rivista anarchica
anno 33 n. 291
giugno 2003


politica delle donne

Relazione, differenza e altro
a cura di Monica Giorgi

 

Università di Verona, 11 ottobre 2002. La comunità filosofica Diotima promuove una riflessione sul rapporto tra donne e uomini: ecco la relazione di Lia Cigarini e ampi stralci del dibattito sollevato.

La relazione di differenza
di Lia Cigarini

Gli appunti che vi leggerò – dico subito – sono il risultato di alcune riunioni in libreria (1), ma soprattutto del confronto giornaliero, anche quotidiano, con Luisa Muraro. In questi appunti c’è parte del suo pensiero.
La Comunità filosofica Diotima ha posto in discussione il tema della relazione tra donne e uomini. Il titolo, cioè «donne e uomini: anno zero», mi piace molto perché permette, almeno io la vedo così, di volare sopra per planare al presente modificato, volare sopra una storia, molte storie di relazioni con uomini andate bene, male, confuse che però nell’insieme compongono un paesaggio caotico. Mi sembra invece che questo titolo inviti a dare un taglio politico, una nuova impostazione a questa questione.

Relazioni difficili con gli uomini

A mio parere, le relazioni con gli uomini che ci sono state sono sempre state difficili e lo sono ancora. Perché, a me sembra, gli uomini non hanno reagito bene alla libertà femminile, alla libera interpretazione della differenza femminile che alcune donne hanno pensato e praticato in questi anni. Alcuni, sono nelle cronache dei giornali, hanno reagito – i più sprovveduti – con la violenza; altri con la rimozione o la benevolenza, ondeggiando fra questi due poli. Pochissimi hanno palesato ammirazione per la politica delle donne ma, in sostanza, nessuno è riuscito a metterla al centro, cioè a considerarla la politica del proprio agire politico.
Bisogna dire che anche molte donne tra noi – e per questo le relazioni con gli uomini non hanno, secondo me, avuto una grande generazione politica – molte donne tra noi dicono che gli uomini sono loro indifferenti, che esse non hanno nessuna voglia di ricominciare a ripensare i rapporti con gli uomini.
Vi è poi un’obiezione più precisa, più politica. Noi la chiamiamo l’obiezione «Marirì Martinengo» (2). È quella che dice: sui terreni politici più maschili – la guerra, la globalizzazione, il capitalismo, l’anticapitalismo – c’è il mio interesse ad esserci, ma mi sento incompetente, fuori casa, fuori luogo. Cioè quella competenza che ho acquistato, quel sapere che mi dà la pratica di relazione con le donne mi sembra che poi non mi aiuti a stare su questo terreno.
Perciò la proposta che fa «Diotima» in questo grande seminario, mi sembra dica: è vero che c’è una preistoria preziosa da non dimenticare – penso alla ‘Associazione identità-differenza’, alla ‘Libreria delle donne’, a ‘La merlettaia’, alla ‘Autoriforma della scuola’ e altre – tuttavia la posta in gioco ora è quella di non chiudersi nel contesto in cui nasce il conflitto uomo-donna, ma aprire uno spazio in cui è possibile essere più libere, donne e uomini. Cioè, mi sembra, Diotima propone (o chi ha pensato quel titolo) di pensare il conflitto uomo-donna con parole nuove per vedere il presente modificato dalla politica delle donne. Solo con parole nuove, mi sembra si dica, è possibile salvare il passato. Vediamo quindi come stanno le cose.
Sicuramente le maggiori incomprensioni tra donne e uomini sono proprio sul punto che cosa si intende per politica. Gli uomini intendono – io penso – la politica con un’impostazione etica, una linea politica è giusta o sbagliata; oppure la intendono come lotta o macchina del potere. Ci sono questi due poli: l’etica che motiva di solito le posizioni di chi è contro il potere e il potere. Infatti i pochi che si legano alle donne lo fanno perché pensano che la politica delle donne sia un ‘Bene’.
Cosa caratterizza invece la nostra politica. Approssimativamente l’abbiamo chiamata ricerca di ordine simbolico. Ossia che non ci sia – la dico in parole un po’ terra-terra – che non ci sia spreco di sofferenza e che ci sia più agio, libertà e piacere nella vita. Un tentativo continuo di creare contesti dove le cose buone si possono assaporare. Quello che importa nella politica delle donne – almeno mi sembra – non è di impadronirsi di una formula, di un ‘mezzo’ per produrre le cose, bensì di cercare il modo di renderle possibili. E questa è tutt’altra cosa che il ‘Bene comune’ da contrapporre eventualmente al male o al giusto o all’ingiusto.

