rivista anarchica
anno 30 n.266
ottobre 2000



a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

 

Setola di Maiale

Setola di Maiale: un nome buffo, ruvido, che solletica e punge l'attenzione e non si dimentica facilmente. Avevo sentito che con questo nome collettivo un gruppo aperto e instabile di musicisti era riuscito a organizzare la registrazione di proprie libere improvvisazioni (in solo e in differenti formazioni e situazioni) e anche di composizioni sonore più strutturate, operando nella più totale libertà creativa e gestionale.
Bene o male tutta la faccenda è tenuta in piedi dall'ostinazione di Stefano Giust, che continua a suonare ed organizzare concerti e scambi riuscendo così a trasformare nel tempo di una manciata di anni questa non-organizzazione in un bel catalogo di materiali, ricco di una cinquantina di titoli diffusi secondo la più estrema accezione di "autogestione" -non da tutti condivisa però- e cioè assolutamente al di fuori del giro commerciale dei negozi. Queste musiche, va detto subito, non sono in vendita: sembra quindi che l'unico modo per ascoltarle sia il contatto diretto, magari approfittando delle rarissime occasioni in cui questi musicisti riescono ad incontrarsi ed esibirsi dal vivo.
Setola di Maiale non è l'unico gruppo di musicisti/improvvisatori in Italia che ha scelto la via dell'autogestione totale per difendersi da contaminazioni culturali ed ideologiche nefaste: è ovvio che ce ne sono anche altri, ma non sono riuscito a contattarli (dico per ora, almeno). Ecco un problema, mio come di molti altri: come fare a sapere che certe musiche esistono, che certe persone suonano, che certi eventi accadono?
La mancanza di contatti diretti con Setola (e con Snowdonia e Fringes, di cui scriverò più avanti) è stata risolta grazie ad alcuni interventi scritti sulle musiche sotterranee pubblicati da Blow Up, una ex-fanzine toscana cresciuta e diventata una regolare rivista mensile distribuita nelle edicole. Essa si occupa (con le grosse dosi di entusiasmo tipiche delle fanzine e senza dare segni espliciti di asservimento) di una gamma di musiche esagerata, che va da certo mainstream rock ai demotapes casalinghi, con una attenzione particolare alla galassia delle etichette indipendenti. Sono un paio di centinaia di recensioni e segnalazioni ogni mese e, va detto, non tutte superficiali.
Blow Up spesso pubblica nomi ed indirizzi per prendere i contatti diretti con i musicisti: è una bella cosa, in questi mesi ne ho approfittato e mi sono dato da fare con il telefono, la posta elettronica e quella tradizionale. Del resto, avevo fatto esattamente così anche vent'anni fa: dietro alla copertina di "Stations" dei Crass c'era stampato il loro indirizzo, allora avevo scritto una lettera sperando che ci fosse sul serio qualcuno dall'altra parte, sperando soprattutto che non fosse un altro stupido scherzo, una presa in giro come tante. Quella volta ha funzionato. Anche stavolta non è andata male.
Stefano Giust vive vicino a Pordenone e pesta sui tamburi e sopra altri oggetti con lo scopo di tirarne fuori il rumore della propria fantasia. Mica impresa facile: e infatti pesta duro, Stefano, e pesta "strano" (adesso si usa dire "in maniera non ortodossa", è un'espressione che in giro piace e che tutto sommato è corretta e non scontenta nessuno).
Pestava durissimo e strano anche in passato, col trio chitarra/basso/batteria Le Bambine, lontani anni luce dai Cream e dai Police e anche dai Fugazi, un album "Carni a metà prezzo" nel '93 tremendo ed inclassificabile (esercizio per i vivisezionatori: elencare nel più breve tempo possibile almeno cinquanta influenze, e solo nel primo brano del disco).
Insomma, un giorno gli ho scritto, curioso di ascoltare il suono delle setole del maiale. Ho ricevuto pochi giorni dopo un pacco gigantesco: un sacco di materiale che tuttora -dopo tre mesi- non sono riuscito ad ascoltare completamente...
