell'entropia del pianeta vada di pari passo con "l'aumento dell'entropia sociale."
La vera alternativa allora è quella di cercare di favorire la diffusione di mezzi di trasporti che comportino aumenti di entropia strettamente necessari e che possibilmente vengano compensati dall'entropia negativa del sole: per fare ciò è necessario prima di tutto ridurre o ribaltare il rapporto massa del mezzo/massa del carico: in città ciò è ampiamente possibile, almeno a livello tecnico, senza richiedere particolari sacrifici a nessuno, se non quello di rivedere, per ridurlo, lo spazio mentale che riserviamo alla rappresentazione dell'automobile, per aumentare quello destinato alle sue alternative: una di queste è l'elettrobici, una macchina semplicissima costituita da una bicicletta fornita di motore e batteria elettrica: il suo peso si aggira tra i venticinque e i trenta chili, per cui il rapporto tra tara e peso netto è di 1:2 o di 1:3, quindi direttamente ribaltato rispetto al 15:1 dell'automobile; ha una potenza di circa 250 Watt (meno del vostro lampadario), mentre la potenza di qualsiasi utilitaria parte dai 40 kWatt; il motore si aziona solo se pedalate e vi "aiuta" fino ad una velocità di 24 Km/h, superata la quale deve spegnersi per rispettare gli obblighi imposti dalla legge italiana; e se vi sembra poco, pensate alle velocità medie che tenete quando vi recate al lavoro con la vostra auto, oltre a tutte le giravolte e zig zag a cui siete costretti per penetrare la vostra città, costruita probabilmente a misura d'uomo e non di auto. Certo, ci si può bagnare, ma se avete l'accortezza di portarvi appresso una mantellina impermeabile questo inconveniente può venire ampiamente ridotto, e intanto dovreste fare pressioni per convincere la vostra amministrazione a coprire la pista ciclabile (oltre che a costruirla...); e comunque il rischio di polmonite è senz'altro preferibile al rischio di cancro al polmone, di leucemia o di incidenti stradali. Certo, un mezzo del genere è utilizzabile "solo" in città, ma se tenete conto che in città percorrete la velocità da tartaruga dalla metà di due terzi dei chilometri che fate in macchina, allora un pensierino potreste farcelo, anche se il prezzo di questo mezzo (intorno ai due milioni di lire), vi potrà sembrare eccessivo non lo è: la metà o i due terzi della vostra automobile costano molto di più; una carica della batteria assorbe poco più della ricarica di un cellulare con un costo che sta sotto le 2 lire/km, contro le 150/200 della benzina, le batterie durano 1300-1500 ricariche (con un'autonomia per ricarica di circa 25 km fanno 30-40 mila km con 60 mila lire); gli ultimi tipi di motore non hanno nemmeno bisogno di manutenzione, essendo la trasmissione affidata ad un magnete che elimina qualsiasi problema di attrito; e l'elettrobici non richiede spese di bollo e assicurazione. Ultima cosa: non sono ancora disponibili modelli per bambino, ma l'uso di questo mezzo è consentito a tutti quelli che sappiano far funzionare una bicicletta normale, per cui permette una maggiore autonomia a tutti i membri della nostra società, dai 5 anni in su e in buona salute.
Se invece siete pigri e non vi va di fare fatica pedalando, al posto della bici elettrica potete utilizzare un elettroscooter, che presenta il vantaggio di una velocità leggermente maggiore (28 km/h), ma l'inconveniente di avere l'obbligo del casco, bollo e assicurazione; inoltre la legislazione italiana non prevede che allo scooter si possano agganciare quei trailer, tanto usati nei paesi del nord europa, che attaccati a una bicicletta possono ospitare anche due piccoli passeggeri al coperti. Ovviamente la potenza assorbita da un elettroscooter (circa 500 Watt, meno del vostro phon) è superiore a quella di una bici eletrica, ma è sempre un'inezia se paragonata a quello di uno scooter tradizionale o di un'automobile.
Il punto "debole" (debole per chi osserva da un punto di vista più in linea con gli interessi forti) di questo tipo di mezzi di trasporto è riassumibile fondamentalmente nella bassa velocità e nella possibilità di bagnarsi: abbiamo già visto che quest'ultimo inconveniente potrebbe venire efficacemente eliminato da politiche dei trasporti più favorevoli a un trasporto ecologicamente e socialmente sostenibile, mentre la bassa velocità in città è un limite solo in rapporto allo scooter tradizionale; ma se si considerano i pericoli che le elevate velocità comportano in città (che inducono gli "utenti deboli" della strada a comportamenti prudenti, quindi a perdite di tempo, come farsi accompagnare nei propri spostamenti da qualcuno automunito), l'inquinamento e lo spreco di risorse di cui comunque gli scooter tradizionali sono la causa, e infine i loro costi di gestione, il bilancio torna nettamente in favore dei veicoli elettrici.
La rivoluzione non russa, pedala.

Enrico Bonfatti