rivista anarchica
anno 34 n. 301
estate 2004


an-archia

Sovvertire le gerarchie
di Seán M. Sheehan

Attualità delle idee e delle pratiche libertarie.

 

C’è una profonda differenza tra gli anarchici e la sinistra progressista, liberal. Questa, socialisti inclusi, ama immaginare che cambiamenti graduali, all’occorrenza anche radicali, possano rendere più umana la macchina statale. Lo sfruttamento può essere ridotto e minimizzato per mezzo di una legislazione illuminata, attuata da partiti politici dotati della necessaria volontà di realizzare i propri programmi progressisti. L’anarchismo non è affatto contrario ai valori democratici, ma si rende conto che per attuarli in misura significativa è necessario un cambiamento di grande entità, e lavora in questo senso. Sottopone l’assetto sociale esistente a un’analisi più approfondita che quella liberal, identificando i meccanismi e i modelli ideologici attraverso cui lo sfruttamento e il controllo di classe vengono mantenuti, a livello non solo politico ed economico ma anche sociale e psicologico. Nell’ambito delle problematiche che riguardano autorità, comando e dominazione, l’anarchismo cerca di capire perché le persone accettino lo sfruttamento classista senza ribellarsi..

Seán M. Sheehan

Gli ingranaggi nella testa

A volte, in passato, il dissenso radicale degli anarchici è stato visto come diretto soprattutto contro le istituzioni dello Stato e l’autorità dei governi, ma la loro opposizione all’autorità imposta, al potere gerarchico e a tutte le forme di dominio si è sviluppata in ambiti che vanno al di là di quello strettamente politico. Gli anarchici vedono con particolare chiarezza come l’ordine esistente sia radicato nel controllo della vita sociale, e come l’accettazione di certi atteggiamenti, rafforzati da strutture di comando e obbedienza, generi una condizione di prigionia intellettuale che può assumere la forma di repressione psichica, ciò che Stirner chiamava “gli ingranaggi nella testa”.
Questo non significa affatto che i gruppi o gli individui contrari all’autoritarismo siano automaticamente considerabili come anarchici ad honorem, ma ci sono alcuni movimenti, formazioni culturali e modi di sentire, anche individuali, che si oppongono alle forme “non politiche” di autoritarismo e gerarchia in modo sufficientemente coerente da essere assimilabili all’anarchismo, se già non si sono consapevolmente situati in tale ambito. I modi di pensare antitetici a quelli basati sul rapporto comando/obbedienza per la sinistra libertaria sono altrettanto vitali della più tradizionale attenzione per le organizzazioni e le istituzioni politiche. Senza dimenticare la necessità di prendere in considerazione i problemi del controllo politico, l’interesse per gli aspetti culturali e sociali collegati alle idee di comando e obbedienza è basato sulla più ampia comprensione di come il potere politico si mantenga. La presa del potere politico non è necessariamente il punto di partenza principale. Pensare in termini di “presa” o “conquista” del potere politico, e limitare la teoria a tale ambito, significa affrontare in modo semplicistico e fuorviante il problema di come realizzare un cambiamento radicale. Sappiamo benissimo che le classi dirigenti non cedono volontariamente il potere e che il motore della rivoluzione non può funzionare bene con il solo carburante fornito da un entusiasmo a elevato numero di ottani. Ma bisogna anche capire come mai le persone non si ribellino in massa e anzi si sottomettano alle strutture di un’autorità che le rende infelici. Arrivare a capire questo è altrettanto importante che costruire la resistenza organizzata. L’anarchismo si occupa in modo particolare degli effetti dell’alienazione, non soltanto nel luogo di lavoro ma nell’essenza sociale della vita quotidiana, e ciò contribuisce a spiegare l’importanza del situazionismo e dell’interesse che ha suscitato.
Il situazionismo, legato agli anni Sessanta e in particolare alla rivolta parigina del maggio 1968, è nato nel contesto della Guerra Fredda, in un periodo in cui si cercava una re-interpretazione del marxismo tradizionale. L’emergere della Nuova Sinistra e la riscoperta delle idee anarchiche nei circoli intellettuali di sinistra costituiscono il principale background del situazionismo, che si è presentato come un Giano bifronte, da un lato rivolto indietro, verso il modernismo, mentre dall’altro guardava in avanti, forse inconsapevolmente, verso forme di anarchismo urbano. In mezzo stava la precoce consapevolezza che la dinamica rivoluzionaria del capitalismo, mirabilmente espressa da Marx nel Manifesto comunista, era entrata in una nuova fase. Secondo questo nuovo modo di vedere, l’oppressione non proveniva da tenebrosi mulini satanici, ma da fattori come la pubblicità, l’architettura, il turismo, i supermarket e i divi del cinema. Il capitalismo è tutto fuorché conservatore, dicevano i situazionisti, può umanizzare le merci, minare desideri illeciti e subconsci, colonizzare le avanguardie e intanto consolidare il sistema di classe dietro la trance del consumo sensuale e apparentemente soddisfatto.