Differenza nell’agire politico

Molte volte abbiamo sentito dire anche dalle stesse donne, o letto nei mass-media, l’affermazione che le donne sono meno attaccate al potere e più interessate al bene comune. In questa affermazione c’è uno slittamento di senso che occulta e falsifica il fatto che le donne si regolano in maniera differente nell’agire politico. Mentre gli uomini cercano sempre di delineare un fine o dei criteri generali.
Diana Sartori, nel testo apparso nel libro di Diotima, Approfittare dell’assenza, intitolato Chi te lo fa fare?, sostiene – io sono d’accordo – che essa ha una predilezione per l’espressione ‘chi te lo fa fare?’ Sostiene una predilezione per questa espressione interrogativa molto popolare perché – scrive – se tutte le altre domande, «è giusto?», «perché fai questo?»…, puntano al modo di rilegare il fine sospeso del senso legandolo a qualcosa che funga da punto da appiglio, questa sola domanda punta al legame stesso, chiede conto di quella relazione, vincola quel fare. Segnala come la questione del senso vada posta insieme a quella delle relazioni. In sostanza, per le donne è importante sapere «chi glielo fa fare?». A mio parere con efficacia.
Mi sembra che un esempio, positivo, del diverso regolarsi femminile possa essere visto nelle manifestazioni dei girotondi o del Palavobis di Milano, che tutte sappiamo volute da alcune donne vicino alla sinistra e ai DS. Queste donne intervistate hanno in sostanza detto: ci siamo mosse perché l’opposizione non coglieva delle opportunità a portata di mano che erano contro il Governo sulle questioni della giustizia e del monopolio della informazione. Lo hanno detto con ‘naturalezza’. Luisa diceva, come si raccatta un oggetto caduto per terra.
Il gesto di quelle donne di attenzione al contesto, al proprio disagio, a quello dei propri amici e conoscenti di fronte all’insipienza dei partiti dell’opposizione, ha fatto un minimo di ordine. Noi abbiamo visto che da quel momento un po’ di ordine nella politica, diciamo così, del centrosinistra, c’è stato. Dico ‘minimo’ perché sappiamo che quasi tutti gli uomini che hanno seguito quel movimento (il primo girotondo intorno al Palazzo di Giustizia è stato progettato da cinque donne ed erano in tre/quattromila) hanno proprio una concezione etica della politica (Micromega e altri…).
Qualcuna a questo punto potrebbe obiettare: se così differenti sono le concezioni della politica delle donne e degli uomini, perché proporre oggi la scelta di ripensare il rapporto donna-uomo invece di starcene nella nostra politica più o meno separata?
Io penso invece che sia necessario, essenziale questa scelta, perché io voglio esserci con tutta me stessa in questo momento di cambio. Via Dogana (3) l’ha chiamato «cambio di civiltà», nel quale si sta riscrivendo il mondo in sostanza e tutte le relazioni sociali e quasi direi che si sta ridefinendo anche il simbolico: per prima cosa questo e perché fino ad ora insieme ad altre ho combattuto il separatismo femminista.
Naturalmente qui parlo in prima persona e secondo la mia storia. Le scelte possono essere altre; questo è un momento iniziale di discussione. Ce ne saranno tanti altri. Perciò non bisogna uscire di qui suggestionate dai desideri o dalle esigenze di alcune che parlano, ma dai propri desideri in rapporto a quello che qui si dice e si dirà. Dunque dico le mie ragioni in estrema sintesi perché il tempo è poco.

“Pratica di relazione con l’altro/altra”

