Com’è nato il progetto dei sans papier in rete?
Con un invito ad una mostra dal titolo “micropolitiques” nel
luogo prestigioso del centro d’arte contemporanea “le magasin”
a Grenoble, rivolto a me in quanto “name diffusion” per febbraio
2000. Io lavoro dal 1990 in questo modo: in gruppo, senza firma
d’autore, logo no copyright. Seguo da anni il movimento dei
sans-papiers a Parigi e in generale la gente in migrazione,
anche a Milano. Quest’ultimo progetto vuol essere un ponte tra
il reale e il virtuale: libera circolazione dei sans-papiers
nel net, “date residenza ai sans-papiers nel vostro sito”. Con
il sito http://www.moneynations.ch/cartographes e con la cartografia
del movimento sul terreno “cartographie1” viene resa pubblica
la dinamica delle occupazioni, manifestazioni, assemblee, picchetti,
arresti, scioperi della fame intorno all’asse del potere di
Parigi, istituzionale e statico.
Purtroppo la nostra proposta di creare dibattiti e incontri
intorno al progetto nel corso della mostra, dal 5 febbraio al
30 aprile 2000, non é stata accolta, l’unica concessione
è stata l’installazione on line (nel sito c’è
“l’attualità” del sito Pajol, creato per i sans-papiers)
e l’ingresso gratuito, con la password: collectif des sans-papiers,
Grenoble. La mostra è stata accademica, statica e istituzionale.
Io ho voluto lo stesso realizzare il lavoro, pur non avendo
il minimo aiuto finanziario dal Magasin, con le nostre proprie
forze, e per il nostro proprio interesse “artistico” nel militantismo
e “politico” nell’arte.
In effetti l’uso di tematiche sociali e politiche da parte
di artisti è una forma di espressione e di riflessione
attuale, penso che almeno sin dai tempi della scultura sociale
di Joseph Beuys e dell’estensione del concetto di arte, il sociale
sia un aspetto dell’arte contemporanea, è diventato una
tecnica, una moda quasi... Ma il lavoro con il sociale comporta
responsabilità per l’artista, necessita di credibilità
e attenzione di fronte al rischio di utilizzare altri per il
proprio lavoro. Alla fine questi progetti diventano comunque
anche l’opera di una persona, o di un gruppo di artisti e potrebbero
essere visti, in extremis, come “sfruttamento”. Come vedi i
sans papier in questa cornice?
“Utilizzare altri per il proprio lavoro”... La nostra vita
è fatta sempre di altri, dipende da chi ci interessa
o che cosa, a chi ci piace rivolgere attenzione, con chi si
ha voglia di passare tante ore della giornata, insomma che cosa
è urgente fare, o che tipo di vita facciamo, chi frequentiamo
...
L’unica alternativa allo “sfruttamento” è il silenzio.
Quando si è coinvolti in problemi sociali e politici
è impossibile star zitti e nello stesso tempo è
difficile parlarne nell’arte perché sorge lo spettro
dello sfruttamento.
Stranamente io sono arrivata al militantismo attraverso l’arte,
non viceversa. L’arte è in cerca di spazio da sempre.
Il movimento dei sans-papiers a Parigi è stato per me
un grande insegnamento di vita ma anche vita stessa, in relazione
con il mondo, specialmente l’Africa, una presa di coscienza
nel cuore del mondo occidentale e della sua cultura di consumo,
tramite questo doloroso sintomo che è la condizione nella
nostra società dei “clandestini” che si sono guadagnati
il titolo di “sans-papiers” attraverso la loro presa di parola.
Come vivi il relazionarti da una parte con il mondo molto
reale, quotidiano, dei sans papiers e dall’altra con quello
istituzionale dell’arte? So che hai fatto anche altri progetti
che dimostravano interesse verso le realtà alternative
dell’arte.