Consumismo in discussione

Marx, descrivendo le conseguenze della transizione dal feudalesimo al capitalismo, scriveva di come “le estasi celestiali del fervore religioso, dell’entusiasmo cavalleresco, del sentimentalismo filisteo” erano state annegate “nell’acqua gelida del calcolo egoistico” (1). Ma nella sua nuova fase il capitalismo ha potuto audacemente presentare le merci come oggetto di desiderio, ripristinando quegli aspetti che Marx riteneva ormai distrutti. Il situazionismo lo ha riconosciuto e ha cercato di contrattaccare. L’alienazione non poteva essere abolita tanto facilmente, per quanto sottile fosse la sua mediazione, ma la rivolta poteva essere provocata attraverso un détournement, l’appropriazione sovversiva delle immagini, dei simboli e degli artifici che tanto abilmente nascondono la povertà metafisica di una società consumistica e classista.
L’Internazionale Situazionista, fondata nel 1957 da un piccolo gruppo di intellettuali e artisti d’avanguardia europei, intendeva mettere in discussione la cultura del consumismo passivo, visto come una nuova forma di alienazione. Fin dal 1953, nel terzo numero di “Lettrist International”, una rivista pubblicata da un gruppo di parigini che avrebbe co-fondato l’Internazionale Situazionista quattro anni dopo, si può trovare una nota dissonante per bocca di Guy Debord, che dichiara: “A nessun prezzo vogliamo partecipare, accettare di stare tranquilli, accettare. Ma non è per arroganza che ci dispiace rassomigliare a chiunque altro” (2). L’Internazionale Situazionista è andata avanti su questa strada indicando la necessità di portare alla luce i “desideri dimenticati”, creando “situazioni” (da qui il nome del gruppo) in cui le persone potessero diventare partecipanti gioiosi della vita e non osservatori passivi dello “spettacolo” (3). Era questo il termine versatile con cui veniva indicata la mercificazione della società capitalista moderna, vista come uno show, una rappresentazione in cui il consumatore ha il ruolo (e l’atteggiamento mentale) del pubblico, cioè di chi sta a guardare. Per il situazionismo, chiaramente influenzato dal dadaismo, l’arte stessa è parte di questo show, parte di una discarica culturale creata da una logica funzionale solo agli interessi della borghesia dominante. Il culmine della notorietà è arrivato quando la pubblicazione, nel 1966 all’Università di Strasburgo, di un articolo intitolato Della miseria nell’ambiente studentesco ha fatto sì che il sindacato studentesco venisse chiuso per ordine del tribunale. Quando, un anno e mezzo dopo, c’è stata l’eruzione parigina, l’Internazionale Situazionista ha vantato un ruolo nell’insurrezione per l’influenza esercitata da questo pamphlet.
Sebbene l’Internazionale Situazionista non si sia mai allineata con il movimento anarchico (4), era comunque ben consapevole dell’influenza anarchica su dadaismo e surrealismo e più in generale dell’anarchismo politico. La natura e lo scopo dello spettacolo, l’invito al consumo passivo, erano visti come elementi strettamente intrecciati all’assetto politico di una società gerarchica e classista. Debord vedeva lo spettacolo come il progresso del capitalismo consumistico verso il feticismo e la reificazione, quindi non un oggetto o un’immagine specifica, bensì il tipo di relazioni interpersonali costruite dalle immagini di una società spettacolarizzata. Il che non significa semplicemente consumismo, ma una crescente alienazione verso un nuovo livello di oggettificazione.

Mentalità da “cricca”

Paradossalmente, pur definendosi esplicitamente come movimento non-gerarchico, l’Internazionale Situazionista era affetta da una mentalità da “cricca” e indulgeva a periodiche espulsioni e dimissioni, come un qualunque gruppuscolo marx-leninista. Al tempo stesso, però, aveva la capacità di offrire interpretazioni provocatorie che uscivano totalmente dagli schemi dei partiti della sinistra tradizionale. Nel 1962, ad esempio, in un’analisi della Comune di Parigi del 1871, veniva celebrata la natura carnevalesca e non-gerarchica di quell’evento, quasi prevedendo la festosa eruzione parigina del 1968 (5). All’inizio degli anni Sessanta, quando il gruppo era attivo, a dispetto del gran sfoggio di aspirazioni e intenzioni ben poco è stato effettivamente realizzato, a meno che la decapitazione della statua della Sirenetta, a Copenhagen, non venga considerato come l’ispirata liberazione di “desideri dimenticati”. Nonostante il loro atteggiamento elitario, comunque, i situazionisti sono giustamente ricordati per il loro programma sovversivo e per l’impeto creativo che hanno fornito agli artisti della rivolta parigina del 1968. Molti degli slogan più famosi, come

siate realisti, chiedete l’impossibile
vietato vietare
realizzate i vostri desideri
la merce è l’oppio dei popoli
più consumi, meno vivi
l’arte è morta: non consumate il suo cadavere
non lavorare mai
corri compagno, il vecchio mondo è dietro di te
sotto il selciato, la spiaggia

anche se non ispirati direttamente dai testi anarco-situazionisti, erano certamente in sintonia con il loro spirito di insubordinazione.
Esistevano legami diretti tra il situazionismo e altri gruppi più apertamente anarchici degli anni Sessanta. Uno dei primi attivisti dei Provos olandesi (gruppo anarchico formatosi ad Amsterdam nel 1965) era un ex-situazionista, e lo era anche uno dei fondatori del gruppo Kommune 1 di Berlino, più o meno nello stesso periodo. I Provos avevano raggiunto la notorietà nell’estate del 1965 quando avevano lanciato un attacco propagandistico contro la proprietà privata, offrendo gratis per uso pubblico biciclette dipinte di bianco (poi confiscate dalle autorità); l’anno seguente avevano tirato bombe fumogene sul corteo nuziale della famiglia reale olandese (6). Fedeli alla loro filosofia anarchica, nel 1967 si auto-dissolvevano quando alcuni di loro decidevano di partecipare alle elezioni municipali e gli altri intuivano il pericolo di essere risucchiati nell’establishment politico democratico.

