rivista anarchica
anno 30 n.265
estate 2000


dossier Australia

Gli anarchici in Australia
intervista di Tiziana Ferrero-Regis
a Brian Laver e Peter Sheldon

A colloquio con due “storici” esponenti dell’anarchismo australiano.

Cominciamo dalla storia dell’anarchismo australiano. Vorrei sapere, ad esempio, se c’è stata un’influenza degli anarchici italiani emigrati in Australia durante il fascismo.

Peter - Gli italiani che emigrarono qui in particolare negli anni Venti, furono molto attivi e influenti tra i tagliatori di canna da zucchero nel nord del Queensland. Ma non furono capaci di creare un movimento anarchico australiano. Essi tendevano infatti a lavorare all’interno della comunità italiana, o in maniera più generica all’interno del movimento operaio australiano. Gli anarchici che sono arrivati numerosi dopo la seconda guerra mondiale, si sono stabiliti quasi tutti a Melbourne, e sono rimasti all’interno della comunità italiana. Essi hanno avuto meno impatto, e aperto meno contatti, con gli anarchici locali, che tra l’altro non erano più numerosi del gruppo di anarchici che li aveva preceduti. Anche se gli anarchici italiani erano molti, penso che abbiano fatto più lavoro di raccolta di fondi per il movimento anarchico italiano che lavoro locale.

Brian - Per lunghi periodi nella storia australiana, gli anarchici vennero regolarmente imprigionati. Nel 1890, per esempio, e fino alla fine della prima guerra mondiale, gli anarchici vennero attaccati dal partito laburista e dal ministro laburista Bill Hughes perché erano contrari alla guerra. Il movimento anarchico fu politicamente distrutto da una combinazione di attacchi da parte del partito laburista e della sinistra marxista-leninista che fondò poi il partito comunista. È solo negli anni Sessanta che il movimento anarchico ha sviluppato gruppi di intervento locali, e questo grazie alla campagna contro la guerra in Vietnam.

Qual era la corrente ideologica più influente nel movimento dei lavoratori australiano prima della seconda guerra mondiale?

Peter - La corrente principale era collegata con il partito laburista, che era socialdemocratico. Poi, da destra a sinistra, c’erano i cattolici e i comunisti. Tuttavia, all’interno del partito comunista, che era piuttosto forte negli anni Trenta, c’era una forte corrente anarco-sindacalista rappresentata negli Industrial Workers of the World (IWW), che fu molto attiva fino alla seconda guerra mondiale.

Brian - L’ IWW rappresentò la più grossa corrente ideologica contro la guerra. Con loro c’erano gruppi di pacifisti e la comunità irlandese. Era uno spettro politico molto ampio, ma l’IWW fu il gruppo che organizzò la resistenza più coraggiosa. Bisogna dire che gli anarchici non furono solo distrutti dallo stato, ma anche dalla sinistra istituzionale e soprattutto dai marxisti-leninisti all’interno del movimento dei lavoratori.

Peter - I comunisti sono diventati poi la maggiore forza di opposizione negli anni Trenta, e in particolare i trotzkisti a Sydney. Ma come è successo anche in altri paesi in cui l’ala libertaria era stata molto influente, anche in Australia l’esperienza di democrazia diretta dell’IWW è rimasta per lungo tempo anche dopo la distruzione dell’IWW stessa. Questi principi sono ancora presenti a livello di base all’interno del movimento operaio australiano in alcuni settori 1.

Come si è caratterizzato ideologicamente l’anarchismo in Australia?

Peter - Gli anarchici europei emigrati in Australia nei vari periodi - italiani, spagnoli, bulgari - hanno portato un’idea classica dell’anarchismo europeo, soprattutto a Sydney, dove l’anarchismo rischiava di soccombere alla cultura un po’ bohemienne, in un certo senso individualista e socialmente irresponsabile.

Brian - Gli anarchici europei hanno portato l’idea che l’anarchismo deve essere un movimento socialista, mentre, bisogna precisare, il punto debole dell’anarchismo australiano è sempre stato il suo individualismo, che in un certo senso si accompagna bene con la cultura anglo-sassone. Una delle ragioni per cui i modelli collettivisti dei movimenti socialisti non hanno mai avuto presa in Australia è che la cultura dominante è così individualista! Sia Peter che io siamo stati influenzati dalla storia dell’anarchismo europeo, dal fatto che era un movimento sociale e collettivista, e organizzato, e abbiamo cercato di influenzare il movimento anarchico australiano dagli anni Sessanta in poi.

