rivista anarchica
anno 36 n. 315
marzo 2006


istituzioni

L’uomo invisibile
di Carlo Oliva

 

A volte è il corazziere, a volte siamo noi cittadini. Il fatto è che loro, da lassù, non ci vedono proprio.

 

Una foto a colori in prima pagina su un quotidiano nazionale (nel caso specifico si tratta di “Repubblica” del 24 u.s., ma potrebbe essere davvero qualsiasi altro). La didascalia ci informa, con scialo di maiuscole, che vi sono raffigurati “Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi”. E infatti sono lì tutti e due, vestiti di grigio, con gli angoli della bocca debitamente piegati all'ingiù e l'aria solenne che ben si addice alla posizione di entrambi i personaggi. L'immagine illustra un articolo sui loro recenti dissapori in tema di data delle elezioni e scioglimento delle camere, ma si tratta con ogni evidenza di una foto di repertorio, scattata in qualche occasione ufficiale. A giudicare dalla posizione impettita e dagli occhi levati al cielo, si direbbe che i due stiano ascoltando l'inno nazionale o qualcosa del genere. La mano sul cuore non c'è, ma l'impressione che debba esserci è molto netta.
Niente di particolarmente interessante, dunque, salvo che per un dettaglio evidentissimo, che rischia, tuttavia, di passare del tutto inosservato. La didascalia è clamorosamente sbagliata. In quella foto Ciampi e Berlusconi non sono affatto soli. In secondo piano, ma ben visibile, c'è una terza persona. Anche lui doverosamente impettito, con gli occhi piamente levati al cielo e gli angoli della bocca piegati all'ingiù, tra di loro troneggia un corazziere della guardia presidenziale.
Be', direte, niente di strano. Quella foto sarà stata scattata al Quirinale o in qualche luogo del genere e al Quirinale e posti affini, lo sanno tutti, di corazzieri non si sente certo la mancanza. Anzi, li si possono considerare, senza alcuna intenzione di offendere il corpo e i militari che lo compongono, quasi degli elementi del paesaggio. Se Ciampi e Berlusconi fossero stati fotografati, che so, sotto un albero o accanto a una scrivania, nessun redattore avrebbe specificato il particolare in didascalia e altrettanto è successo quando sono stati ritratti in prossimità di un corazziere.

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il capo dello Stato, Carlo Azelio Ciampi. Dietro di loro, un corazziere
(La Repubblica, 24 gennaio 2006)

