rivista anarchica
anno 33 n. 288
marzo 2003


televisione fai da te

Teledurruti
di Fulvio Abbate

 

Il programma, trasmesso in area romana, non sarà un’alternativa alle sei reti berlusconiane ma…

Che cos’è Teledurruti? È innanzitutto un romanzo di Fulvio Abbate, rimasto a lungo inedito e infine pubblicato dall’editore Baldini & Castoldi lo scorso anno. Nello stesso tempo, si tratta di un improbabile programma televisivo che dall’ottobre del 1998 va in onda, tutti i venerdì alle 23.30, con lo stesso titolo, su due emittenti romane, TeleAmbiente e TeleDonna.
Dico improbabile, o magari semplicemente singolare, poiché Teledurruti, fin dalla sua memorabile e irripetibile sigla dove compaiono i miliziani confederali in cammino verso l’ultima barricata, mostra un egoismo poetico ed esistenziale da fare invidia al mondo professionale dei media. Teledurruti, insomma, porta in sé anche un progetto politico e, pensate un po’, perfino televisivo. In che modo? Provate a immaginare voi stessi nei panni di una persona ribelle e scoglionata che improvvisamente, dall’oggi al domani, grazie a un inqualificabile colpo di testa, sceglie di trasportare dentro i teleschermi del vicinato (o addirittura di un’intera regione) una autentica televisione che, senza sconti di pena, affermi felicemente il proprio sentire umano, il proprio punto di vista sul mondo; una televisione dove si possa rinunciare alla fretta, alle sollecitazioni stronze del mercato, una televisione che abbia come unico committente possibile il proprio bisogno di incanto e magari perfino di lotta. Una televisione che non abbia paura di prendersi tutto il tempo che le occorre per ragionare su questo mondo e quell’altro.

Un magazzino ideale

Insomma, una televisione che giorno dopo giorno coincida sempre più la materia romanzesca e nebulosamente unica da cui nasce. Un magazzino ideale in grado di accogliere le cose, gli oggetti, i reperti, le immagini, le fototessere, gli spettri, lo smarrimento, il sarcasmo, i ricordi incancellabili e l’ironia di una televisione in rivolta, una televisione sospesa in aria ad affermare la propria distanza dalla banalità, dal conformismo e dall’esistente. Teledurruti, ossia la televisione dei non riconciliati, forse. L’unica emittente del pianeta che sia mai stata dedicata a un leggendario condottiero anarchico, Buenaventura Durruti, appunto. Lo stesso uomo che disse ai suoi amici: “Noi non abbiamo paura delle rovine, noi erediteremo la terra, portiamo un mondo nuovo dentro i nostri cuori.” Una frase, questa, che sarebbe giunta intatta fino ai giorni della rivolta studentesca del 1968.
Insomma, come si può intuire, al di là di ogni ripugnante retorica, Teledurruti in ogni caso aspira a esprimere il proprio sentire antagonista perfino rispetto al presente culturale.
Ma anche, pensandoci bene, visto che gli studi si trovano poco lontano dalla via Casilina e dalle Grotte Celoni (dove nei giorni della Resistenza era situato il quartier generale di Giuseppe Albano, detto “il gobbo del Quarticciolo”) si tratta di un’emittente idealmente dedicata sia a Pier Paolo Pasolini, il poeta civile cui dobbiamo alcune fra le migliori pagine sulla realtà dell’omologazione e sulla stessa capitale, sia al pittore Mario Schifano, un nostro amico caro, che avrebbe dovuto disegnarne il marchio, proprio lui, Schifano, l’artista dei “Paesaggi anemici” e del “Futurismo rivisitato a colori”, che, non a caso, riteneva la televisione quasi come una vera e perfetta finestra sulla realtà. Teledurruti, forse, sarebbe loro piaciuta molto.
Un germe di televisione scalcagnata, antifascista e certamente vicina alle ragioni del movimento situazionista, dunque, e tuttavia in grado di dare l’assalto al cielo della memoria e della storia attraverso una collezione di volti, di fototessere, di immagini che altrimenti non troverebbero altro luogo d’esistenza mediatica. Certo, per una coincidenza assoluta e totale fra la materia romanzesca e la realtà concreta del nastro magnetico mancano ancora, anche questo è vero, alcuni personaggi straordinari nati, appunto, sulla pagina scritta: a cominciare da Lupita, la gattina nera e bianca che ha ricevuto le stimmate, e dal tenente paracadutista americano della V Armata rimasto sospeso inspiegabilmente sopra il Colosseo per quasi sessant’anni, ciononostante l’inventore del progetto non dispera per il futuro.
In ogni caso, soltanto all’interno del perimetro di un’avventura commerciale a fondo perduto, qual è Teledurruti, è stato però possibile processare il terribile pupazzo-idolo Rockfeller, simbolo della televisione per famiglie infelici; interrogarsi se l’Altare della Patria debba essere demolito o piuttosto ampliato; chiedere di prorogare il secolo di un anno attraverso un 1999 bis; promuovere un seminario sul tema dello stronzo; raccontare il mondo e la storia attraverso il soma da casellario cimiteriale delle fototessere: chi se non noi ha potuto farlo fino a oggi? E ancora, vanno ricordate le iniziative parallele che meglio definiscono nel suo complesso il cosiddetto Teledurruti project: la mostra di quadri e oggetti intitolata “Kit”; il lancio del modulo che consente di diventare “gay per un giorno”; il Gran premio del “Secolo breve”, realizzato attraverso il gioco dell’ippodromo meccanico; il “Premio Teledurruti 2000” assegnato infine al cantautore Flavio Giurato, la rubrica “un cesso, un libro”; le lezioni di storia e la rassegna-stampa realizzate insieme alla gatta Trappi, i reportage di viaggio: New York, Los Angeles, San Diego, Londra, Madrid, Barcellona, Parigi, Nizza, Lisbona, Rabat, Fez; l’omaggio a Franco Serantini nel trentennale della morte, e altre iniziative in corso di costante elaborazione.