La proletarizzazione del mondo

Il situazionismo è stato presentato come l’antenato culturale del dirompente movimento punk, soprattutto in Tracce di rossetto (1989) di Greil Marcus. Tale genealogia è rafforzata dalla forte probabilità che qualcuno di quei gruppi, ad esempio i Clash e gli Adam and the Ants, fosse stato influenzato, in qualche scuola d’arte, dalle tradizioni culturali del dissenso attraverso il dadaismo. Ciò trascura ovviamente il fatto che il punk ha origine nel proletariato inglese, ma è indubbio che il movimento abbia interpretato idee chiave del situazionismo. Le superstar alla moda su cui il punk sputava erano un esempio evidente di spettacolo, anche se l’energia esplosiva e la velocità punk erano qualcosa di più che un fenomeno musicale. Il punk era un movimento insurrezionale che prendeva d’assalto la vita alienata che stava dietro la società dello spettacolo, mentre la conclamata mancanza di potere spingeva insieme i disoccupati, i sotto-pagati, gli impiegati di basso livello, ma anche taluni “professionisti”, in un maledetto pozzo comune di negazione e isolamento: la proletarizzazione del mondo, come diceva Debord. Tracce di rossetto si scontra con la difficoltà di mettere insieme momenti culturali di epoche diverse, legando Johnny Rotten a un Guy Debord di cui il cantante non aveva mai sentito parlare, ma Greil Marcus coglie la fecondità offerta da quell’approccio scombinato e così facendo introduce entrambi i movimenti nella tradizione anarchica (7).
In un’arena tutta diversa, l’idea situazionista di “psicogeografia” era in anticipo sui tempi con il suo tentativo di mettere in discussione e riformare la relazione psicologica tra gli individui e il loro ambiente urbano. Bisognava dunque fare un’opera di détournement attraverso giochi e burle da mettere in atto in vari punti delle città. Uno dei gruppi che aveva fondato l’Internazionale Situazionista nel 1955 aveva pubblicato un Piano per migliorare la razionalità della città di Parigi che invitava a tenere aperti i giardini pubblici anche la notte e a costruire ascensori che arrivassero fino ai tetti per creare marciapiedi aerei. Un altro situazionista, Ivan Chtcheglov, era un entusiasta assertore del potere liberatorio di edifici che interagissero con la gente in strada e ne liberassero le emozioni, un’architettura psichica, di fantasia, in cui la progettazione degli ambienti e delle costruzioni si sarebbe connessa con la gamma di desideri trivializzati e reificati dall’eccesso di soddisfazione materiale. La rielaborazione situazionista dello spazio urbano guardava avanti, verso i movimenti di ispirazione anarchica tipo Critical Mass (Massa critica) e Reclaim the Streets (Riprendiamoci le strade), che mirano a riconquistare gli spazi pubblici super-controllati. Critical Mass si è diffusa in tutto il mondo, dopo la sua nascita in USA nel 1992, e ciò che era iniziato come un tentativo locale di opporsi ai drogati dell’auto e ai fuoristrada nella Bay Area di San Francisco è cresciuto fino a diventare una delle strategie principali del movimento anticapitalista: il concetto di massa critica, tratto dalla fisica, si è trasformato in metafora politica per indicare la possibilità di un intervento di massa, senza leadership, capace di mettere in atto una dinamica di azione diretta dall’esplosiva potenza sociale. Con una traiettoria simile, Reclaim the Streets è venuta alla luce a Londra all’inizio degli anni Novanta e si è successivamente diffusa in Europa, Australia e nelle Americhe. La sua discendenza dall’anarchismo è risultata evidente nel 1997, durante le elezioni generali inglesi, quando i Sex Pistols, l’azione diretta e la dichiarata futilità del voto si sono fusi nello slogan “Chi se ne frega delle elezioni, riprendiamoci le strade”. Jeff Ferrell, nel suo incalzante Tearing Down the Streets Adventures in Urban Anarchy (8), riconduce queste e altre forme di attività decentrate e non-gerarchiche, come lo skateboarding, il base jumping (paracadutarsi da edifici, antenne, ponti), il graffitismo, le radio illegali di strada, o anche semplicemente l’andare a spasso, allo stesso generico impulso anarchico di sovvertire le gerarchie espresse attraverso forme sterilizzate di potere urbano.
Le attività di ispirazione anarchica descritte da Ferrell offrono fruizioni alternative degli spazi culturali pubblici e contrastano la gentrification (trasformazione di un quartiere popolare in quartiere di lusso) dell’ambiente urbano, che è parte del controllo di classe. In nome della salute pubblica, una kafkiana proliferazione di sistemi di sorveglianza urbana nasconde la necessità di prendere in considerazione le cause dei reati sociali. Allo stesso modo, il riferimento a concetti come “tolleranza zero” o reati contro la “qualità della vita” nasconde la propria natura di classe dietro ideali, falsi ma attraenti, di comportamento civile e soddisfacimento urbano.