Personaggi invisibili

Giustissimo, naturalmente. Ma ciò non toglie che, essendo i corazzieri comunque degli uomini, e non essendo gli uomini alberi o scrivanie, a me quella dicitura abbia fatto un poco impressione. Mi ha indotto lo stesso vago senso di straniamento che provo, per fare un altro esempio, quando in TV m'imbatto nell'intervista a qualche pezzo grosso, colto per strada o in un luogo pubblico. Avrete notato anche voi che in quei casi l'intervistato è come circondato da certi omaccioni dall'aria intenta, che si guardano attorno sospettosi senza curarsi di quello che il soggetto fa e senza che né il soggetto né il giornalista intervistante si curino di quello che fanno loro.
Sono – ovviamente – le guardie del corpo: personaggi importantissimi, quasi essenziali, nella vita quotidiana di qualsiasi politico di una certa levatura, ma condannati anche loro a confondersi nello sfondo, o, visto che farsi scambiare per le palme in vaso e i riflettori del palcoscenico proprio non gli è possibile, a far finta di esservi confusi. Di fatto, una tacita convenzione tra mittenti e destinatari delle comunicazioni che riguardano i loro datori di lavoro fa sì che gli uni e gli altri li considerino, a ogni effetto, assolutamente inesistenti.
Ora, il problema dei criteri con cui definire, in un'immagine qualsiasi, qual è il soggetto e quale è lo sfondo è notoriamente cruciale in ogni teoria della percezione, ma non temano i lettori che su questo argomento li voglia, in questa sede, intrattenere. È altrettanto interessante, e più conforme agli interessi di questa rivista, chiedersi quali possano essere gli effetti di questa convenzionale invisibilità sui personaggi che ne fruiscono.
Mi spiego. Sulla solitudine dell'uomo di potere sono state scritte migliaia di pagine. Gli antichi parlavano di solitudine del tiranno, sottolineandone la rischiosità personale, come nel celebre episodio di Dionisio di Siracusa e Damocle (quello della spada), di cui riferisce Cicerone in un passo delle Tusculanae (V, 61). Il termine oggi non ha molto corso e comunque non può applicarsi, per svariate ragioni, né a Ciampi né a Berlusconi, né ad alcun altro dei protagonisti della nostra vita politica. Che infatti soli non sono mai, ma vivono circondati da collaboratori di ogni tipo (satellites li chiamerebbero i classici): corazzieri e guardie del corpo, appunto, ma anche segretari, portaborse, ghost writers, consulenti, addetti all'immagine, leccapiedi vari e chissà quanti altri.
A tutti costoro si chiede non soltanto di non farsi vedere, per cortesia, ma di scomparire anche quando sono in piena vista.
E se alla relativa convenzione il pubblico disciplinato si adegua, considerando soli i propri politici anche quando sono manifestamente in compagnia, non si vede perché non vi ci si possano adeguare essi stessi.
Come in quel vecchio giallo di Fruttero e Lucentini in cui un noto manager andava a compiere un delitto sotto gli occhi degli uomini della sua scorta, perché della loro presenza, in base alle convenzioni di cui vi dicevo, si era affatto dimenticato, anche loro possono soffrire di distorsioni della percezione e della coscienza del prossimo.
E siccome da cosa nasce cosa, non è detto che quella progressiva incapacità di vedere gli altri, quella tendenza, se mi concedete il termine, alla “invisibilizzazione”, debba limitarsi al proprio immediato entourage.
A furia di non vedere la gente, si perde la capacità di vedere altro che la propria immagine allo specchio. Io, vi confesso, ho avuto spesso il sospetto che gli alti papaveri della politica si considerino unici attori di un gioco in cui non dovrebbero dimenticare di essere soltanto dei pur importanti ingranaggi.

Onorevole compromesso?

Torniamo, così, a Berlusconi e Ciampi e al loro recente scambio di cortesie preelettorali. Dunque, il primo dichiara, in spregio degli impegni presi, di voler continuare a far danno in parlamento e sui p per altre due settimane. Il secondo gli manda a dire, per vie traverse ma a tutti palesi, di non pensarci nemmeno. “Ah sì?” ribatte il Berlusca e, forte della sua preparazione di mercante di bazar (non era lui che aveva spiegato al presidente una volta in sede internazionale come vanno condotte le trattative, con l'immortale massima “Ecco qui cammello, adesso fare vedere soldi”?) rilancia, proponendo, addirittura, di spostare le elezioni a maggio. “Gulp!” fa il Ciampi impressionatissimo e si affretta ad accettare la proposta iniziale dell'Uomo di Arcore, quella che prima gli era piaciuta tanto poco. Sullo sfondo, i leader del centrosinistra fanno da coro greco, levando alti lai alla proposta iniziale, salvo decidere poi, non si capisce perché, che la sua accettazione rappresenta un onorevole compromesso.
Be', le elezioni non sono mai una cosa serissima, ma non sembra anche a voi che difficilmente i protagonisti di questa farsa non molto decorosa avrebbero avuto il coraggio di portarla a termine se si fossero resi conto di agire sotto gli occhi della nazione? Secondo me, chi fa queste cose la nazione non la vede nemmeno. Altro che corazzieri e guardie del corpo: per larga parte del ceto dirigente i veri uomini invisibili siamo noi.

Carlo Oliva