La pratica della differenza è – affermazione sottolineata fino alla noia tra di noi – pratica di relazione con l’altro/altra senza arrivare ad un ‘noi’, ad un soggetto politico collettivo: «le donne». La nostra pratica è stata sempre contraria al soggetto politico collettivo «le donne».
Questi scambi hanno generato un simbolico che si basa sull’esperienza dell’alterità – questa riflessione è soprattutto di Luisa Muraro. Ciò ci ha impedito, secondo me fortunatamente, di identificarsi con le donne, mantenendo vive, con la consapevolezza della differenza sessuale, le differenze fra noi e il senso della singolarità di ogni donna e di ogni uomo e il conflitto tra i sessi. Questa pratica, nolenti o volenti, ha generato un simbolico e una scena pubblica aperta anche agli uomini, perché costituita da relazioni, scambi, pensiero, arte, sapere, linguaggio, musica il cui significato anche un uomo può affermare e condividere. In questi ultimi vent’anni poi in tutti i paesi europei, ma anche in altri paesi fuori dall’Europa, le donne, spinte da esigenze parziali – la necessità economica, la voglia di autonomia, il desiderio di autorealizzazione – hanno dilagato in tutti i luoghi detti maschili: scuola, università, tribunali, lavoro. Io ed altre parlavamo, e continuiamo a parlare di desiderio femminile, di voler esserci nel mondo. È successo che quel desiderio ci è sfrecciato di fianco, per cui la realtà modificata rapidamente ci sta davanti. Questa è la situazione, secondo me, che quel titolo ha anche segnato e quindi io mi sento ferma, ma non voglio star ferma invece. Ferma anche con tutto il sapere della pratica della differenza e delle relazioni fra donne. Le donne, essendo presenti in tutti i luoghi, li hanno resi misti. Si parlava, e purtroppo se ne parla ancora, di esclusione-inclusione delle donne. È insensato. Dal lavoro e dalle università, dai tribunali sono escluse non le donne, che ci sono sempre di più, ma le relazioni di differenza.
Valgono ancora simbolicamente le relazioni di simiglianza – come le chiama Milagros de Riveira (4) a proposito proprio dell’università – con tutte le contraddizioni e le sofferenze che comportano per le donne e gli stessi uomini. E con la perdita secca di civiltà che è, per definizione, aperta all’altro da sé. Quindi, io credo che la chiusura che gli uomini hanno fatto, simbolica, praticamente non c’è più. Non vorrei che questa chiusura venga riproposta dalle donne verso gli uomini.
Non è una situazione per me sostenibile: cioè che non ci siano relazioni di differenza.
Il simbolico delle donne che ho detto prima, ossia meno spreco di sofferenza, più agio, non intacca ancora le misure maschili operanti nel lavoro, che sono, ad esempio, competizione, prescrizione, denaro. Si è detto infatti che lì sta nascendo un nuovo conflitto tra i sessi, perché le donne sempre di più vogliono lavorare in modo differente. Tuttavia nonostante abbiano detto che ci sarà un conflitto sul modo di lavorare, di pensare, di fare politica, tuttavia non abbiano trovato una leva, lo scambio affinché entri dentro agli uomini l’idea che c’è altro: che c’è la libertà femminile che non è quella di assimilarle al loro concetto di libertà. La leva, la strada, lo scambio non l’abbiamo ancora trovato e quindi credo che di questo bisogna riflettere oggi e in avanti.
Le relazioni di simiglianza valgono ancora di più nella politica. Se io sono contro le guerre infinite di Bush o anticapitalista non posso non esprimerlo insieme agli uomini anticapitalisti e pacifisti, perché la loro modalità di esprimerlo è impraticabile per me. Cioè io non posso, e questo credo sia un problema per molte trovarsi a voler partecipare alla ribellione, ad esempio, contro la guerra di Bush ma non poterlo fare nelle forme che la politica propone.
Tuttavia anche a questo proposito qualcosa di positivo da cui partire c’è. Le donne sono riuscite – parzialmente in Italia, molto negli altri paesi europei – a coinvolgere gli uomini nell’economia domestica (questo è un pensiero di Luisa). È possibile che qualcosa di simile possa avvenire in un’economia non domestica? Vale a dire a questo punto, un coinvolgimento complessivo dell’altro sesso.

Donne attratte dal potere

C’è poi da aggiungere che moltissime donne sono attratte eroticamente dagli uomini, non solo sessualmente, proprio mentalmente; o attratte, sappiamo, anche dal potere e via dicendo.
In una storia di separatismo politico questo appare quasi come una dismissione della libertà femminile. In un contesto come quello che stiamo delineando, esse sono parte viva del progetto di libertà femminile. Infine – si è detto – i sessi sono due: è stato ed è una lotta contro l’universalismo maschile. Si è detto anche che i sessi sono due ma asimmetrici. Ma forse non si è riflettuto molto su cosa significava questa affermazione in rapporto alla relazione tra i sessi.
L’asimmetria, sappiamo, era interpretata, un tempo dalle donne stesse non solo dagli uomini, come disuguaglianza. C’era uno che portava un universale e una che non portava nulla. Si può pensare ora ad una relazione nella quale io non vedo affatto lui come portatore di un universale, ma lo tratto, lui con il suo universale, come il mio altro da me. Non mi faccio né subordinare, né assimilare. Se lui vuole affermare l’universale, lo afferma, ma io gli dico che non ne sono compresa, sono irriducibile al suo universale. Faccio un esempio: un uomo, da anni in relazione politica con me e con altri (parlerà anche al Grande Seminario di Diotima) a una mia domanda pressante: «Che cos’è irrinunciabile per te della differenza maschile?» – cioè esplicitatela – ha risposto: «la democrazia, salvare la democrazia». E lui lo sa di essere in frizione con la pratica politica delle donne che non fa della democrazia rappresentativa un cardine o un fine. Allora, come appunto trattare?
Secondo me è possibile trattare e pensare il mondo insieme ad Alberto Leiss, lui con il suo universale – la democrazia, in cui vede incarnato probabilmente il meglio, l’apice della virilità maschile, del pensiero maschile più illuminato – ed io che lo vedo, l’ho sentito dire che per lui è irrinunciabile la democrazia, non mi ci incarno sicuramente in questa procreazione maschile e sicuramente non la considero l’apice della teoria politica femminile, ma lo tratto con lui.
Vediamo che cosa la pratica di relazione e la democrazia, che cosa nel confronto, che cosa può accadere. Cioè, non lo inchiodo dicendo: «Finché hai in mente la democrazia non capirai la pratica di relazione».
Nel femminismo classico, invece, non devo apparire con tante cose in mano – non dico la parola «superiore» perché in effetti le donne non l’hanno mai pronunciata, però delle donne hanno tante cose buone, mentre lui era invalidato. Doveva essere invalidato. Doveva essere invalidato sennò il femminismo classico non si regge se non ha questa rappresentazione. E questa non è l’asimmetria dei due sessi. È un semplice ribaltamento che c’è stato. Era probabilmente inevitabile che ci fosse. Perciò dico, e qui concludo, che solo se si sta nella relazione di differenza effettiva, quella che ho cercato di delineare prima rapidamente, c’è asimmetria. Concetto che io amo particolarmente perché mette in scacco proprio quelle leggi, quelle prescrizioni, i diritti, a cui accennavo prima, che producono sofferenza, malattia e disagio.

