rivista anarchica
anno 38 n. 338
ottobre 2008


Ricordando Marina Padovese

Mia sorella, la Mary
di Stefano Padovese

 

A dieci anni dalla sua morte, il fratello Stefano ricorda Marina Padovese, nostra indimenticabile compagna, amica, sorella.

 

Durante uno degli scambi epistolari con Paolo, ci siamo detti che era giunto il giusto momento, a dieci anni dalla sua scomparsa, di riparlare della Mary. Molti saranno curiosi, di leggere un personale, intimo e fraterno ricordo. Chi fosse la Mary o cosa facesse come sorella.
Era come tutti noi l’abbiamo conosciuta. Una sorella, un’amica, una confidente, un punto di riferimento.
La Mary, mia sorella, una mia amica e una mia confidente certamente una persona assai preziosa come per tutti, soprattutto ora che non c’è più.
I miei ricordi sono lontani nel tempo, ma forti e chiari, come quello che mi ha insegnato e donato.
Mi ha insegnato molte cose.

Mai ferma

Marina ha rappresentato per me lo stimolo critico, il pensiero e il desiderio, la passione e l’amore, la perseveranza e la coerenza per le proprie idee, l’onestà intellettuale e il rispetto per la vita. Le lotte e gli ideali antimilitaristi, contro il nucleare più che mai attuali. Gli ideali non violenti, contro l’imperialismo e il despotismo, erano un terreno di continuo apprendimento in cui la ricordo.
Mi colpivano quando, bambino, guardavo le pareti intorno al suo letto (metà anni settanta) “tappezzate” di articoli contro le guerre (Vietnam e l’imperialismo americano). Vignette e altri documenti contro Nixon e contro i poteri economici.
Sono cresciuto leggendo frasi scritte da Lei un po’ dappertutto e che era impossibile non leggere: “La proprietà privata è un furto, chi la detiene è un ladro!”.
È stata anche un po’ madre, quando si occupava di me e delle mie due sorelle più piccole, nel quotidiano.
Non era mai ferma. Uno dei ricordi più vivi è che si è sempre prodigata per tutti con lo stesso entusiasmo e passione, senza dimenticare un pensiero per chi era in difficoltà o un aiuto per chi lo richiedeva. Fosse anche solo per un incoraggiamento o uno stimolante rimprovero. Era la sua vita. Era il suo ruolo.
Ognuno di noi è autore del proprio destino, ma che sfruttiamo e costruiamo anche in base alle proprie circostanze.
Mio nonno Dante ha costruito la sua eroica storia perché ha saputo sfruttare il valore della sua vita. Marina ha fatto lo stesso; questo è stato l’insegnamento più grande che mi hanno donato.
Dichiarava Vanzetti quando gli fu annunciata la condanna a morte: “Sono così convinto di essere nel giusto che se voi poteste giustiziarmi due volte e io potessi rinascere altre due volte, vivrei di nuovo per fare quello che ho già fatto” e ancora “Quest’ultimo momento appartiene a noi, quest’agonia è il nostro trionfo!”

Tra le montagne del lago

Siamo nati a Como, una simpatica città in riva sull’omonimo lago, in un convalle vicino al confine svizzero. Meta di vacanze per alcuni, terra di speranza per molti immigrati.
Il lago ha caratterizzato la storia cittadina, e la storia di famiglia. La geografia del luogo dove si vive può condizionare il proprio essere, il proprio comportamento e le proprie scelte.
In una regione come quella comasca chiusa tra le montagne, ci si può sentire coccolati e protetti. Forse anche un po’ più introspettivi e certi delle proprie convinzioni.
La fortuna di chi vive in zone di pianura, o comunque in zone geograficamente aperte con orizzonti infiniti, può essere l’apertura mentale o la larga veduta sulla vita.
Ci sono persone, che tali condizionamenti non li subiscono. Sanno essere se stessi, convinti delle proprie scelte ovunque si trovino. Perché la loro casa è il mondo, la scena della propria rappresentazione è la vita propria e degli altri.
Marina l’ha dimostrato con la propria vita, vivendo coerentemente con i propri ideali, sia tra le montagne del lago che in riva alla laguna veneziana.
Arrivò, anche per me il giorno della visita di leva. In realtà, nonostante gli esempi avuti, il mio unico pensiero era lo spensierato divertimento. Al contrario, il desiderio della Mary, era che mi dichiarassi obiettore di coscienza per dedicarmi al servizio civile. Mi aveva convinto, ma non del tutto. Per Lei avrei fatto qualunque cosa mi avesse consigliato.
Come spesso succedeva tra di noi in famiglia si diceva, ad avvalorare una tesi o un’opinione “L’ha detto anche la Mary!”. Molte discussioni si chiudevano così. Anche nel caso della visita di leva, la mia meditata discussione si chiuse con un convincente “Se me l’ha detto la Mary….”
Come dicevo, ognuno è autore del proprio destino anche in base alle circostanze che la vita gli offre. Quindi, per coerenza a questo postulato fui esonerato dal servizio militare di leva per difetto fisico. Avrei voluto darle questa soddisfazione, ma non era la mia storia.

Messico. Laura, figlia di Marina, con i figli Mathias e Sofia

La balenottera Marina

Il nostro caro amico Giorgio (per noi padovesi, Gino), divenuto skypper di spedizioni scientifiche, solcava i mari mediterranei allo studio dei balenotteri. Durante una delle sue innumerevoli spedizioni, per il censimento di questi splendidi cetacei, ne chiamò una con il nome della Mary, dopo la sua morte.
“Ma Gino! Proprio ad una balena dovevi dare il mio nome per ricordarmi?” Sì, penso che gli avrebbe proprio detto così!
In realtà il pensiero di Gino, che tanto l’ha amata e rispettata, penso che volesse in un certo modo, dare corpo e vita al suo ultimo scritto: “Mi si ricordi come donna libera, anarchica, femminista, antimilitarista. Ho fortemente voluto una società di libere e di uguali di pace, di giustizia e di solidarietà. Spero di averne lasciato traccia”.
Sempre lo è stata, ma ora lo è un po’ di più, libera nel mare...

Stefano Padovese

L’installazione “Paura di volare”, realizzata dal
fratello Giovanni come “Omaggio a Marina,
donna libera e libertaria”

 


In Spagna con il pancione. Stamattina appena sveglia con Paolo abbiamo parlato di Marina. Oggi è l’anniversario della sua morte, voglio scrivere qualcosa per ricordarla. Marina è viva nei miei pensieri, l’immagine predominante è di Marina in Spagna (fine anni ’70) con me e tanti altri compagni e compagne, con il suo enorme pancione, allegra e dinamica come sempre. Da quel pancione è nata sua figlia che ha oggi due figli. Chissà come sarebbe ora Marina, nonna, avrebbe sempre la sua sigaretta, la sua risata e la sua ironia e sarebbe come sempre ottimista e incazzata.
Ma quanti anni sono passati? Tante sono le persone care che muoiono ma restano vive finché tu le ricordi, il dolore è grande perché non le puoi più vedere e sai che prima era diverso. Lo scambio non è più possibile, non ti puoi più confrontare anche se ci sono e ci saranno sempre. Non posso più dire ti ricordi questo e quello, una cosa però cara Marina te la voglio dire, ti ho voluto bene e te ne voglio ancora, ciao bella!

Aurora Failla