rivista anarchica
anno 31 n. 271
aprile 2001


 

Trieste - "Faber" e montature

Trieste è una città strana.
Conservatrice e nostalgica fino all'inverosimile, e all'insopportabile, in varie occasioni manifesta una sorprendente disponibilità al discorso libertario. In occasione degli spettacoli del Living Theatre di qualche anno (o decennio?) fa, molti si fermavano per ore a discutere di anarchia, antimilitarismo, nonviolenza. Anche nella iniziativa dedicata a Fabrizio De André, con il video bellissimo di Bruno Bigoni e Romano Giuffrida (intitolato "Faber"), è emerso l'interesse di centinaia di persone verso le ingiustizie del potere, le ipocrisie del sistema borghese, l'emarginazione dei più deboli, l'intolleranza per il diverso, il controllo e la militarizzazione delle coscienze. Decine di interventi hanno colto l'occasione dell'incontro su De André per riflettere pubblicamente su tutto ciò e sui valori alternativi che Faber esprimeva con le sue canzoni delicate e poetiche.
Nel salone affollato della Scuola Interpreti (un palazzo incendiato dai fascisti nel luglio del 1920 in quanto sede delle organizzazioni slovene e ora di proprietà dell'Università) si è respirata un'aria di vera sensibilità, di apertura mentale, di attenzione ai discorsi che permetteva di sperare bene per il futuro. E di ottimismo abbiamo bisogno a Trieste, come individui e come movimento. Infatti non si è ancora conclusa la vicenda, tormentata e grottesca, iniziata qualche mese fa.
A metà settembre una esplosione aveva fatto scendere dei giovani compagni dalla sede del Germinal, in via Mazzini 11. Era scoppiata una "bombetta" che, al di là del frastuono, aveva rotto un paio di vetri della sede dell'INCE, un istituto economico per l'espansione verso Est del capitale europeo, con sede in via Genova, a 150 metri dalla nostra. Ingenuamente dei compagni sostavano nei pressi per mezz'oretta e i poliziotti, insieme a degli agenti del SISMI, li fermavano. Seguiva il trasferimento in Questura, con tanto di impronte digitali, umilianti perquisizioni con denudamenti e, verso la mattina, una perquisizione nella casa di uno di loro. Qui venivano identificati altri due ragazzi che stavano dormendo e nel giro di qualche ora sorgeva la fantastica accusa contro sei giovani per "associazione sovversiva con finalità di terrorismo" (art. 290 bis: dai 7 ai 15 anni previsti).
Da notare che la polizia aveva collocato, come fa spesso, una volante sotto la nostra sede e aveva visto che i compagni erano scesi dopo l'esplosione e non prima. Inoltre gli stessi inquirenti avevano riconosciuto come valida una rivendicazione dei Nuclei Territoriali Antimperialisti, una formazione di impianto rigidamente marxista leninista che aveva compiuto altre piccole azioni in regione. La montatura è proseguita con una campagna di stampa dedicata a gonfiare a dismisura fatti di poco rilievo per impaurire l'opinione pubblica con il "ritorno del terrorismo" e per giustificare misure repressive varie. Una dichiarazione del Prefetto di Trieste forniva, pochi giorni dopo, la chiave interpretativa più convincente della manovra in atto che, peraltro, si fonda su basi giuridiche inconsistenti. L'ineffabile personaggio, a capo dell'apparato repressivo locale, ha affermato con tono perentorio: "A Trieste non si ripeterà l'esperienza di Seattle" facendo riferimento alla riunione del G8 sull'ambiente, prevista dal 2 al 4 marzo del 2001.
Al tempo del fascismo, quando veniva in visita qualche importante figura del regime, gli anarchici ancora in libertà vigilata (quindi non esiliati, incarcerati, confinati) venivano portati in carcere per tutto il periodo della "augusta permanenza". E Umberto Tommasini gridava per strada: "Non è colpa nostra se domani viene la Regina! Noi non l'abbiamo invitata!". Era il 1925. La storia è cambiata solo formalmente?