Vi spiace se passiamo al movimento dagli anni Sessanta ai nostri giorni? Per esempio, fino a 20 anni fa in Queensland era persino illegale essere omosessuali... C’era molta repressione.

Brian - Sì, era illegale essere omosessuali, ma non essere anarchici. Tuttavia, il gruppo che abbiamo formato allora, circa novanta membri attivi, era semi-clandestino perché dovevamo fare i conti con i servizi segreti a livello quotidiano. Voglio dire, eravamo continuamente perseguitati. Il gruppo era formato da gente di sinistra di formazione socialista, gente che voleva rompere con la sinistra autoritaria. C’era gente attiva nelle fabbriche, studenti delle scuole superiori, universitari, e lavoratori della sanità.

Quando fu attivo questo gruppo esattamente?

Brian - Tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta. Per diventare un membro del gruppo si doveva far parte di una cellula per un anno, e poi per entrare nel gruppo bisognava essere raccomandati da ogni membro del gruppo. Era molto difficile infiltrarci. Un impiegato della polizia segreta ci disse un giorno (molti anni dopo) che il nostro gruppo era molto difficile da infiltrare. I novanta membri effettivi del gruppo si allargavano a circa duecento compagni attivi nelle cellule. Allora era il gruppo più numeroso in tutta l’Australia ed ebbe un enorme impatto nella politica di sinistra di quel periodo. A un certo punto eravamo così efficaci nella lotta contro la guerra in Vietnam che il partito comunista e il partito laburista (e tutti gli altri gruppi più o meno importanti del centro e della sinistra) cercarono di reclutarci.
Cercammo di costruire un movimento a livello nazionale, e ne soffrimmo le conseguenze. Penso proprio perché dovemmo seguire una prassi politica autoritaria e così dopo 6-7 anni straordinari, il gruppo crollò.
Il movimento anarchico a Brisbane non si ricostituì più fino alla metà degli anni Ottanta. Il nostro programma è rimasto lo stesso, tuttavia, cioè la costituzione di una coalizione di consigli locali autogestiti. Quello che vogliamo è la dissoluzione della costituzione australiana, lo stato, le istituzioni, il parlamento, e la loro sostituzione con federazioni di consigli di comunità locali. La nostra strategia in Brisbane è quella di concentrare le nostre energie in una comunità - West End nel nostro caso - e di creare un’area liberata.

Peter - Io vengo da Sydney, dove la tendenza era diversa. Tuttavia, negli anni Settanta il movimento a Sydney si orientò un po’ di più verso l’organizzazione. Brisbane è sempre stato orientato verso una politica dei consigli federati. La tradizione a Sydney negli anni Settanta era più anarcosindacalista, ma alla fine si dimostrò perdente. Ma non so se il vostro tentativo a Brisbane in quel periodo fu molto più positivo del nostro. La vostra idea di costruire un’organizzazione basata sui consigli di quartiere per la creazione della democrazia diretta si è dovuta scontrare con la questione della forma che quest’organizzazione doveva assumere...

Brian - Abbiamo fallito, e abbiamo fallito per varie ragioni. Per primo, non abbiamo capito l’ampiezza dei problemi che tale politica ci presentava, e poi anche a causa di un attacco incredibile da parte delle istituzioni. Qundo lanciammo queste campagne nelle fabbriche, scuole, università, lo stato contrattaccò nel modo più violento. Eravamo tutti sulla lista nera dei servizi segreti, molti di noi persero il lavoro a causa delle idee politiche. La persecuzione era quotidiana. Eravamo esausti.

Cosa è successo a Brisbane dalla metà degli anni Ottanta?

Brian - Quando ci siamo riorganizzati, abbiamo riflettuto sui nostri errori. Soprattutto abbiamo capito che per costruire un’organizzazione basata sui consigli federati, dovevamo considerare nel loro particolare anche categorie diverse, i lavoratori ad esempio. I vari gruppi devono essere autonomi, ma la loro filosofia di base deve essere definita dalla comunità e deve essere orientata verso l’idea comunitaria. Poi i vari gruppi gestiscono autonomamente i loro problemi.

