rivista anarchica
anno 38 n. 338
ottobre 2008


alternative

La Comune di Ovada
di Anteo

 

Una giornata di studi e un libro ripercorrono l’esperienza del più importante esperimento hippy in Italia (1970-71).

Tra l’estate 1970 e novembre 71 alcuni cascinali del Monte Colma sull’Appennino ligure-piemontese, nei pressi di Ovada (Alessandria), accolgono un insediamento hippy. Nel corso dei mesi una novantina di ragazzi e ragazze provenienti per lo più da esperienze della Beat Generation e della contestazione del ’68, occupano e gestiscono diverse cascine abbandonate mettendo in pratica il desiderio di vivere a contato con la natura, lontano dalla famiglia/prigione, dalla società mercantile, dalla schiavitù del lavoro salariato, lontano dal ghetto della città caotica/fumosa/oppressiva.

Oltre a vivere in simbiosi con la natura, vogliono sperimentare rapporti umani diversi, basati sulla fraternità, sull’amore, sulla solidarietà; dal punto di vista della produzione la loro pratica è di mettere tutto in comune, basandosi sui concetti dell’autogestione per garantire la sopravvivenza della comunità: il lavoro dei campi, la semina, il raccolto, gli animali da cortile, l’arte, la creazione di monili e manufatti diversi rappresentano le fonti primarie di sussistenza, alle quali si aggiungono gli aiuti da parte di altri loro compagni/fratelli che dalle città fanno quanto possono per rendere loro la vita meno precaria e dura. I loro stretti rapporti col movimento underground li rende subito famosi anche all’estero: Ovada diviene, dunque, meta di pellegrinaggio da parte di giovani provenienti da tutti i paesi.
Ma questa esperienza non può non impensierire le autorità dello Stato: vuoi la scusa di minorenni scappati di casa e la denuncia dei genitori; vuoi la speculazione che inizia a mostrare le sue grinfie; metteteci anche i giornali scandalistici che descrivono come “orge” il fare il bagno nudi; vuoi le provocazioni; sta di fatto che un bel mattino i carabinieri fanno una grande retata in tutta la valle fermando i giovani e rispedendoli ai paesi d’origine coi famigerati e fascistissimi “fogli di via”.

Utopia concreta

A distanza di 37 anni, a fine maggio scorso, è stata organizzata nella cittadina di Tagliolo Monferrato (Alessandria) una giornata di studi ed una mostra documentaria per ricordare gli eventi di quella irripetibile esperienza che è stata la Comune di Ovada. Per l’occasione è stato pubblicato anche un libro: La Comune hippy di Ovada: un’utopia vissuta. Storia, immagini, testimonianze.
Dinni Cesoni, all’epoca anarchica e comunarda in una delle tante comuni urbane di Milano (oggi giornalista e psicologa, con un impegno verso i problemi delle tossicodipendenze e del disagio giovanile nelle banlieue di Parigi), ha ripercorso il periodo storico tra il ’68 e i primi anni settanta, ricordando quel desiderio di vivere insieme senza regole imposte, condividendo i gesti e i problemi quotidiani senza distinzione tra essere donna o uomo, dicendo no alla guerra, alla violenza, alle gerarchie, al possesso, alla gelosia. Sarà proprio dalla Comune di via Vico a Milano che transiteranno i primi giovani che si sposteranno in campagna fondando la Comune agricola di Ovada, divenuta immediatamente simbolo di una scelta possibile, d’una utopia concreta. E non è di poco conto il fatto che questa esperienza sia stata aiutata anche dagli abitanti della valle e delle colline di Tagliolo, coi loro consigli su come lavorare la terra o allevare gli animali, a dimostrazione di come molti contadini abbiano compreso il senso della ricerca di quella nuova generazione. Certo, altri si sono tranquillizzati solo quando i “capelloni” sono stati costretti a sloggiare. E questo lo ha spiegato molto bene Clara Sestilli quando ricorda la trasformazione del mondo contadino negli anni dell’industrializzazione e dell’esodo verso le città e le fabbriche: un mondo contadino intimorito o incuriosito, quando non affascinato dall’innocenza e ardimento dei ragazzi che hanno lasciato la relativa sicurezza di casa, famiglia patriarcale, che hanno detto no a lavori da robot, alla leva, alla vita in quartieri degradati di periferia, pronti a esplorare le proprie capacità e ricercare sè stessi in contesti naturali. Anche se non tutto il mondo contadino comprende e accetta questo rovesciamento dei valori, dove non ci sono capi, nè dottrine rigide a dividere i buoni dai cattivi, i ricchi dai poveri, i ragazzi dalle ragazze.