Claudio Venza

Gli "indagati" hanno compilato un opuscolo di controinformazione. Per richieste, a contributo volontario, rivolgersi al Germinal, via Mazzini 11, 34121 Trieste. Telefono 040- 368096 (martedì e venerdì dalle 19 alle 21)

 

 

Vapore a Milano

Il 21 febbraio è stata ufficialmente inaugurata a Milano la Fabbrica del Vapore, presentata dal Settore Giovani del Comune come "uno spazio che sia aperto alle creatività di giovani ma anche saldamente collegato ai poli produttivi della realtà milanese(...) un laboratorio di esperienze dove sia possibile sviluppare nuovi linguaggi, tecniche e saperi nel campo del design, delle arti visive, della musica, della fotografia, dei new media, del teatro, della danza, del cinema e della scrittura". Un'apertura azzardata, in realtà soltanto di una piccola parte dell'area, ma in compenso in piena campagna elettorale e giusto prima dell'abbandono dell'assessore Scalpelli.
Sarà l'influenza Mediaset nel gruppo di lavoro a fare sì che l'immagine del tutto sia molto curata, ma che il contenuto lo sia un po' meno, come delle volte può accadere.
Già da due anni sulle cartine affisse in metropolitana la Fabbrica del Vapore è segnalata al pari delle chiese, dei parchi o dei cimiteri. Quando si dice che la realtà è fatta di percezioni... qui la strategia si avvicina a quella del molto fumo e poco arrosto. Come l'aprire a malapena un'ala degli edifici dell'area, e lasciando che il grosso dei ruderi sempre più compromessi ma sapientemente illuminati, con di mezzo palco e recinzioni, apparissero la serata dell'inaugurazione come già quasi utilizzabili.
O come molti dei centri esteri citati nei comunicati e al sito www.fabbricadelvapore.org che sicuramente possono impressionare chi non li conosce ... infatti non ci sono riferimenti per l'Italia ... ma in realtà si tratta di un vecchio indirizzario di TransEuropeHalles, rete europea di centri culturali indipendenti (e non comunali), con la segnalazione tra l'altro di un indirizzo privato in Lussemburgo visto che il centro - all'epoca occupato - non poteva ricevere posta.
Anziché usarne solo i nomi per fare bella figura, per un Comune sarebbe stato più utile prendere atto veramente dell'esperienza estera, il che avrebbe significato confrontarsi con quei esempi di centri "nuovi" che sono stati voluti da associazioni o iniziative in stretta collaborazione con i rispettivi comuni (anche se poi la gestione è affidata ad entità indipendenti - mentre per la Fabbrica del Vapore ancora non risulta chiaro quale sarà la forma organizzativa finale) e che in gran parte risultano oggi collocati in edifici costruiti ad hoc come possono esserlo il Junction di Cambridge o il 013 di Tilburg in Olanda - che compaiono pure loro tra i link. In effetti l'uso dell'esistente ha valide ragioni pratiche nel caso di occupazioni. In quel caso più che di una scelta estetica o di recupero di un patrimonio - testimone peraltro di un passato non sempre glorioso, almeno per chi ci doveva passare la sua vita lavorativa - si tratta dell'immediata facilità di utilizzo, della possibilità di recupero graduale anche con risorse limitate. Mentre il denaro (dei contribuenti in questo caso) necessario per una ristrutturazione ufficiale permetterebbe a pari costo la nuova costruzione di strutture molto più funzionali e con oneri di gestione incomparabilmente minori, nonché addirittura parcheggi per il pubblico.
E in effetti, dopo aver sigillato l'enorme piazzale della Fabbrica del Vapore con asfalto e autobloccanti sarebbe stato meglio non indicare l 'Ufa-Fabrik di Berlino (vedi "A" 264) come fonte di ispirazione, quando proprio la comune dell'Ufa è particolarmente impegnata nell'ecologia, nel rendere vivibile le metropoli.
Ma tutto sommato il portare in esempio esperienze di occupazioni, anche se solo estere, fa auspicare una lungimiranza del Comune di Milano anche nel rispetto per le innumerevoli realtà autogestite presenti e attive sul territorio da anni.
Poi ci sono le stonature fatte in case, come la richiesta di un affitto quasi normale di mercato per gli spazi, a fronte dell'obbligo di segnalare il logo della Fabbrica del Vapore su tutte le proprie iniziative. Per mantenere in qualche modo una credibilità del logo il tutto implica un controllo sui contenuti. Controllo non esplicito, ma evidente, visto che la rinomata giuria estera riunitasi a Milano per ben 3 giorni si è trovata di fronte solo ad una piccola parte dei progetti presentati - preselezionati a Milano in base al business "plane" (sic) - certo liberi di vedere anche i restanti progetti, solo - quando? Ma d'altronde, nessuno era obbligato a partecipare al bando...

