rivista anarchica
anno 35 n. 307
aprile 2005


 

Ricordando Maria Gabriella Pitotto

Domenica 13 febbraio è mancata Gabriella Pitotto. Nata a Chiavari il 5 agosto 1943 è stata, a partire dalla fine degli anni sessanta frequentatrice dei circoli e dei gruppi anarchici del genovesato, dal vecchio circolo di Vico Vegetti al Circolo Ferrer del Chiappazzo. Negli ultimi anni ha frequentato assiduamente la Biblioteca Libertaria F. Ferrer di Piazza Embriaci, partecipando a tutte le sue attività. Grande appassionata di musica e di De André, aveva rapporti d’amicizia con i cantautori genovesi vecchi e nuovi. Discreta, ma attenta partecipante alle riunioni della Biblioteca, impegnata nella diffusione della nostra stampa (in particolare di “A”), ottima cuoca (sopratutto di dolci), dotata di grande umanità, Gabriella ci ha lasciato all’improvviso, stroncata da una malattia inesorabile della quale non ha mai parlato. Ci ha lasciato un grande vuoto. Ciao Gabriella.

Guido Barroero

 

 

Rompere l’indifferenza

Riportiamo il seguente comunicato in solidarietà con Franco La Cecla:

L’amico e antropologo Franco La Cecla è stato arrestato il 15 dicembre 2004 all’aeroporto di Parigi ed è ora in attesa di giudizio.
In partenza per il Senegal, La Cecla ha rifiutato il ruolo di spettatore e complice silenzioso del rimpatrio di un cittadino congolese sans papiers. Sull’aereo il cittadino disperato, piange, cerca di alzarsi. Gli agenti gli sbattono la faccia contro il sedile, gli prendono la testa e gliela premono per terra, gli infilano un guanto in bocca per farlo tacere.
Davanti alla scena una ragazza piange, un altro viaggiatore grida “basta!”, altri protestano, La Cecla e altri due chiedono di scendere… i passeggeri li applaudono. La Cecla afferma: “le scene che ho visto sull’aereo sono terribili. Eseguire i rimpatri con i voli di linea significa costringere i civili a collaborare e ad assistere a tutto quel dolore. Io non sono tenuto a farlo”. Il comandante, sollecitato dalle proteste sui modi di trattare lo straniero decide di farlo scendere assieme alla scorta. L’accusa contro La Cecla è di “aver ritardato la partenza del volo… incitando i passeggeri a far sbarcare una persona non ammessa sul territorio nazionale francese e la sua scorta, contravvenendo alle regole di sicurezza e alle procedure di decollo”. La Cecla rischia 5 anni di carcere.

 

 

Ora basta!

Il 14 febbraio 2005 il tribunale di Desio ha condannato per calunnia il giornalista Stefano Rizzi autore di un articolo apparso sul “Il Giornale nuovo del Piemonte” nel luglio del 2002.
L’articolo in questione intitolato: In una cascina dell’Alessandrino i piani degli anarchici per l’anniversario del G8 prendeva spunto da un pranzo di sottoscrizione per il settimanale anarchico “Umanità Nova” organizzato nella casa dei compagni Urbano e Giuseppina presso Rivalta Bormida (AL) .
A questo pranzo conviviale parteciparono numerosi compagni provenienti da diverse località Italiane; questa iniziativa ha dato peraltro un consistente contributo finanziario al nostro giornale.
Ma ai due giornalisti del “Il giornale nuovo del Piemonte” (una giornalista si è dissociata durante la fase processuale) questa meritoria iniziativa non deve essere stata di particolare gradimento!
Nell’articolaccio la numerosa presenza degli anarchici veniva interpretata come una riunione clandestina finalizzata alla preparazione di una manifestazione violenta che pochi giorni dopo si sarebbe svolta a Genova per l’anniversario della morte di Carlo Giuliani.
Questo “condimento” giornalistico (non certo insolito nei riguardi del movimento anarchico!) preparato con cura sarebbe servito probabilmente per una montatura nei confronti di compagni (e di un’area del movimento anarchico) da sempre impegnati in numerose lotte sociali.
Nei giorni successivi all’uscita dell’articolo infamante i compagni organizzatori della sottoscrizione ribadivano con articoli e trasmissioni radio la reale finalità dell’iniziativa (annunciata da tempo su “Umanità Nova”).
Contemporaneamente i compagni Urbano e Giuseppina denunciavano alla questura di Alessandria i giornalisti del “Il Giornale nuovo del Piemonte”.
Nei tre anni trascorsi fino alla conclusione della vicenda giudiziaria, l’abitazione dei due compagni è stata oggetto di costanti controlli, di vere e proprie ronde automobilistiche effettuate in vari momenti del giorno e della notte.
Queste operazioni intimidatorie (compreso l’insolito furto avvenuto il 12/12/2004) non hanno certo bloccato la volontà di Urbano e Giusi di proseguire la lotta per demolire la calunniosa “teoria” giornalistica.
La favorevole conclusione della vicenda giudiziaria è l’esito di una denuncia di controinformazione riguardante il percorso di lotta di un compagno, Urbano, da innumerevoli anni impegnato in importanti lotte sociali.
Dal Cile di Allende a quello di Pinochet (con la drammatica detenzione nei campi di concentramento, l’assassinio da parte dei militari fascisti di uno dei suoi fratelli), dalle lotte nell’Italia degli anni ’70 a quelle degli anni ’80 contro le “industrie di morte” (Farmoplant di Massa Carrara e ACNA di Cengio), dalla creazione di associazioni autogestite di immigrati alla battaglia con il Comitato dei lavoratori Cileni esiliati contro i crimini di Pinochet e la memoria degli antifascisti assassinati dalla dittatura.
Bisogna ricordare che a metà degli anni ’90 il governo di sinistra ha negato a Urbano la cittadinanza italiana (che a tutt’oggi non ha) perchè è stato ritenuto individuo socialmente pericoloso in quanto anarchico (come recita una nota riservata del Ministero degli Interni, in seguito divulgata).
L’anarchismo sociale di Urbano è quello di molti compagni impegnati quotidianamente sul posto di lavoro, nelle piazze e in tutti gli spazi della vita pubblica.
L’anarchismo che attraverso la pratica autogestionaria lotta con decisione per una società di liberi e uguali: senza stati, senza capitali, senza eserciti e senza polizie.
La vittoria di Urbano, esule cileno, demolisce clamorosamente una maldestra operazione del potere per screditare e discriminare la presenza sociale dell’anarchismo.
Un anarchismo costantemente in crescita nel mondo.
La vittoria di Urbano e Giusi è una vittoria di tutti noi!

