rivista anarchica
anno 38 n. 334
aprile 2008


sindacalismo di base

Le mosche hanno occupato
la carta moschicida?
di Cosimo Scarinzi

 

A proposito di sindacalismo alternativo, elezioni, istituzioni...

 

Mi è avvenuto, poco tempo addietro, di ragionare, nel contesto di uno scambio di idee di carattere più ampio, con un mio compaesano di sindacato sull’attitudine che lui ed i militanti della sua area politico/sindacale hanno nei confronti delle elezioni.
Ai miei appunti sulla sua/loro elasticità (1) sull’argomento egli rispondeva che lui ed i suoi amici non votano e che, comunque, non hanno alcuna fiducia negli attuali partiti parlamentari ma che sono disponibili a dare un qualche aiuto a questo o a quel candidato alle elezioni amministrative e politiche al fine di avere degli interlocutori privilegiati nelle istituzioni.
In realtà il mio interlocutore non mi ha detto nulla che non sapessi già. Nell’area del sindacalismo alternativo mentre è maturata una certa diffidenza o, quantomeno, estraneità al sistema dei partiti, estraneità rafforzatasi dopo la mediocre performance anche da un punto di vista blandamente riformista del governo di centro sinistra, non è certo acquisita, al contrario, una critica radicale al parlamentarismo.
Credo valga la pena di ricordare come è cambiata, da questo punto di vista la situazione. In occasione delle elezioni del 2001, infatti, capitava di leggere sui giornali della sinistra appelli elettorali per questo o quel candidato (solitamente presentatosi nelle liste del PRC) firmati da una serie di militanti di diversi sindacati di base ognuno dei quali indicava il sindacato di appartenenza e, in qualche caso, il ruolo che svolgeva nel sindacato stesso.
Si trattava, con ogni evidenza, di un escamotage per sostenere questi candidati senza impegnare formalmente le organizzazioni sindacali di riferimento.
Al momento, ma non escludo nulla, non mi risultano iniziative analoghe ma non mi stupirebbe che se ne dessero quantomeno a sostegno di Sinistra critica e del Partito Comunista dei Lavoratori.
È avvenuto proprio a me di vedermi chiedere una firma per la presentazione della lista di entrambi i partiti anche se sospetto che chi me l’ha chiesta l’abbia fatta più per celia che nella speranza di averla visto l’attitudine benevola che hanno avuto a fronte del mio, peraltro cortese, rifiuto.

Cautissimi interlocutori

Se la situazione è cambiata, d’altro canto, è perché la Sinistra Arcobaleno è impresentabile per evidenti ragioni al corpo dei militanti del sindacalismo alternativo e non perché, come ricordavo, questi militanti hanno maturato una posizione antiparlamentare.
Fra l’altro, proprio alcuni degli eletti d’“area” si sono dimostrati, una volta insediatisi, discreti amministratori ma cautissimi interlocutori dei movimenti (2). Potrei fare, a questo proposito, più di un esempio. Questa cautela è stata evidente soprattutto su questioni delicate, dal punto di vista degli equilibri istituzionali quali, ad esempio, nel caso torinese l’occupazione di una palazzina da parte di un gruppo di profughi del Darfur.
Resta aperta, a mio avviso, la questione fondamentale.
Da una parte sembra essere entrato in crisi, insisto sul sembra, il classico modello della cinghia di trasmissione che prevede l’egemonia, e se possibile il controllo, da parte di un partito detentore della coscienza generale di classe sulle organizzazioni economiche della classe stessa.
Dall’altra continua a funzionare una qualche forma di “rapporto di scambio” di accordo, più o meno formalizzato, fra un soggetto sociale ed un partito del tipo: io ti porto un pacchetto di voti e tu mi garantisci la tutela di alcuni particolari interessi, meglio ancora se questa tutela è affidata ad uomini direttamente espressi dal soggetto sociale stesso.
Che effetti hanno questi accordi sul funzionamento e sulla natura dei sindacati? Credo sia evidente che queste operazioni si svolgono, necessariamente, al di fuori del controllo della base che viene manipolata dai leader sindacali che le gestiscono e che chi controlla i rapporti con gli eletti controlla risorse che gli danno potere nell’organizzazione sindacale stessa.
Mi si passi la forzatura, il partito politico generale viene sostituito, e non è detto sia meglio, da una rete di quadri che controlla il sindacato. Un soggetto politico non dichiarato e, di conseguenza, più difficilmente criticabile che fa comunque scelte generali in luogo e per conto degli associati.
Inoltre, è altrettanto evidente che, se si devono avere degli interlocutori istituzionali, si devono dare loro delle ”garanzie” per quanto riguarda l’affidabilità e la ragionevolezza del sindacato. Se, infatti, si vuole essere “interlocutori” credibili delle istituzioni non si può rompere il giocattolo e, magari in maniera inconsapevole, si afferma un’attitudine moderata in diverse occasioni. Le stesse iniziative di lotta tendono ad essere costruite con l’obiettivo di premere sulle istituzioni, di trovare interlocuzioni, di rafforzare la credibilità del sindacato.
Le ragioni dell’organizzazione si sovrappongono a quelle della classe con l’effetto di spostare l’attenzione dall’efficacia delle lotte alla loro visibilità e spendibilità nel gioco politico.
Non è, da questo punto, di vista casuale che la visibilità sui media diventa assolutamente centrale e sappiamo bene come, nella società dello spettacolo, pensare di “usare” i media” condanna a produrre eventi che i media possono usare.
I sindacalisti “elastici”, insomma possono credere in perfetta buona fede di usare ed occupare le istituzioni ma vale per loro quello che vale in genere per chiunque pretenda di portare nelle istituzioni le ragioni dei movimenti, il territorio occupato si rivela una carta moschicida.

Cosimo Scarinzi

Note

  1. A questo proposito credo valga ancora quanto scrivevo nell’articolo “Lobby sindacali. Neoparlamentarismo e gruppi di pressione” in “Umanità Nova” n. 17 del 13 maggio 2001 “Sarebbe interessante rileggere alcune pagine che Armando Borghi ha dedicato al semiparlamentarismo di settori del sindacalismo d’azione diretta dell’Italia giolittiana per rendersi conto del fatto che non si tratta di problemi del tutto nuovi anche se, questo viene da sé, prendono forme specifiche e determinate.”
  2. Anche in questo caso nulla di nuovo, può, ad esempio, valere la pena di rileggere di Luigi Galleani “Mandateli lassù!” Edizioni L’Antistato 1954 che raccoglie scritti apparsi su Cronaca Sovversiva negli anni 1903-06, 1908-12 nei quali denuncia, col suo tipico stile polemico, la deriva dei rivoluzionari transitati nei parlamenti.