Letture. Lo scorso ottobre abbiamo pubblicato (dentro la rivista e a parte) il dossier Leggere l'anarchismo, realizzato da Massimo Ortalli, nostro storico collaboratore e – da qualche anno – curatore della rubrica Ritratti in piedi.
A partire da questo numero Massimo, che di professione fa il farmacista e che da un ventennio è il responsabile dell'Archivio Storico della Federazione Anarchica Italiana, inizia una nuova rubrica, intitolata come il “suo” dossier – Leggere l'anarchismo, appunto – nella quale dà conto dei libri sull'anarchismo che a mano a mano escono. I criteri selettivi sono gli stessi segnalati nella “nota dell'autore” a pag. 2 del dossier.
Grazie a questa rubrica, “A” intende segnalare ai lettori, in maniera veloce e tempestiva, i titoli che escono, favorendo così la circolazione delle informazioni. Un grazie di cuore e auguri a Massimo per il suo nuovo impegno.
Emilio Canzi
Canzi. Sempre in tema di dossier, stampati dentro la rivista e tirati in migliaia di copie a se stanti, segnaliamo quello di 40 pagine, dedicato a Emilio Canzi, militante anarchico di Piacenza (1893-1945), limpida figura di combattente per la libertà. Uscirà al centro del prossimo numero.
Dopo aver partecipato alla guerra di Libia e poi alla Prima Guerra mondiale, Canzi acquisisce una coscienza sociale ed è tra i promotori degli Arditi del Popolo contro la montante violenza fascista. Costretto all'esilio in Francia, è presente in tutte le battaglie degli esuli anarchici. Nel '36 è in Spagna, dove la sua esperienza militare lo porta a posti di responsabilità sul campo. Vicino a Camillo Berneri, vive il suo assassinio da parte dei comunisti staliniani come una tragedia personale. Quando i comunisti impongono la militarizzazione anche ai volontari internazionali, contrariamente alla maggioranza degli anarchici italiani Canzi resta in Spagna, convinto che la lotta contro il nazi-fascismo non possa essere sospesa – ma, ferito, dopo poco è costretto a rientrare in Francia. Arrestato, viene deportato in un campo di concentramento a Treviri (Germania) e successivamente trasferito in Italia, dove il regime fascista lo confina a Ventotene. Nell'agosto '43, mentre gli altri antifascisti vengono sconfinati, gli anarchici vengono rinchiusi in un campo a Renicci d'Anghiari (Arezzo) da cui poi evadono in massa dopo un mese.
Canzi raggiunge la sua Piacenza e dà vita ai primi focolai di lotta armata contro i nazi-fascisti. Stimato per la sua coerente opposizione al fascismo fin dalle sue origini e per le sue capacità organizzative, diviene il comandante di oltre 10.000 partigiani della zona e sostiene dure battaglie. Calunniato e poi destituito dai comunisti, subisce l'onta di un arresto. All'entrata dei partigiani in Piacenza dopo il 25 aprile 1945, è acclamato dal popolo e dopo qualche mese viene “riabilitato” e riconosciuto quale Comandante Unico del partigianato piacentino. Nel settembre '45 partecipa a Carrara al congresso costitutivo della Federazione Anarchica Italiana. Un mese dopo rimane vittima di un incidente stradale, viene ricoverato in ospedale, gli viene amputata una gamba e poi, anche per l'aggravarsi della sua cronica broncopolmonite, muore. I suoi funerali vedono la partecipazione dell'intera città.
La storiografia “ufficiale” dell'antifascismo e della Resistenza, saldamente in mano ai comunisti, ne sfuma l'importanza e l'identità politica. Il dossier che pubblicheremo nel prossimo numero (e di cui stamperemo a parte qualche migliaio di copie) vuole contribuire alla verità storica, ricostruendo la vita di un uomo che quasi niente ha scritto e detto, ma tanto ha operato – da anarchico coerente e mai settario – per la libertà di tutti, contro ogni forma di dittatura.
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