Nota a margine: perché mentire? Moglie a parte, devo condividere lo spazio vitale/sonoro di casa con le nostre due figlie, e non posso certo costringere due bambine di sette e otto anni alle asperità della musica improvvisata senza il rischio reale di un intervento del telefono azzurro!
Chiusa parentesi. Gli ho telefonato poi, a Stefano, chiedendogli se faceva davvero sul serio, ma sapevo già la risposta e ci siamo messi a ridere tutt'e due. Abbiamo parlato di cose serie come l'apertura mentale -sempre ridendo- e di cose non meno serie come i nostri esperimenti sonori giovanili in cantina e le nostre doppie vite (entrambi condividiamo il destino di impiegati-per-forza, e facciamo fatica a staccare del tutto i contatti con il mondo di Utopia...).
La prima cosa che mi ha colpito, e che è stata una costante negli ascolti dei lavori di Stefano, è la sua altalenanza o forse la sua indecisione tra una certa attitudine seria e il divertimento più spontaneo e fragoroso. Mi sembra anche che sia consapevole delle proprie abilità strumentistiche e che ne faccia un saggio uso, senza cortocircuitare con la testa e sconfinare nel virtuosismo fine a sè stesso. In altre parole non dimostra paura di esporsi, e meno che meno di prendersi in giro.
Per realizzare "Ripercuotere", un doppio cd di solo-drumming, ha ritagliato una selezione da una maratona di dieci ore di improvvisazione libera notturna che lo ha visto unico protagonista. I titoli dei diversi frammenti riconducono all'effettiva ispirazione del momento, oppure glieli ha appiccicati in seguito (ma lui non dice quali, lasciando decidere noi). Dopo lo sberleffo, l'autore si ricompone dichiarando che questo è un tribute album dedicato ai batteristi e percussionisti che si sono dedicati all'esplorazione del suono...
Nel cd "Musiche delle circostanze" Stefano ha raccolto semi-improvvisazioni realizzate con campionature di vibrafono e xilofono, che vi potrei descrivere come più vicine a una sorta di Steve Reich punk ed incazzato (o febbricitante, meglio) che ai Double Image. Un atteggiamento tutt'altro che virtuosistico, ve l'assicuro, nonostante la patina di compostezza ed il rigorosissimo packaging della confezione (caratteristica del resto comune all'intera produzione dell'etichetta: copertine e catalogo hanno un'impostazione grafica essenziale e decisamente sul serioso).
Tornando a Stefano Giust l'eclettico, il suo "Margini di riciclo" è invece realizzato con un comune impianto stereo casalingo, assemblando e sovrapponendo (o meglio, riciclando) pezzetti di suono provenienti dalle varie sorgenti tradizionali (radio, registratore, giradischi) agendo sul selettore dell'amplificatore. Tra le note di copertina Stefano confessa: "...È stato divertente per me cercare di liberare questo strumento dall'idea che lo vuole asettico e sterile, capace cioè della sola riproduzione di musica precomposta, e per questo non-creativo...", e ci invita esplicitamente a ripetere l'esperienza.
E, continuando a rovistare nel catalogo, ecco il 2cd "Gbur" (ho letto da qualche parte, probabilmente su Blow Up, che significa "cafone" in polacco) che raccoglie improvvisazioni di sei musicisti tra cui Ivan Pilat dell'Orbitale Trio e Dominik Gawara, polacco trapiantato a Torino e unico indiziato come autore del titolo, anche lui iperattivo in giri di registrazioni e sessions sotterranee. È musica che va dappertutto perché non c'è una sola direzione da percorrere.
Per altre cose non saprei al momento dare indicazioni: come è stato detto grande parte di queste registrazioni è stata fatta senza altro scopo che per documentazione personale, e sospetto che il loro significato e senso d'esistenza risieda in quel momento di illuminazione che si è accesa nella testa degli autori nell'istante stesso in cui questi suoni sono nati.
Sono musiche libere per nascita e struttura, per convincimento e (perché no?) per maleducazione. Se vi piacciono le cose carine ed addomesticate, tenetevi ben lontani da questi suoni, da questi rumori. Via da questa zona oscura e libera. Alcune copie dell'album delle Bambine sono disponibili (offerta libera) nella lista di Musica per A.

