rivista anarchica
anno 30 n.268
dicembre 2000 - gennaio 2001


clericalismo

La riscossa di Karol
di Massimo Ortalli

Tra Fatima e la pillola del giorno dopo, gli omosessuali e la sussidiarietà, si sta chiudendo questo anno giubilare che ha mostrato il volto militante (ed intollerante) del Vaticano.

 

Mentre scrivo l'anno giubilare non si è ancora concluso. Manca infatti, tra le altre, la celebrazione di quel "giubileo dei politici" che verosimilmente offrirà alcuni dei momenti più grotteschi fra i tanti cui abbiamo assistito in questo sfortunato 2000. Di conseguenza le considerazioni offerte all'attenzione del lettore risulteranno monche perché, come si può presumere, la prevedibile corsa a baciare la sacra pantofola vedrà le più alte personalità dello stato impegnate nello sforzo, degno di miglior causa, di sancire definitivamente la sudditanza delle istituzioni repubblicane alla Chiesa cattolica romana. Molto ci sarà da scrivere, al proposito e non mancheremo di farlo!
Comunque qualche conclusione, a mio parere, già la si può trarre. Infatti, anche se un incidente di percorso potrebbe ancora verificarsi, resta il fatto che in quest'anno giubilare tutti i salmi finiscono in gloria. La gloria non solo metafisica dei cinquantamila santi che hanno avuto la invidiabile fortuna di essere innalzati agli altari in quest'anno speciale, ma anche, e soprattutto, la gloria materiale che ha illuminato una chiesa capace di ritrovare un ruolo che si credeva relegato al passato. Una chiesa che, ahimè, appare ancora uno degli elementi fondanti, dei collanti insostituibili, di questa nostra povera, opulenta e schizofrenica società. Tralasciando le legittime considerazioni sull'eccessiva spettacolarità o sulla servizievole complicità delle istituzioni nell'allestimento della sceneggiata clericale, sembra davvero che il papato abbia centrato tutti o quasi gli obiettivi che si era proposto: basta fare una rapida carrellata su quanto è successo per accorgersi come sia riuscito ad imporre con la forza del dogma e della fede la propria ingombrante e, a suo dire, insostituibile presenza.
Andiamo a vedere.
– La rivelazione del cosiddetto terzo segreto di Fatima e la successiva consacrazione dell'intera umanità alla figura della madonna (che ha coinvolto naturalmente anche chi della santa vergine pensa ancora di doversene infischiare) celebrano la supremazia del mistero e dell'irrazionale sulla ragione;
- l'ostracismo alla sfilata dell'orgoglio omosessuale, la dura condanna della "pillola del giorno dopo", l'esaltazione del dovere riproduttivo ad oltranza e della sacralità della famiglia maxime se numerosa (grottesca la sfilata in San Pietro di famiglie sudamericane ed asiatiche comprendenti ciascuna almeno una dozzina di figli) affossano una volta per tutte la possibilità di scelta dei credenti in materia di morale individuale;
– la celebrazione del quinto centenario della "scoperta" delle Americhe e del conseguente genocidio delle popolazioni native o la provocatoria canonizzazione di centinaia di "martiri" cinesi e missionari europei caduti sul lavoro riaffermano il buon diritto di Roma di intervenire con prepotente indifferenza nelle questioni interne dei singoli paesi;
– le numerose dichiarazioni razziste, ora evidenti e plateali, ora sfumate ma più pericolose come quelle del vescovo di Bologna Biffi sul presunto pericolo mussulmano, manifestano, al di là della loro volgarità, la secolare volontà di condizionare le scelte legislative del nostro paese. La strumentale contrapposizione con affermazioni contrarie ma altrettanto apodittiche provenienti da esponenti clericali di scuola differente, evidenzia la capacità del Vaticano di giocare la stessa partita con due squadre differenti. Male che vada si pareggia!

 

Solo il cattolicesimo...

