rivista anarchica
anno 30 n.264
giugno 2000


dossier zingari

Gli zingari della città normale
dossier a cura di Antonio Rampolla, Beniamino Vizzini e Mario Zerillo
foto di Mario Zerillo

Il sindaco Orlando ama ripetere che Palermo è una città normale. Peccato che i Rom...

 

Dopo diversi mesi di conoscenza, frequentazione, interesse reciproco, mobilitazione a fianco del popolo Rom di Palermo, nasce all’interno del campo un luogo di aggregazione che unisce i Rom ed i Gagè. Uno spazio che serva come laboratorio di sperimentazione sociale, che investa la città di Palermo, che faccia uscire dall’anonimato gli zingari. Un presidio voluto da tutti coloro che ritengono la città un luogo di solidarietà e desiderio e non la città normale delle istituzioni, un luogo che serva da opposizione al dilagante senso perbenista e reazionario che sempre in maniera più pervasiva condiziona il corpo sociale di questa città. Un centro da cui fare partire una lotta di libertà e giustizia per i Sinti e i Rom; libertà e giustizia che significano una migliore qualità della vita, una adeguata sistemazione del campo, il rilascio dei permessi di soggiorno, libertà di sosta e di transito, fine dei continui soprusi da parte delle autorità di pubblica sicurezza, accesso reale all’istruzione, al lavoro ed alla casa.
Alle istituzioni della città normale “chiediamo” una posizione chiara ed inequivocabile alla permanenza dei figli e delle figlie del vento a Palermo, senza che essi vengano relegati in periferia o espulsi dalla città. È da tempo che diverse voci si sono levate contro la presenza dei Rom all’interno del parco della Favorita. Dai Verdi locali ai fascisti di Alleanza Nazionale, con il pretesto del recupero ambientale dell’area e la fruizione da parte dei cittadini palermitani, si vuole incominciare un’operazione di “pulizia etnica” cittadina: tanto è vero che la Regione Siciliana e la sovraintentenza ai beni culturali invitano il comune a risolvere nei termini di legge l’ubicazione del campo nomadi a Palermo.
Dalla città della Primavera e dell’antimafia si è passati alla città normale; non a caso il ruolo portante che all’inizio aveva l’associazionismo a livello cittadino è stato svilito e mortificato da una politica del palazzo concepita sull’autoreferenzialità e sull’impossibilità di un reale confronto democratico tra le parti più vivaci della società civile palermitana. Questa visione politica dell’esistente colloca Palermo all’interno della logica globalizzante che da tempo pervade il continente europeo. “Normalità” significa che tutti coloro che prima non si adeguavano agli standard ed ai modelli del “vivere civile” potevano passare inosservati, adesso che tutto deve ritornare bello e pulito i “diversi” si devono occultare. La Palermo sudamericana delle cosche mafiose fa posto alla Palermo europea, tutto ciò a vantaggio dei nuovi potentati economico-criminali e a discapito delle minoranze e di tutti coloro che vorrebbero una città realmente multietnica. Quindi la paventata operazione di “pulizia” etnica si inquadra all’interno di questo nuovo scenario metropolitano. La lotta a fianco dei Rom acquista dunque un valore fondamentale: lo scontro tra due opzioni sociali, il delinearsi di mondi diversi, la consapevolezza che se i Rom saranno espulsi o relegati in periferia la città di Palermo perderà un patrimonio umano e culturale di notevole importanza per il suo divenire.

Antonio Rampolla e BeniaminoVizzini
per contatti e informazioni
stirnermax@hotmail.co

 

Palermo 25 febbraio, corteo contro le guerre ed il RAZZISMO

 

Io ballo con i Rom

Campi-ghetto abusivi, ma tollerati. Bambini morti assiderati. Le proteste e della gente per bene (e della mafia). A Palermo. Ma potrebbe essere altrove, ovunque.