La politica del desiderio

Il situazionismo si è anche occupato della sessualità, argomento che nel pensiero anarchico riceve maggiore attenzione che nei testi del comunismo e socialismo tradizionali. Nel 1967, Raoul Vaneigem, figura chiave dell’Internazionale Situazionista, ha pubblicato La rivoluzione nella vita quotidiana, un libro dove si trovano molti degli slogan che hanno coperto i muri di Parigi nel 1968, tra cui il più lungo di tutti:

chi parla di rivoluzione e lotta di classe con esplicito riferimento alla vita quotidiana, senza capire il potere sovversivo dell’amore e quanto sia positivo il rifiuto delle costrizioni, ha un cadavere in bocca.

L’eco blakeiana del sentimento rimanda alla convinzione anarchica che la relazione tra libertà politica e sessuale è importante, che le strutture repressive interiorizzate sono legate alla volontà di alcuni di accettare il controllo politico al punto di desiderare l’autorità. Da tale punto di vista, e non per la prima volta, gli anarchici vedono nella storia del regime comunista in Russia dopo il 1917 la chiara indicazione di cosa possa accadere a un movimento rivoluzionario privo di anima libertaria. Nei primi tumultuosi mesi del governo bolscevico, la legislazione reazionaria in materia di sessualità e rapporti tra i sessi è spazzata via da una nuova normativa matrimoniale. Divorziare diventa facile, le coppie non sposate sono pienamente riconosciute sul piano legale ed è nell’aria la legalizzazione dell’aborto e dell’omosessualità. Ma con il consolidarsi dell’autoritarismo politico, in un processo parallelo al collasso culturale anche in altri settori, la legislazione radicale viene revocata e l’atteggiamento ufficiale verso la sessualità diventa non dissimile da quello presente negli Stati europei occidentali.
Agli “ingranaggi nella testa” di Stirner e ai “ceppi mentali” di Blake è difficile sfuggire tanto quanto alle costrizioni materiali, ma il socialismo libertario vede nella psicologia sociale di Wilhelm Reich, alleata allo spirito anarchico ribelle di Blake, uno strumento di liberazione. Reich fornisce una via di fuga da certe implicazioni reazionarie della psicoanalisi classica, secondo la quale la sessualità istintiva e non disciplinata deve essere necessariamente sublimata affinché possa esistere la civiltà. Al tono della controproposta anarchica la poesia di Blake fornisce ricchezza espressiva. La dialettica metafisica di Blake, in opere come The Marriage of Heaven and Hell, si costruisce sui contrasti (“Le tigri dell’ira sono più sagge dei destrieri dell’istruzione... Il progresso traccia strade dritte; ma le vie irrimediabilmente tortuose sono le vie del Genio... La cisterna contiene; la fontana trabocca”), asserendo che “l’energia è eterna delizia” e che

chi limita il proprio desiderio, lo fa perché esso è debole abbastanza da poter essere limitato; e il limitante, o la sua ragione, ne usurpa il posto e governa la mancanza di volontà. Ed essendo limitato, esso a poco a poco diventa passivo, fino a essere solo l’ombra del desiderio (9).

Segugio assassino

Dando voce al ruolo della cultura nella repressione sessuale, Blake indica l’esistenza di un legame tra aggressività e forme di repressione (“Per la guerra l’energia è Schiavizzata”) (10), che in seguito sarebbe stato esplorato da Reich nel contesto del fascismo europeo del ventesimo secolo. Nell’opera di Reich Psicologia di massa del fascismo, scritta durante la seconda guerra mondiale, è riportato un articolo del “New York Times”, citato come esempio di militarismo assassino:

Gli Afrika Corps tedeschi hanno sconfitto l’Ottava Armata perché avevano velocità, rabbia, vitalità e cattiveria. Come soldati nel senso tradizionale, i tedeschi sono scadenti, assolutamente scadenti... Ma i generali tedeschi sono scienziati, che sperimentano e migliorano continuamente la dura formula matematica dell’omicidio... La guerra è solo una questione di fisica, per loro... E il soldato tedesco viene addestrato ad assumere una psicologia da segugio assassino (11).

Reich vuole capire cosa porti una persona a trasformarsi in un simile sadico, capace di uccidere in modo meccanico. Egli considera l’umanità come dicotomica, divisa in una parte animale, apparentata con la natura e spinta biologicamente a ricercare gratificazione sessuale e cibo, e un’altra che tende invece a negare questo livello animale sviluppandosi attraverso strutture meccaniche di organizzazione e pensiero. Le macchine aprono la via a un’immensa espansione della “organizzazione biologica umana”, ma questo processo ha prodotto una “civiltà della macchina” che induce alla creazione di gerarchie rigide e incoraggia una visione meccanicistica della biologia umana. In tal modo, il cervello diventa il comandante-in-capo degli organi corporei e si afferma una pedagogia statalista:

I neonati devono assumere una precisa quantità di latte a intervalli stabiliti e dormire un numero ben preciso di ore. La loro dieta deve contenere esattamente un x per cento di grasso, y per cento di proteine e z per cento di carboidrati ... I ragazzi devono studiare matematica x ore, chimica y ore, zoologia z ore, tutti esattamente uguali, e tutti devono acquisire la stessa quantità di sapere. Cento punti significano intelligenza superiore, ottanta punti intelligenza media, quaranta punti stupidità (12).

