rivista anarchica
anno 35 n. 307
aprile 2005


antifascismo

La Resistenza sconosciuta
a cura di Franco Schirone

 

Un libro+Cd, pubblicato dalle edizioni Zero in Condotta, dedicato alla lunga Resistenza degli anarchici.


Le edizioni Zero in Condotta hanno dato alle stampe la seconda edizione del libro La Resistenza sconosciuta, edito per la prima volta esattamente dieci anni fa. È ormai un testo esaurito da molto tempo e pur continuamente richiesto. La ristampa presenta numerose novità. Innanzitutto il formato non è più quello grande ma si presenta come un classico testo poiché tutti i giornali anarchici clandestini del periodo 1943-45 sono stati trasferiti in un CD allegato al libro. Gli autori hanno inoltre rivisto i loro saggi alla luce delle nuove ricerche che in questi anni sono state effettuate sull’argomento, sono poi stati tolti due saggi (quello sul Minculpop e l’altro sulla nuova destra) ed al loro posto ne è stato inserito uno, inedito, sugli Arditi del Popolo.
Le circa 180 pagine del libro offrono, dunque, al lettore la possibilità di conoscere la resistenza anarchica al fascismo lungo tutto il ventennio, partendo proprio dal primo antifascismo operato dall’arditismo e dagli anarchici i cui rapporti, differenze ed azioni comuni sono state messe in luce da Marco Rossi. La repressione degli anarchici operata dalla dittatura nei due decenni in cui si è impadronita dell’Italia, le sacche di resistenza, i tentativi di riorganizzazione del movimento ed i rapporti con altre componenti della dissidenza fuorilegge vengono affrontati da Giorgio Sacchetti; Gaetano Manfredonia invece ci porta nel mondo degli esiliati anarchici in Francia, dove l’azione antifascista continua con un minimo di organizzazione tendente all’unità d’azione con i movimenti (come Giustizia e Libertà) critici nei confronti del partitismo, ma dove si evidenzia anche la differenziazione di progetti e di azioni all’interno del complesso movimento anarchico costretto all’esilio pur se il fine comune è quello di generare una insurrezione contro il fascismo in Italia, fine a cui tendono tutti i loro sforzi pur nella precaria condizione di fuorusciti costretti alla sopravvivenza e, anche oltralpe, perseguitati dal democratico governo Francese. Il saggio di Claudio Venza segue gli esuli antifascisti anarchici nell’epopea della rivoluzione spagnola, nel loro tentativo di mettere in pratica il comunismo libertario attraverso l’autogestione e, contemporaneamente, combattere il fascismo spagnolo per poter vincere anche il fascismo in Italia. Italino Rossi incentra il suo lavoro sugli anarchici nel periodo della resistenza in Italia (1943-45) fornendo una esauriente geografia sul ruolo degli anarchici che hanno operato su più fronti e in più regioni, sia con formazioni proprie ed autonome, sia all’interno delle brigate Garibaldi, delle Matteotti o di Giustizia e Libertà, sia con partiti come quello socialista, repubblicano o comunista. Una storia, quest’ultima, ancora tutta da scoprire ed analizzare. Il filo conduttore dell’antifascismo anarchico che gli autori de La Resistenza sconosciuta sviluppano nei loro interventi viene ripreso in un saggio introduttivo da Gigi Di Lembo che colloca l’antifascismo anarchico in un interessante contesto storico e politico mentre Franco Schirone, oltre a rintracciare e presentare le testate anarchiche clandestine del periodo 1943-45, ci offre una vastissima bibliografia sull’argomento.
La nuova edizione de La Resistenza sconosciuta è accompagnata, come accennato, da un CD, tutto da scoprire, da leggere, da vedere e da ascoltare. Qui infatti sono riportati non solo i giornali anarchici clandestini pubblicati nel periodo della Resistenza (quasi 200 pagine), ma viene offerto al lettore la possibilità di leggere e scoprire almeno cinquanta esemplari di volantini antifascisti anarchici pubblicati in Italia, in Francia, in Spagna, in Nord e in Sud America dagli esuli, in lingua italiana. Ma non è finita. Vengono riprodotte oltre cinquanta fotografie di vario genere: anarchici nei diversi confini, gruppi nella Resistenza, alcuni personaggi, lapidi disseminate in diverse località e che danno solo una idea di ciò che può essere ancora scoperto. E per completare il lavoro, nel CD possono essere ascoltate alcune canzoni anarchiche della Resistenza musicate ed interpretate per l’occasione da Danio e Santo Catanuto.
Come si può notare non si tratta semplicemente di una seconda edizione de La Resistenza sconosciuta ma di un lavoro ex novo.