Rom, Sinti, Camminanti, Zingari. A Palermo come a Roma, Parigi, Dublino, Londra o Sarajevo. Sempre una storia, la stessa da centinaia d’anni: migrazione forzata, nomadismo imposto.
Li incalzavano editti assassini in passato, l’incalzano oggi leggi irreprensibili in apparenza, di fatto torve e razziste.
I Rom lo sanno, ed entrano nelle città in punta di piedi, a piccoli gruppi, si rendono invisibili nelle periferie, si mimetizzano tra i rifiuti delle discariche. Costruiscono le loro baracche con porte vecchie, lamiere arrugginite. Secoli di vita tra carri e cavalli non li hanno resi abili costruttori, fanno baracche traballanti che crollano al primo soffio di vento, o s’incendiano. E muoiono, soprattutto i bambini: Amanda, Reza, Ali, Solima. Dalle estreme periferie delle grandi città periodicamente si sparge l’odore della carne bruciata dei piccoli Rom. Lo stesso odore che usciva dai camini dei lager italiani e tedeschi. Ma il vento lo disperde prima che arrivi ai palazzi del potere, al centro della città, al cuore degli uomini.
Rom e romnia piangono i figli morti e li ritrovano in un nuovo intatto sorriso, altro figlio, stesso nome, forse un’altra città.
Il cielo azzurro, il prato verde e una ruota gialla al centro, come sole. La bandiera dei Rom.
“Rom, Rom, libertà”. Gridano, gridiamo nei cortei. Ma dove sono i vasti territori da percorrere? Dov’è la loro, la nostra libertà?
Vent’anni a Palermo. Ma prima c’erano stati i nonni, forse i bisnonni, poi partiti per la Iugoslavia. Ex Iugoslavia, la cosa più vicina al concetto di “patria” che loro ricordino. La politica di Tito “Una casa- Un lavoro” li aveva convinti a fermarsi, a vivere in palazzi, a lavorare. Ma la ruota gira, Tito muore e gli albanesi li costringono a scappare. I loro morti sono rimasti là, nei cimiteri Musulmani.
Vado alla tomba di mio padre - mi racconta Ramadam - e porto mio bambino. Sono contento quando passo frontiera, ritrovo mia terra. Ci fermiamo per mangiare in Autogrill, bambino mi chiede la pasta. Io dico, niente pasta, qui tante altre cose, prendi altre cose. In macchina io vado e sono contento. Mio figlio guarda fuori, poi mi dice: quando torniamo a Palermo?

Fiore all’occhiello

Da sempre le città fremono e si chiudono al passaggio di Zingari, Zanne, indovinaventure, e Palermo non fa eccezione. La cultura dell’accoglienza si ferma davanti ai denti d’oro, al troppo diverso nei quali gli abitanti dello Zen non riescono a rintracciare tratti di comune umanità. Ed esplode di notte la protesta. Auto investite da bombe bruciano come falò. La mafia non li vuole allo Zen, la gente neanche. Sindaco e Prefetto li portano via. C’è un luogo abbastanza degradato ai margini del parco della Favorita, là per i Rom si piantano tende. Una sistemazione provvisoria, si dice, e il provvisorio dura da otto anni. Poi un bambino muore assiderato, allora arrivano le roulottes e i gabinetti chimici: sei per seicento persone.
La primavera di Palermo vorrebbe fregiarsi di loro come fiore all’occhiello. Sanno ballare e cantare? Facciamoli esibire. Qualche manifestazione, un libro che loro non possono leggere, un tentativo di scolarizzazione che resta a metà perché gli assessori si stancano e il sindaco Orlando ha altre primavere per la testa. Poi, diciamocelo chiaro, i Rom non sono facili da manovrare. Allora li abbandono.
A loro non importa molto, non amano la visibilità. Alcune famiglie vanno a vivere nel centro storico, altre restano. E la ruota gira.
La guerra in Kossovo ingrossa ancora il campo. Arrivano in tanti, gli altri li aiutano: una capanna, una coperta. Non c’è disperazione. La ruota ha girato.
Ma a Palermo le forze politiche, tutte o quasi, scoprono che quel pezzo di terra dove vivono i Rom è della città e deve essere ”fruito” dai cittadini. Interpellanze, denunce, campagna stampa. Gli zingari inquinano, sciupano gli alberi, debbono andare via.
Noi delle associazioni prendiamo lenzuola dagli armadi, loro dipingono bandiere: il cielo, il prato e la ruota al centro, gialla come sole. Ci prepariamo a lottare. Usciamo insieme per le strade, si balla, si grida: Rom, Rom, libertà!
Altrove qualcuno con parole misurate ci parla di Tibet, di Arabia Saudita, il dolore del mondo. Attracca una nave azzurra portatrice di altro dolore. La gente passeggia e non guarda i lenzuoli. La Ferrari vince ancora. Palermo dorme.
Io ballo coi Rom.

Irene Abbate

Figli del Vento

I cittadini del mondo.