Cosa avete fatto, in pratica, da quando vi siete ricostituiti nel 1985?

Brian - Abbiamo aperto una libreria e un ristorante. Dato che qui in Australia ai cicloni si danno nomi propri maschili e femminili, abbiamo chiamato il ristorante Kropotkin’s e la libreria Emma’s Bookshop. Il ristorante ebbe un successo tremendo, molta gente veniva e non aveva paura di mangiare sotto gli occhi dei poster di Bakunin o quelli surrealisti del ‘68. Allora abbiamo capito che se avessimo creato le infrastrutture all’interno della comunità, ci sarebbe stata tanta gente che si sarebbe associata con noi.
Dopo la libreria, abbiamo pensato che forse potevamo provare anche con un festival annuale. Nel 1988 a Brisbane c’è stata l’esposizione mondiale, ed era proprio qui a Southbank 2. Così abbiamo pensato di fare un festival autogestito ogni anno, un festival di quartiere gestito dagli anarchici e al quale contribuiscono tutti gli operatori commerciali della zona. Il festival, che continua tutt’ora e che alla sua ultima edizione ha visto passare ventimila persone in un giorno, è diventato un evento culturale a livello cittadino, e anche economico, nel senso che con i proventi riusciamo a sovvenzionare altre iniziative nella comunità.
Poi c’è l’Institute for Social Ecology, che ha una biblioteca di duemila testi anarchici, femministi, marxisti libertari, di cultura indigena, ecc. E siccome le università in Australia oramai sono diventate delle imprese di capitale, dove si fa tutto meno che crescere individui intellettualmente indipendenti e liberi, all’Institute abbiamo cominciato a organizzare corsi di politica, scienze sociali, teorie del cinema, media, ecologia, storia dei movimenti sociali, ecc. Abbiamo messo giù il progetto per far accreditare l’Institute dal ministero dell’educazione come libera università. Così saremmo in grado di fornire corsi alternativi a quelli delle altre università di Brisbane.
Come vedi, cerchiamo di creare molti fronti. Speriamo che dal festival, dalla sua gestione (alla quale partecipano altri comitati, ad esempio per organizzare gli spettacoli, cibo, bevande, servizio di sicurezza, servizi sanitari, pubblicità, vendita degli spazi ai venditori ambulanti, e persino i rapporti con la polizia del quartiere, ecc) venga fuori un giorno l’embrione del consiglio di quartiere autogestito. Stiamo cercando di irrompere nella società, non vogliamo essere marginali, e non vogliamo più automarginalizzarci. Il resto è storia d’oggi giorno.

Peter - A Sydney, nello stesso periodo di Brisbane, dagli anni Settanta c’è stata una grossa presenza libertaria ed extraparlamentare ben organizzata. Fino agli anni Settanta c’erano molti individui, la tendenza predominante era quella anti-organizzazione, anche un po’ asociale. Anche noi abbiamo cercato di sviluppare una certa forma di infrastruttura che si differenziasse da forme di militanza spontaneistiche. Così nel 1977 è stata aperta la libreria Jura Books. A Sydney c’era un movimento di sinistra extraparlamentare molto più numeroso che a Brisbane. Gli anarchici avevano una pessima reputazione, così pensammo che con una libreria potevamo far circolare idee serie sull’anarchismo. In un certo senso, per Brisbane fu molto più facile riempire il vuoto che c’era a sinistra dei partiti istituzionali.

Brian - Ma anche più difficile... Non dimenticare la repressione.

Peter - Sì, certo, era molto più opprimente, ma a Sydney c’erano molti gruppi comunisti, e l’anarchia era appena qualcosa più di una favola. Poi con il Jura Books volevamo anche aprire uno spazio dove ci si potesse incontrare, fare lavoro culturale e intellettuale. La tendenza dominante era anarcosindacalista, ma Jura Books era pluralista, aperta a tutte le tendenze anarchiche. In Sydney c’è sempre stato un forte collegamento emotivo con l’IWW e la storia dell’IWW. A un certo punto si volle ricreare l’IWW, ma il tentativo fallì. Devo dire che a Sydney c’è sempre stato un problema tra la realtà e le idee grandiose. Si volevano creare infrastrutture senza avere la gente pronta dietro. La federazione anarcosindacalista è stata molto più attiva e ha avuto molto più successo in Melbourne, anche se oggi penso che stia crollando.
Con il Jura Books abbiamo organizzato le solite cose, conferenze, dibattiti, serate di poesia. Abbiamo creato una rete non solo in Australia, ma anche nel sud Pacifico, in Nuova Zelanda ad esempio. Comunque, l’attività del Jura Books è andata via via declinando e non penso che ci sia oggi molta gente che riflette sugli errori.