– la sconcertante affermazione (almeno a parere di un non credente ingenuamente convinto che ogni religione abbia medesima dignità) che solo nel cattolicesimo sono possibili la salvezza e la comunione con l'assoluto, così come affermato da Ratzinger e ratificato da Wojtila nel documento Dominus Jesus, ribadisce il concetto della "naturale" supremazia di Roma su ogni altra confessione religiosa. Il tutto a dispetto di un ecumenismo usato come quinta teatrale per recuperare posizioni e consensi. Chi crede che la faccenda della moschea di Lodi sia un fatto isolato avrà purtroppo tempo per ricredersi;
– la plateale e strumentale richiesta di perdono recitata dal papa di fronte ai riflettori di tutto il mondo per gli "errori" e i crimini commessi dai suoi predecessori serve a ricordare che al vicario di dio tutto è lecito. Se si pensa che Wojtila ha avuto l'impudenza di chiedere scusa per il rogo che arse Giordano Bruno nel momento stesso in cui invocava il rogo metaforico per gli omosessuali, si capisce quanto sia superficiale questo pentimento. Se è facile confessare i peccati di orgoglio e superbia in vista di una immancabile assoluzione, è altrettanto facile, e sicuramente più utile, ripetere gli "errori" del passato in attesa di un nuovo mea culpa;
– la beatificazione di Pio IX, che ha suscitato numerose critiche anche perché proclamata assieme a quella di Giovanni XXIII (due modi ben diversi di interpretare il ruolo del papato) evidenzia una volontà restauratrice incurante dello spirito dei tempi. Appare chiaro che la curia, a dispetto di tutto e di tutti, non si è mai rassegnata alla perdita degli antichi privilegi legati al potere temporale. Meglio sarebbe stato se il cittadino Mastai avesse bevuto quel bicchiere bonariamente offertogli dal Carducci! Ce ne avrebbero guadagnato la sua salute e quella del nostro paese;
– il meeting riminese di Comunione e Liberazione, sponda "laica" dell'ala più integralista di oltretevere, ha preteso di rimettere in discussione, con encomiabile protervia reazionaria, un processo storico ormai sedimentato. Basta sfogliare il catalogo della mostra antirisorgimentale, allestita dai non più giovani ma pur sempre frenetici militi di CL, per rendersi conto di come i preti, dal primo cardinale all'ultimo chierico, siano pronti a far quadrato attorno alla sacra cattedra, allorché la società civile, anche se fra contraddizioni e incertezze, riesce a scalfirne privilegi e guarentigie secolari. Evidentemente combattere la chiesa è un errore che prima o poi si dovrà pagare, e non c'è alcuna disponibilità a dimenticare quelli che ancora si considerano come torti subiti;
– la capacità di convogliare a Roma, tra mille difficoltà logistiche e meteorologiche, più di un milione di giovani ha dimostrato l'impressionante efficacia organizzativa di una rete parrocchiale estesa nei cinque continenti. Sarebbe un errore di presunzione liquidare come bigotti estranei alle caratteristiche della loro generazione queste masse osannanti di giovani: giovani perfettamente inseriti, invece, nell'ambiente scolastico o di lavoro e accorsi da Giovanni Paolo II per testimoniare il loro entusiasmo religioso. Suffragando così il diritto della chiesa di comportarsi come crede senza curarsi delle eventuali reazioni perché, come si diceva una volta: hanno le masse!
Si capisce dunque da questo veloce sguardo sull'anno giubilare che tale sequela di successi è stata ottenuta non solo coi modi arroganti che conosciamo, ma anche con una indiscutibile capacità comunicativa affiancata dalla granitica convinzione della propria presunta superiorità morale, civile e religiosa.
Se con la proclamazione del Giubileo la chiesa si era ripromessa di misurare la capacità di rappresentare il punto focale delle istanze individuali e dei fenomeni sociali nel loro complesso, non si può negare che ci sia riuscita. Di fronte alla cosiddetta modernizzazione, che tra i suoi postulati prevede la scristianizzazione della società e l'affermarsi di una concezione edonistica e materialistica della vita, la chiesa cattolica, retta da uno straordinario comunicatore, è riuscita ad arginare, se non addirittura ad arrestare, questo processo, dimostrando che nulla può essere dato per scontato, neppure l'ineluttabilità delle dinamiche sociali, e che un intervento determinato può invertire le linee di tendenza indicate dai sociologi dando risultati insperati. Questa è la vera forza della chiesa del 2000! Questa sua capacità di rimettere in discussione tutti i postulati laici della società e questa sua consapevolezza di aver reso nuovamente legittima e credibile la propria funzione pastorale. L'evidente arroganza e l'apparente insensibilità alle critiche che accompagnano sempre più spesso le parole del papa nascono dalla orgogliosa rivendicazione di una lunga stagione di successi. A questo punto, come se ci svegliassimo da un brutto sogno, non resta che chiederci come tutto questo sia potuto avvenire. Indubbiamente le cause possono essere tante ma, a mio parere, due soprattutto meritano oggi la nostra attenzione. Innanzitutto la imprevista ma non imprevedibile richiesta di assoluto e di irrazionale che si sta manifestando in questo mondo super tecnologico. Se qualcuno aveva sperato che il fenomeno della new age avrebbe potuto indebolire la capacità di presa della chiesa cattolica, farà bene a riandare con la mente alle immagini del giubileo dei giovani. E magari mettersi a piangere.