Terrore per ciò che vive

Un simile processo meccanicistico va di pari passo con lo sviluppo economico, e agli individui viene insegnato a corazzarsi contro il naturale e lo spontaneo, finché “non nutrono un terrore mortale per ciò che vive ed è libero”. Reich prosegue mettendo questo in relazione con l’assetto gerarchico dello Stato, la paura della responsabilità e con “l’ardente desiderio di un führer e la voglia di autorità”.
Reich non è anarchico, ma le sue prime riflessioni sulla sessualità umana, se pure di impostazione marxiana, nella convinzione che l’ideologia possa essere una forza materiale, sono fatte proprie dall’anarchismo, che vi vede la via per capire come mai le persone non rifiutino forme di autorità che tanto evidentemente ostacolano la loro capacità di condurre un’esistenza felice. È facile sorridere del concetto reichiano di “potenza orgastica”, riducendolo all’idea che l’energia sessuale e la sua liberazione attraverso l’orgasmo stiano alla base dello stato di buona o cattiva salute individuale, e certo negli ultimi anni Reich ha attirato l’ironia per il modo in cui esprimeva le proprie teorie. Queste, però, devono essere considerate nel contesto delle concezioni sviluppate nella sua Analisi del carattere, che differiscono da quelle freudiane per quanto riguarda la descrizione dell’Es. Per Reich, la natura umana ha tre componenti, due delle quali si manifestano nell’intrinseca capacità di apprezzare spontaneamente il lavoro e le relazioni sociali. Tale attitudine naturale viene immotivatamente repressa dalla cultura, da cui deriva l’inconscio visto come una malsana miscela molto vicina a quella descritta da Freud. Questo porta a un terzo livello, la maschera sociale dell’inautenticità, che Reich chiama “carattere” e che è equivalente all’Ego freudiano, ma visto come qualcosa di insano. Invece che difesa necessaria contro ciò che Freud definisce il “calderone” dell’Es, l’Ego reichiano è la risposta spiacevole e malsana all’inconscio. Scopo della terapia, dunque, deve essere la rimozione del carattere e la liberazione della “potenza orgastica”, e a tal fine è necessario svelare dove l’individuo abbia racchiuso la sua energia psichica, cioè il suo carattere. Lasciando da parte descrizioni di sogni, lapsus, battute, Reich guarda soprattutto al modo in cui una persona parla, più che al contenuto verbale vero e proprio, ritenendo che come una persona usa il linguaggio sia più rivelatore di ciò che effettivamente dice.
Come è necessario essere aperti a molte delle accuse che è diventato di moda rivolgere a Freud, così l’adozione di questa o quella delle idee reichiane richiede sempre un approfondimento, stante la loro semplicità e naïveté. Se il lato utopico e rousseauiano di Reich è continuamente sul punto di scivolare in una versione psicoanalitica del primitivismo, l’anarchismo sa invece apprezzare quanto c’è di valido nel tentativo di fondere Marx e Freud e nel suo contributo a smantellare uno dei paradigmi dominanti della nostra cultura. Reich collega le proprie teorie alla natura repressiva della società sostenendo che la liberazione non sta nel divano dello psicoanalista ma in una modificazione delle relazioni sociali e sessuali, che a sua volta dipende da un cambiamento politico. Verso la fine degli anni Venti è membro del partito comunista austriaco, e come tale ha organizzato nei pressi di Vienna cliniche di partito per la sessuoterapia. In seguito i burocrati comunisti le faranno chiudere con l’accusa di rappresentare una distrazione dalla causa principale, sordi alla considerazione che gli individui interiorizzano l’ideologia repressiva del capitalismo e che, secondo il materialismo marxista, la repressione dell’individuo diventa parte della sua natura. Per Reich, la Rivoluzione russa del 1917 è finita male per la sua incapacità di mettere in discussione la sessualità e la famiglia patriarcali, lasciando che le persone rimangano sottomesse e represse. Il suo elogio della sessualità e della masturbazione adolescenziali come attività salutari contribuisce a spiegare la sua espulsione dal partito comunista all’inizio degli anni Trenta, inducendolo ad abbandonare tanto il marxismo che la politica. Da allora, la sua terapia diventa fisica, sostituendo la “cura parlata” con programmi volti al riequilibrio fisiologico della libido, fino alla “scoperta” di una forza vitale, l’energia orgonica, misurabile con un cosiddetto Misuratore del Campo Energetico Orgonico. Nel 1939 Reich si trasferisce negli Stati Uniti, dopo un soggiorno a Oslo dove modifica leggermente le proprie idee, e muore quasi paranoico in prigione, incarcerato in seguito a una disputa ridicola sul suo Accumulatore Orgonico.