Dibattito aperto
Politica viva

Muraro: Discorso forte il tuo che ha una ricchezza di argomenti. Dal punto di vista della retorica mancava la conclusione, ma penso che sia fatto a posta, che tu non vuoi che ci sia nulla che va a chiudere, a concludere e ti ringraziamo. Tra le tante cose che hai detto, io credo che dobbiamo avere la pazienza, la schiettezza, il coraggio di tirar fuori, dipanare – e insieme di nuovo a te – tutta una serie di questioni che il tuo intervento ha sollevato: qualcuna anche distorta, qualcuna impostata e molte questioni, secondo me, domandano che ci torniamo sopra. Con la pazienza – ripeto – e il coraggio che ci sono necessari in una condizione di così forte presenza.

Prima intervenuta: Il finale mi interessa moltissimo. Vorrei che mi si parlasse di questa differenza effettiva.

Cigarini: No!, relazione di differenza.

Prima intervenuta: Sì, ma della differenza effettiva. Relazione di differenza effettiva che sola può produrre l’asimmetria.

Muraro: Suppongo che tu voglia dire che sola può produrre asimmetria nella libertà. Di asimmetrie ne è pieno il mondo: nella subordinazione, nella non-libertà. Un’asimmetria nella libertà.

Carla Turolla: A me ciò che hai detto ha sollecitato una serie di ricordi, di esperienze fatte nella politica di differenza con gli uomini, anche se all’epoca non si chiamava così. Questi momenti mi aiutano a dar ordine al passato (…). Quello che mi interessa è che Lia parlava di democrazia; di interrogare gli uomini su qualcosa – democrazia – che io sento come…

Cigarini: No, non voglio interrogare su qualcosa tipo democrazia, ma tirar fuori ciò che è irrinunciabile.

Carla Turolla: Sì, ho usato questo termine ‘democrazia’ e l’ho sentito, forse mi sbaglierò, come un confronto su un concetto. Mentre io ho visto nella mia esperienza che si trattava di un confronto su qualcosa di molto più quotidiano: il fatto di provare a fare delle cose insieme su un altro piano.

Cigarini: Tu parli di ‘confronto su un altro piano’. È quello che abbiamo fatto fino ad ora. Questo mio amico è da dieci anni che viene alle riunioni di donne. Messo alle strette, perché in realtà lui è presente anche nella sinistra del suo partito, ecc., messo alle strette su che cosa lui riteneva irrinunciabile e che non trovava nelle nostre riunioni, lui ha detto che l’irrinunciabile della differenza maschile è per lui la democrazia. Dunque io dico: non c’è mai stato un reale confronto – dopo anni di pratica di relazione e di ammirazione da parte di questo della pratica delle donne – perché poi rimaneva che il confronto su quella questione io e lui non avevamo mai fatto. E quindi non era una relazione di differenza effettiva. Quando prima dicevo che il ribaltamento femminista non è certo una relazione perché lui deve essere invalidato, deve essere portatore di tutte le nequizie del mondo – questo comunque nel periodo di maggior ribellione – resta che deve essere invalidato tutto quello che lui pensa e fa perché è il maschile.
Io con l’esempio dicevo: non si può avere una relazione di differenza effettiva se invalidi tutto quello che questo pensa e fa. Non è una relazione di differenza effettiva, quindi non c’è asimmetria nella libertà. C’è il ribaltamento. Il polo decisivo sono le donne, sono la loro pratica e solo quella.

Muraro: Mi sembra di capire che lei dica: non si tratta di confrontarci sulla democrazia, si tratta che io cominci a registrare che per lui, dopo aver parlato con me dieci anni, la democrazia resta il suo valore irrinunciabile. Secondo la vecchia impostazione femminista io tendevo a demolirgli il suo valore irrinunciabile; secondo la ricerca che si vuole incominciare di relazione nella differenza io registro che per lui è irrinunciabile la democrazia. Il che vuol dire che lì si viene a creare una situazione dove l’altro difende davanti a me un bene che per me un bene non è. Ma io ne terrò conto, avrò a che fare con un uomo per il quale questa cosa… ecco.
Su questo punto faccio la mia domanda anch’io. Mi interessava, quando lo vorrai rispondere, la cosa che hai tirato fuori dell’erotismo. Cioè ci sono donne che sono attratte eroticamente, sia a livello sessuale ma anche a livello mentale dall’altro sesso. Nel vecchio femminismo questa attrazione erotica dell’altro sesso era qualcosa che una se la nascondeva, perché tra femministe non è che si potesse dire: a me l’altro sesso, gli uomini affascinano, ecc. Adesso viene a cambiare anche questo punto, se ho capito bene. Nella relazione di differenza con l’altro l’attrazione erotica per l’altro sesso, l’ammirazione può essere giocata.