Maria Mesch

P.S. Ecco alcuni stralci del comunicato del centro sociale milanese Deposito Bulk (18.02.2001)

Milano 001: Il Vapore negli occhi
(...) siamo convinti che la Fabbrica del Vapore non sarà risorsa utile alla concretizzazione delle latenti energie creative che non trovano sbocco in città. (...)
Al contrario se in questa città vuoi svolgere attività culturali, di certo puoi ancora contare sulle molte agevolazioni che offrono i centri sociali di Milano e le reti di relazione che li attraversano. (...)
I movimenti culturali più vitali di una città si sviluppano solitamente in maniera informale e irrazionale, proprio quelli contro cui vuole porsi la F. del V., mentre nei C.S. questi movimenti sono sempre stati tutelati, aiutati, con collaborazione reciproca, e soprattutto senza alcuna richiesta di scambio politico.
Sottolineiamo che la F. del V. è sovvenzionata con soldi pubblici, non sappiamo quanti ne siano stati spesi, né per le iniziative specifiche, né tantomeno per il progetto complessivo, invece i centri sociali non sono mai pesati, in alcun modo, sulle casse comunali, se non in termini di repressione. (...)
Alla conclusione del suo primo ciclo, il bilancio delle politiche giovanili della giunta Milanese è un deserto d'iniziativa, in cui si profila all'orizzonte questo contenitore di prodotti culturali che di per se potranno anche essere di valore, ma che derivano questo valore da chi ha (spesso inconsapevolmente) contribuito a definirlo in una vita di autoproduzioni, senza ricevere adesso alcun tipo di incentivo o riconoscimento formale al proprio lavoro.

LSOA Deposito Bulk

 