Contatti:
Setola di Maiale c/o Stefano Giust, via del Porto 7/19 33080 Porcia PN.
e-mail: debecom@tin.it.

 

Lingam

Del giro di Setola di Maiale qualche tempo fa è andata in orbita la scheggia impazzita di nome Lingam. Il trio ha la propria base tra Venezia e Padova, e nella più bella tradizione setolense, non si fa intrappolare nè come struttura/gruppo (esistono anche i Lingam 2, più elastici come formazione e più orientati all'improvvisazione) nè in stereotipi di genere: un immaginario archivista avrebbe del filo da torcere nel catalogare il loro cd: non è jazz, non è musica d'avanguardia, non è rock...
Su un giornale qualcuno ha scritto che suonano del "progressive anarchico": niente male come idea, non l'avevo mai sentita una cosa così e mi piacerebbe tornarci sopra, una volta o l'altra...
I tre sono Michele Brieda (tastiere varie ed aggeggi elettronici), Giorgio Brugnone (basso, già di passaggio veloce su queste pagine qualche anno fa con i compagni di viaggio Spirosfera, un gruppo interessante ma sfortunato) e Sergio Cacherano Staropoli (chitarre ed altro).
Il cd dei Lingam "Musica per un film immaginario" (pubblicato in collaborazione con la ReR inglese, e spero che questo possa favorirne la circolazione) è un buon compromesso tra cose composte e cose improvvisate, e si presta ottimamente alla vivisezione dei kritici, i quali per descriverla hanno decretato che questa musica è influenzata da Art Bears (i primi) ed Henry Cow dell'ultimo periodo, Magma, King Crimson, dal Fred Frith del periodo Ralph e... Troppo, decisamente troppo. E sbagliato, decisamente sbagliato: Lingam suona come Lingam, ed è tutta musica nuova.
Curiosi, oltre che i suoni, sono gli abbinamenti/mescolamenti con i testi: sforbiciamenti di Samuel Beckett e Jacques Prevert, Louise Petts dei B-Shops for the Poor, Arthur Rimbaud e T. S. Eliot citati con gusto ed un certo rispetto, e che anzi si arricchiscono della complessità dell'intreccio sonoro. Un album da scoprire con fame di suono, e che potrebbe aiutare la cicatrizzazione delle ferite lasciate dagli scomparsi rockrumoristi Gi-Napajo e Detriti, anche se seppellirne il ricordo è impresa impossibile.

Contatti:
Lingam c/o Michele Brieda, via Monte Cervino 10 30030 Cazzago di Pianiga VE.

 