Terza intervenuta: Sul tema della differenza i presenti nella sala hanno moltissima esperienza più di me, sia per aver frequentato Diotima gli anni precedenti, sia per una serie di studi, di letture e di autoesplorazione di se stessi. Io pongo una sorta di inquietudine che mi ha generato l’ascolto di questa conferenza. Questo bisogno di non sprecare sofferenza è il bisogno di agire: un’azione pratica che non è di morale precettistica, di morale universale.

Muraro: Mi permetto di riassumere e dimmi se è così. Tu dici: io sono una donna che non vuole rinunciare all’universale; mi sento portatrice di valori universali, la dimensione dell’universale mi appartiene. Come tale, tu che hai parlato riconosci in me la donna oppure pensi che io così non corrisponda al modello che tu rimandi? E devo cominciare un cammino?

Quarta intervenuta: Che vuol dire ‘ne tengo conto’ e poi? Poter coinvolgere gli uomini nel mondo, non cercare di demolire? Nel fatto di poter coinvolgere nelle cose dell’economia domestica c’è uno sforzo che mi fa pensare alla maternità.

Cigarini: Sulla questione che ci sono molte donne per cui l’universale – e non probabilmente la democrazia – l’assoluto è irrinunciabile, io non ho mai pensato ad un soggetto collettivo ‘le donne’. Nella mia pratica politica ho privilegiato le relazioni duali, proprio per non arrivare mai al ‘noi’. Quindi non si tratta di nessun modello. Osservando, dal di dentro naturalmente, la politica delle donne, mi è sembrato che ci fosse una particolare cura del contesto e ho fatto degli esempi. E questa è una particolarità che io ho visto operante, viva nella politica delle donne; cioè la creazione del contesto perché le cose, quelle famose cose buone si possano vivere, assaporare, ecc.
Naturalmente se ci sono delle donne per cui l’universale, l’assoluto, sia quello religioso, spirituale, quello filosofico, ha una forza maggiore del contesto, della continuità che io vedo e ho cercato di accentuare nella politica delle donne fino ad arrivare alla relazione duale come nucleo – diciamo la forma più generativa di simbolico, di modificazione – non vuol dire che tantissime altre abbiano nel cuore l’universale. Naturalmente c’è il pericolo che quasi tutti gli universali sono costruiti dagli uomini: libertà, democrazia, Dio, e via dicendo. Naturalmente di saperla, insomma, questa cosa.
Per il resto, siccome non solo non vogliamo un soggetto collettivo, identificarci con ‘le donne’, ma teniamo conto della singolarità di ciascuna, figuriamoci; anzi sarà interessante vedere questa cosa ‘dell’universale’.
(Rivolgendosi alla quarta intervenuta) Ho fatto quell’esempio per dire che l’ammirazione maschile – sono pochissimi, non si può dire nemmeno ‘ammirazione’ – ma di uomini che sono stati vicinissimi e dentro la politica delle donne, possono essere state delle relazioni che si basavano appunto perché la politica delle donne è un bene; oppure per ammirazione del pensiero di alcune donne, ma non erano vere relazioni, perché all’improvviso è venuto fuori. Ho già detto: non abbiamo la leva, lo strumento ed è quello di cui si deve discutere in sostanza. Però io credo che sia un passo avanti quando la differenza maschile, finalmente, parla come differenza, non come universale: cioè «irrinunciabile per me Alberto». Perché non si può teorizzare sugli uomini, né si può ricostruire le loro personalità, quello che per loro è fondamentale. Allora io credo che questo fatto, che la differenza maschile abbia parlato, sfidando anche l’impopolarità di questa parola ‘democrazia’, è un grande passo avanti, senza che si debba trovare una soluzione.

Muraro: Una domanda sul coinvolgere gli uomini nell’economia femminile non domestica, in un’economia simbolica propriamente femminile. Dicevo, le donne sono riuscite a coinvolgere gli uomini nell’economia domestica, alla stessa stregua dovremmo essere capaci di coinvolgerli in un modo di sentire le cose che è differente dal loro: meno etico, meno idealistico, meno obiettivi, meno schematico, più sensibile, più prossimo, più concreto. Lei che è intervenuta ha detto: questo mi fa pensare alla maternità. Voleva sapere lei se questo ti corrisponde.

Cigarini: No, non penso. Io penso che l’economia domestica è una grande economia dove c’è lo scambio, il valore d’uso, il valore di scambio, ecc., e che il coinvolgimento è avvenuto perché c’è un riconoscimento maschile che le donne sanno condurre l’economia domestica. Questo dovrebbe essere una forza, secondo me perché il domestico sembra svalutante, di dire che è possibile un coinvolgimento di donne e uomini nell’economia, l’economia del mondo, con le sue regole.
Parlo dell’economia che va per la maggiore, introducendo evidentemente o mettendo a confronto il simbolico femminile che per lei (l’intervenuta) è legato alla relazione materna o per chi il simbolico femminile è stato prodotto da relazioni fra donne, da anni di pratica di relazione tra donne. Ma questo non ha differenza. È il simbolico maschile del denaro l’elemento che fa girare l’economia e il significante è il denaro. Espandere allora il senso dell’economia domestica, dove prevalgono le relazioni di bisognosità, al mondo economico in cui prevale il danaro come misura misurante.
Nell’economia domestica non è quello il significante: è rispondere ai bisogni delle creature piccole e anche delle creature grandi se si ammalano. Dunque lì metti a confronto finalmente.