Non si può esistere completamente fuori dalle istituzioni,
ci sono anche quelle giuste. Non il Magasin a Grenoble ma per
esempio la Schedhalle di Zurigo nella Rote Fabrik, dove ha avuto
luogo il progetto Moneynations a cui avevo partecipato e che
mi ospita nel net anche per il progetto Cartographes sans
lieu. Si tratta di un’azione nel net e tutti siete invitati
a partecipare. “Name diffusion” propone di accogliere un gruppo
di sans-papiers sul proprio sito, dar loro diritto di residenza
e tramite l’immagine del gruppo creare un passaggio, una libera
circolazione, un attraversamento da un sito all’altro, in modo
che i sans-papiers, in questo caso, diventino i cartografi del
web, essendo già i cartografi del mondo contemporaneo.
Ci sono mai stati problemi legati all’uso di immagini e
di storie personali di immigrati nel tuo lavoro?
Nel corso di questo lavoro ho imparato che l’uso di immagini
è ancora un tabù che pensavo superato da tempo.
Nel nostro sito è ancora visibile il filo di incidenti
che si sono succeduti a questo riguardo. Specialmente una foto
di una giovane coppia, lei francese lui africano, utilizzata
da noi ma completamente trasformata al computer (il viso di
lei è diventato cinese). Tutto è stato manipolato
- ma, purtroppo riconosciuti da militanti, siamo stati accusati
di dissacrazione della loro foto di matrimonio. Abbiamo cambiato
l’immagine e pregato i partecipanti all’azione di cambiarla
in modo analogo, ma non tutti l’hanno fatto.
Tante vicende segnano il percorso di questo progetto. La presenza
di immagini diverse racconta contraddizioni e problemi irrisolti
e con questo tradisce le difficoltà legate al problema
dell’immagine quando l’immagine non è tutta in 3D.
Le immagini dei “tarocchi” del lavoro precedente http://www.moneynations.ch/displacement_for
non rappresentano mai le persone di cui parlo, ma sempre altri...
Quelle immagini non sono manipolate, sono vere, ma non mostrano
mai di chi parlo. In quel caso c’è stata una lunga presa
di contatto con quelle persone, conosciute in strada, a Milano
e ancora di più a Parigi, sono diventati amici, nel vero
senso della parola, lo scambio è stato vissuto nel tempo
ma anche nella lingua che è la loro: il romeno.
Sei italiana, credo, ma vivi a Parigi da tempo - c’è
una relazione tra il tuo essere immigrata/emigrata e la tua
sensibilità per coloro che per motivi burocratici non
hanno la stessa libertà di spostarsi legalmente?
Io sono italiana ma rifugiata di origine. Ovviamente il mio
status Schengen mi obbliga a rivolgermi a coloro che non hanno
in tasca una solida carta d’identità. Che altro si può
fare con una carta d’identità ???
Nel gruppo di discussione ho visto testi in differenti
lingue, tra cui quello di un’italiana simpaticamente multilingue
-“(...) Così le mie comunicazioni I’ll be a melting
po of languages. Je crois d’avoir le meme probleme d’une indiane,
d’une africaine, d’un curde qui arrives en Europe. Mais j’ai
dictionaires, livres, internet; j’ai quelques uns who want m’entendre:
ca fait la difference ! someone want to talk to you and with
you, someone want to understand you and your needs and, maybe,
someone want to respect your feeling. That means: changer la
‘difference’ envaleur, en resource. (...) Spero che avremo modo
di parlarne ancora, per ora vi abbraccio tutti. Loredana”
Qual è la tua esperienza legata all’uso alla conoscenza
di lingue differenti, ai problemi e alle risorse per la comunicazione
che ne derivano?
Le lingue sono il mio percorso, io sono per definizione tra
le lingue. Sono nata in Romania in una zona che era stata prima
l’Ungheria. Nessuno parlava romeno. L’ho imparato a scuola.
Tutta la mia vita èstata un viaggio da una lingua all’altra.
Attraversamento di confini. Il gruppo di discussione di cui
sono la moderatrice, “bordercartograph” (titolo che non è
né inglese né francese) è un, esperienza
molto importante che riguarda la costruzione di uno spazio pubblico
tra diverse nazionalità e più continenti, sul
tema delle frontiere reali e virtuali e il loro interscambiarsi
(shifting). I messaggi sono leggibili nel nostro sito, click
sul bottone “bordercartograph”. Iscrivetevi alla discussione!
Maria Mesch
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