rivista anarchica
anno 30 n.264
giugno 2000


 

 

Se Fabrizio non fosse esistito...

Vi ho scoperti un po’ di anni fa (nel ’92) quando, trovandomi a Milano, comprai in edicola il numero dedicato all’AIDS : “l’identità perduta”, davvero molto bello e infatti lo conservo gelosamente. Poi ho cercato “A” in edicola a Napoli ma non l’ho mai trovata, fino a che (rassegnato) decisi di rinunciarci. Mi chiamo Felice, ho 31 anni e a marzo dovrei laurearmi in architettura. Anche se mi definisco anarchico in tutto, politicamente mi considero un “cane sciolto” di sinistra e come potete intuire non mi riconosco in nessuno dei partiti che vengono definiti e si definiscono “di sinistra” (faccio molta fatica a capire che cos’ha di sinistra, ad es., Giorgio Napolitano!). Nonostante questi tempi bui di neo-consociativismo, di “globalizazzione” della miseria e di conformismo delle menti, credo che comunque bisogna opporsi e resistere alle destre sempre più rozze, arroganti e anti libertarie. La mia curiosità iniziale per l’anarchia, poi diventato interesse, è dovuta alla mia fervente passione per Fabrizio De Andrè e per le sue canzoni che per me sono tra le cose per cui vale la pena vivere.
Se non fosse esistito Fabrizio, sono sicuro che tanti come me sarebbero state persone diverse e senz’altro peggiori. Le sue canzoni, ma anche le sue rare interviste, mi hanno insegnato il rispetto per gli emarginati, per i più deboli, per “i servi disobbedienti alle leggi del branco”, mi hanno trasmesso emozioni, cultura, ironia, e una “laica religiosità” che ti permette di guardare i tuoi simili soprattutto dal lato umano, quindi considerando i limiti e le debolezze che ci rendono appunto “umani”. Mi ha fatto conoscere Brassens, Vitton, Boris Vian, Leonard Coen, Kropotkin e soprattutto Lee Masters. Oltre ad aver consolidato la diffidenza e derisione (in me innata) verso qualsiasi tipo di potere. Per me resterà indelebile nella memoria il primo (e purtroppo unico) suo concerto a cui ho assistito al “palapartenope” di Napoli nel’91. Io, all’epoca 21enne, che conoscevo bene “Le nuvole” e qualche “classica” rimasi folgorato ad ascoltare canzoni come “Fiume Sand Creek”, “il gorilla”, “Geordie”, “la città vecchia” e le eterne “Creuza de mè” e “Il testamento di Tito”.
Come vi dicevo, grazie a lui la mia vita e la mia sensibilità cambiarono. In pratica cerco di difondere “il verbo” di De Andrè alle mie amiche e amici più giovani che non lo conoscono ma anche ai coetanei e più grandi che non lo conoscono bene (purtroppo non sono pochi)...
In attesa e fiducioso della vostra risposta, vi saluto con sincera stima sperando che la vostra “voce” si elevi e si distingua sempre dal branco.
Buona Resistenza.

Felice Spanpanato
(Nola)

Un caso di isolamento

Intendo comunicare all’opinione pubblica, agli organi di Stato e di Stampa la seguente denuncia: mentre scontavo 15 giorni di cella di puniziorne [(il massimo consentito per legge, nell’isolamento del carcere di Voghera (PV)], vengo a contatto uditivo e quindi a conoscenza che uno straniero, Tunisino, Ben Mlik Yassine, per le vicende della rivolta di Parma è sottoposto all’articolo 14 bis che normalmente si sconta in sezione con la sola esclusione delle attività in comune; invece è da mesi in completo isolamento, senza televisione, senza diritti, senza nessun rispetto delle leggi naturali e biologiche, fisiche e psichiche, con costrizione in esasperata situazione di cattività, il tutto superando la normale soglia di tollerabilità e rientrando nella fattispecie di tortura, con insensibilità all’altrui sofferenza da parte dello Stato, con offesa al sentimento di pietà, di umanità e giustizia, in totale tormento e orrore.
Infatti l’isolamento continuato è vietato e la stessa Corte Costituzionale, nelle sue numerose sentenze riguardanti il 41 bis, ha stabilito dei criteri da evitare nei regimi punitivi che nel caso specifico non sono rispettati.
Ben Mlik Yassine è l’unico detenuto in Italia che non ha la televisione in cella, non sa che poteva impugnare il provvedimento ministeriale, non ha una lira, non ha avvocato, non sa scrivere, leggere e parlare bene in italiano, e sopratutto è straniero, ma questa non credo sia una buona ragione per non trattarlo al pari del peggior delinquente italiano!
Spero che qualche “Onorevole” legga questo appello e chieda una interpellanza parlamentare al Ministro di Grazia e Giustizia.
Pur sapendo che questa lettera mi costerà delle ritorsioni, non posso certo essere complice con il mio silenzio di questo Stato ingiusto e crudele.
Cordiali saluti.