Anteo

Di seguito pubblichiamo alcuni stralci di due saggi, ripresi dalla nuova edizione de La Resistenza sconosciuta.


Vittorie e sconfitte
di Gigi Di Lembo

(…). Questo volume offrì, allora per la prima volta, e continua ad offrire oggi qualcosa di unico: la possibilità di rileggere i fogli che gli anarchici avevano pubblicato dal 1943 al ’45 nel pieno della Resistenza. Sono 18 tra periodici e numeri unici, stampati alla macchia o, nel migliore dei casi, illegalmente, segnali di raccolta e riscossa del movimento e assieme strumenti di dibattito che restituiscono, con grande immediatezza, programmi e speranze, problemi e soluzioni, polemiche e convergenze, i rischi, le perdite, le vittorie e le sconfitte dei nostri compagni di allora.
(…). Nella seconda metà del 1941 buona parte degli anarchici dell’esilio era nuovamente in Italia ma confinata nelle Tremiti o a Ventotene, isole di restrizione di ogni libertà che però divennero giocoforza anche punto di ritrovo e di amalgama tra anarchici vecchi e nuovi, tra quelli provenienti dall’esperienza dell’esilio e quelli dalla oscura lotta interna. Questa in gran parte era consistita in una caparbia resistenza umana, una estenuante prova di forza per mantenere la propria dignità e identità, ma aveva registrato anche vere e proprie attività cospirative molto più diffuse di quanto non si pensasse. E di ritrovarsi queste due esperienze avevano veramente bisogno: all’estero bene o male il dibattito non aveva conosciuto soluzioni di continuità, era se mai mancato il polso della situazione italiana, all’interno viceversa l’esigenza prima era stata resistere e trovare qualcuno con cui resistere; non che fossero contatti tra interno e estero, anzi dalle recenti ricerche sembra emergere che questi non cessarono mai, ma certo furono scarsamente operativi.
(…). Nel ’35 Togliatti aveva inquadrato lucidamente quella situazione: non bisognava assolutamente sottovalutare gli anarchici, che mantenevano una reale base di massa nel paese, al momento la situazione era relativamente favorevole per i comunisti perchè le teste pensanti del movimento erano tutte in esilio, così all’interno si dimostrava possibile una proficua collaborazione con gli anarchici, non “avvelenati” dalla loro stampa. Anzi nelle fabbriche quello che veniva chiamato il Partito non era altro che un minimo di coordinamento offerto dai comunisti a gruppi di sindacalisti anarchici rimasti attivi nell’ombra. Secondo Togliatti bisognava proseguire soprattutto su quest’ultima strada per togliere all’anarchismo le sue basi di massa ed impedirgli di diventare nella prossima rivoluzione il nemico più pericoloso per i comunisti. (…).
Eppure l’anarchismo mantenne una cospicua presa tanto da potersi presentare al Congresso di Carrara del settembre 1945, il primo in Italia dal novembre 1921, con una presenza capillare in tutto il paese. Così la “nuova” polizia sui fascicoli personali degli anarchici cambiò la stampigliatura da “pericoloso per l’ordine pubblico” a “pericoloso per l’ordine democratico”. Dal canto suo il PCI addestrò i suoi quadri ad usare molta diplomazia e richiami unitari alla comune lotta sostenuta, per assorbire il più possibile dei militanti libertari.
Questo filo ci riporta al titolo del nostro lavoro: una “Resistenza sconosciuta”. La storia della Resistenza fu per anni appannaggio del partito comunista e questo fin dagli inizi fece di tutto per assumere nel proprio patrimonio anche il contributo anarchico. (…). Temo che la nostra Resistenza rimarrà sconosciuta ai più ancora per lungo tempo, certo che non lo è più per noi. (…).