Muraro: In qualche modo la maternità viene a comparire perché ‘le creature piccole’ ha a che fare con la maternità.
Dopo c’è la prima questione posta. Si voleva sapere qualcosa di più sulla relazione di differenza effettiva, che secondo quello che tu ci hai detto, sola può produrre asimmetria nella libertà. È una domanda molto vasta. Forse una domanda ispirata come da un’incredulità e che quindi ti domanda di spendere qualcosa in più, perché tu renda questa cosa. Probabilmente viene da una donna che è stata, come moltissime qui di noi – io stessa – vissuta per anni con una pratica della separazione e che quindi ha bisogno forse, dico... In ogni caso se puoi dirne qualcosa.

Cigarini: È difficile perché io pensavo il mio testo dicesse anche quello che ho detto prima; cioè una relazione di differenza effettiva vuol dire che la relazione di differenza che io avevo con questo mio amico, adesso, dopo che lui ha parlato, la considero non effettiva, non – come dire – efficace. Solo adesso che ha parlato diventa una relazione di differenza effettiva. Ecco la distinzione.
Per quello che riguarda la asimmetria, dicevo che non è asimmetria nel senso di libertà per donne e uomini il ribaltamento che il femminismo classico – anch’io 35 anni fa ero su quella posizione – invalidava qualsiasi pensiero, fino – diciamo così – ad arrivare al singolo uomo e a quello che lui esprimeva, perché lo vedo come un ribaltamento di quello che gli uomini hanno fatto alle donne. E lì evidentemente non è una posizione asimmetrica. L’asimmetria è che possono stare vicini due – come dire – posizioni che non sono né complementari, né contrapposte, né subordinata. Noi sappiamo che c’è tutta una posizione, soprattutto femminista cattolica, che vede le donne finalmente riconosciute nel loro valore complementare agli uomini. Cioè la asimmetria è quella che a me dà la posizione in cui sono ora, quella che ho detto, che non è di rivincita, né di complementarità, né ovviamente di subordinazione, né di essere compresa nell’universo maschile, ma di non escludere.

Maresa Meneghini: Io ho una curiosità. Che cos’è irrinunciabile per te?

Cigarini: La libertà.

Muraro: Ma non si possono fare questi scambi, mi dispiace… Si dà il caso che sei molto vicina.

Maresa Meneghini: Mi chiamo Maresa Meneghini: mi è parso strano, la democrazia. Anche per me è quasi irrinunciabile la democrazia.

Cigarini: Per me no, non è irrinunciabile la democrazia!

Maresa Meneghini: Vorrei capire cos’è irrinunciabile per te.

Cigarini: Te l’ho detto: la libertà di donne e uomini, la mia libertà.

Muraro: Mi sembrava che tu stessi dicendo che la democrazia per te stessa è dell’ordine dell’irrinunciabile.

Maresa Meneghini: Una democrazia vera naturalmente.

Muraro: Sì, sì. Una democrazia vera anche per te che sei femminista storica appartiene a quelle cose che si chiamano ‘irrinunciabili’. Restavi mi sembra – scusa se devo leggere perché il tuo intervento era brusco. Anche lei (Cigarini) lo è stata. Mi scuso (risate e applausi) io leggo le tue parole.

Maresa Meneghini: Non voleva essere brusco. Solo volevo capire.

Muraro: Che tu voglia dire questo: che l’esempio che faceva Lia come fosse qualcosa di urtante, di strano. Allora vorrei ricordarti – forse questo spiega perché lei ha reagito – non è che ci sono le donne qua e gli uomini là e quindi lei stava parlando di una relazione con quest’uomo in cui c’era tutta lei che è donna, tutto lui che è un uomo nella loro rispettiva singolarità che si scambiano idee politiche da 10 anni. Lui conosce bene la critica che Lia fa alla democrazia rappresentativa e non ha mai obiettato finché quel giorno, incalzato da lei, ha detto che la democrazia è per lui irrinunciabile.
È lì che lei ha sentito il differenziarsi. Lì lei ha visto che quest’uomo, con la sua militanza politica di sinistra, lì si realizzava, si compiva, trovava qualcosa che per lui era lui. Questo volevo segnalarti: che non si trattava di una cosa. È lo stesso incidente che è capitato prima con Carla Turolla la quale anche lei ha preso questo riferimento alla democrazia come un terreno di scambio e di confronto in generale. Mentre questo era e resta un esempio di ‘relazione’ concreto e incarnato.

Sesta intervenuta: Per capire questa cosa, la relazione di differenza c’è stata prima o solamente nel momento in cui è stata posta questa domanda e lui ha risposto che per lui la democrazia è irrinunciabile? Nei dieci anni precedenti c’è stata allora contrapposizione? Per noi la relazione di differenza è irrinunciabile, per lui la democrazia. Come si gioca questo fatto qui?
Perché, a parer mio, siamo poi a un vicolo cieco rispetto a questo irrinunciabile, perché è come se ponessimo degli aut-aut, come quando si è parlato di come si intende la politica. Alcune donne si sentono fuori luogo, nella globalizzazione, ecc. L’invalidante c’è anche fra donne. C’è il rischio di invalidare posizioni che non si ritrovano in Diotima.