Licenziosi e amorali

Nonostante Freud venga oggi re-interpretato come un fantasioso e metafisico narratore di storie, la lettura reazionaria della sua opera continua a tenere il campo. Questa postula gli umani come fondamentalmente licenziosi e amorali, bisognosi di controllo repressivo al fine di tenere a freno gli impulsi irrazionali che si nascondono minacciosi nella loro mente. In tale contesto, Reich resta importante per la sua interpretazione di Freud da un punto di vista politico e libertario che ha messo in evidenza la possibilità di un’esistenza umana felice, dove l’aspetto erotico venga celebrato invece che represso.
Potrebbe apparire che la diffusione, almeno in alcune parti del mondo, di un atteggiamento aperto e progressista nei confronti della sessualità, con l’abbandono di molti tabù, riveli un’intrinseca difficoltà a porre in relazione la repressione sessuale con il controllo politico. Ma questo significa avere un’idea limitata della liberazione sessuale, che esclude comodamente l’alienante mondo del lavoro e delle classi che determina le relazioni sessuali. Inoltre, significa sottostimare il ruolo che la famiglia patriarcale continua a svolgere nella creazione di strutture psichiche conformiste, ignorando al contempo la grande capacità del capitalismo consumistico di mercificare i comportamenti sessuali moderni diminuendone il valore progressista. In un certo senso, all’interno di luoghi geograficamente e culturalmente ben definiti, una rivoluzione sessuale c’è stata, ma accompagnata da nuove forme di sessualità alienante e reificante. Come ha assorbito e imparato ad adattare a sé le richieste politiche provenienti dalla classe operaia, il capitalismo moderno sta imparando a venire a patti (i suoi patti) con l’omosessualità maschile e femminile, con la sessualità giovanile e gli altri aspetti di un più aperto atteggiamento sessuale. In ultima analisi, l’anarchismo non sta tentando di dire che affrontare i problemi sessuali sia un sostituto della lotta politica, che l’orgasmo perfetto conduca verso una migliore lotta di classe. Ciò su cui gli anarchici insistono sono le composite e complesse conseguenze delle relazioni di classe: i temi della sessualità e del desiderio sono intimamente legati con l’esercizio del potere politico e con i problemi dell’autorità e dell’obbedienza.

Lavoro alienato

Sono appunto le idee che informano il film di Elio Petri La classe operaia va in paradiso, girato nel 1971. Il protagonista, Ludovico Massa, è un operaio metalmeccanico la cui cupa routine di lavoro alienato è incisa sul suo volto affaticato, mostrato in primo piano all’inizio del film, e sulla sua meccanica vita sessuale. Prima che un incidente sul lavoro gli provochi la perdita di un dito, questo stakhanovista incarna in modo formidabile il concetto reichiano sviluppato nel libro La funzione dell’orgasmo, secondo cui l’uomo non solo crede di essere una macchina, ma “funziona realmente in modo automatico, meccanicistico e meccanico” (13).
Sono temi, questi, raramente affrontati nel pensiero della sinistra tradizionale, anche se riguardano problemi che interessano alla maggior parte delle persone, quale che sia il livello della loro coscienza politica. Sono temi trattati da artisti non anarchici in opere letterarie come Misura per misura (1604) di Shakespeare, dove hanno una trattazione che supera lo spettro consueto dell’arte e dell’estetica politica. Il testo shakespeariano disseziona la dialettica della sessualità, rappresentando un governatore repressivo, Angelo (le cui prime parole sono “Sempre obbedienti...”), torturato dal desiderio per Isabella, una giovane donna che sta per entrare in convento. Proprio costei gli rivolge una supplica perché venga risparmiata la vita a suo fratello, che Angelo ha condannato a morte per una trasgressione sessuale. Una compassione priva di sentimento si accumula in Angelo man mano che la sua profonda infelicità si manifesta crudamente ed egli si rende conto di come la propria gioia sia stata confiscata da ciò che chiama “i ceppi della legge che tutti lega”. Il tema della legge e del desiderio viene affrontato evitando di ritirarsi nel conservatorismo che Freud avrebbe poi espresso in Il disagio della civiltà, e la profondità dell’opera è persino eccessiva per un genere letterario che di norma si conclude con il semplice elogio del matrimonio e dell’ordine sociale. L’atto sessuale tra il condannato e il suo amante emerge come l’unica relazione non viziata della storia, e Lucio, il personaggio che rifiuta il conformismo sessuale, è la sola persona che riesce a conquistare la simpatia del pubblico.
Le tensioni e le ambiguità sovversive di Misura per misura, certamente una delle opere più “problematiche” di Shakespeare, sono particolarmente significative perché non provengono da una dichiarata posizione libertaria. Quando l’arte coscientemente anarchica si concentra sulla sessualità, un film come Bof di Claude Faraldo (1971) riesce a celebrare sediziosamente la liberazione per mezzo di una tranquilla rottura del conformismo sessuale. Il film è stato fatto quattro anni dopo che Faraldo aveva lasciato il proprio lavoro di fattorino, e comincia proprio descrivendo la noia mortale di tale lavoro. Il giovane fattorino, che lavora per una ditta parigina di vini, è tanto fortunato da cogliere lo sguardo di una ragazza, Germaine, attraverso la vetrina di un negozio. Così mettono su casa e il padre di lui, persona perfettamente qualificata per ribellarsi a un’esistenza di lavoro alienante (“Venticinque anni, vacanze escluse, sapete dirmi quante volte ho messo la sveglia?”), abbandona il lavoro e si trasferisce da loro. Germaine accetta il suggerimento del suocero di fare l’amore, e un felice ménage si instaura tra i tre. Anche il giovanotto lascia il lavoro e tutti partono insieme per il sud della Francia. Bof è stato criticato perché offrirebbe poco più di un immaturo invito all’evasione (14), ma si dimentica lo spirito anarchico di Zeitgeist contenuto nel titolo e la sua allegra concezione di festa sessuale, oltre al contributo a un’estetica provocatoria. L’elogio che il film fa della licenza sessuale non è affatto adolescenziale o sessista. Più che un discorso sulle alternative alle strutture familiari repressive è una metafora dell’opportunità e necessità della ribellione. Il dialogo è deliberatamente semplice fino alla banalità, poiché Faraldo non è tanto interessato a sviluppare una polemica come tale, quanto a infondere nella narrazione un senso di sovversione, senza sollevare quel tipo di questioni che il cinema convenzionale tratterebbe in una storia come quella. Bof esprime efficacemente ciò che emana dallo spirito bohémien dei suoi personaggi, e l’idilliaca immagine finale di questi che vanno a spasso per la campagna fa da contrasto visivo e retorico a quelle iniziali del luogo di lavoro alienato. I congressi carnali di Bof indicano l’inizio di una rottura di gruppo con la società di classe e sono all’estremo opposto di quelli rappresentati in Y Tu Mamá También di Alfonso Cuaron (2001). Qui le buffonate sessuali, liberatorie ed egualitarie, di Tenoch e Julio rappresentano invece una chiusura, perché i due sono all’apice della loro posizione da adulti in seno alla gerarchia di classe della società messicana contemporanea.

