rivista anarchica
anno 29 n.259
dicembre 1999 - gennaio 2000


dossier bici

La droga auto
di Antonella Nappi

Contro l'autorità dell'automobilista "armato", in difesa dei diritti del pedone e del ciclista. E del diritto di tutti ad una reale libertà di spostamento.

 

Chi è abituata, e più raramente chi è abituato ad essere pedone, sa bene come sono preziosi lo spazio, il piccolo tragitto a piedi, il mezzo di trasporto pubblico.
Lo spazio ci permette di muovere il corpo donandoci sensazioni gioiose e di osservare l'ambiente, le forme più evidenti come i dettagli. L'esercizio di guardare induce a vedere sempre di più viali, alberi, architetture, materiali, ampliano la nostra sensibilità e il mondo della nostra quotidianità; Il tragitto a piedi è un viaggio di sensazioni, si può godere o soffrire e fa molta differenza quando è quotidiano, pensate all'odore dell'erba se ci accompagna o alla costrizione delle lamiere delle automobili parcheggiate, al perenne combattimento con le automobili in movimento. Il confronto con gli altri in questo caso è anche la continua constatazione d'essere inermi, sottoposti all'autorità dell'automobilista armato, cediamo il passo al più forte, o ringraziamo la cortesia di chi fa una grazia.
È spontaneo, per chi è pedone, pensare di fare spostamenti più lunghi serviti dal mezzo pubblico. Questa è stata l'esperienza, la cultura, la pretesa delle popolazioni, senza dimenticare la bicicletta, che in epoca moderna ha integrato la carenza di mezzi o soddisfatto distanze accessibili. Ogni epoca e paese ha curato l'esistenza di spazi pubblici accoglienti e di filari di piante che ombreggiano le strade.
Con l'automobile tutto è cambiato, gli interessi sottesi alla produzione hanno fortemente agito per la privatizzazione del movimento, sottraendo spazi e ricchezza ambientale, sottraendo relazioni sociali in favore della privatezza.
Senza automobile ci si può spostare davvero poco, i mezzi pubblici che viaggiavano nelle campagne congiungendo le località si sono svuotati al punto di dover essere eliminati. Quelli che congiungono le città alle zone circostanti hanno subito la stessa sorte. Le condizioni di disagio e di lentezza di quelli ancora esistenti, che raddoppiano il percorso per raccogliere a zig-zag più passeggeri, fanno lavorare chi li utilizza soprattutto per mettere da parte il denaro necessario all'acquisto di un mezzo di locomozione proprio.
Si aspetta il mezzo pubblico davanti allo scorrere veloce di mezzi offensivi, soprattutto per le emissioni degli scarichi. A volte sembra di non poter più respirare: l'attesa lì, in mezzo alla strada diviene una vera tortura; ci si domanda come sia possibile dover subire tanto danno ad assuefarsi a questo dato di fatto. Esistono marciapiedi esposti al traffico su due lati, "salvagente" si chiamano, dando l'idea di quale nemico sia diventato lo spazio urbano, anche per gli automobilisti credo, in continua tensione.
La meta di ciascuno, solo questa è divenuta per il pedone e per chi guida la ragione di attraversare gli spazi pubblici, nella compressione progressiva della libertà di movimento. L'introduzione nell'ambiente di elementi aggressivi e mutilanti (si pensi come questo fenomeno stia ormai riempiendo anche il mare, dove il nuoto viene relegato alla riva), priva i corpi di esperienza percettiva degli elementi naturali e del riconoscimento degli altri come corpi, del territorio come spazio comunicativo e comune. Isolati si diventa aggressivi verso se stessi e verso gli altri, giustificato diviene superare ogni divieto, salire sui marciapiedi, scorrere con la motocicletta contro-mano, farsi sentire: il rumore più forte è la propria presenza.
Il conto tra costi e benefici si è smarrito con la pubblicità e la tecnologia avanzata che non badano alla ricaduta nociva dei prodotti perché non porta affari; da queste, è resa dipendente la grande massa della popolazione. La tecnologia, l'espansione della potenza del singolo, facendo leva sui desideri di onnipotenza che tutti a volte fantastichiamo. A partire dall'automobile e recentemente con i telefoni cellulari, si realizzano sogni di evasione dal luogo in cui siamo e di potenza negli spostamenti e nelle comunicazioni, da cui, come per ogni altra droga, è difficile recedere, anche quando si sapesse la gravità del danno alla salute che questi prodotti creano alla popolazione.
Cominciamo almeno a pretendere che l'attesa del mezzo pubblico sia situata in uno spazio non a contatto con le emissioni dirette degli scarichi dei motori (anche dei motorini).
Meglio sarebbe una via, un sistema di vie solo per i trasporti pubblici. Si è già realizzata in altre città una rete di strade ciclabili che mette al riparo il ciclista dagli investimenti, potremmo giocare con lo sport fino a tarda età. Forse un giorno, la certezza di un posto a sedere sui trasporti pubblici, per tempi resi più veloci dall'assenza di automobili sul loro percorso, potendo dire: "come fan tutti", ci farà ritrovare la comunità e la capacità di organizzare una reale libertà di spostamento.

Antonella Nappi

 

 

Antonella Nappi, ricercatrice di sociologia all'Università statale di Milano. Si interessa di problemi della famiglia, ambientali e dell'educazione. Un articolo su monitoraggio dell'inquinamento atmosferico, informazione dei cittadini e risanamento dell'aria a Milano si trova nel volume curato da Michele La Rosa Governo delle tecnologie, efficienza e creatività; il contributo dell'ergonomia, Monduzzi editore, Bologna 1997.