Di un certo rilievo l’intervento di Ignazio Maria Gallino, forse l’unico in Italia ad aver raccolto e custodito la produzione underground a partire dall’esperienza di “Mondo Beat” fino agli anni Settanta, costruendo pezzo per pezzo un “Archivio Storico della Stampa Underground” che solo recentemente ha trovato una sede e presto potrà aprire le porte alla ricerca. Il suo è stato un intervento importante perché ha ricostruito, passo passo, mese dopo mese, la nascita, l’evoluzione e il tramonto dell’esperienza comunarda, non dimenticando di ricordare anche le sperimentazioni di diete alimentari a base di riso, erbe, radici e frutti del luogo. La nudità era naturale, la disponibilità sessuale diffusa e spesso destituita da ogni sottinteso sentimentale.
Poco per volta, nei mesi successivi alla prima occupazione di un cascinale abbandonato, si rende necessario occupare altri luoghi per l’arrivo di un alto numero di ragazzi e ragazze del movimento. Si dissoda il terreno, si acquistano le patate per la coltivazione, si accudiscono gli animali, e, non ultimo, inizia la presenza quotidiana della polizia che pratica la caccia ai minorenni e la persecuzione degli stranieri attraverso l’elargizione dei “fogli di via”: una presenza ormai stabile che sfocerà alla fine del 1971 con l’occupazione di tutta la valle e con gli sgomberi dei cascinali occupati. Si chiude così una pagina del movimento hippy in Italia, là sotto il monte Colma, tra le cascine abbandonate di Ovada, Tagliolo e Lerna.
Walter Pagliero, nel suo intervento, definisce questa esperienza “un momento di generosità”, anche se i risultati pratici non sempre sono coincisi con le aspettative. Nonostante la lotta contro la fame e il freddo. Nonostante il continuo tormento di due istituzioni repressive: il parroco e i carabinieri. Nonostante la gogna a cui sono stati sottoposti i comunardi da parte delle istituzioni repressive.
I contenuti sociali e politici, alla base di una scelta così radicale, sono riconducibili ad alcuni principi essenziali: il rifiuto del sistema e dei suoi valori dominanti (produzione, consumo); il rifiuto della famiglia ritenuta ariosa e stimolante come una camera a gas (da uno slogan scritto sui muri della Comune di Ovada) per sostituirla con una famiglia allargata, in assenza di possessività e fedeltà coatta; il principio della nonviolenza (non a caso tanti renitenti alla leva si sono rifugiati presso la Comune di Ovada) e accettazione delle esperienze psichedeliche per sperimentare nuovi aspetti della propria personalità e la meditazione buddista come strumento di decondizionamento.
Infine, Franco Schirone, ha ripercorso le diverse esperienze comunitarie libertarie dei primi anni Settanta in Toscana, sottolineando come questi esperimenti siano stati una costante nella storia dell’anarchismo. Proprio per questa storica esperienza, il movimento libertario preferisce dare ascolto a quei modelli di forme associative di produzione, piuttosto che a quelle di tipo esistenziale poiché è sul piano economico, capace di sopravanzare le altre esistenti, che è possibile fondare le basi di una nuova società. In questo contesto ha ripercorso le esperienze comunitarie negli ultimi due secoli, dai socialisti “utopisti” (Fourier, Owen, Déjacque, Thoreau) fino alla nascita della Prima Internazionale (Bakunin, Kropotkin) e le idee sull’autogestione; dall’esperienza della Colonia Cecilia fino alla concretizzazione dei grandi movimenti rivoluzionari come in Russia (prima che un partito trasformasse il soviet/comunità in cinghia di trasmissione di un nuovo potere), come l’occupazione delle fabbriche e delle terre nel 1920 in Italia e la gestione diretta della produzione, come le colletività spagnole del 1936-39, come mille altre esperienze autogestionarie in tutto il mondo. Non ultimo la Comunità del Sud e la Comune Urupia, ad oggi attive e concrete.
Il pomeriggio della giornata di studi è stato dedicato al presente, alle diverse forme di un desiderio di liberazione dai fardelli esistenziali per ritornare in sintonia con la natura, oltre che con sé stessi. E si è discusso di ecovillaggi, di comuni oggi, di esperienze controcorrente che ridestano il desiderio e la volontà di sognare e praticare un altro mondo.

Foto e documenti

Un secondo elemento, contiguo all’incontro, è dato dalla pubblicazione del volume “La Comune hippy di Ovada. Un’Utopia vissuta. Storia, immagini, testimonianze”, curato da I. M. Gallino, che contiene le cinque relazioni presentate al convegno tenuto a Tagliolo Monferrato il 31 maggio scorso. Ma non solo. Le 222 pagine del libro rappresentano un eccezionale documento storico, ricco di foto e documenti dell’epoca: le cascine, la valle, i boschi che hanno accolto l’esperienza comunitaria; l’arrivo dei giovani “capelloni”, le scritte sui muri, il lavoro dei campi, l’ozio sulle rive di un torrente e la libertà di stare nudi. Foto dei diversi momenti di vita quotidiana, primi piani di chi c’è stato, l’arrivo dei carabinieri, le proteste contro lo sgombero e, infine, l’esodo dopo l’incendio delle cascine.
La cronaca, le interviste e le testimonianze rappresentano un ulteriore aspetto d’interesse, quando vengono ripresi non solo gli articoli apparsi sui diversi fogli underground (1970-71) ma anche gli articoli di cronaca (e relative foto di contorno) pubblicati sui quotidiani e sulle riviste scandalistiche, sempre in quel periodo. Infine uno scritto inedito del 1967 di Walter Pagliero, sulle prime comuni Beat in Italia, che racconta le diverse esperienze del periodo antecedente Ovada, con corredo di fotografie; e, a chiusura, una ben documentata serie di interventi sempre sul tema delle Comuni.

Anteo

Il volume La comune hippy di Ovada costa 25 euro + spese di spedizione e va richiesto a
Ignazio Mario Gallino, via Niccolini 2, 20154 Milano, telefono per info 02.3451440.