L’arcivescovo fuori dalla finestra

L’elogio del desiderio come forza anti-gerarchica, tanto evidente sia in un film anarchico come Bof sia in uno non anarchico come Y Tu Mamá También, ha una genealogia cinematografica che risale al surrealismo e a L’età dell’oro di Buñuel (1930). Questo film celebra la rivolta, in una contrapposizione blakeiana tra ragione e desiderio: una manifestazione di Stato, popolata da militari, preti, monaci, suore, poliziotti e borghesi in cilindro (15), viene messa in crisi dal vigoroso rapporto sessuale di una coppia, interrotto prematuramente quando la donna è allontanata dagli sconvolti apostoli della religione e dello Stato. Altrove, il conflitto è all’interno della psiche individuale, come nella scena in cui l’eroe adirato lancia fuori dalla finestra un abete, e poi un aratro, una giraffa, un arcivescovo e mucchi di piume, che sono stati interpretati come simboli, rispettivamente, della famiglia, del lavoro, dell’onore, della religione e dei beni materiali (16). L’anticlericalismo e l’antiautoritarismo di Buñuel sono rimasti una forza altrettanto potente quando, decenni dopo, ha girato Viridiana (1961). Il personaggio principale del film sta per farsi suora, come l’Isabella di Shakespeare, ma c’è una nota di sensualità repressa nella sua fredda cristianità (una croce di legno, chiodi e una corona di spine sono messi in valigia quando parte per andare a trovare lo zio, prima di prendere i voti). Come Isabella, anche lei attrae le lascive attenzioni di un uomo, suo zio appunto, che angosciato dal senso di colpa finisce per impiccarsi. Il film diventa quindi deliziosamente blasfemo. La giovane donna, turbata, raccoglie un gruppo di grotteschi mendicanti e li invita in casa per un confuso tentativo di redenzione. Quelli approfittano in pieno dell’opportunità offerta e l’orgia che ne segue raggiunge il culmine in un’inversione rabelaisiana dell’Ultima cena leonardesca, durante la quale Viridiana viene molestata. Oltre a essere la trionfante risposta di Buñuel a Franco e al cattolicesimo (mostrando cinematograficamente il medio all’invito del dittatore a lasciare l’esilio messicano e tornare in Spagna a fare un film di sua scelta), Viridiana ci delizia mostrando come la liberazione non venga dall’alto e meno ancora da una morale ascetica negatrice della vita.

Sotto la veste della razionalità

Anarchismo e surrealismo non sono sinonimi, ma negli atteggiamenti culturali, nello spirito, hanno rassomiglianze di famiglia. Condividono l’intenzione provocatoria di screditare i presupposti convenzionali circa le nostre possibilità esistenziali, dichiarando che la nostra coscienza rimane incompleta se, confondendo la realtà che è con quella che potrebbe essere, il desiderio viene scoraggiato e represso. La capacità di cambiare la realtà è parte dell’essere, e l’ontologia marxiana riceve una torsione surrealista: “L’uomo propone e dispone. È in suo potere appartenere solo a se stesso, cioè mantenere in condizione di anarchia la banda dei suoi desideri che ogni giorno diventa così più formidabile” (17). Prima che l’Olocausto li dimostrasse profeti, artisti anarchici e surrealisti come Blake, Shelley e Wilde hanno visto cosa poteva nascondersi sotto la veste della razionalità, e questo spiega perché lo spirito di rivolta che sta nel cuore del surrealismo sia ugualmente importante per l’anarchismo culturale. Blasfemia, rivolta e disordine (in una sequenza che li distanzia nettamente dalla licenza irrazionale) sono valutate positivamente per ciò che intendono negare. André Breton, come molti surrealisti, si è reso conto che l’impegno nel terrorizzare la sensibilità borghese poteva equivalere a solleticarla, e la consapevolezza di questa possibilità sta alla base del suo allontanamento da Salvador Dalí. Breton sapeva che l’arte non è la scorciatoia per la rivoluzione sociale, e si è volto al comunismo nella speranza di costruire un ponte tra la liberazione mentale dell’individuo e la più ampia trasformazione della società. Comprendeva la posizione marxiana che la verità è un’entità non indipendente ma legata alla conoscenza, e la sua infelice esperienza con un partito comunista incapace di accogliere lo spirito libertario non gli ha impedito di tentare di forgiare una prassi dove il surrealismo si alleava all’azione diretta. La prima presa di posizione politica del surrealismo è stata infatti contro la guerra coloniale francese in Marocco, e surrealisti politicamente impegnati hanno partecipato a vari picchettaggi e hanno combattuto contro Franco nella guerra civile spagnola.