FAI di Alessandria,
USI di Alessandria,
Comitato dei lavoratori cileni esiliati

 

 

Spartaco”, una bandiera centenaria

Sabato 19 febbraio si è tenuto presso lo spazio sociale Kronstadt l’iniziativa per il centenario della bandiera “Spartaco” cucita intorno al 1905 dalle donne di Santa Croce, un quartiere di Reggio Emilia. È stata l’occasione per noi di inaugurare una nuova bandiera che ci accompagnerà nelle lotte a venire e che sarà il vessillo per le, speriamo numerose e intelligenti, generazioni future. Una sorta di mandato per noi e per quanti ci accompagneranno in questo percorso, con gioia e solidarietà.
C’è stato chi ci ha fatto notare che la bellissima nuova bandiera esposta al circolo sulla parete di fronte a quella in cui primeggiava la centenaria, è stata “stranamente”, per chi parlava, ricamata da un compagno e non da una compagna come se la cosa fosse significativa dei tempi che corrono. Ovviamente chi parlava era un visitatore uomo e osservava divertito il fatto.


La nuova bandiera è stata ricamata a mano in tutte le sue parti da un bravissimo compagno che ha dedicato mesi del suo tempo e molta pazienza alla sua realizzazione lavorando con telaio, ago e filo.
Le due bandiere si fronteggiavano nel circolo una di fronte all’altra per sottolineare il passaggio storico, il lascito culturale e politico dall’una all’altra.
Chi scrive ritiene che sia molto interessante il fatto che sia stato un uomo a farla. Bello e interessante. Anche se in un certo senso casuale: ha avuto il tempo e soprattutto ha le capacità per un lavoro così bello. Un segno dei tempi o forse soprattutto un segno di quanto gli anarchici credano nella interscambiabilità dei ruoli, nella stupidita di divisioni sessiste. Marco d’altra parte ci ha dimostrato di essere un bravissimo cuoco, un bravissimo sarto e un brillante osservatore della realtà politica e sociale che viviamo e a lui e al suo impegno siamo davvero tutte/i grate/i.
L’evento è stato associato alla presentazione del libro Il canto anarchico in Italia nell’ottocento e nel novecento svoltosi nel tardo pomeriggio grazie alla presenza degli autori, Franco Schirone e Santo Catanuto. Ci siamo lasciati trasportare dall’excursus storico di Franco che ci ha illustrato attraverso gli aneddoti legati alla canzone popolare alcuni dei passaggi più salienti della storia del movimento anarchico. Storia spesso sconosciuta e bistrattata dalla storiografia ufficiale che, come molti di noi ben sanno, è storia di vincitori e prevaricatori. Santo riproduceva praticamente le canzoni che meglio illustravano i vari passaggi, così in quei momenti era un po’ come tuffarsi in quel passato e riviverne le emozioni e gli ideali che sono giunti fino a noi grazie anche a quelle produzioni considerate minori nella cultura che erano le canzoni e che invece diventavano metodo di propaganda, divertimento e a volte dileggio contro un potere incapace per mancanza di fantasia di impedirne la circolazione.


Dopo la presentazione abbiamo dato il via ai festeggiamenti veri e propri con un aperitivo e quindi la cena, a base di buonissime lasagne, ottimo erbazzone, e deliziosa zuppa inglese cucinati da Marco, accolto da un meritato applauso. Il tutto innaffiato da abbondante lambrusco, anche della mitica uva Fogarina. (quella della canzone, tanto per rimanere in tema!).
Cantare storie è un modo per far circolare le idee e per tenere viva la memoria, è un modo per denunciare, per solidarizzare e per socializzare, così, alla fine del pasto, felici e rifocillati ma non ancora stanchi, Santo e un compagno locale hanno continuato suonare accompagnati dai partecipanti, perché come cantava De André “…se la gente sa e lo sa che sai suonare, suonare ti tocca…”.

Monia
FAI reggiana