Gigi Di Lembo
dall’Introduzione alla seconda edizione

Ustica 1927, mensa autogestita dai confinati


Anarchici e arditi del popolo
di Marco Rossi

Se bisogna necessariamente parlare di “Resistenza sconosciuta” nel riferirsi alla rimossa partecipazione anarchica all’organizzazione clandestina e alla lotta armata contro il nazi-fascismo tra il 1943 e il 1945, è altrettanto il caso di considerare come semi-sconosciuto il primo antifascismo che, dal 1919 al 1922, si oppose agli squadristi in camicia nera prima della conquista del potere da parte di Mussolini. (…). Cercando le origini e le ragioni dell’avvento del fascismo, appare evidente come l’apparato statale e il potere economico sia industriale sia agrario vent’anni prima erano stati, assieme alle gerarchie cattoliche e agli istituti bancari, a tutti gli effetti mandanti, protettori e finanziatori dello squadrismo fascista, incaricato di salvare l’Italia dagli spettri del bolscevismo ateo e dell’anarchia, ossia di stroncare con la violenza e il terrore le lotte sociali che, dopo la fine dell’immane primo conflitto mondiale, si erano andate sviluppando con forza nelle campagne e dentro le fabbriche, nei borghi come nelle città, al punto da mettere radicalmente in discussione i secolari rapporti di dominio e sfruttamento.
(…). Questa sintonia e questo incontro, aldilà delle rispettive convinzioni ideologiche, tra militanti anarchici, lavoratori aderenti alle altre organizzazioni del movimento operaio e proletari “senza partito”, furono perfettamente intuite da Errico Malatesta – punto di riferimento dell’anarchismo organizzato ma anche rispettato ed amato leader del movimento d’emancipazione nel suo complesso – che sostenne in ogni modo lo sviluppo di questo “fronte unico antifascista” tra sovversivi di ogni tendenza. Nella visione malatestiana, la realizzazione di una “intesa diretta fra tutti gli elementi fattivi, al di fuori e al di sopra delle organizzazioni ufficiali”, non solo doveva servire a contrastare efficacemente la minaccia fascista, ma prefigurava il possibile sviluppo di un largo movimento rivoluzionario. (…). Conseguentemente, gli anarchici pressoché di tutte le tendenze, davanti all’incalzare delle spedizioni e delle rappresaglie fasciste, s’impegnarono ovunque in prima persona tanto nell’affrontare gli squadristi quanto nella creazione di strutture territoriali di autodifesa, talvolta composte soltanto da militanti libertari ma più sovente di tipo unitario.
(…). Interessante e meritevole d’essere ancora approfondito il rispettivo atteggiamento critico delle varie tendenze anarchiche nei confronti dell’organizzazione ardito-popolare, atteggiamento in cui talvolta s’intravedono curiosi rivolgimenti teorici. Infatti talune diffidenze degli organizzatori verso la struttura paramilitare degli Arditi del Popolo erano motivate dall’avversione verso ogni disciplina, mentre molti di quegli stessi individualisti ribelli ad ogni ipotesi di organizzazione in quanto tale, finanche quella anarchica, non esitarono ad inquadrarsi nelle centurie ardito-popolari, rivestendo anche incarichi di comando.
Tali dubbi e contraddizioni furono comunque superati dal precipitare degli eventi e dalla necessità di fronteggiare fascisti e apparati repressivi: gli anarchici, a fianco o all’interno delle squadre degli Arditi del Popolo, si trovarono in prima fila a combattere i fascisti, sia quotidianamente per strada che nelle vere e proprie battaglie che divamparono nelle città.
(…). Gli Arditi del Popolo, forti della loro autonomia e della loro determinazione, non facendo mistero dell’intenzione di contrastare e rispondere colpo su colpo al terrore fascista, capovolsero invece la mentalità perdente, legalitaria e pacifista ad oltranza che, pervadendo il movimento socialista, esponeva l’intera classe lavoratrice all’urto dell’aggressione fascista coi suoi inauditi livelli offensivi, esercitata da soggetti addestrati e psicologicamente abituati all’esercizio della violenza nonché pagati ed equipaggiati con le armi cospicuamente offerte dai depositi militari....Il fascismo non fu sempre irresistibile; ma s’impose grazie a connivenze, errori, sottovalutazioni che sarebbero stati pagati a duro prezzo per oltre vent’anni; prima che vecchi e nuovi arditi del popolo trovassero altre armi per un’altra liberazione, in quanto come osservato dallo storico inglese Deakin: “I partigiani del 1945 rappresentavano in un certo senso i vinti del 1922”.

Marco Rossi
Il primo antifascismo: anarchici e arditi del popolo

Parma 1922, barricate antifasciste