Seán M. Sheehan
(brano tratto da
Ripartire dall’anarchia)

Note

  1. Marx K., The Communist Manifesto, Londra 1998, p. 37.
  2. Citato in Bracken L., Guy Debord, Revolutionary, Los Angeles 1997, p. 27.
  3. Questi termini situazionisti sono presi da Home S., The Assault on Culture, Edimburgo 1991, pp. 18, 29, 30 [trad. it.: Assalto alla cultura, AAA Edizioni, Bertiolo 1996].
  4. Debord ha rigettato l’anarchismo individualista come “risibile” e l’anarchismo in generale perché centrato a suo avviso più sull’obiettivo della lotta rivoluzionaria che sul metodo, accusandolo di essere l’ideologia della “libertà pura” che rende tutto uguale. Le citazioni sono tratte da Debord G., Society of the Spectacle, Detroit 1970, edizione riveduta 1983, sezioni 92-94 del cap. 4 [trad. it.: La società dello spettacolo, Baldini e Castoldi, Milano 1997]. Bakunin è stato accusato di sostenere le proprie opinioni in modo autoritario, esattamente come Marx. Al tempo stesso, però, Debord ha riconosciuto che la rivoluzione sociale spagnola del 1936 è stata una delle realizzazioni più avanzate della classe operaia in tutta la storia.
  5. Si veda Bracken L., op. cit., pp. 114-19.
  6. Per saperne di più sui Provos olandesi e Kommune 1, così come su altri movimenti degli anni Sessanta, ad esempio i Motherfuckers, gli Yppies e le White Panthers, si veda Home S., op. cit., cap. 12.
  7. Si veda anche Savage J., England’s Dreaming: Anarchy, Sex Pistols, Punk Rock and Beyond, New York 1991 [trad. it.: I Sex Pistols e il rock inglese in rivolta, Arcana, Roma 1994], e Nehring N., Flowers in the Dustbin: Culture, Anarchy, and Postwar England, Ann Arbor 1993.
  8. Ferrell J., Tearing Down the Streets Adventures in Urban Anarchy, New York 2001, cap. 6.
  9. Blake W., The Marriage of Heaven and Hell, in Collected Poems, Oxford 1968, pp. 149-50 [trad. it.: Selected poems, Einaudi, Torino 1996].
  10. Blake W., riga 152 di Night the Ninth in The Four Zoas, in Collected Poems, cit., p. 361.
  11. Reich W., The Mass Psychology of Fascism, Londra 1997, p. 332 [trad. it.: Psicologia di massa del fascismo, Esedra, Milano 1994].
  12. Reich W., op. cit., p. 337.
  13. Reich W., op. cit., p. 342.
  14. Porton R., Film and the Anarchist Imagination, Londra 1999, pp. 162-64.
  15. Aranda F., Luis Buñuel: A Critical Biography, p. 76, citato in Porton R., op. cit., p. 238.
  16. Cardinal R. e Short R. S., Surrealism, Londra 1937, p. 123.
  17. Citato in Cardinal R. e Short R. S., op. cit., p. 36. Tratto dal Secondo Manifesto Surrealista.


Elèuthera

Seán M. Sheehan

Ripartire dall’anarchia
attualità delle idee e delle pratiche libertarie

176 pp. / euro 13,00

l’autore
Seán M. Sheehan, nato nel 1951, dopo avere insegnato per vent’anni Inglese nelle università di Swansea e Oxford, è da cinque anni scrittore a tempo pieno. È autore di libri di storia e di viaggi, oltre che di una “guida” a Wittgenstein. Divide il suo tempo fra Londra e West Cork (Irlanda).

l’opera
Il viaggio di Sheehan alla riscoperta dell’anarchia parte da Seattle, dove nel 1999 “nasce” il variegato movimento no-global. Non solo e non tanto perché gli anarchici in senso stretto, in una riemersione storica pari a quella del ‘68, vi condivisero l’invasione delle strade con ambientalisti, pacifisti e una quantità di altri gruppi, ma anche e soprattutto perché con voce d’an-archia parlava una parte rilevante del nuovo movimento: nella sua natura non gerarchica, nel suo rifiuto della politica partitica tradizionale, nella sua contestazione globale allo status quo post Guerra fredda, post bipolarismo capitalismo/comunismo di Stato.
Il viaggio di Sheehan si sposta poi a monte, nella multiforme storia dell’anarchismo, di cui racconta aneddoti, grandi eventi e personaggi, esplorando il ricco corpus di pensiero che cerca continuamente di coniugare l’individuo e la comunità tra i poli estremi del nichilismo e del comunismo. L’autore vi legge un fecondo sforzo di coerenza tra mezzi e fini, in cui il mezzo è il messaggio e l’anarchia non è un vangelo millenaristico ma una sensibilità libertaria ed egualitaria che si fa tensione del presente. Una tensione tra le cose così come sono e come dovrebbero e potrebbero essere, tra disperazione e speranza, tra solitudine e solidarietà...
Una mappa del mondo senza un luogo per l’anarchia non vale la pena d’essere usata, conclude l’autore parafrasando Oscar Wilde. E nel percorso in process che si va aprendo, nella nuova mappa che va emergendo, la A cerchiata segna anche, secondo Sheehan, il luogo di un nuovo appuntamento con Marx. E con Nietzsche.

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