Mi pare che l’idea dei compagni di Brisbane, quella di partire dalla comunità, si riveli più positiva, voglio dire, Brisbane mi sembra più vitale in questo momento.

Peter - Voglio dire due cose al riguardo. Beh, intanto quello che dici è vero. Poi noi a Sydney ci siamo concentrati solo sul Jura Books e ci siamo in qualche modo limitati. E inoltre c’erano molti più gruppi della sinistra, come ho già detto. Sydney è una città più grande di Brisbane, più costosa. Era più difficile coordinare un movimento. Se vai indietro a sessanta-settanta anni fa, c’erano molti più anarchici allora. Ma la composizione sociologica era differente. E poi c’era l’idea dell’immediatezza del progetto, c’era un senso dell’immediatezza che oggi non c’è più.

Brian - Il punto è che oggi non ci sono le condizioni per costruire un gruppo semi-clandestino e fare la rivoluzione. Noi non siamo leninisti, o avanguardisti, siamo anarchici e dobbiamo puntare all’educazione all’autogestione e alla propositività in ogni campo, da quello sociale a quello personale. C’è molta gente là fuori che non vede cosa significa essere un cittadino, quindi dobbiamo far passare i valori anarchici e costruire una società, anche a livello microscopico, che sia sicura di sé, delle proprie possibilità di vivere in libertà. Allo stesso tempo dobbiamo cercare di uscire dal concetto di sottocultura e pensare a costruire un progetto sociale, un progetto di comunità.

Peter - Noi abbiamo avuto un flusso di militanti straordinario nel passato e abbiamo cercato di integrare i nuovi compagni dando specifiche responsabilità, ma abbiamo fallito.

Brian - La gente viene da noi continuamente. Molti si uniscono agli anarchici per una serie di motivi, da quelli personali a quelli contingenti, perché sono interessati a un progetto specifico.

Pensi che ci siano problemi di personalità? Che la gente si unisca agli anarchici per una serie di problemi che poi noi non riusciamo a soddisfare?

Brian - Problemi personali? Mah, non si può dire. Io penso che dopo migliaia di anni di cultura dominante gerarchica è una cosa straordinaria che migliaia di uomini e donne con una nozione egualitaria esistano ancora. Dobbiamo rispettare la nostra cultura libertaria. Tutti i cambiamenti sociali vengono fuori da una realtà di idee che emergono e cambiano continuamente e se noi riusciamo a modificare e raffinare continuamente le nostre idee libertarie e la relazione tra libertà individuale e libertà sociale, la responsabilità ecologica, si possono creare delle condizioni oggettive di cambiamento all’interno delle culture gerarchiche in crisi. Le idee che possiamo offrire in quelle situazioni possono diventare dominanti, nel senso che la gente sceglie di smantellare la gerarchia, ideologicamente, personalmente e socialmente.

Intervista e traduzione
a cura di
Tiziana Ferrero-Regis


Brian Laver (a sinistra).

 

1- Vedi ad esempio le lotte dei lavoratori portuali, che nel 1998 hanno occupato e bloccato i porti australiani per un lungo periodo, rifiutando la politica conciliatoria dei sindacati ufficiali e costringendoli ad assumere posizioni più radicali. Recentemente, le miniere del nord del Queensland sono state occupate per una disputa sindacale che si protraeva da tempo.
2- Southbank è un quartiere continguo a West End. Il quartiere si snoda lungo la riva sud del fiume. Per organizzare l’Expo il comune ha letteralmente ripulito il quartiere da vecchie case coloniali che erano usate come pensioni da gente disoccupata o con bassissimi stipendi. Dopo l’Expo, Southbank è diventato un parco con caffè, ristoranti, amenità varie, intrattenimenti, mercatini di chincaglieria varia, ecc. L’esposizione mondiale del 1988 diede il via al processo di speculazione edilizia dei quartieri limitrofi, incluso West End.

 

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