Da molti chiamati così poiché non hanno né capi in seno di governo, né caste sacerdotali, privi di qualsiasi diritto, anche il più basilare, perché provenienti da chissà quale luogo e riluttanti ad adattarsi a regole di vita imposte, differenti dalle loro. Diversi fisicamente e culturalmente, i Rom sono ben lungi dall’essere considerati esseri-umani-normali.
Uomini-fantasma. Ombre scure avvolte da un profondo mistero che fa paura e che li allontana dalla vita reale.
Anime vaganti all’interno di un recinto che l’uomo-normale non vuole oltrepassare, un piccolo confine circoscritto in cui la vita scorre quotidianamente tra le risa innocenti di splendidi bambini, ansiosi che qualcuno di noi giochi con loro... e non dimenticano mai i nostri nomi !!
Famiglie che lottano per la sopravvivenza, fronteggiando il freddo dell’inverno, l’insostenibile sporcizia, l’insidia dei topi a rischio di epidemie, la mancanza di acqua, luce e servizi igienici. A un passo da quell’inferno la vita incurante continua e guarda con disprezzo quei “delinquenti” a cui nessuno darebbe mai un lavoro! Il panorama di quelle casupole diroccate infastidisce gli occhi dei vicini ben pensanti, che tengono a debita distanza i loro figli da quegli uomini cattivi e sconosciuti! Da secoli perseguitati e sterminati, su loro regnano pergiudizi di ogni sorta: “gli Zingari rubano i bambini”, “gli Zingari sfruttano i minorenni, vendono le proprie figlie”. Si può dire di tutto di qualcuno che non si conosce e che si disprezza per la sua diversità! Nessuno ha paura degli immigrati provenienti da ogni parte del mondo che popolano la città in cui viviamo, ma lo Zingaro no! Lui non è un immigrato, lui non è come gli altri, lo Zingaro è diverso e va spedito come un pacco postale in qualque parte del mondo che non sia Palermo!
Mehemeti Zaya “quando siamo arrivati qui, abitavamo in alcune case abusive nel quartiere Zen. Poi, l’ex sindaco Lo Vasco, ci fece portare qui al campo della Favorita e noi vivevamo in delle tende allestite dall’esercito militare. C’era molto freddo e una notte un bambino morì assiderato. Così dalle tende si passò alle roulottes. Doveva per forza morire qualcuno perché qualcosa cambiasse... Oggi, Orlando fa il finto tonto e non si interessa minimamente ai nostri problemi. Gli Zingari che vivono in luoghi come la Germania, riescono ad ottenere l’asilo politico e gli assegni di sopravvivenza, anche se le pressioni e le minacce di violenza da parte degli albanesi lì presenti, sono molto forti”.
Il luogo d’origine degli Zingari è identificato nei nord dell’India, una migrazione, a quanto pare, iniziata nel IX sec. d. C. spostatasi poi verso la Grecia, l’Europa sud-orientale e di lì verso le altre regioni europee. In Italia la loro presenza risale al 1422.
Oggi, vivono in Italia circa 90.000 Zingari che qui, prendono il nome di: Rom (centro e sud) e Sinti (nord), tutti non zingari vengono chiamati Gaggi.
La maggior parte presenti in territorio italiano sono Sinti (25.000, molti nati a Istria), circa 12.000 Daxlkanè (ortodossi) e Rom Karakhanè (musulmani). Da sempre i Rom sono ottimi allevatori, artigiani del metalli, giocolieri ed eccellenti musicisti. M. Zaya “La città da cui provengono è Mitroviza, in Jugoslavia, gli Albanesi hanno sterminato più di duemila Rom, costringendoci a scappare dai nostri paesi, lasciando tutto quello che avevamo: il lavoro, le nostre case, molti dei nostri parenti. Oggi, il governo parla di costruire Lager in Albania per trasferirci tutti là. Ci condannano a morte! Non lascerò mai i miei figli nelle mani degli albanesi”
Non si può pretendere di conoscere una cultura diversa, leggendola sui libri o per “sentito dire”, l’unico modo per farlo è mescolare la propria cultura alla loro; toccarla con mano, apprezzarne le differenze, demarcandole, perché la Diversità è Armonia, la Diversità rende ancor più affascinante il nostro stare e ci unisce profondamente;
La presenza dei Rom deve essere per noi una vera fonte di ricchezza Umana e Culturale: la loro amicizia, la loro ospitalità nei confronti di chiunque gli si voglia avvicinare, il loro fascino e la loro belleza, non possiamo perdere tutto questo! Non possiamo non imparare la loro Vita!
Qualcuno ha provato bene a decantare le abitudini e le origini, qualcun’altro ha usato le loro sofferenze per la scalata al potere, pubblicando, come nel caso di D.S. De Condat, il libro Rom, una cultura negata, considerato dagli stessi Rom “vergognoso” per il contenuti che alimenta quei pregiudizi che tanto si cerca di eliminare. Frasi del tipo: “è considerata una maledizione se una donna passa tra due uomini”oppure “è severamente vietato toccare la gonna a una donna”, non aiutano di certo ad avvicinare la cultura degli Zingari a noi; se si pensa, tra l’altro, che le dicerie che ruotano intorno a loro sono a dir poco stratosferiche!
Si dice che per sposare la figlia di un Rom, bisogna pagare una somma al padre.
Questa somma che ci fa subito pensare a una compravendita, non è altro che la nostra così detta “Dote Matrimoniale”, da loro chiamata “Misti” che aiuterebbe la famiglia a sostenere le spese del costoso matrimonio! I denti d’oro di cui ci si lamenta perché d’oro per l’appunto e quindi “sfarzo”, sono parte della loro cultura e rappresentano quella che noi chiamamo “fede nuziale”! Per quanto riguarda , poi, lo sfruttamento minorile: è cosa veramente ridicola additare con disprezzo ciò che non si conosce! Basterebbe stare un giorno insieme a loro per comprendere quanto sia profondo e tenero il legame che esiste tra genitori e figli. Siamo troppo abituati a pensarli diversi da noi e questo ci porta a lavorare di fantasia, tralasciando una profonda verità: loro hanno bisogno di noi tanto quanto noi ne abbiamo di loro!

Franzy

 

Per saperne di più sugli zingari a Palermo,
visitate il sito: http://zingari.interfree.it