Del fascismo e di altri progetti autoritari

Si è svolto a Bologna il 4 marzo scorso l'annunciato convegno sull'estrema destra politica e sociale in Italia.
Circa 120 persone hanno presenziato al convegno che ha visto presentare le relazioni di Giorgio Sacchetti del comitato scientifico della Rivista Storica dell'Anarchismo, di Francesco Germinarlo storico che edita molti suoi lavori con Bollati e Boringhieri, di Mario Coglitore dell'osservatorio storico della rivista virtuale InterMarx, di Cosimo Scarinzi di Umanità Nova, Collegamenti, Sindacalismo di Base e collaboratore di innumerevoli altre riviste e periodici, dell'Archivio Antifascista, di Claudia Gernigoi redattrice di Alabarda, un giornale locale Triestino, della Resistenza Antifascista di Milano e di Oscar Mazzoleni della rivista Collegamenti per l'organizzazione diretta di classe.
A parte Coglitore, assente per gravi motivi famigliari e Germinario che non ha comunicato i motivi della sua assenza erano presenti tutti gli altri relatori. Di questi erano comunque disponibili le relazioni scritte.
Il convegno ha visto anche un serrato dibattito da parte di diverse persone convenute.
Questo appuntamento ha fatto "emergere" il lavoro sotterraneo che da alcuni anni ha visto la luce su Umanità Nova, Germinal, Sicilia Libertaria, Il Foglio (bollettino della Resistenza Antifascista), lavoro di attenzione e controinchiesta sull'attività delle formazioni dell'estrema destra italiana ed europea. Lavoro che non si ferma al contemporaneo ma che valorizza la prospettiva storiografica (caratteristica di questo convengo bolognese) ed il "lungo periodo" nell'analisi della cronaca e dei fenomeni culturali, sociali e politici di cui siamo spettatori. Lavoro che non si ferma alla denuncia e alla condanna delle formazioni neofasciste neonazionalsocialiste, nazionalbolsceviche etc., ma appunta la sua attenzione alle connessioni dei mercenari di Stato con tutti i progetti e le strutture dell'autoritarismo. Autoritarismo che si esprime (sarebbe quasi superfluo sottolinearlo) anche nei governi della sinistra italiana ed europea in particolare sulle politiche di controllo sociale nei confronti della conflittualità di classe, dei fenomeni migratori, della repressione delle espressioni autonome ed antagonistiche che si manifestano nel sociale.
I soldati dell'autoritarismo, appunto, qualsiasi sia il colore della casacca che indossano, qualunque sia la mimetizzazione della divisa che utilizzano per la loro penetrazione nei territori nemici. Il ruolo delle formazioni, delle progettualità messe sotto osservazione si accomuna nel combattimento della guerra di classe, quella guerra che i tecnici e gli strateghi militari definiscono guerra non convenzionale. Nell'oggi questo significa vedere le stesse anagrafi comparire nell'estremismo di destra, nelle formazioni mercenarie papaline che combattevano in Croazia, nelle formazioni mercenarie israeliane che combattevano in Libano, nelle formazioni "patriottiche" che combattevano in Iraq contro l'imperialismo americano e, perché no, a fianco dei palestinesi o dei libici ma sempre al servizio dell'M6 di sua maestà o delle agenzie governative statunitensi.
Per venire alla piccola realtà italiana come non pensare, senza bisogno di scomodare le vittime della Strage di Stato, alle recenti vicende della banda della Uno Bianca con tanto di comitato politico Falange armata e di padrini nelle stanze della presidenza della Repubblica.
Nel convegno non si è mancato di analizzare, accanto a questo putridume delle intelligence internazionali, lo spazio politico, culturale e sociale che oggi hanno le formazioni della destra estrema. Destra estrema che non necessariamente si ispira ideologicamente al fascismo od al nazionalsocialismo. Può comporre la propria ideologia sulla base dell'ecologismo profondo, dell'esoterismo, del nazionalismo di destra o di sinistra, dell'autonomismo xenofobo, del culto del capo, della società e dello Stato organico.
Un lavoro intenso e doveroso che ci permette di affrontare con maggiore consapevolezza le politiche di governo che ci verranno imposte nel prossimo futuro. Politiche che possono, di volta in volta, alla bisogna, presentarsi sotto le spoglie dell'Arma o del terrorista, del movimento nazionalista o liberale. Politiche che, comunque, tendono a governare la compatibilità del sistema con le strategie di annientamento con le quali le classi dirigenti affrontano le grandi questioni che si pongono al pianeta ed all'umanità.
Un lavoro che si pone come prologo ad ulteriori approfondimenti sia su un piano teorico-filosofico che su un piano di mappatura delle organizzazioni nelle quali i soldati dell'autoritarismo si arruolano.
Le relazioni, i contributi che il convegno ha stimolato, le proposte che emergeranno le troverete su:
www.intermarx.org;
www.ecn.org/antifa-milano;
www.ecn.org/uenne.
Stiamo anche lavorando alla pubblicazione di un volume che raccolga gli atti del convegno.

Walter Sini