Lombra lunga del Vaticano incombe
sulla nostra vita. Il Concordato fra Stato e Chiesa, con la
firma dei Patti Lateranensi del 1929, ha significato più di
un semplice impegno di spesa per l’Italia della dittatura fascista
e per quella che alla fine del secondo conflitto mondiale si
adoperò per lasciare immutati i rapporti con una delle più ricche
potenze del mondo. Per quanto, un costo enorme gravi sulle finanze
pubbliche attraverso un prelievo fiscale che ci riguarda tutti.
L’8 per 1000 devoluto alla Chiesa cattolica equivale a circa
1300 miliardi di lire affidati alle pie mani di alcuni tra i
migliori banchieri del mondo; se a questo aggiungiamo i 1500
miliardi stanziati per corrispondere lo stipendio agli insegnanti
di religione, la cifra totale assume proporzioni mostruose.
C’è da osservare in aggiunta che la spesa statale, chiamiamola
così, per il Giubileo ai fini della realizzazione di opere pubbliche
e servizi si è aggirata attorno ai 6000 miliardi (leggi seimila).
I rapporti con il Vaticano sono improntati a complessi equilibri
di carattere politico-economico e l’ingerenza dei rappresentanti
di Cristo in terra con le faccende degli uomini, dei governi
e dell’alta finanza, la dicono davvero lunga sull’affanno tutto
“temporale” dei pastori d’anime. Dacché gli affari sono
affari, e cioè praticamente da sempre, la longa manus
della Chiesa non ha mai smesso di intrecciare ignobili commerci
con il prosaico sistema del denaro. Nella società moderna non
sembra che le cose siano molto cambiate, se soltanto si pensa
all’affare IOR-Banco Ambrosiano, vale a dire Roberto Calvi e
Paul Marcinkus, tanto per dare un volto ad una colossale ed
intricatissima catena di sangue e profitti sulla quale si è
molto indagato ma ben poco si è potuto intervenire.
Proprio a partire dalle vicende del più chiacchierato vescovo
di Santa Romana Chiesa, Marcinkus appunto, arrivato in Italia
dagli Stati Uniti con grandi progetti ed altrettante ambizioni,
è possibile svolgere una serie di considerazioni che ci porteranno
dritte al convegno organizzato di recente a Treviso, nella prestigiosa
Sala dei Carraresi, per la fondazione di una Lega italiana abrogazione
concordato (Liac).
Stato e religione
Il tema centrale dell’incontro, naturalmente, verteva sulla
immediata richiesta di abrogazione delle norme concordatarie,
per la serie di motivi che abbiamo delineato poc’anzi. Tuttavia
il problema, complesso e per molti versi forse irrisolvibile,
dei rapporti tra universo dei credenti e mondo dei laici non
è immediatamente risolvibile nei termini dell’appello contenuto
in uno dei volantini distribuiti ai presenti. Lo cito testualmente:
“A tutti i cattolici – Vogliamo la massima libertà di culto,
ma il Vaticano non deve chiedere denaro e privilegi per mantenere
i suoi vescovi-cardinali nel lusso. Se ci sono bravi sacerdoti
aiutiamo solo quelli. Senza perdere la sua fede, può unirsi
a noi come hanno già fatto molti cattolici progressisti?” Di
per sé già il concetto di cattolico progressista lascia perplessi.
Almeno dal mio punto di vista. Infatti il nodo centrale della
questione sta da tutt’altra parte e cioè in quella che un tempo
si sarebbe chiamata composizione di classe. Per non essere
immediatamente frainteso, preciserò che il concetto di classe
per quello che mi riguarda appartiene alla categoria della sociologia
piuttosto che a quella della politica; potremmo dire meglio
ceto, se il termine riesce a dar conto di una stratificazione
culturale molto ben delineata cui corrisponde anche uno status
economico altrettanto definito.
L’appartenenza al ceto della borghesia, perché di questo stiamo
parlando in sostanza, variamente diversificata in piccola, media
ed alta, segna alcune precise differenze nel modo di intendere
almeno un paio di concetti-chiave utili al nostro discorso:
Stato e religione. Come è possibile infatti credere che la fede
possa rimanere immutata di fronte alla negazione di alcuni passaggi
chiave nel rapporto tra borghesia e Chiesa quale è appunto il
Concordato? Per quale motivo un cattolico dovrebbe accettare
di indicare negli interessi economici del Vaticano una pericolosa
negazione di principi dottrinari che tutto sommato aiutano la
diffusione della stessa dottrina cristiana?