Fringes

Certe musiche non sono adatte al clamore, non richiedono applausi, nè consenso, nè denaro per esistere. Certe musiche non si lasciano ascoltare da tutti, non funzionano alla radio nè alla tv nè nei giornali patinati. Certe musiche non hanno funzione di sonnifero sociale.
Fringes è un'altra zona per nulla illuminata dal sole della fama e della fortuna commerciale. Storia vecchia, direte voi: il buio è la solita sfiga degli indipendenti. Non è vero: qui non ci si lamenta perché non c'è il pubblico, perché non ci sono gli spazi, perché nessuno dà soldi. Qui non ci si lamenta e basta. Per tutte queste musiche e per tutte queste persone si è trattato di una scelta precisa: questione di carattere, di ragionamenti e di gusti.
Giuseppe Ielasi vive a Monza, ed ama da sempre l'immersione in certe sonorità non proprio facili: ama tuffarsi nel suono della sua chitarra riuscendo a modificarlo, a stravolgerlo, a farlo inabissare e volare in alto. Non l'ho mai incontrato di persona, Giuseppe però tempo fa l'avevo sentito suonare in una cassetta che qualcuno mi ha passato (forse Sergio Amadori del Circa) e mi ritrovo in un gruppo di discussione via e-mail in cui c'è anche il suo recapito nella lista dei destinatari dei messaggi. Avevo già sentito parlare di lui come chitarrista "strano", e anche sapevo della sua attività di organizzatore di concerti (sempre orientati sulla lunghezza d'onda dei suoi gusti musicali): Fringes è sia il nome dell'etichetta discografica da lui fondata che il nome collettivo delle performances, appunto i Fringes Festival, che ogni tanto riescono a sciogliere lo smog che si respira a Milano e dintorni.
Come dicevo poco fa, non c'è giro di soldi, né si fa tutto questo per arricchirsi. I concerti sono rari e le occasioni per suonare insieme si inventano nelle stanze di casa; i cd si stampano in poche copie non perché si desidera offrire ragione di vita a qualche amico collezionista quanto perché piccolo è il numero delle persone che si riescono verosimilmente a raggiungere.
Dal catalogo di Fringes segnalo tre titoli, diversissimi come direzione sonora ma tutti ugualmente interessanti e stimolanti. Sono anche oggetti bellissimi da vedere e da toccare, realizzazioni grafiche inconsuete, davvero un buon mix tra semplicità e ricercatezza.
Il primo cd raccoglie alcune improvvisazioni registrate nel salotto di casa Ielasi a cui hanno partecipato, oltre al padrone di casa, altri tre improvvisatori: Renato Rinaldi, Domenico Sciajno e Gino Robair. Era il 15 maggio del 1998 e questa data è finita nel titolo dell'album. Un po' oscuro come lavoro, nuvoloso e quasi incombente come il cielo che si raggruma prima del temporale. Non è stato facile per me arrivare alla fine, lo ammetto: Ielasi 1 Pandin 0. Ma loro erano in quattro e picchiavano sodo.
Il secondo è La macchina che moltiplica A per tre ed è opera del gruppo Melgun: composizioni più strutturate ma ancora lontane dall'essere imprigionate in una qualsiasi forma sonora conosciuta. A tratti sembra la registrazione di una specie di performance teatrale (e bisogna lavorare di fantasia per riuscire a tenere il passo con queste storie veloci e sfuggenti), altre sezioni strumentali sono invece più descrittive ed emotive.
Il terzo e più recente cd offre la testimonianza che i contrabbassi sanno volare: Broken bridge di Domenico Sciajno è contemporaneamente difficile ed avvincente, ostico ed affascinante. Dei tre cd è quello che mi ha colpito ed emozionato maggiormente, ma forse è perché amo il contrabbasso in maniera particolare, e Domenico dà prova in questo suo lavoro tutto in solitudine di grande talento e sensibilità.
Come per le realizzazioni di Setola, mi è difficile descrivere tutto questo in termini tradizionali: anche queste sono musiche nate senza lo scopo di essere catturate, spesso senza il presupposto di essere diffuse e non certo per essere commercializzate.
Il significato di tutto questo? A me vengono in mente i vecchi esploratori, che osavano sfidare non tanto le terre sconosciute quanto la mentalità comune: il lavoro di Fringes è appunto una sfida nello spostare lontano il confine della musica conosciuta, i musicisti armati di creatività, fantasia ed incoscienza.
Quella di Giuseppe, di Domenico e di tutti gli altri improvvisatori è una guerra neanche tanto immaginaria contro le barriere mentali ed il pregiudizio, una guerra che va combattuta ogni giorno per non affogare nel silenzio o, peggio, nell'oceano della musica da consumare.
Alcune copie di questi cd sono disponibili nella lista di Musica per A.

Contatti: Fringes c/o Giuseppe Ielasi,
via A. Volta 6 20052 Monza MI.
e-mail: giielasi@tin.it.

 

