rivista anarchica
anno 32 n. 278
febbraio 2002


lettere

 

Lettera aperta al ministro Castelli e al Capo dello Stato.

Il ministro Castelli grida riforma della giustizia dai banchi del governo. Ed è casino. “Allarme! Le toghe fanno politica!”. Benedetta ingenuità! Ministro, quando non è stato così? È possibile amministrare la giustizia senza fare politica?! Va bene, conosciamo le teorie del Diritto come tecnica di convivenza, diritto come tecnica del terrore, come strumento di potere, e via dicendo. Ma, fino a oggi, solo dove abita Biancaneve si è realizzata una giustizia come strumento di organizzazione sociale, di convivenza.
Il Capo dello Stato, demagogicamente scandalizzato, parla di divisione di poteri: un momento, signor Presidente. La magistratura in Italia non è un potere; Lei è il garante della Costituzione ed è tenuto a sapere che l’art. 104 dice “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”. Che nello stesso comma la Costituzione usi i termini ordine e potere è sintomatico e giusto. La magistratura non è un potere: come potrebbe esserlo? Quale collegamento con il sovrano, l’elettore? Nessuno signor Presidente. Nessuno. Anche Lei signor Presidente non ha nessun collegamento con l’elettore. Io pago le tasse ma non sono mai stato chiamato a votare né magistrati né capo dello Stato.
La Sua legittimazione costituzionale (costituzione sostanziale bene inteso, in quanto sulla carta si può scrivere di tutto e questo hanno fatto Carlo Alberto e la Costituente) non esiste. Così come quella dei magistrati.
Signor ministro vuole fare la riforma? La faccia in silenzio. Non faccia rumore. Non si metta davanti ai microfoni. Impari da chi il potere ce l’ha da sempre. Prepari una legge che porti il giurì, il popolo, il verdetto in aula giudiziaria. Si legga la prima legge sulla stampa in Italia (l’editto albertino sulla stampa, quello subito riformato dai preti e da Cavour), copi gli articoli di quella procedura; usi il referundum, crei un vuoto normativo e lo riempia con un nuovo assetto costituzionale democratico. Si guardi bene i films di Perry Mason. Si legga gli scritti di Italo Mereu sul Sole 24 Ore. Non scopra le carte se non alla fine: quando ha vinto; quando l’avversario non ci può fare più niente. Le sembra che una riforma di un potere forte (potere in senso sostanziale perché la magistratura, nella realtà, è un potere, accidenti se lo è, e chi lo tocca?) le sembra, dicevo, che la riforma di un potere forte possa essere fatta con i Suoi metodi? Ma andiamo, signor ministro. Lei ha dato al governo l’immagine che ha: quella di un gruppo politico che con il potere non ci sa fare. Come chi ha sempre mangiato con le mani e, invitato alla tavola dei signori, fa finta di saper usare le posate d’argento.
E’ proprio vero quello che dicono i sardi (che di potere se ne intendono): chi va a letto con i bambini si alza bagnato.
Dimenticavo: signor ministro, se le avanzano due minuti, legga gli articoli di A.

Rinaldo Boggiani
(Rovigo)

15 Dicembre

C'era un uomo, in piedi,
quella sera fredda e scura,
davanti alle sbarre della questura.
Aveva il viso fiero,
non aveva paura,
sapeva di essere innocente.
E c'era anche un commissario,
che aveva gli occhi bassi,
che sapeva di non dover aver paura
perché era spalleggiato
dallo stato assolutista.
E c'erano quattro picchiatori,
c'erano quattro fascisti,
c'erano quattro uomini
dal viso scuro e torvo.
E c'era un cenno del commissario,
che comandava gli omicidi e
non si sporcava le mani.
E c'era un uomo lanciato,
c'era l'uomo fiero che cadeva.
C'era Giuseppe Pinelli
brutalmente assassinato.
C'era Giuseppe Pinelli
strappato a sua moglie e
alle sue due bambine.
C'era Giuseppe Pinelli
massacrato da uno Stato
che si faceva chiamare democratico
e cristiano.

Sarah Piccardo