Adriana Sbrogiò: Sono Adriana Sbrogiò di Identità e differenza. Dopo il convegno con uomini e donne di Asolo facciamo leggere agli uomini Non credere di avere dei diritti così – pensiamo – si renderanno conto cosa vuol dire «le pratiche». Ed è difficile, non li leggeranno mai.
Come si fa a camminare con questi uomini? Rendere consapevoli gli uomini di quello che loro hanno già fatto con le donne?
Sono escluse non le donne, ma le relazioni di differenza con gli uomini: la democrazia sarebbe superata. In nome dell’uguaglianza c’è una totale indifferenza sessuale. È difficile partecipare alle manifestazioni per la pace per noi donne, diceva Lia, perché non ci sono relazioni di differenza anche in quei luoghi che gli uomini si sono presi, anche se quei contesti sono creature, invenzioni delle donne.

Cigarini: Sono d’accordo con quanto ha detto Adriana, nel senso che lei diceva. Se ci sono in ogni luogo, anche in quello della politica inteso in senso più ristretto, relazioni di differenza ci sarà anche una modificazione a cui non sappiamo bene che nome dare della ‘famosa’ democrazia rappresentativa che adesso è alle corde. Il presidente degli USA è stato eletto illegalmente, c’è la dittatura delle maggioranze in realtà: se prendo più voti faccio quello che voglio.
Adriana ha spostato sulle pre-condizioni perché, in fondo, la pratica politica delle donne ha avuto l’attenzione per le pre-condizioni della politica, della democrazia, di tutti questi famosi universali. Cioè una pratica di relazione che è modificativa. Noi abbiamo detto che la relazione con l’altra donna modifica me e l’altro. Molte volte va male, però quando va bene non è che sono sempre le stesse. C’è una modificazione. E allora la relazione di differenza pone un’attenzione a proposito del lavoro, non all’astrattezza del salario, ma a quello che nel lavoro si incarna: di donna e di uomo.
Per quello che riguarda la democrazia, io credo che una mediazione avvenga su questo. Molti uomini sono convinti che sono saltate tutte le pre-condizioni della democrazia. E quindi l’attenzione alla relazione di differenza con l’altra donna o con l’uomo, io le vedo come qualcosa che pre-dispone a delle relazioni sociali radicalmente differenti: parlavamo di cambio di civiltà.
Non si può parlare di democrazia se non c’è cultura, informazione e se non c’è modificazione nei rapporti fra persone, fra donne e fra uomini.
Io non ci andrò a quelle manifestazioni, ma chi ci va dice: io quell’appello scritto in quel modo non lo sottoscrivo, lo scrivo io l’appello per la pace; oppure, questo modo di fare la riunione dove c’è la relazione, gli interventi precostituiti io non l’accetto. Questo è un modo di stare senza essere compresi nel loro agire politico. L’alternativa sono, per la pace, le donne in nero che però è un’alternativa che dice: le donne sono qui, sono le donne.
Nella relazione di differenza una dice ‘sono qui’ e vediamo cosa si può fare; se tu fai gli appelli in quel modo io non li sottoscrivo, io non ci sto alla manifestazione violenta anche se sono una noglobal.

Ottava intervenuta: Ho un interrogativo. La relazione di differenza è vissuta come un desiderio o una disgrazia?
La relazione con il maschile è una parte fondamentale del mio femminile. Per entrare nella relazione con il maschile bisogna anche accettare di sporcarsi le mani, di fare i conti con la nostra ombra e con l’ombra dell’altro. È una domanda che dice e cerca qualcosa nel maschio (democrazia?…) che possa andar bene anche alla donna. Importante che questo riparta sull’onda del desiderio.

Nona intervenuta: Per me è irrinunciabile il fatto che, nonostante me, sono una donna. La libertà femminile e tutto il resto vengono di conseguenza al fatto che sono una donna.
La relazione di differenza mi ha evocato Va pure di Carla Lonzi (5).
La relazione con l’altra/o mi ha cambiato la vita. Una sofferenza che ho ricavato da questo incontro di oggi è: un po’ di voglia, di desiderio questi uomini ce l’hanno? Perché io sento un po’ quest’affanno di doverceli tirare dietro, fare a tutti i costi le mamme, le sorelle, sforzarci di capirli. E mi va bene. Io lavoro, faccio questo, faccio l’educatrice. Capisco i genitori…
Però, l’uomo ha questo desiderio?
Ci sono stati uomini stupendi che dopo trent’anni hanno avuto l’occasione, l’opportunità di avere relazioni con donne stupende, hanno visto quello che la nostra storia, quello che abbiamo fatto, e ancora siamo qua a doverli tirare per i capelli.
Cosa ci mettono di loro nello scambio? Lo dico perché qui ci sono degli uomini. (Applausi)

