rivista anarchica
anno 38 n. 332
febbraio 2008


attenzione sociale


a cura di Felice Accame

 

L’uomo che guarda,
da sopra

 

Il caso è noto. Lucio Dalla sente il bisogno di dichiarare urbi et orbi la propria cattolicità. Il risalto che ottiene sulla stampa è proporzionale al tasso presunto di sorpresa sociale che la dichiarazione dovrebbe suscitare.
Avrebbe cantato alle feste dell’Unità soltanto perché i comunisti “pagavano” e perché lui non crede (lo dice sul serio) “che un cattolico debba rifiutare le offerte che gli vengono fatte solo per una questione ideologica”. Aderirebbe anche anima e corpo all’Opus Dei e ciò in fin dei conti gli dovrebbe essere ascritto a merito, perché così si distingue dall’ipocrisia di quei cattolici che, al momento più o meno opportuno, invocano differenze fra Chiesa buona e Chiesa cattiva collocando se stessi invariabilmente nella prima.
Chiamato a giudicare il caso e fermamente assolutorio, Red Ronnie elargisce il senso più profondo della vicenda: essendo Dalla un “artista”, “in quanto tale”, sarebbe “al di sopra delle categorie ‘destra’ e ‘sinistra’” – che peraltro, chiosa il teorico, basta “vedere l’ultima campagna elettorale”, sono “identiche”. Parole sante, verrebbe appropriatamente da dire, se non fosse che la tesi si avvale di presupposti subdoli e gravemente ingannevoli. La figura dell’artista al di sopra delle parti è una costruzione ideologica come un’altra che torna comoda allorché si tratti di difendere i propri interessi. Privilegi di casta fondati non si sa bene su che, possibilità di rimanere a galla in qualsiasi regime nella convinzione che, comunque, da un regime si debba pur dipendere per conseguire il successo e per sopravvivere alla faccia di chi di quel regime, invece, perisce. È ovvio che si possa parlare di destra e di sinistra a due livelli di significato ben distinti: da un lato, i partiti attuali che se ne contendono la rappresentanza – senza, per l’appunto, distinguersi un granché nel tentativo di arraffare voti al “centro”; dall’altro, l’insieme degli ideali che, storicamente, le due categorie hanno rappresentato e che, di fatto, continuano a rappresentare nonostante l’opera di mistificazione impenitente di cui sono fatte oggetto. Nessuno – nemmeno Red Ronnie e nemmeno Lucio Dalla, voglio sperare – ignora che destra sta per conservazione dei privilegi di classe nonché processi decisionali pertinenti a pochi e che sinistra sta per una più equa distribuzione delle risorse nonché processi decisionali diffusi alla comunità intera.
A tutto ciò starebbero “sopra”, gli artisti – nella loro posizione di sovrastorica superiorità –, e Dalla, allora, crede “nella ricerca del bello” – senza sprecare una parola per indicarci un criterio in virtù del quale riconoscerlo –, “nella santità e nella mistica del lavoro” così come la metteva in pratica Josemaria Escriva de Balaguer che, in onore dello scrupolo professionale e della dedizione, non ha mai avuto dubbi nell’esaltare l’operato del generale Franco e dei fascisti spagnoli. Tuttavia, intervistato in un libro collettivo intitolato alla domanda La bellezza salverà il mondo?, Dalla risponde che “la bellezza non salverà il mondo” e, quindi, non si vede bene perché, senza nemmeno sapere come riconoscerla e senza chiedersene le ragioni, si dia tanto da fare per cercarla.
Nello stesso libro, però, è lui stesso a raccontare un episodio che, se mai gli capitasse di rifletterci sopra, potrebbe offrirgli nuovi spunti di riflessione. Dice che, ad un certo punto di questa sua vita di ricerca, ha aperto una galleria d’arte. Che avrebbe dovuto costituire uno spazio aperto ai giovani pittori, sempre in difficoltà – povere anime – a mostrare il frutto del proprio lavoro. Tutto inutile. L’ha dovuta “mollare”. Perché – è la storia che si racconta – era nata “già istituzionalizzata” – al punto che lui stesso neppure la frequentava. E lo dice candidamente, come se di sue responsabilità non ce ne fossero. Nel bene era sua, ma nel male era altrui.
E questa – storia alla mano – è la miglior professione di fede cattolica che si possa immaginare. L’impegno civile in proprio è a responsabilità limitata – limitata al punto preciso in cui le proprie responsabilità entrano in conflitto con i poteri costituiti. A questo punto il buon cattolico si ritira e attinge al suo repertorio di sproloqui per darsi un contegno.

Felice Accame

P.s.: Per l’intervista a Dalla e a Red Ronnie, cfr. “Il Corriere della Sera”, 27 dicembre 2007. La bellezza salverà il mondo? è stato pubblicato da Marietti, Genova 2007.