rivista anarchica
anno 30 n.265
estate 2000


arte

In rete senza documenti
intervista di Maria Mesch a Marion Baruch

L’esperienza dall’arte alla militanza di un’artista italiana, nata in Romania (in terre prima ungheresi), residente in Francia.

chartographes sans lieu

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des Sans Papiers sont en voyage dans le net
http://www.moneynations.ch/cartographes

Une cartographie de leur libre circulation se dessine.
Prenez part ... on attend des nouvelles,
l’action es t en cours...

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unplaced cartographers
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a group of undocumented people - “sans papiers” -
is travelling through cyberspace

http://www.moneynations.ch/cartographes

a cartography is taking shape on the net, showing the
sites where they have been granted full and unrestricted
right of residence. please take part in the action ...

Com’è nato il progetto dei sans papier in rete?

Con un invito ad una mostra dal titolo “micropolitiques” nel luogo prestigioso del centro d’arte contemporanea “le magasin” a Grenoble, rivolto a me in quanto “name diffusion” per febbraio 2000. Io lavoro dal 1990 in questo modo: in gruppo, senza firma d’autore, logo no copyright. Seguo da anni il movimento dei sans-papiers a Parigi e in generale la gente in migrazione, anche a Milano. Quest’ultimo progetto vuol essere un ponte tra il reale e il virtuale: libera circolazione dei sans-papiers nel net, “date residenza ai sans-papiers nel vostro sito”. Con il sito http://www.moneynations.ch/cartographes e con la cartografia del movimento sul terreno “cartographie1” viene resa pubblica la dinamica delle occupazioni, manifestazioni, assemblee, picchetti, arresti, scioperi della fame intorno all’asse del potere di Parigi, istituzionale e statico.
Purtroppo la nostra proposta di creare dibattiti e incontri intorno al progetto nel corso della mostra, dal 5 febbraio al 30 aprile 2000, non é stata accolta, l’unica concessione è stata l’installazione on line (nel sito c’è “l’attualità” del sito Pajol, creato per i sans-papiers) e l’ingresso gratuito, con la password: collectif des sans-papiers, Grenoble. La mostra è stata accademica, statica e istituzionale. Io ho voluto lo stesso realizzare il lavoro, pur non avendo il minimo aiuto finanziario dal Magasin, con le nostre proprie forze, e per il nostro proprio interesse “artistico” nel militantismo e “politico” nell’arte.

In effetti l’uso di tematiche sociali e politiche da parte di artisti è una forma di espressione e di riflessione attuale, penso che almeno sin dai tempi della scultura sociale di Joseph Beuys e dell’estensione del concetto di arte, il sociale sia un aspetto dell’arte contemporanea, è diventato una tecnica, una moda quasi... Ma il lavoro con il sociale comporta responsabilità per l’artista, necessita di credibilità e attenzione di fronte al rischio di utilizzare altri per il proprio lavoro. Alla fine questi progetti diventano comunque anche l’opera di una persona, o di un gruppo di artisti e potrebbero essere visti, in extremis, come “sfruttamento”. Come vedi i sans papier in questa cornice?

“Utilizzare altri per il proprio lavoro”... La nostra vita è fatta sempre di altri, dipende da chi ci interessa o che cosa, a chi ci piace rivolgere attenzione, con chi si ha voglia di passare tante ore della giornata, insomma che cosa è urgente fare, o che tipo di vita facciamo, chi frequentiamo ...
L’unica alternativa allo “sfruttamento” è il silenzio. Quando si è coinvolti in problemi sociali e politici è impossibile star zitti e nello stesso tempo è difficile parlarne nell’arte perché sorge lo spettro dello sfruttamento.
Stranamente io sono arrivata al militantismo attraverso l’arte, non viceversa. L’arte è in cerca di spazio da sempre. Il movimento dei sans-papiers a Parigi è stato per me un grande insegnamento di vita ma anche vita stessa, in relazione con il mondo, specialmente l’Africa, una presa di coscienza nel cuore del mondo occidentale e della sua cultura di consumo, tramite questo doloroso sintomo che è la condizione nella nostra società dei “clandestini” che si sono guadagnati il titolo di “sans-papiers” attraverso la loro presa di parola.

Come vivi il relazionarti da una parte con il mondo molto reale, quotidiano, dei sans papiers e dall’altra con quello istituzionale dell’arte? So che hai fatto anche altri progetti che dimostravano interesse verso le realtà alternative dell’arte.