Omaggio alla tomba di Stan Laurel

Teledurruti, fra l’altro, ha reso possibile un proposito a lungo coltivato dal suo inventore: rendere omaggio alla tomba di Stan Laurel al Forest Lawn Memorial Park di Hollywood Hills di Los Angeles. Ma se tutto questo non valesse nulla dal punto di vista culturale, basterebbe avere fatto scorrere sui teleschermi i volti di Durruti e dei suoi miliziani, il loro western anarchico, per dire che valeva la pena di imbarcarsi su un guscio di noce che innalza la bandiera della rivolta.
Dimenticavo, Teledurruti si avvale della collaborazione assidua del giornalista Toni Jop. Alla realizzazione del progetto ha innanzitutto collaborato il pittore Mariano Rossano; è sua infatti la scena che raffigura un profilo nero e rosso su sfondo azzurro.
La sigla mostra le immagini di Durruti e della sua Colonna in marcia verso il fronte di Saragozza nell’autunno del 1936, accompagnate da “Cant’Help Falling In Love” di Elvis Presley registrata via satellite alle Hawaii il 14 gennaio 1973.
A Teledurruti fino a oggi, hanno partecipato, fra gli altri, gli scrittori Michele Mari, Paola Biocca; gli artisti Giovanni Albanese, Antonio Riello; il pugile Mario Romersi; il disegnatore Riccardo Mannelli. Il 24 marzo 1999 è stato ospite della trasmissione lo storico Abel Paz (alias Diego Camacho), scrittore e biografo di Buenaventura Durruti. Teledurruti ha inoltre lanciato la candidatura di Vladimir Luxuria, direttore artistico del Circolo di Cultura Omosessuale “Mario Mieli” di Roma, alla Presidenza della Repubblica italiana, con la parola d’ordine: “Un transessuale al Quirinale”.
Siccome in ogni emittente che si rispetti il gioco non può mancare, il già citato Gran premio del “Secolo breve”, competizione realizzata attraverso il gioco dell’ippodromo meccanico, si è concluso nel dicembre del 1999 con la vittoria di padre Camilo Torres, il sacerdote guerrigliero assassinato in Colombia dalle squadre militari governative nel 1966. In occasione del World Gay Pride 2000, ospitato a Roma, Fulvio Abbate attraverso il Teledurruti project ha lanciato dalla prima pagina de “l’Unità” l’iniziativa: “Diventa gay per un giorno”.
Se tutto questo non bastasse, Teledurruti si è guadagnata perfino una citazione da parte del drammaturgo Arrabal (“Viva la muerte”, ricordate?) nel suo ultimo libro.
Il sito di Teledurruti è: http://utenti.tripod.it/fulvioabbate.

Fulvio Abbate

Fulvio Abbate è nato a Palermo nel 1956 e vive a Roma. Ha pubblicato, fra l’altro, i romanzi “Zero maggio a Palermo” (1990), “Oggi è un secolo” (1992), “Dopo l’estate” (1995), “La peste bis” (1997), «Teledurruti» (2002). E i reportage: «Capo d’Orlando. Un sogno fatto in Sicilia» (1993) e «Il rosa e il nero» (2001).
Dal 1994 al 1998 ha condotto su ItaliaRadio “Avanti popolo”, talkshow del sabato.
Attualmente lavora a un racconto-inchiesta sulla vita e l’esilio di Juan García Oliver.
È commentatore de “l’Unità” dove, ogni mercoledì, cura la rubrica «Sagome».