Chiara Zamboni (6): Per quello che tu hai detto, nell’intero Seminario c’è uno spostamento politico, dalle relazioni tra donne alle relazioni tra una donna e un uomo. Allora la grande questione, che anche nelle discussioni a Diotima ci siamo trovate di fronte, è questo spostamento politico.
Che effetti ha poi nelle relazioni politiche fra donne?
Anche perché è uno spostamento politico non da poco in quanto, per tanto tempo, abbiamo lavorato su una trasformazione del mondo a partire dalle relazioni fra donne. Io sono d’accordo, come fatto centrale del Seminario, che questo sia giunto ad un’impasse; al fatto che le relazioni politiche fra donne è stato molto fruttuoso in alcuni momenti storici precisi che ho vissuto personalmente, ma negli ultimi anni si è creato un ammutolimento, si è creato un silenzio. E questo però di non-creatività politica l’ho avvertito molto forte, per cui questa è stata una stretta di necessità a scegliere questo tipo di strada. D’altra parte l’effetto di questo spostamento politico è: che ne è delle relazioni politiche fra donne in rapporto alla trasformazione del mondo?

Cigarini: Mi sembra che nell’analisi sei d’accordo. Io mi sento ferma e mi sono sentita ferma rispetto alle donne stesse. Ho detto: sfrecciavano di fianco a me e dilagavano in tutti i posti maschili, e diventati poi misti, con un forte senso di autorealizzazione, lì nel lavoro, in tutte le questioni. Naturalmente io mi sono sentita ferma e quasi un po’ spiazzata, perché il desiderio di esserci in quei posti sembra più forte di qualsiasi altra cosa, mentre nella mia storia era più forte il desiderio di relazioni tra donne, di creare questi famosi luoghi dove potesse avvenire, ci fosse, meno sofferenza, meno disagio, ecc. Però c’è questa realtà, la realtà si è modificata in questo modo.
Io – relazioni politiche fra donne – non so risponderti, perché non riesco a pensare relazioni politiche fra donne; io ho relazioni duali. Anche questi appunti che ho letto sono frutto di una discussione con le donne con cui sono in relazione. D’altra parte tu hai sottolineato il silenzio, io sottolineo la voglia di esserci con tutte se stesse in alcune situazioni e qui mi ci ritrovo in questa riscrizione del mondo simbolicamente che sta avvenendo in questo passaggio di secolo. E sulle relazioni politiche fra donne non so perché non le riesco ad immaginare in generale.

Muraro: Potrebbe essere che le relazioni politiche tra donne diventino meno selettive, perché prima ogni donna godeva di un a priori favorevole per il semplice fatto che era una donna, per il semplice fatto che la mossa politica efficace e decisiva era la relazione donna con donna, mentre ora – se c’è – entra la possibilità di un agire efficace nella relazione di differenza. Il pregiudizio favorevole a una donna semplicemente perché è donna cade. E tu diventi più selettiva. Stabilisci relazioni mirando a quelle donne con cui trovi più rispondenza: è una rispondenza più fine. Potrebbe capitare questo.

Cigarini: Ecco, appunto, non si sa cosa possa capitare. Comunque io sono sicura, né – voglio dire – prima di qualsiasi presa di posizione, io mi regolo in base alle relazioni che ho, cioè non è che faccio una proposta, ho sentito le donne con cui sono vincolata. Allora questo conta per me: il vincolo di alcune relazioni che non penso – naturalmente io sono già anziana – che non penso che verranno selezionate. Sono quelle che sono, anche perché io ho pensato queste cose insieme alle donne con cui ho una relazione significativa. Ecco, per quello che diceva Luisa io credo che l’asimmetria nella libertà permetta momenti di separazione, che non è il separatismo. Io penso che mi terrò sempre la possibilità, come un bene prezioso, di riunione tra sole donne. Proprio l’asimmetria e finalmente il gioco libero della differenza femminile-maschile permetteranno agli uomini riunioni o confronti tra di loro e viceversa. Non credo che io abbandonerò – per quel che mi riguarda – i momenti di ‘separazione’ che non è il ‘separatismo’. E penso anche che bisogna alimentare quello che per me è stato lo spostamento fondamentale.
Diceva Antoinette Fouque (7) che prima gli uomini amavano gli uomini e le donne amavano gli uomini. Gli uomini amano moltissimo gli uomini e non amano le donne.

a cura di Monica Giorgi

note:

1. Si riferisce alla Libreria delle donne di Milano.
2. Insegnante, pedagogista e appassionata studiosa dell’opera di civiltà delle donne. È attiva all’interno della Libreria.
3. È la rivista su cui si fanno circolare i temi della ‘differenza sessuale’ e della politica delle donne.
4. Docente di storia medievale all’Università di Barcellona.
5. L’opera di Carla Lonzi ha dato vita a quella che negli anni Settanta è stata l’autonomia femminista. Oggi rappresenta una ricchezza per il pensiero delle donne.
6. È una delle fondatrici della Comunità filosofica Diotima e ne fa tuttora attiva parte.
7. Autrice di I sessi sono due – nascita della femminologia. Ha fondato con altre il gruppo Psycanalyse et Politique di Parigi.