Non si può esistere completamente fuori dalle istituzioni, ci sono anche quelle giuste. Non il Magasin a Grenoble ma per esempio la Schedhalle di Zurigo nella Rote Fabrik, dove ha avuto luogo il progetto Moneynations a cui avevo partecipato e che mi ospita nel net anche per il progetto Cartographes sans lieu. Si tratta di un’azione nel net e tutti siete invitati a partecipare. “Name diffusion” propone di accogliere un gruppo di sans-papiers sul proprio sito, dar loro diritto di residenza e tramite l’immagine del gruppo creare un passaggio, una libera circolazione, un attraversamento da un sito all’altro, in modo che i sans-papiers, in questo caso, diventino i cartografi del web, essendo già i cartografi del mondo contemporaneo.

Ci sono mai stati problemi legati all’uso di immagini e di storie personali di immigrati nel tuo lavoro?

Nel corso di questo lavoro ho imparato che l’uso di immagini è ancora un tabù che pensavo superato da tempo. Nel nostro sito è ancora visibile il filo di incidenti che si sono succeduti a questo riguardo. Specialmente una foto di una giovane coppia, lei francese lui africano, utilizzata da noi ma completamente trasformata al computer (il viso di lei è diventato cinese). Tutto è stato manipolato - ma, purtroppo riconosciuti da militanti, siamo stati accusati di dissacrazione della loro foto di matrimonio. Abbiamo cambiato l’immagine e pregato i partecipanti all’azione di cambiarla in modo analogo, ma non tutti l’hanno fatto.
Tante vicende segnano il percorso di questo progetto. La presenza di immagini diverse racconta contraddizioni e problemi irrisolti e con questo tradisce le difficoltà legate al problema dell’immagine quando l’immagine non è tutta in 3D.
Le immagini dei “tarocchi” del lavoro precedente http://www.moneynations.ch/displacement_for non rappresentano mai le persone di cui parlo, ma sempre altri... Quelle immagini non sono manipolate, sono vere, ma non mostrano mai di chi parlo. In quel caso c’è stata una lunga presa di contatto con quelle persone, conosciute in strada, a Milano e ancora di più a Parigi, sono diventati amici, nel vero senso della parola, lo scambio è stato vissuto nel tempo ma anche nella lingua che è la loro: il romeno.

Sei italiana, credo, ma vivi a Parigi da tempo - c’è una relazione tra il tuo essere immigrata/emigrata e la tua sensibilità per coloro che per motivi burocratici non hanno la stessa libertà di spostarsi legalmente?

Io sono italiana ma rifugiata di origine. Ovviamente il mio status Schengen mi obbliga a rivolgermi a coloro che non hanno in tasca una solida carta d’identità. Che altro si può fare con una carta d’identità ???

Nel gruppo di discussione ho visto testi in differenti lingue, tra cui quello di un’italiana simpaticamente multilingue -“(...) Così le mie comunicazioni I’ll be a melting po of languages. Je crois d’avoir le meme probleme d’une indiane, d’une africaine, d’un curde qui arrives en Europe. Mais j’ai dictionaires, livres, internet; j’ai quelques uns who want m’entendre: ca fait la difference ! someone want to talk to you and with you, someone want to understand you and your needs and, maybe, someone want to respect your feeling. That means: changer la ‘difference’ envaleur, en resource. (...) Spero che avremo modo di parlarne ancora, per ora vi abbraccio tutti. Loredana”
Qual è la tua esperienza legata all’uso alla conoscenza di lingue differenti, ai problemi e alle risorse per la comunicazione che ne derivano?

Le lingue sono il mio percorso, io sono per definizione tra le lingue. Sono nata in Romania in una zona che era stata prima l’Ungheria. Nessuno parlava romeno. L’ho imparato a scuola. Tutta la mia vita èstata un viaggio da una lingua all’altra. Attraversamento di confini. Il gruppo di discussione di cui sono la moderatrice, “bordercartograph” (titolo che non è né inglese né francese) è un, esperienza molto importante che riguarda la costruzione di uno spazio pubblico tra diverse nazionalità e più continenti, sul tema delle frontiere reali e virtuali e il loro interscambiarsi (shifting). I messaggi sono leggibili nel nostro sito, click sul bottone “bordercartograph”. Iscrivetevi alla discussione!

Maria Mesch