Snowdonia

I cd di Snowdonia sono un altro caso a parte perché delle più note scatolette con dentro i consueti pezzetti rotondi di plastica d'argento che contengono musica digitale condividono solo le forme geometriche: dentro c'è cibo difficile per le orecchie. Cibo che non è sempre digeribile, oppure socialmente accettabile; d'altra parte un "normalissimo" menu standard offerto da McDonald offende 13 religioni e il 61% della popolazione mondiale... (fonte: Colors, 1994).
Torniamo alla musica: ogni tanto (e questa è una di quelle volte) si incontrano certi musicisti strani che danno vita ed energia a quel mondo a parte che tantissimi giornalisti musicali, incapaci di sintonizzarsi oppure poco disposti ad usare le orecchie e il cuore, hanno chiamato antimusica, musica/contro, non-musica... o non hanno definito affatto, semplicemente lasciandola fuori delle pagine ufficiali della musica ufficiale e facendo finta che non esista.
Snowdonia è un nome conosciuto nei nostri giri marginali fin dai tempi delle fanzine combattenti degli anni Ottanta: era appunto un osservatorio cartaceo sul sottobosco musicale indipendente durato una manciata di numeri, nato da un'idea e tenuto in vita dalla testardaggine di Marco Pustianaz.
Dopo un po' di tempo e qualche sbandamento, il progetto è stato preso in mano da Cinzia La Fauci, che ha trasferito la base operativa di Snowdonia da Torino a Messina e ha saputo trasformare la fanzine in etichetta discografica mantenendone inalterato l'amore sconfinato per le musiche piccine, diverse, strane, sottili.
Snowdonia è diversa da Setola e da Fringes, sia come terreno di gioco (ci si muove in territori sonori più pop-olari e spesso-ma-non-necessariamente secondo forme musicali più semplici all'ascolto) che come strategie di diffusione (i titoli di Snowdonia sono distribuiti tramite Audioglobe di Firenze, hanno quindi una diffusione commerciale che però, come potrete rendervi conto tra poco, non compromette in alcun modo l'integrità artistica/politica/creativa di ciascuna realizzazione).
Appena un paio di righe fa parlavo di gioco, e penso sia questa una delle caratteristiche fondamentali di Snowdonia: nonostante il supporto tecnologico digitale e serioso, la mentalità e l'atteggiamento comune dei musicisti snowdoniani sembra quello dei ragazzini che registrano le loro cassette in camera da letto, frullando tutte le influenze e quello che entra nelle orecchie e sognando di inventare la canzone perfetta.
Gli snowdoniani sono anonimi ed irriconoscibili a prima vista, si nascondono ovunque e prediligono i margini e le zone d'ombra della scena rock italiana. Sembra quasi che aspettino il colpo di culo o il superenalotto, come è successo all'anonimo snowdoniano Giustino di Gregorio che ha visto ristampato il suo "Sprut" (originariamente stampato in casa in sole 500 copie, una faticaccia a confezionarle e diffonderle...) dall'etichetta iper-trendy Tzadik.
Un'altra caratteristica di Snowdonia sono le compilation internazionali a tema: dentro c'è di tutto, letteralmente e musicalmente parlando, e non scherzo.
Prendiamo la raccolta "Snowdoniani baccelloni invadono Megaton 4", fantascientifica già nel titolo e nelle dimensioni, due cd stracarichi di musica pop jazz lounge lasciata marcire al sole, quindi immaginatevi il risultato. Elenco solo qualche italiano tra i partecipanti: il collettivo Timet e gli Anatrofobia (che di solito si muovono in ambienti, come dire, più ben vestiti, più seri, più jazz, e che qui lasciano scoprire di sè lati sonori nascosti e curiosi), i Parts (rock industriale, si potrebbe dire, ma è un'etichetta che gli va stretta), il rumorista inascoltabile Daniele Brusaschetto (ho sentito che le sue performances fanno con il pubblico lo stesso effetto che l'Autan fa con le zanzare, ma forse è una cattiveria gratuita)...
E segnalo un'altra e più recente raccolta, "Atomic milk throwers", nelle intenzioni "una porno compilation" che offre nella stessa confezione racconti biostimolatori e ritagli grafici di riviste del settore oltre che un cd con dentro in ordine sparso Starfuckers e Day and Taxi (il superserioso trio di Christoph Gallio), Maisie e Chris Carter (quello dei Throbbing Gristle), Trespassers W e Gianni Gebbia, Arto Lindsay e lo Scavenger Quartet. Vale a dire una miscela inaudita di quanto più concettualmente distante possa esistere sulla faccia del mondo sonoro contemporaneo.
Dimenticavo: ecco un'altra caratteristica di Snowdonia. Le collaborazioni con altre piccole etichette discografiche, una cosa che succede poco di frequente e anzi è pratica decisamente controcorrente. Un esempio concreto: frutto di collaborazione tra Snowdonia e la microscopica indie milanese Bar La Muerte è l'album delle Allun, sono tutte ragazze e sono la cosa più intelligente che gli anticorpi mentali della specie umana abbiano generato per contrastare l'abominio delle Spice Girls e delle donne rock ufficiali. Sono coraggiose, le Allun, e sinceramente terribili. E, meglio di tutto, non assomigliano a nessuno. Bisogna farsi coraggio ed ascoltare, e basta.
Snowdonia ha offerto alcune copie della pornoraccolta "Atomic milk throwers" ed altri titoli sparsi dal proprio catalogo come sostegno alla nostra rivista (vedi Musica per A).