Carmelo Musumeci
(Carcere di Voghera)

Un volgare Giubileo

La storia non si cancella, così come non si cancellano anni di sofferenze e di lotte dei lavoratori per conquistare quei preziosi (anche se limitati) diritti che oggi sembrano soltanto fastidiosi inciampi all’inesorabile avanzata del capitale globale.
Se non ricordo male la festa del 18 maggio nacque per ricordare i “martiri di Chicago”, un gruppo di anarchici impiccati dalle autorità americane perché protagonisti degli scioperi di massa scoppiati negli Stati Uniti nel lontano 1886 per chiedere la riduzione dell’orario di lavoro a 8 ore giornaliere. Da allora, quello che un tempo veniva chiamato movimento operaio si è ritrovato in piazza per rivendicare la propria dignità e lottare contro la prepotenza del potere economico e dei suoi alleati in politica.
Negli ultimi anni il mondo del lavoro è radicalmente cambiato e i vecchi paradigmi appaiono inadeguati a spiegare le trasformazioni in atto, chi un tempo scendeva in piazza con i lavoratori oggi siede comodamente nelle stanze del potere, i sindacati sono fantasmi di se stessi, asserviti ai governi di turno. Nonostante ciò questa data conserva intatto il suo valore simbolico, anzi, oggi più che mai, motivi di lotta ne esistono, non più ristretti entro obsoleti confini statali ma riferibili ad un più ampio ambito globale. Sfruttamento, disoccupazione, lavoro minorile, ricchezza accumulata nelle mani di pochi e povertà sempre più diffusa, flessibilità selvaggia, e quant’altro, non sono il pallino di qualche ingenuo sognatore ma problemi reali, legati a scelte economiche e politiche precise, i cui responsabili, a ben guardare, sono facilmente individuabili (siano essi un primo ministro o una multinazionale).
Eppure non ho sentito parlare di queste cose lunedì scorso, la notizia sui giornali ed in TV era un’altra: si celebrava il giubileo dei lavoratori e la “giusta causa” da promuovere era “Jubilee 2000” per la cancellazione del debito del terzo mondo. Perché santa romana chiesa, che forse sarebbe più corretto chiamare Vaticano Corporation visto il lucroso giro d’affari creato con il giubileo, si è impadronita del 18 maggio? E perché i sindacati e la società civile cosiddetta laica hanno permesso che ciò avvenisse? Non credo sia necessario essere atei o anticlericali per porsi questi interrogativi e tentare delle risposte.
Il giubileo è un evento importante per molti cristiani in buona fede ma lo è ancor di più per la Chiesa la quale lo sta usando per riaffermare un primato sulle coscienze che è insieme religioso e politico: religioso perché, nonostante le solenni dichiarazioni di riconciliazione, mira all’affermazione della propria “Verità”, politico perché ambisce ad occupare il vuoto lasciato dal crollo delle ideologie del passato offrendo facili e superficiali ricette per la soluzione delle questioni sociali. Ecco perché la festa dei lavoratori rappresenta un tassello importante di questo disegno egemonico, preoccupante in quanto “esclusivo” ed in definitiva intollerante nei confronti della diversità e della libertà.
L’entusiasmo giubilare che sembra aver contagiato tutti fa passare in secondo piano le solenni dichiarazioni di autorevoli prelati che alimentano posizioni razziste agitando lo spauracchio della “invasione islamica”, l’aiuto diplomatico concesso a fior di dittatori quali Pinochet, gli ostacoli posti ad esponenti della “teologia della liberazione” schierati dalla parte delle popolazioni indigene in America Latina (vedi Chiapas), le vere e proprie crociate contro le famiglie di fatto e le minoranze sessuali, le posizioni anacronistiche sulla contraccezione (terribili se rivolte a paesi del terzo mondo dilaniati dall’esplosione demografica e dall’AIDS), il silenzio sulla pena di morte.
Non sono più necessari eserciti, tribunali e roghi, basta saper usare bene i mass-media: il dubbio non è ammesso, la libera espressione di un punto di vista critico guardata con sospetto
Evviva Giordano Bruno!

Antonio Lombardo e
Lele Odiardo
(Piasco - Cn)

Genova per A

Sabato 10 giugno,
a Genova, nei locali della Biblioteca Francisco Ferrer
piazza Embriaci 5/3, alle ore 20 si tiene una cena, il
cui ricavato andrà a beneficio della rivista.
Intervengono Mauro Macario con le sue poesie e
Alessio Lega con la sua chitarra.

 

 

I nostri fondi neri

Sottoscrizioni.
Lorenza Tommasini (Monza) in memoria di Renato Tommasini, 100.000; Federico Vercellino (Torino), 50.000; Medardo Accomando (Manocalzati), 50.000; Tommaso Lamargese (Torino), 50.000; Loredana Scherl (Trieste) “in memoria del mio compagno Gianfranco Pellican nel 6° anniversario della sua morte”, 50.000; Pietro Steffenoni (Lodi), 58.000; Aurora e Paolo (Milano) ricordando Pio Turroni nel 18° della sua scomparsa, 1.000.000; Marco Cella (Saronno), 25.000; Marcella Billi (Roma), 20.000; Nadia Agustoni (Rufina), 20.000; Tano Marcellino (Firenze), 10.000; Pralina (Firenze) “con tanti bacini al piccolo Jacopo Fantazzini”, 5.000; Audrey Goodfriend (Berkeley - USA), 214.000; Alberto Ciampi (San Casciano Val di Pesa), 20.000; Jean-Jacques Gandini (Montpellier - Francia), 110.000;Giancarlo Tecchio (Vicenza), 50.000; Alberto Altamura (Molfetta) “nel ricordo di Fabrizio”, 50.000; raccolte nella serata dedicata a Fabrizio De André promossa dalla Mag 6 l’11 maggio (Reggio Emilia), 236.000.
Totale lire 2.118.000.

Abbonamenti sostenitori.
Fabrizio Prete (Milano), 150.000. Enrico Calandri (Roma), 300.000; Luigi Zanieri (Baragazza), 150.000.
Totale lire 600.000