Sinistra ondivaga e incerta

Come seconda causa penso all'attuale incapacità delle componenti laiche della società di contrapporre alle offerte della chiesa un sistema di valori caratterizzato da una forte valenza etica. Ed è soprattutto la sinistra, questa sinistra ondivaga ed incerta, che più di altri si dimostra incapace, oggi a differenza di ieri, di giocare un ruolo di rilievo. Il crollo del comunismo, inteso non come il benvenuto crollo di un sistema di potere oppressivo e criminale, ma come il capolinea di una tensione utopica e di una ipotesi di cambiamento reale, lungi dal favorire il rinascere di pulsioni libertarie utili a riprendere in mano un filo spezzato, ha prodotto il riemergere di nostalgiche spinte reazionarie. Di fronte a una vera e propria crisi generale di prospettiva, di ipotesi e di progetti, che caratterizza mestamente la scarna biografia di una società che pare non avere più ideali ma solo desideri, la chiesa si fa forte della sua peculiarità e se ne serve con intelligenza. Pronta a sfruttare la insistente richiesta di assoluto, promuove con efficacia l'offerta di un "pacchetto esistenziale" in grado di affrontare tutti gli aspetti della nostra vita e di dare una risposta alle esigenze di cambiamento, non più materiali ma spirituali, che salgono dalla società.

 

La stampella clericale

Legittimata da questa ritrovata funzione pastorale che le ha ridato credibilità come istituzione, la chiesa può così impegnarsi a perseguire il progetto di riappropriarsi delle funzioni che aveva progressivamente perso, a scapito dell'intervento pubblico e statale, nei settori assistenziale ed educativo. L'emergere insistente del concetto di sussidiarietà, che nelle intenzioni vaticane significa semplicemente la gestione privata (ma finanziata da tutti) di servizi precedentemente forniti dalle istituzioni pubbliche, è infatti il punto finale di una lunga marcia intrapresa in tempi non sospetti e che ha visto, ad esempio nel progressivo espandersi della Compagnia delle opere e nell'attivismo della longa manus ciellina, gli strumenti necessari a riprendere ruoli che sembravano perduti. Lo stesso federalismo fatto proprio dai cattolici "padani" non è altro che il grimaldello necessario per restituire alle curie locali una funzione gestionale finalmente legalizzata. Paradossalmente c'è voluta la caduta della Democrazia cristiana, partito ufficiale dei cattolici, perché la chiesa potesse pienamente riacquisire un ruolo propositivo nella società. Infatti, mentre in precedenza i cattolici si annidavano massicciamente solo nella Dc, la diaspora che ha fatto seguito al suo disfacimento ha comportato che tutti i partiti, di destra o di sinistra, si ritrovino invasi da esponenti più disposti ad obbedire al soglio pontificio che non alle leggi della repubblica. E questo alla faccia di quell'indispensabile principio di separatezza che, pur con tutti i suoi difetti, aveva impedito che l'ingerenza clericale nei processi decisionali del nostro paese fosse totale. E totalitaria. Ma oggi purtroppo vige la diffusa convinzione che senza la stampella clericale, che il Vaticano generosamente offre a tutti, nessuno sia più in grado di camminare, nessuno sia più in grado di elaborare un progetto politico e sociale autonomo dalla dimensione religiosa.
Come si vede, questo benedetto Giubileo non è stata solo l'occasione per rimpinguare le insaziabili finanze vaticane, ma anche la formidabile occasione per sancire definitivamente la vittoria di un progetto iniziato col pontificato di Wojtila. Però – a mio parere – un successo sì, ma un trionfo no! Perché un trionfo, per essere tale, comporta la totale sottomissione del "nemico", di colui che ha cercato cioè di contrastare il trionfatore. Ma fortunatamente ancora non è così, fortunatamente riesce ancora a manifestarsi un pensiero altro, un modo di intendere l'esistenza che non ha bisogno di superstiziosa spiritualità, di verità rivelate e di certezze assolute: un pensiero critico, libero, assolutamente indisposto a farsi ingabbiare sull'onda di una tendenza apparentemente inarrestabile. Ed è a questo pensiero critico che dedico queste mie altrimenti pessimistiche considerazioni.

Massimo Ortalli