Non ci possiamo nascondere, certo, che qualche pecora del gregge
si sia ribellata al proprio pastore, ma questo l’ha indubitabilmente
messa nella condizione di essere al di là dei precetti imposti,
quindi ben oltre i confini di quell’ideologia imposta liturgicamente.
Il problema dell’Italia, come ha osservato qualcuno, è il Papa,
la sua presenza, l’impoverimento delle coscienze di cui è causa
una religione che è diventata cultura popolare, sistema di valori
condivisi ad ampio spettro di diffusività, per così dire. Volano
indispensabile di questa temibile propaganda è stata nel caso
italiano, in misura maggiore che altrove, la composta, reazionaria
e cinica borghesia di casa nostra.
Ma, badate bene, borghesia significa soprattutto speranza mai
abbandonata di acquisire maggiori quote di potere individuali,
esaltando la capacità di produzione del singolo dentro ad una
economia dello sfruttamento e dell’accaparramento di denaro
e privilegi.
Dunque urge per prima cosa discutere del rapporto Stato-Chiesa
all’interno di una corretta analisi dell’attuale modello di
sviluppo, l’unica in grado di consegnarci coerenza di intervento
politico in una realtà che è il dispiegarsi materiale, terribilmente
concreto, di tecniche di dominio cui la religione cattolica
fornisce un sostrato ideologico di estrema importanza. Una visione
del mondo ritagliata dentro angusti spazi della memoria in cui
l’individualismo proprietario e un incontrollabile desiderio
di sopraffazione si trasformano nell’unica declinazione lecita
dei rapporti tra esseri umani.
Un paese pagano?
Di tutto questo si è discusso molto poco a Treviso, forse per
certa indulgenza della maggioranza dei presenti nei confronti
dell’idealità borghese ampiamente rappresentata in sala. Gli
attacchi nei confronti della religione, per altro verso, sono
stati durissimi, ma questo non basta a porre le basi di un dialogo
destinato, in futuro, a costruire radicale diversità di pensiero
rispetto alla tracotante ed intrusiva secolarizzazione cattolica,
che va negata nei suoi assunti di base e nelle sue relazioni
strette con un modello politico-istituzionale che appartiene
allo stesso contesto di potere; una rete capillarmente distesa
nella società ad intrappolare pensieri, opinioni e, in particolare,
modi di vita.
Così posta la questione del Concordato finisce per essere un
falso problema: si tratterà piuttosto di indagare sul versante
del scivoloso terreno dello Stato in quanto specifica concrezione
di potere apparsa sul finire del Settecento in veste di formidabile
macchina per la costrizione dei corpi e delle menti in una geografia
di rapporti di forza ancora da delineare nella sua interezza.
Ha osservato Bruno Segre, nel corso del suo intervento, che
l’Italia è un paese pagano, né clericale, né anticlericale,
opportunista e sostanzialmente disinteressato a tutto. Non è
esattamente così: l’Italia è un paese piccolo-borghese, ecco
il punto. Magari fosse pagano, perché a questo corrisponderebbe
una diversa presa di coscienza di alcune strutture della realtà.
L’ossessione borghese, al contrario, avere ogni cosa sotto controllo,
non dispiacere ad alcuno, curare il proprio piccolo ed altrettanto
spaventoso, orticello, non conosce nemmeno i limiti imposti
dal vangelo, posto che abbiano un qualche valore, perché ogni
cosa, come nella religione, è assoluta, sciolta da ogni vincolo
appunto, capace di travalicare, in questa assenza di limite,
le regole stesse imposte dal vivere quotidiano nello stesso
momento in cui ne viene sancita la costituzione.
La frana lenta ma inesorabile verso opzioni iper-razionaliste,
meglio sarebbe dire scientiste, rappresenta una delle derive
senza approdo che spuntano al confine tra intelletto e ragione,
come ha ampiamente dimostrato la lunga dissertazione di Roberto
Vacca. Per quasi un’ora l’ingegnere professore ha tentato di
convincerci che pensiero laico equivale ad esperimento scientifico:
solo se è infinitamente ripetibile, quindi infinitamente uguale
a stesso, avrà dignità d’esistenza. Tutto il resto è filosofia.
Metafisica, per l’esattezza.
Mario Coglitore
No
allart. 7
Nel
documento di fondazione della LIAC le associazioni contestano
i privilegi di cui fruisce la Chiesa Cattolica attraverso
il vigente concordato e si impegnano per labolizione
dellarticolo 7 della costituzione e delle intese
fra Stato e confessioni religiose. La LIAC auspica che
vi sia sensibilizzazione sulla minaccia integralista e
sulle inammissibili ingerenze del Vaticano negli affari
della Repubblica.
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