Lettera
aperta al ministro Castelli e al Capo dello Stato.
Il ministro Castelli grida riforma della giustizia dai
banchi del governo. Ed è casino. “Allarme! Le toghe fanno politica!”.
Benedetta ingenuità! Ministro, quando non è stato così? È
possibile amministrare la giustizia senza fare politica?! Va
bene, conosciamo le teorie del Diritto come tecnica di convivenza,
diritto come tecnica del terrore, come strumento di
potere, e via dicendo. Ma, fino a oggi, solo dove abita
Biancaneve si è realizzata una giustizia come strumento di organizzazione
sociale, di convivenza.
Il Capo dello Stato, demagogicamente scandalizzato, parla di
divisione di poteri: un momento, signor Presidente. La
magistratura in Italia non è un potere; Lei è il garante della
Costituzione ed è tenuto a sapere che l’art. 104 dice “La magistratura
costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro
potere”. Che nello stesso comma la Costituzione usi i termini
ordine e potere è sintomatico e giusto. La magistratura
non è un potere: come potrebbe esserlo? Quale collegamento con
il sovrano, l’elettore? Nessuno signor Presidente. Nessuno.
Anche Lei signor Presidente non ha nessun collegamento con l’elettore.
Io pago le tasse ma non sono mai stato chiamato a votare né
magistrati né capo dello Stato.
La Sua legittimazione costituzionale (costituzione sostanziale
bene inteso, in quanto sulla carta si può scrivere di tutto
e questo hanno fatto Carlo Alberto e la Costituente) non esiste.
Così come quella dei magistrati.
Signor ministro vuole fare la riforma? La faccia in silenzio.
Non faccia rumore. Non si metta davanti ai microfoni. Impari
da chi il potere ce l’ha da sempre. Prepari una legge che porti
il giurì, il popolo, il verdetto in aula giudiziaria. Si legga
la prima legge sulla stampa in Italia (l’editto albertino sulla
stampa, quello subito riformato dai preti e da Cavour), copi
gli articoli di quella procedura; usi il referundum,
crei un vuoto normativo e lo riempia con un nuovo assetto costituzionale
democratico. Si guardi bene i films di Perry Mason. Si
legga gli scritti di Italo Mereu sul Sole 24 Ore. Non
scopra le carte se non alla fine: quando ha vinto; quando l’avversario
non ci può fare più niente. Le sembra che una riforma di un
potere forte (potere in senso sostanziale perché la magistratura,
nella realtà, è un potere, accidenti se lo è, e chi lo tocca?)
le sembra, dicevo, che la riforma di un potere forte possa essere
fatta con i Suoi metodi? Ma andiamo, signor ministro. Lei ha
dato al governo l’immagine che ha: quella di un gruppo politico
che con il potere non ci sa fare. Come chi ha sempre mangiato
con le mani e, invitato alla tavola dei signori, fa finta di
saper usare le posate d’argento.
E’ proprio vero quello che dicono i sardi (che di potere se
ne intendono): chi va a letto con i bambini si alza bagnato.
Dimenticavo: signor ministro, se le avanzano due minuti, legga
gli articoli di A.
Rinaldo Boggiani
(Rovigo)
15
Dicembre
C'era
un uomo, in piedi,
quella sera fredda e scura,
davanti alle sbarre della questura.
Aveva il viso fiero,
non aveva paura,
sapeva di essere innocente.
E c'era anche un commissario,
che aveva gli occhi bassi,
che sapeva di non dover aver paura
perché era spalleggiato
dallo stato assolutista.
E c'erano quattro picchiatori,
c'erano quattro fascisti,
c'erano quattro uomini
dal viso scuro e torvo.
E c'era un cenno del commissario,
che comandava gli omicidi e
non si sporcava le mani.
E c'era un uomo lanciato,
c'era l'uomo fiero che cadeva.
C'era Giuseppe Pinelli
brutalmente assassinato.
C'era Giuseppe Pinelli
strappato a sua moglie e
alle sue due bambine.
C'era Giuseppe Pinelli
massacrato da uno Stato
che si faceva chiamare democratico
e cristiano.
Sarah Piccardo
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