Contatti:
Snowdonia c/o Cinzia La Fauci, via Cherubini 84 98124 Messina.
e-mail: snowdonia@ctonline.it.

 

Marco Pandin

oFFFest
21ottobre2000

Milano
Centro Sociale Leoncavallo
via Watteau

Come sempre in ambito underground c'è qualche pazzo furioso che produce dischi semplicemente per passione, solo per pura dedizione alla musica intesa come espressione artistica. Perdono quattrini ma continuano pugnaci in queste loro folli attitudini. oFFFEST è una specie di rassegna di questa mandria di pazzi furiosi, e la novità è che ve li potrete beccare tutti in una sola sera al centro sociale Leoncavallo.
Ecco cosa dicono di loro stessi: "oFFFest è un meeting di musica indipendente, autorganizzato dalle realtà (etichette, fanzine, radio etc...) che supportano la musica underground in Italia. L'obiettivo di questo festival è incontrarsi, far nascere nuove collaborazioni, ascoltare buona musica, scambiare dischi e alla fine fare un po' il punto della situazione sulla musica underground in Italia. E magari vendere anche qualche disco o fanzine...Ogni partecipante "ufficiale" sarà presente con un banchetto. Gli show saranno suddivisi in tre palchi, con musiche che vanno dall' indie pop alla sperimentazione più oltraggiosa."
Il programma dei concerti, per ora è più o meno suddiviso così:
PALCO A - Salone.
Dalle h19:15 : Francesco Cusa 666, Cardosanto, Gatto Ciliegia, Faccions, Starfuckers, Laundrette.
PALCO B - Baretto .
Dalle h19:00: Dono Celeste, Candies, Slacker Monday, Allun, Madrigali Magri, Nando Meet Corrosion.
PALCO C - Downtown.
Dalle h17:30: Spazio Improvvisazione, Gbur, Ielasi/Rinaldi/Bosetti, Ricci/Sanna/Andreini, Lo Dev Alm, Alessandro Raina, Larsen Lombriki.
I partecipanti con banchetto saranno rappresentati dalle etichette, dalle trasmissioni radio che si occupano del "settore" e dalle immarcescibili fanzine.
Le etichette sono : A la coque, Bar la Muerte, Bassesfere, Beware, Burp Pubblications, Cane Andaluso/Microsolco, Disasters by choice, E:Elettro, Etnagigante, Free Land, Frigorifero, Fringes, Gammapop, Halley, Homesleep, Lessness, Mizmaze, Rotor Audio Club, Santeria/Audioglobe, Setola di Maiale, Snowdonia, Stereosupremo, Surface, Valium, Vurt, Wallace Records, Zzz.
Le fanzine sono: Aktivirus, Cemento e Vetro, Cyberzone, Equilibrio precario, Freak out, Itself, Kane, Mood, MusicBoom, Pecora Nera, Rawart, Rock It.
Le trasmissioni radio: Alternitalia, Good Morning Captain, Espansuoni, Novaradio, Violent & Funky, Tropici e meridiani, Tweez, Radio Alternative.0Inutile dire che il programma potrà essere soggetto a mutamenti, per info più aggiornate scrivete in posta elettronica all'indirizzo mirko@wallacerecords.com, oppure telefonate (o inviate un fax) allo 02-90967683. Potete anche navigare nel sito:
www.wallacerecords.com/offfest/index.html.