rivista anarchica
anno 34 n. 304
dicembre 2004 - gennaio 2005


 

Rovesci
d’amore

Due parti – il fenomeno e le politiche – scandite in quindici sezioni compongono la ricerca di Daniela Danna, Donne di mondo. Commercio del sesso e controllo statale, Elèuthera Milano 2004, dedicata alla “prostituzione”. Termine istituzionale usato (e abusato) dal linguaggio mediatico secondo un’univoca accezione che l’autrice supera suggerendo linee di approfondimento tese a porre il commercio del sesso aldiquà di reiterati influssi moralistici.

L’allegoria del viaggio nel mondo della prostituzione, compiuto nella complessità sociale e contemporaneamente nell’intimità individuale più profonda: la volontà di sapere che cos’è questo legame diretto tra sesso e denaro, abbandonando i giudizi stereotipati e osservando e ascoltando coloro che in questo mondo vivono, porta inevitabilmente a riflettere sulla nostra sessualità.
Non per caso la lettura del libro mi ha riportato alla mente una frase – bella – di Clarice Lispector, la scrittrice dalla quale sovente attingo verità e illuminazioni che, nel tempo e in altri contesti, mi sopraggiungono inaspettate, folgorando di nuovo senso situazioni e realtà che sembrano non avere attinenza con quelle cui sono riferite. La frase – cito a memoria – suona pressappoco così: quando, mio dio, si può dire che l’animo è puro? Probabilmente nell’amore illecito…
Il congedo dal parametro moralistico procura al pensiero di chi scrive e di chi legge il vedere le cose come sono e non come dovrebbero essere. Così distolto, rispettando l’essere e non insistendo su astratte idealità, lo sguardo si alleggerisce dall’ingombro posto dal giudizio sul bene e sul male, sul giusto e l’ingiusto in funzione vessatoria e penalizzante. Lo sguardo mira alla sofferenza, al piacere, al desiderio, al bisogno e alle pratiche di coloro che agiscono e patiscono il mondo. Questo spostamento di prospettiva apre alla comprensione che prescinde tanto l’indignazione perbenistica quanto il virtuosismo di redimere un “flagello sociale”.
Le politiche che improntano il fenomeno prostituzione sono riassunte dal proibizionismo e dalla regolamentazione, dall’abolizionismo e dalla depenalizzazione, ognuna delle quali sottende la peculiare domanda: Perché le donne non sono clienti? Senza pretese esaustive, il testo accenna alcune risposte. In primo luogo il fatto che i clienti siano in gran parte uomini riflette gli squilibri di ricchezza e di potere nella società. Ciò non significa che la prostituzione sia all’origine del ruolo maschile dominante: ne è una parte e una conferma, annota l’autrice. Che subito dopo, a seguito di alcune testimonianze, scrive: l’accettazione per una prestazione sessuale non necessariamente pone chi lo fa in una condizione di sottomissione assoluta. Una concezione della prostituzione può prevedere senso di inferiorità per essere costretti a pagare per il sesso, ma può anche sollecitare sentimenti di gratitudine per chi soddisfa le loro esigenze.
Da qui, specularmente, lo studio ricerca di Danna privilegia la considerazione della prostituzione non come “danno sociale”, bensì “risorsa” evitando di cadere nel catastrofismo e nella criminalizzazione presenti, a vario grado, sia nelle legislazioni più datate sia in quelle attuali.
Secondo lo sguardo che preserva il reale additando le differenze irriducibili di senso e di corso che animano donne e uomini, l’attestazione di efficacia delle politiche adottate nelle giurisdizioni nazionali è misurata sull’impatto concreto da esse appartato, o non apportato, nelle relazioni umane, nelle esistenze di chi nel commercio del sesso trova una movenza propria, in gran parte indecifrabile alla ragione dell’altro/a. Restano un di più e un di meno, un soprammercato mai normalizzabile che nessuna politica giurisdizionale può assolvere e colmare. È questa scheggia di interdetto che muove la ricerca di Donne di mondo. Le politiche non rappresentano a tutto tondo scelte che discendono obbligatoriamente da una particolare visione della prostituzione, presentano tuttavia delle affinità con talune specifiche visioni. Si accomuna così il “flagello sociale” a proibizionismo e regolamentarismo; la “risorsa” ad abolizionismo e depenalizzazione; il “lavoro” al neo-regolamentarismo.
Particolarmente intrigante risulta in tal senso il confronto congiunto di prostituzione e droga tra le idee soggiacenti l’abolizionismo storico, che lasciavano spazio alla liceità della prostituzione, e quelle del neo-abolizionismo, riferite nelle parole di una neo-abolizionista. Il regolamentarismo – si legge – avendo legittimato la prostituzione, lasciò i riformatori nella posizione di considerare la prostituzione come abuso solo se coinvolgeva pratiche vittimizzanti come lo sfruttamento. Stabilire una differenza tra prostituzione liberamente scelta e quella forzata voleva dire implicitamente che una parte della prostituzione è accettabile. Oggi sarebbe come suggerire che l’abuso di droga è accettabile quando non è forzato, quando le persone si iniettano le sostanze da sé senza una diretta costrizione da parte degli altri.
La criminalizzazione del cliente, legiferata dalla Svezia nel 1955 quando “le donne nel parlamento più paritario del mondo prendono posizione comune sulla questione prostituzione” ha determinato conseguenze negative per le prostitute dal momento che il neo-probizionismo, ribaltando senza eludere la logica del discorso moralistico – ieri criminalizzava le donne, oggi gli uomini – pregiudica fortemente la possibilità di lavorare per le donne stesse.
Sembra allora che depenalizzazione e vuoto legislativo sulla prostituzione possano garantire la referenza ad una legge non scritta, ventilata dai diritti fondamentali già presente nei codici – il diritto al lavoro appunto, alla salvaguardia della salute, all’integrità fisica del vivente e al rispetto delle libertà e non libertà – affinché ciò che non è proibito non diventi obbligatorio. La legge non scritta non esonera dalla volontà di aiutare, anzi. Sempre che all’altro, all’altra l’aiuto non sia imposto…
Non sono avvezza a fare, né mi convincono le già fatte, graduatorie di merito. Ma per dire quello che sento, mi sento di dire che l’offerta e il consumo, l’uso e il dono di sesso sono quanto di più indispensabile e arduo regga l’umanità.
E come per ogni economia vitale, vale il prezzo di dolore e di piacere, di sofferenza e di gratitudine: imprescindibili dell’amore.

Monica Giorgi